Gagliardia.
Molly
corse nel cortile esterno, chiedendosi perchè Alice l'avesse
chiamata lì. Il sole era sorto da poco, aveva appena avuto
tempo di
far colazione. Si guardò attorno, cercando la mora, quando
improvvisamente fu bloccata da un bastone che quasi la colpì
al
petto. Si voltò a guardare chi lo stesso sorreggendo e
lì trovò
Ocean, seduta a terra con le ginocchia sollevate e le braccia
poggiate su di esse. La guardava seria e fredda, come poche volte
aveva fatto.
<<
Prendilo. >> le disse e la bambina obbedì,
chiedendosi ancora
cosa avesse in mente. Ocean si alzò pigramente da terra e si
piazzò
di fronte a lei, dritta e ben ferma sui suoi piedi, come un albero
secolare. I pollici erano infilati nella sua cintura, sorreggendosi a
essa.
<<
Prova a colpirmi. >> la invitò.
Molly
guardò il bastone che aveva tra le mani e poi
guardò nuovamente
Ocean. Non la stava prendendo in giro, faceva maledettamente sul
serio. I suoi occhi freddi ne erano la prova. Voleva davvero
insegnarle a combattere.
Strinse
il bastone con entrambe le mani, sentendosi emozionata all'idea di
poter finalmente entrare a far parte della cerchia dei grandi e lo
sollevò sopra la testa. Corse incontro alla ragazza e
provò a
colpirla, ma lei con un semplice spostamento obliquo schivò
il
colpo.
<<
Sei lenta. Prova ancora, non fermarti fin quando non riuscirai a
colpirmi. >> le disse Ocean e Molly ricominciò
subito a tirar
colpi a destra e a manca, scoordinata e senza un senso logico,
cercando solo di prendere la ragazza che riusciva sempre ad avere il
tempo di capire la traiettoria del suo lento bastone e schivarlo.
Molly
fece ancora qualche passo in avanti, cercando di starle vicino per
riuscire a colpirla, ma inciampò nella sua gonna troppo
lunga e
cadde a terra. Portò appena in tempo le mani in avanti per
evitare
una rovinosa caduta di faccia, ma le ginocchia colpirono miseramente
il suolo.
<<
Ahi! >> piagnucolò guardandosi le mani
sbucciate. Stava già
per mettersi a piangere quando Ocean l'afferrò per un
braccio e la
sollevò di pesa da terra << Il nemico non
starà lì ad
aspettare che tu smetta di piangere e le lacrime annebbiano la vista,
non lo vedresti più. >> l'ammonì
prima di sfoderare una delle
sue daghe dalle cinghie legate al petto. Afferrò la gonna di
Molly e
con un colpo netto ne taglio la parte in fondo, appena sotto le
ginocchia. Le fece fare un giro completo e finì di tagliare
la sua
gonna.
<<
Così non hai più impicci. Vedrò di
procurarti un paio di pantaloni
in questi giorni. >>
Molly
stette in silenzio, ascoltando le sue parole e sentendosi una strana
sensazione dentro. Non era mai stata così fredda con lei,
l'aveva
sempre trattata come la più preziosa delle bamboline, ora
invece
aveva addirittura paura che al prossimo errore le sarebbe arrivato un
ceffone. Si guardò le ginocchia sollevando appena il resto
della
gonna: c'era una sbucciatura che perdeva un po' di sangue e questo la
spaventò.
<<
Ma brucia. >> piagnucolò ancora.
<<
Il giorno che ti troverai di fronte a un uomo cattivo o uno di quei
mostri lì, le ginocchia che bruciano saranno il minore dei
tuoi
problemi. Sopporta il dolore. >> ordinò.
<<
Non ce la faccio. >> piagnucolò ancora.
<<
Vuoi imparare a difenderci e poi piangi per così poco?
>> la
sgridò prima di afferrare il bastone << Torna
dentro, non sei
pronta. Torna a giocare con le bambole. >>
<<
No, io voglio imparare! >> brontolò Molly.
Ocean
si chinò su di lei e la guardò dritta negli occhi
<< Per
imparare a combattere, per imparare a difenderti, devi essere forte.
Devi! Ma non forte qui... >> indicò una delle
sue braccia <<
Devi essere forte qui. >> indicò la sua testa,
all'altezza
della fronte << Se ti fai male non piangi! Se hai paura
non
urli! Impara a controllare te stessa, solo dopo potrai controllare
un'arma. Tu sei forte, quella sbucciatura non fa male. Dillo!
>>
<<
Io sono forte... >> piagnucolò ancora
<< ...Io sono
forte! Non fa male! Io sono forte. >> urlò
alla fine decisa e
determinata.
<<
Brava, bambina. >> le scompigliò
affettuosamente i capelli e
le ripassò il bastone << E ora forza.
Colpiscimi. >> si
riposizionò di fronte a lei e l'allenamento riprese,
rumoroso e
faticoso, con Molly che urlava a ogni colpo per darsi carica, Ocean
che l'ammoniva ogni qual volta lei sbagliasse e la piccola che, ormai
stanca, aveva preso a bisbigliare tra sè a ogni colpo
<< Io
sono forte. Non fa male. >>
Era
l'ora di pranzo quando finalmente Ocean decise di lasciarla andare:
aveva il fiatone, i capelli rossi erano tutti appiccicati alla fronte
sudata, aveva le gambe sporche per via della polvere sollevata nel
correre e le ginocchia ferite per colpa di altre 2 o 3 cadute.
Ocean
le si avvicinò mentre lei era china su se stessa a soffiarsi
sulle
ginocchia doloranti, con le lacrime agli occhi, ma determinata a non
piangere. La prese in braccio e si avviò verso l'interno
della
prigione sorridendole, finalmente, amorevole << Sei stata
bravissima. >> si congratulò.
<<
Ti ho colpita solo una volta. >> si lamentò
lei insoddisfatta.
<<
Sì, ma mi hai fatto un gran male. >> rise
Ocean dandole un
affettuoso buffetto sul naso << Oggi pomeriggio se non
sei
troppo stanca puoi chiedere a Daddy se ti da qualche lezione di
tiro, eh? >>
<<
Oh, sì! >> si illuminò lei
improvvisamente << Spariamo
alle bottiglie! Lo zio lo faceva spesso con papà!
>>
Entrarono
nella prigione e lasciò Molly a terra, così che
potesse correre
verso Daryl, seduto su degli scalini a mangiare il contenuto di una
delle scatole prese alla mensa, e rapida come un uragano
cominciò a
raccontargli la sua mattina. Aveva già dimenticato le
ginocchia
doloranti e la stanchezza.
Daryl
sembrava non ascoltarla, aveva sempre la faccia inespressiva, ma
sapevano tutti che in realtà non era così e
probabilmente stava
cogliendo anche le virgole del racconto della piccola. Poi le porse
la scatoletta che aveva tra le mani, chiedendole in un momento di
tranquillità << Hai fame? >>
<<
Sì! >> rispose lei entusiasta afferrandola e
strappandogliela
di mano, ma non potè affondare subito i denti nel cibo che
Ocean
intervenne di nuovo << Cosa hai intenzione di fare
conciata in
quello stato? Sei nera di terra perfino sulle labbra, prima ci
andiamo a dare una pulita. >> e gli strappò di
mano l'ambita
cibaria, non senza tirarsi dietro però un sacco di lamenti.
<<
Falla mangiare e dopo la porti a pulirsi. Ha fame. >>
disse
Daryl rivolto a Ocean.
<<
Così gli viene chissà quale anonima malattia, con
tutto lo schifo
che c'è fuori. >>
Daryl
scrollò le spalle << Anticorpi.
>>
<<
Andiamo! >> disse risoluta a Molly tirandola per una
mano,
senza ascoltare Daryl, anzi quasi ridendone. Era uno degli uomini
più
trasandati che avesse mai incontrato, e probabilmente l'apocalisse
zombie non era il motivo di questo.
<<
Che mammina rompi palle. >> rise Merle dall'altro lato
della
stanza, dopo aver assistito a tutta la scena. Ocean gli
offrì un
affettuoso dito medio mentre constringeva Molly ad andare in quello
che avevano decretato essere una specie di bagno. C'era una bacinella
piena d'acqua, raccolta da una delle pompe che loro stessi avevano
costruito in modo da raccogliere l'acqua del canale lì
vicino. Ci
immerse un panno, lo strizzò dall'acqua in eccesso e lo
passò prima
sulle mani della bambina e poi sulla faccia. Diede una pulita veloce
e generale al resto, ma senza accanirsi troppo, tanto si sarebbe
risporcata da lì a pochi minuti e non ne valeva la pena. Ma
almeno
il grosso era stato tolto.
<<
Ora posso andare? >> lamentò Molly.
Ocean
rise e la spintonò leggermente << Vai, forza.
Neanche ti
avessi torturato! >> la bambina corse via e
tornò da Daryl,
rubandogli di nuovo di mano il pranzo e divorandolo come poche volte
aveva fatto. Finito di mangiare non ebbe neanche la forza di alzarsi
e andare nella sua cella: si addormentò sullo scalino su cui
era
seduto il ragazzo, il quale poi la prese in braccio e la
portò a
letto.
Anche
Ocean pranzò con quel poco che era rimasto, poi si
avvicinò alle
armi raggruppate in un angolo della stanza e afferrò un
fucile <<
Vado a dare il cambio a Maggie. >> informò
prima di sparire,
diretta al corridio in rete che dava sull'esterno, sopra il cortile e
che collegava due zone distinte della prigione.
<<
Vai a mangiare qualcosa. >> disse a Maggie mettendole una
mano
sulla spalla per annunciare il suo arrivo. La ragazza sorrise,
ringraziò con un gesto della testa e cominciò ad
allontanarsi.
Aveva gli occhi velati, da quando erano tornati da quella
disavventura a Woodbury tutto era cambiato: Glenn era sempre su di
giri, pronto a menar colpi alla prima occasione e Maggie, sempre
silenziosa, non alzava più gli occhi da terra. Non aveva
avuto
cuoredi chiedere cosa fosse successo: qualsiasi cosa fosse stato li
aveva scossi entrambi.
<<
Maggie. >> la richiamò Ocean prima di vederla
sparire alla
porta << Mi dispiace per Woodbury. >> disse
semplicemente. Non riusciva a smettere di sentirsi in colpa: se solo
lei non avesse avuto quel colpo di testa forse sarebbe riuscita ad
aiutarli prima, e magari a impedire ciò che era successo.
<<
Non è stata colpa tua. >> si limitò
a rispondere la ragazza,
con un sorriso rassicurante, prima di andare via. Non stavano bene,
lo sentiva. Nessuno stava bene. Il Governatore li stava distruggendo
dall'interno.
Sospirò
e volse lo sguardo all'orizzonte.
<<
Rick non è ancora tornato? >> chiese Ocean
rientrando nella
prigione e passando il fucile a Glenn, che le avrebbe dato il cambio
alla guardia.
<<
No. >> rispose il coreano afferrando il testimone.
<<
Il sole sta tramontando, sono fuori da troppo tempo, sto cominciando
a preoccuparmi. >> ammise lei.
<<
Torneranno. Sta' tranquilla. >> sorrise incoraggiante
Carol
avvicinandosi a lei con Judith in braccio. Finalmente la "Piccola
Spaccaculi" aveva un nome.
<<
La tieni un attimo? >> chiese cominciando a spostare il
braccio
sotto la sua testa per poterla passare a Ocean. Ma la ragazza si
rabbuiò improvvisamente e fece un passo indietro
<< No...io
non... non sono capace. >> disse balbettando e portando
le mani
avanti.
<<
Oh, andiamo non è difficile. >> disse Carol
senza badare
troppo al suo sguardo impanicato. Ocean non ebbe tempo di ribellarsi
ancora che aveva già la piccola tra le braccia e la donna
stava
sparendo dentro il blocco delle celle. Si guardò attorno,
sperando
di trovare qualcuno che potesse tenerla al posto suo, ma al momento
gli unici presenti erano Max e i due fratelli Dixon, intenti a
parlottare tra loro dall'altra parte della stanza.
La
bambina tra le sue braccia si agitò e cominciò a
piangere. Sentiva
la sua tensione e la cosa la spaventava.
<<
No, no. >> bisbigliò lei afferrandola meglio e
sistemandosela
al petto. Le mani tremavano e il cuore sembrava impazzito. Un ricordo
si fece largo in lei e la costrinse a un malinconico sorriso.
-Lo tieni tu un attimo?-
-Chiara! No, aspetta...non so tenere i bambini. -
-Non
è difficile.-
-Chiara!
Sorellina! Andrea sta piangendo! Che devo fare?-
-Stai
tranquilla! Cantagli una canzone.-
Una
dolce melodia nacque quella sera, sotto il sole in tramonto, e
inondò
tutta la prigione silenziosa. Una melodia dalle parole
incomprensibili per molti, ma la cui morbidezza e dolcezza era
palpabile a pelle. Judith smise di piangere, cullata e incatata dalla
morbida voce che la ragazza dedicava solo a lei.
Non
era una ninna nanna, ma era la canzone che Alice sempre cantava ad
Andrea, il suo piccolo nipotino, quando piangeva e che sempre
riusciva a calmarlo. Una canzone d'amore che solo un genitore avrebbe
potuto dedicare al proprio figlio.
-Zia Alice!!!-
Una
lacrima le rigò la guancia e non se ne accorse fin quando
non cadde
sulla fronte della piccola semi addormentata tra le sue braccia. La
malinconia le aveva attanagliato il cuore, ma ora non la temeva
più.
Quanto
le mancava sua sorella, suo nipote, sua madre, il cognato e la nonna.
Tutta la sua famiglia. Chissà se stavano bene.
La
stessa domanda.
Nessuna
risposta.
Accarezzò
la manina della piccola, chiusa a pugno, ma che al contatto di
schiuse e afferrò con forza il suo dito, stringendo.
Legandola a sè.
Finì
la cazone, ma continuò a canticchiare a labbra serrate, per
non
lasciarla sola nel silenzio, per continuare a tenerla tranquilla, a
farla sentire coccolata e protetta.
Daryl
le poggiò una mano sulla spalla: aveva lasciato suo fratello
al muro
e si era avvicinato, ma lei non l'aveva sentito.
<<
Dalla a me. >> disse semplicemente chinandosi in avanti
per
prendere il piccolo fagotto. Si era ricordato della foto trovata nel
suo portafoglio, tempo prima, quando aveva aperto il suo zaino: la
foto di un bambino che portava i suoi stessi occhi.
<<
Asciugati. >> aggiunse porgendole un fazzoletto rosso che
teneva sempre appeso alla tasca posteriore dei pantaloni. Non era
stato di molte parole, ma era stato facile sentire e cogliere il suo
tono dolce e comprensivo. Ocean si rese conto di avere le guance
umide e se ne vergognò.
<<
Che stupida. >> commentò mentre passava la
bambina al ragazzo
e prendeva il suo fazzoletto. Si asciugò le lacrime e si
sforzò di
riacquistare il sorriso il prima possibile.
Daryl
non le fece domande, e questo Ocean lo apprezzò tanto.
Sapeva essere
discreto e sensibile, era una grande qualità, soprattutto in
periodi
bui come quelli.
Dopo
qualche minuto tornò Carol con un biberon in mano
<< E' ora di
pranzo, Piccola Spaccaculi. >> comunicò
sorridente prendendo
il fagotto dalle braccia del ragazzo.
<<
Era una bella canzone. >> sorrise poi Carol a Ocean,
anche lei
dimostrando tatto e dolcezza.
La
ragazza, seduta un paio di scalini più in basso rispetto a
Darl,
rispose al sorriso << Mia madre ce la cantava sempre.
>> poi aggiunse, rendendosi conto della mancanza di
un'informazione <<
A me e mia sorella. >>
Carol
diede il biberon alla bambina che già aveva cominciato ad
agitarsi
tra le sue braccia, affamata << Avevi una sorella?
>>
chiese incuriosita.
<<
Gemella. Si chiamava Chiara. >> sorrise ancora Ocean. E
ancora
constatò che non le faceva più male pensare a
loro, solo tanta
tristezza e malinconia. Le mancava.
<<
Sarebbe stato interessante se tu ce l'avessi presentata.
>>
disse malizioso Merle, beccandosi le occhiatacce di tutti i presenti,
tranne che di Ocean stessa che, al contrario di quanto gli altri si
sarebbero potuti aspettare, scoppiò a ridere per
l'affermazione <<
Non credo tu avresti avuto qualche chance, Merle. >>
Merle
staccò le spalle dal muro su cui era appoggiato e
allargò le
braccia,gonfiando il petto << Che c'è? Non
sono il suo tipo?
>> e Ocean rise ancora. Merle era un idiota, e forse
proprio
per questo la faceva ridere. Non lo trovava poi così male,
aveva
solo il difetto di dire quello che pensava senza troppi freni
inibitori e in maniera poco delicata, ma bastava saperlo prendere.
<<
Era sposata. >> spiegò lei e lanciò
una fugace occhiata a
Judith << E aveva un bambino. >>
<<
Così giovane? >> chiese sconcertata Carol.
<<
Beh, abbiamo 27 anni. E' un'età giusta. >>
spiegò Ocean
arrossendo un po'. A nessuno sfuggì l'accidentale uso del
presente.
Un desiderio sfuggito al controllo del suo prepotente e stracarico
inconscio.
In
quel momento Molly sbucò dal blocco delle celle, ancora
mezza
addormentata, con i capelli spettinati e le manine che si
stropicciavano gli occhi. Non disse niente, ancora troppo assonnata
per parlare.
<<
Buongiorno, dormigliona! >> la salutò Ocean
sorridendo. Molly
le corse incontro e le si tuffò in braccio, poggiando la
testa sulla
sua spalla. La ragazza cominciò ad accarezzarle i capelli,
nel
tentativo di sistemarli grossolanamente e con un dolce sorriso
stampato in faccia sussurrò << Stai ancora
dormendo, eh? >>
Molly
annuì e basta, guardandosi poi attorno con gli occhi
semichiusi,
cercando probabilmente di capire dove fosse e che ore fossero.
<<
Hai dormito tutto il pomeriggio lo sai? >> le disse
ancora
dolcemente, sempre intenta a sistemarle i capelli.
<<
Dovevo sparare alle bottiglie con Daddy. >>
mugulò lei delusa,
con la voce ancora gracchiante.
<<
Lo faremo domani mattina. >> sorrise Daryl, guardando la
rossa
dalla posizione sopraelevata in cui si trovava.
In
quel momento la porta del loro blocco si aprì e rientrarono
finalmente Rick, Michonne e Carl, con un volto scuro, preoccupato e
una decisione.
<<
Parleremo con il Governatore. >>
<<
Rick, fammi venire con voi! >> lo implorò
ancora Ocean, la
mattina del loro incontro. Ne avevano già parlato a lungo,
più
volte in quei giorni, ma l'uomo era sempre risultato irremovibile.
<<
No, ho già detto che verranno con me solo Daryl e Hershel.
>>
disse l'uomo
<<
Ti prego! Non posso restare chiusa qui dentro mentre voi...
>>
<<
Hai già avuto il tuo momento con il Governatore, e non
è andata
bene. Sappiamo tutti che tipo di rapporto c'è tra voi due.
>>
disse Rick cercando di essere risoluto.
<<
Non farò cose stupide. Lo prometto! Starò buona,
non mi lascerò
andare all'istinto. Seguirò le tue istruzioni. E poi ci
sarà Daryl
con me, lo sai che.... >> arrossì un po'
<< ...Beh, lui
riesce a controllarmi. >>
<<
Daryl non può stare dietro a te. >> la stava
trattando come
una capricciosa ragazzina e questo la mandava in bestia.
<<
Non lo farà! So badare a me stessa. >>
<<
No, non è vero. >> rispose Rick con un certo
astio e
provocazione, voltandosi per fulminarla. Discutendo e litigando erano
ormai arrivati alle auto già pronte per partire. Daryl stava
sistemando le ultime cose alla sua moto, ed Hershel era dentro
l'auto, che finiva di sistemarsi un coltello legato a quel che
rimaneva della gamba tagliata.
<<
Se le cose si mettono male non potrai fare affidamento solo sulla
balestra di Daryl, è troppo poco. >> disse
Ocean sostenendo il
suo sguardo, senza lasciarsi intimorire e facendosi scivolare quelle
accuse addosso. Era arrabbiato con lei. Non glielo aveva mai detto,
ma ora era impossibile non notarlo: era arrabbiato per quello che
aveva fatto. Per essersi messa in pericolo a Woodbury e probabilmente
perchè così aveva messo in pericolo anche Daryl,
che sarebbe stato
disposto a buttare tutto all'aria pur di salvarla.
<<
Il Governatore arriverà lì ben armato e protetto,
lo sai. Forse non
li vedrete ma ci saranno uomini nascosti pronti a intervenire, e voi
sarete in due più uno zoppo, credi di riuscire a farcela?
>>
<<
Dobbiamo risultare pacifici, se ci vede arrivare in troppi si
allarmerà. >> stava per entrare nell'auto
quando Ocean lo
afferrò per la camicia e lo tirò di nuovo
indietro, costringendolo
a voltarsi << Rick, per favore! >>
sibilò tra i denti.
<<
Perchè ci tieni tanto a venire? >> chiese lui
non capendo la
tanta insistenza, se le sue intenzioni non erano quelle di venire per
ucciderlo.
<<
Perchè non riesco a stare qui. Voi....se vi succedeste
qualcosa e io
non fossi lì...Dio, uscirei di testa. >> Rick
riuscì a
cogliere il panico negli occhi della ragazza, panico che era nato
solo dall'ipotesi che dovesse succedere qualcosa. Voltò lo
sguardo
verso Daryl, intento a chiudere l'ultima borsa della sua
motocicletta: sapeva che era solo lui il vero problema. In quei
giorni lui e Ocean avevano cominciato insieme qualcosa di
più
grande, ormai era noto a tutti, e riusciva a capire la follia che le
avrebbe preso al saperlo solo in mezzo a un mare di pallottole.
Oltretutto, la presenza del Governatore la spaventava ancora di
più:
era terrorizzata dall'idea che lui le avesse portato via la cosa che
le era più cara al momento, un'altra volta.
<<
Se la caverà. Tornerà, vedrai. >>
disse più tranquillo,
cercando solo di risultare convincente e non aggressivo. Anche Ocean
si voltò, seguendo lo sguardo dell'uomo e posò
gli occhi su Daryl.
Aveva colto il segno. Ma non era solo quello.
<<
Devo vederlo. >> ammise abbassando la testa
<< Lui deve
vedermi. Deve vedere che ha fallito un'altra volta. Lui....non si
ricordava di me. Non sapeva chi ero! Ora... >> non sapeva
neanche lei come farglielo capire senza attorcigliarsi in scuse
banali << Voglio che sappia con chi ha a che fare.
>> era
solo orgoglio il suo, ne era consapevole, ma ne stava diventando
ossessionata.
Rick
abbassò gli occhi, pensieroso e sospirò.
<<
Per favore. La prigione è sicura! Ci sono Merle, qui, e
Maggie,
Glenn, Carl, Michonne, Carol. Sono tutti bravi con le armi, possono
difenderla. Una persona in più che differenza fa? Giuro non
ho
cattive intenzioni, ho solo bisogno di essere lì e...
controllare...
credo... farò attenzione! Non farò cose stupide!
>>
Rick
sospirò e le diede una leggera pacca alla spalla, ormai
stufo di
sentirla parlare << Sali, forza. >>
Ocean
sorrise << Grazie. >> e si tuffò
sui sedili posteriori
dell'auto, chiudendosi la portiera alle spalle.
Arrivarono
al luogo: una specie di cisterna abbandonata, con vecchi casolari
arrugginiti e ammuffiti. Un posto lugubre. Rick e Ocean uscirono
silenziosi dall'auto, e il primo fece cenno a Hershel di aspettare.
Daryl si mise a capo del piccolo gruppetto, con la balestra ben
spianata davanti, avanzava silenzioso, osservando ogni ombra e
ascoltando ogni minimo rumore. Dietro di lui veniva Rick e infine
Ocean a chiudere la fila, guardava loro le spalle. Rimasero nascosti
dietro le vecchie cisterne, giungendo al casolare dal retro, sperando
questo li avrebbe protetti da un eventuale imboscata. Daryl si
fermò
a osservare uno zombie a terra, controllando fosse morto e Rick nel
frattempo corse avanti. Fece cenno ai suoi due compagni di aggirare
il grande casolare che avevano raggiunto: lui sarebbe entrato da
dietro, loro due sarebbero andati davanti a controllare la
situazione.
Daryl
e Ocean, obbedendo, cominciarono dopo poco a sentire delle voci
provenire da dentro e non fu difficile capire di chi fossero: Rick e
il Governatore avevano cominciato la loro chiacchierata. Daryl
precedeva la ragazza, tenendosela dietro e andando per primo in
avanscoperta. Arrivò a una finestra e tenendosi nascosto
cercò di
sbirciare dentro. Ocean, dietro di lui, fece altrettanto. Come
immaginavano il Governatore era già lì e stavano
parlando, anche se
Rick aveva già puntato la pistola contro il suo viso. Erano
tutti
tesissimi e nessuno sapeva come sarebbe andata a finire quella
giornata. Erano soli in mezzo al nulla col nemico, le
probabilità di
uscirne indenni erano poche.
<<
Vado a fare un giro. >> Bisbigliò il
balestriere alla ragazza
<< Tu resta qui, tieni d'occhio la situazione.
>>
<<
Ok. >> annuì lei mettendosi al suo posto,
chinata sotto la
finestra, con la testa appena sporta per guardare dentro.
Daryl
fece qualche passo, poi si voltò nuovamente e aggiunse
<< Non
fare cose stupide! >>
Ocean
alzò gli occhi al cielo e sbuffò: questa
improvvisa mancanza di
fiducia da parte di tutti la stava scocciando. Fino all'episodio di
Woodbury nessuno l'aveva tormentata tanto sul suo modo di fare.
Daryl
si allontanò e la lasciò sola, ad origliare la
conversazione tra
uno dei suoi più grandi amici e l'uomo che avrebbe voluto
veder
saltare in aria.
Erano
passati neanche due minuti da quando Daryl si era allontanato e si
era fermato a parlare con Hershel, in macchina, sulla strada poco
lontano, che sentirono arrivare spedita un auto. Ocean si
raddrizzò,
allontanandosi dalla finestra e si avvicinò al gruppo per
controllare chi stesse arrivando, puntando repentina la pistola di
fronte a sè.
Una
jeep color crema arrivò quasi sfondando il recinto e si
fermò a
pochi metri da Daryl, da cui uscirono repentini Andrea, un uomo che
nessuno aveva mai visto, dallo sguardo scocciato e una camicia
stupida e Martinez.
Ocean
si avvicinò fino ad affiancare Daryl e continuò a
tenere sotto tiro
il gruppo, ignorando il fatto che con loro ci fosse Andrea.
<<
Perchè il tuo uomo era già dentro?
>> ringhiò Daryl alla
bionda.
Andrea
si guardò attorno un po' spaesata, prima di chiedere
<< E'
qui? >>
<<
Sì. >> ringhiò ancora lui.
Andrea
sbuffò e corse dentro il casolare.
Martinez
guardò il gruppetto che aveva di fronte e
strabuzzò un po' gli
occhi, ma con discrezione, quando vide che tra loro c'era Ocean, in
piedi e ancora viva. Ocean notò il suo sguardo sorpreso e ne
fu
felice: l'aveva riconosciuta. Ora sapevano che era maledettamente e
pericolosamente viva.
Si
lasciò scappare un sorriso provocatorio prima di dire
<< Ciao,
Martinez. >>
<<
Forse è il caso che io entri. >>
suggerì Hershel, dopo
mezz'ora di attesa. Inizialmente c'era stata un po' di tensione,
tutti avevano colto il tono provocatorio della ragazza al saluto, ma
per fortuna Ocean aveva mantenuto la promessa e non aveva fatto
niente di stupido. Ora era seduta sul cofano dell'auto, un ginocchio
tirato su e su cui poggiava il braccio pigramente, e non faceva
niente se non guardarsi attorno.
<<
Il Governatore riteneva opportuno che lui e Rick parlassero da soli.
>> intervenne l'altro ragazzo, quello dietro Martinez,
che ora
era poggiato all'auto ed era impegnato a scrivere chissà
cosa su un
foglio di carta.
<<
E tu chi diavolo sei? >> chiese Daryl abbastanza
innervosito
dal suo modo di fare da saccentino.
<<
Milton Mamet. >> si presentò lui tranquillo.
Aveva l'aria da
topo di biblioteca e di uno che non sa ancora un cazzo.
<<
Grandioso...ha portato il maggiordomo. >>
brontolò Daryl
visibilmente irritato. La frase fece ridere Martinez, anche lui
poggiato al cofano della sua auto, ma non ebbe lo stesso effetto su
Milton che spiegò scocciato << Sono il suo
consigliere. >>
<<
Oh. >> affermò Ocean, intervenendo nella
discussione con
l'aria di chi ha appena avuto una brillante idea <<
Allora
sappiamo a chi dare la colpa. E io, sciocca, pensavo fosse stato
tutto frutto della mente malata del Governatore. >>
disse. Se
era lui a dar consigli al Governatore allora stava facendo un pessimo
lavoro, dati i pessimi risultati.
<<
Che tipo di consigli dai? >> chiese ancora Daryl
provocandolo.
<<
Pianificazioni, zombie...ma chiedo scusa, non mi sento in dovere di
giustificarmi con un tirapiedi. >> rispose quattrocchi.
<<
Bada a come parli, raggio di sole. >>
<<
Se dobbiamo stare qui tutto il giorno a puntarci addosso le armi...
>> intervenne Martinez rivolto a Daryl <<
...fammi il
favore di chiudere il becco. >>
L'affermazione
ebbe un pessimo effetto su Daryl: detestava chi gli metteva i piedi
in testa. Gli si avvicinò minaccioso, fissandolo negli occhi
come un
cane che sta per saltare alla gola del suo avversario. Martinez non
lo temette e si raddrizzò sostenendo il suo sguardo.
Restarono
qualche secondo e fissarsi negli occhi, in una lotta di sguardi,
quando Ocean ridacchiò << Non fare niente di
stupido, Ocean.
>>
Avevano
ammonito a lungo lei, rompendole le scatole sul suo modo di fare
impulsivo e poi il primo ad attaccar briga era proprio lui. Ma Daryl
non sembrò darle retta, non lo faceva mai, seguiva sempre e
solo il
suo testosterone e questo la fece sbuffare << Andiamo, D!
Lascia perdere. >>
<<
Sì, D. >> lo canzonò Martinez
<< Ascolta la
fidanzatina, lascia stare. >>
Ocean
in meno di mezzo secondo scivolò giù dal cofano
della sua auto e si
avvicinò a passi veloci a Milton, puntandogli la pistola
alla
tempia. Tutti sobbalzarono, Milton per primo mugolò
terrorizzato,
Martinez puntò la sua pistola a Ocean, mentre Daryl e
Hershel la
puntarono a quest'ultimo e il tempo sembrò fermarsi,
costringendo
tutti a trattenere il fiato.
<<
Sei simpatico, ma io lo sono di più. Vuoi vedere un bel
giochetto?
Io ammazzo la talpa qui presente, loro ammazzano te >>
disse
indicando con un gesto della testa Daryl e Hershel <<
dopodichè
irrompiamo lì dentro e fine della faccenda. Il tuo
Governatore sarà
anche un figlio di puttana ma certo non può farcela da solo
contro
quattro. >>
<<
Cerchiamo tutti di tranquillizzarci! >> cercò
di tamponare
Hershel, l'unico che ancora riusciva a mantenere il sangue freddo
<<
Ocean! Abbassa la pistola. >>
Ma
la ragazza restò ben ferma sui suoi piedi senza staccare lo
sguardo
duro e freddo da Martinez. La furia bruciava nei suoi occhi.
<<
Ocean!!! >>