Il giorno dopo il sole splendeva su Tōkyō e Hikari si alzò prima della sua sveglia. Nulla di strano, se non per il fatto che anche suo fratello, noto dormiglione, era già sveglio e seduto al tavolo della cucina con un sorriso a dir poco sospetto.
«Buongiorno,
sorellina!» esclamò gioviale, mentre lei entrava
nella stanza guardandolo con tanto d’occhi.
«Taichi.
Che ci fai già sveglio?» domandò la
ragazza, seccata.
«Il
mattino ha l’oro in bocca!» replicò lui,
per nulla toccato dal
suo tono, offrendole allegramente una tazza di tè.
«Solo
se sei Jack Torrance. Allora, cosa c’è
sotto?» chiese lei,
sospettosa, sedendosi al tavolo e prendendo la tazza che il fratello le
porgeva.
«
La tua sfiducia mi offende, sorellina. Un povero ragazzo non
può
svegliarsi di buon’ora e preparare la colazione per la sua
adorata sorella
minore che a momenti uscirà con un biondino da
strapazzo?» L’ultima
frase, più che dirla, l’aveva ringhiata, perdendo
tutta la sua nonchalance.
«Ah!
Lo sapevo che c’era l’inganno!!»
esclamò Hikari, trionfante,
puntandogli il dito contro. «Tra l’altro, come fai
a sapere che uscirò con
Takeru, oggi?» gli chiese poi, colta da un sospetto.
«Come
dire… Ho messo in pratica le mie innate doti di
spia»
gongolò il fratello, accarezzandosi il mento con fare
vissuto.
«Un
altro modo per dire che hai letto le mie mail, giusto?»
«Se
vuoi dirla così brutalmente… Sì.
Potrei averlo fatto» ammise
candidamente il ragazzo.
«E
ti pare una cosa di cui vantarti??»
«Finché
servirà a salvarti dalle grinfie di un imberbe mocciosetto,
sì.»
«Calma,
Hikari, devi stare calma. Estremamente calma» si disse la
ragazza, prendendosi la testa fra le mani e pensando ad un modo per
porre fine
in maniera lenta e dolorosa all’esistenza del fratello.
«Che
fai, parli da sola? Lo sapevo, quel ragazzo ti ha già
rovinato!!» gridò teatralmente Taichi, alzando le
braccia al cielo.
«La
smetti?» esclamò lei di rimando, lanciandogli il
tovagliolo in
piena faccia.
«Mai!»
ribatté lui, ignorando bellamente il tovagliolo.
Nella
cucina calò un silenzio innaturale, mentre i due fratelli si
guardavano in cagnesco.
«Pensavo
che Takeru ti piacesse» osservò Hikari dopo
qualche
secondo, decidendo di trattare il fratello come una persona normale e
non come
un mentecatto qual era. Chissà, forse avrebbe risolto
qualcosa.
Taichi
trovò improvvisamente interessante il fondo della sua
tazza.
«Lo
conosci da anni… Non è il primo sconosciuto che
ho incontrato
per strada!» continuò la ragazza.
«Ci
mancherebbe altro!» scattò subito il fratello,
sollevando lo
sguardo dalla tazzina alla sorella.
«E
allora dove sta il problema?» esclamò lei,
esasperata.
«Il
problema è che tu sei la mia sorellina e che è
mio dovere
proteggerti da tutto!» replicò lui, altrettanto
esasperato. Perché Hikari si
ostinava a non capire??
«Taichi…
Sono grande abbastanza…»
«Oh,
certo! Solo perché sei entrata alle medie non vuol dire che
tu sappia tutto della vita.»
«E
invece tu, uomo vissuto, sai tutto, vero?» ribatté
Hikari,
piuttosto arrabbiata, adesso. La stava trattando come una bambinetta
dell’asilo.
«Sicuramente
più di te. E sono sicuro che Takeru non vada bene.»
«Come
puoi dire una cosa del genere? L’hai visto crescere,
praticamente! E comunque non ci stiamo sposando, usciamo solo un
pomeriggio,
senza il solito codazzo di persone dietro di noi a
giudicarci!» praticamente
urlò la castana, ad un passo dalle lacrime.
«Hikari…»
tentò di calmarla Taichi, allungando una mano verso di
lei. La ragazza si ritrasse involontariamente.
«Io
voglio solo uscire con il ragazzo che mi piace per un
pomeriggio. Magari andrà bene, magari no, ma almeno lo
saprò per esperienza
diretta. Capisci quello che voglio dire?» disse lei,
guardandolo con gli occhi
lucidi.
Ci fu
un altro momento di imbarazzante silenzio, mentre Taichi
cercava di rielaborare quello che gli era stato detto. Dopo quella che
sembrò
un’eternità, finalmente annuì.
«Ho capito. Forse ho un po’ esagerato. Ma quando
si tratta di te, sorellina, lo sai che mi faccio prendere la
mano…»
«Lo
so. E ne sono contenta, perché significa che mi vuoi bene.
Ma devi
lasciare che anche io abbia le mie esperienze. E per le ramanzine
c’è sempre
papà, hai presente? Quel signore mezzo calvo, che cena con
noi tutte le sere… »
«Mmm,
ora che mi ci fai pensare, forse l’ho già visto,
un paio di
volte…» stette al gioco lui, aprendosi in un
sorriso spontaneo, che contagiò
anche la sorella. La ragazza si alzò dal suo posto e corse
ad abbracciare il
fratellone.
«Vedrai,
non sarà così tremendo» gli
sussurrò in un orecchio,
prima di precipitarsi in camera a cambiarsi. Doveva vedersi con Miyako
al
centro commerciale e poi si sarebbe vista con Takeru, dopo pranzo.
Taichi
rimase a fissare la scatola di biscotti davanti a lui, scuotendo
la testa e mormorando: «Stai invecchiando, vecchio
mio…»
«Hikariiiiii!
Sono qui!» esclamò Miyako, facendo girare mezzo
centro commerciale.
Hikari
la raggiunse con non poco imbarazzo.
«Allora,
pronta per oggi?» chiese la ragazza dai capelli viola,
sorridendo.
Il
cuore di Hikari perse un battito. Come faceva a saperlo? Non
l’aveva
detto a nessuno del suo appuntamento! Suo fratello non contava,
l’aveva
scoperto da solo…
«Oggi?»
chiese nervosamente.
«Ma
sì, alla fine abbiamo deciso che saremmo andati oggi a
prendere i Digimon, non ricordi? Ieri sera si è fatto troppo
tardi e poi ognuno
aveva degli impegni…» le rispose la sua amica,
guardandola sospettosa. Non era
da Hikari dimenticarsi le cose, soprattutto della sua adorata Gatomon.
Qualcosa
bolliva in pentola, e lei avrebbe scoperto cosa. Oh, sì, che
l’avrebbe
scoperto.
«Ah.
Ah, ma certo! Sono prontissima, ovvio!» replicò,
troppo in
fretta, la castana, rilassandosi all’istante. Ma certo, i
Digimon! Nessuno
sapeva di lei e Takeru!
«Sicura
di stare bene? Mi sembri un po’
nervosa…» disse Miyako.
«No
no, non ho niente. Sono solo agitata per stasera, sai… Non
vedo Gatomon da un sacco di tempo e…»
La
tirata di Hikari venne interrotta dal suono del suo cellulare. Una
mail!
Impallidendo,
infilò una mano nella borsetta e ne tirò fuori il
telefono. Non aveva
il coraggio di
guardare chi le scrivesse. E
se era
Takeru che cancellava tutto perché in realtà lei
non gli piaceva?
Miyako
notò il suo comportamento e da pettegola qual era, decise
di farsi i fatti della sua amica. Ma, naturalmente, doveva farlo con
stile… Fu
quindi con una voce molto querula che cominciò a recitare:
«E così, Jane, chi
ti scrive? Che c’è di nuovo? Che cosa dice? Via,
Jane, spicciati, raccontaci;
presto, amor mio!»
Hikari
riconobbe le battute di Mrs Bennet e scoppiò a ridere,
prontamente imitata da Miyako. Quando si calmarono, la castana
controllò
finalmente lo schermo. Arrossì improvvisamente e non
riusciva quasi a respirare
dall’ansia. Perché effettivamente il mittente era
Takeru…
«Hikari?
Ci sei? Guarda che se non la apri tu, questa mail, la
apro io!» minacciò Miyako.
«No!»
esclamò la ragazza, stringendosi il cellulare al petto, per
proteggerlo dalle grinfie dell’amica.
«Stai
calma, stavo scherzando! Tieniti pure i tuoi segreti, se ci
tieni» ribatté l’altra, offesa.
Hikari
la guardò con tristezza. Non voleva litigare con la sua
migliore amica. Quindi prese un respiro profondo e disse:
«È Takeru.»
Miyako
la guardò raggiante, l’offesa di poco prima
completamente
dimenticata. «Sul serio?!? E cosa dice??»
«Miya,
sembri davvero Mrs Bennet, adesso! Dai, controllati» le
disse ridendo la castana, decidendosi finalmente ad aprire la mail.
«Ma
io sto morendo di curiosità! Sii buona, dimmi cosa
dice!» la
pregò l’altra, giungendo addirittura le mani.
In
sé, la mail non era nulla di che. Si trattava semplicemente
della conferma per luogo e ora dell’appuntamento (alle 16
davanti alla torre di
Tōkyō, se l’era sognato tutta la notte!), ma le fece piacere.
Ora si trattava
di dirlo a Miyako senza che tutto il resto del centro commerciale
venisse a
saperlo.
«Vieni,
andiamo a sederci a quel tavolino» le disse, trascinandola
verso il baretto davanti a loro.
Una
volta sedute e ordinato un succo, finalmente si sentì pronta
a
raccontare tutto alla sua amica. Amica che, in quel preciso istante,
sembrava
seduta su un cuscino di spine, perché non riusciva a stare
ferma e a trattenere
la sua curiosità.
Prese
un respiro profondo e poi cominciò: «Miya, tu sai
che mi
piace Takeru, vero?»
«Se
lo so?!? Ma pensi che io sia cieca? Certo che lo so!»
esclamò
la ragazza.
«Okay,
bene… Anzi, no, non bene. Si vede così tanto che
mi piace?»
domandò la castana, colta da un dubbio.
«Se
non sei Daisuke, che ha la gamma di emozioni di un cucchiaino,
abbastanza. Però non c’è niente di
male, tranquilla! Anche a lui piaci un
sacco, si vede lontano un chilometro!»
Okay,
se voleva rassicurarla, non c’era riuscita per niente.
«Cos…?
Sul serio? E io sono l’unica a non essersene
accorta?»
«Ma
ci sei o ci fai? Quel ragazzo è cotto di te da anni! Ancora
mi
chiedo perché non ti abbia chiesto di uscire, ma immagino
che sia molto timido.
Oppure…»
Prima
che Miyako si lanciasse in qualche volo pindarico, Hikari la
interruppe: «Fermati, fermati. Davvero è cotto?
Non è che ti stai immaginando
tutto?»
«Fidati
di me. Certe cose si capiscono. Siete due libri aperti,
solo che non riuscite a capirvi tra voi… Come se foste
scritti in due lingue
diverse.»
«Davvero?»
chiese, speranzosa.
«Si
è rotto il disco? Devo giurartelo sulla Costituzione? Te
l’ho
detto, è innamorato pazzo di te!» rispose seccata
Miyako. Cosa c’era di
difficile da capire?
Hikari
si rilassò sulla sedia, tirando un sospiro di sollievo.
«Okay,
okay… Ho capito. Ma ci crederò solo se me lo
dirà lui di persona.»
«Mi
pare giusto. Quindi devi invitarlo ad uscire!»
esclamò
battagliera la ragazza con gli occhiali. Poi sembrò
accorgersi dell’espressione
della sua migliore amica, perché fece un sorrisetto saputo e
le disse: «Ma mi
sa che non ce ne sarà bisogno, giusto?»
Hikari
arrossì ancora di più, ma non poté far
altro che annuire: «Dobbiamo
vederci oggi pomeriggio, alla torre.»
«Oh,
ma è fantastico!!» gioì la ragazza,
facendosi film tutti
suoi. «E come ti vestirai?» chiese poi, curiosa.
«Ehm,
pensavo di andare vestita così, no?»
domandò Hikari,
timidamente.
«Ragazza
mia, non ci siamo proprio. Qua urge un intervento e avrò
bisogno di mooooooolto aiuto» ribatté Miyako,
squadrandola e tirando fuori il
cellulare.
«Miya?
Miya, chi stai chiamando? Miyako! No, ti prego, non
chiamare…»
«Mimi?
Ciao, tesoro, sono Miyako!»
Hikari
si accasciò sulla sedia, prevedendo una lunghissima
mattinata.