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Autore: ElderKurenai    12/12/2008    4 recensioni
Alba city non era solo famosa per essere l'unica città dell'unico paese neutrale di quel mondo costantemente in guerra.
Era famosa soprattutto per le multinazionali che vi ci dimoravano e lavoravano- sotto lauto pagamento si intende- per le grandi super potenze in guerra.
La guerra- che a lui aveva giovato non poco portandogli nelle casse parecchio danaro grazie ad investimenti coraggiosi- aveva assunto connotati così grotteschi che ora sul campo di battaglia ci si buttava solo gli esperimenti umani che si facevano in tali laboratori. [...]
E poi però... C'erano quelle come lei.
C'erano gli errori di laboratorio. Creature che non sapevi collocare se tra le fiere o tra le belve a causa del loro forte meticciato.
Il governo aveva bandito creature simili.
Onde evitare polemiche varie e presunti maltrattamenti su tali creature- come se gli esperimenti non lo fossero già- il governo aveva predisposto il loro abbattimento nel caso dalle vasche di coltura saltasse fuori una di quelle “cose”.
Ma è facile aggirare certi divieti... (Fanfiction scritta da Kurenai88 ed ElderClaud!)
[KakuzuIno(?), ShikamaruTemari(?), NarutoSakura(?)] Altre coppie da definire si accettano consigli!
Genere: Generale, Drammatico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: Spoiler!
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Da una idea di Kurenai88 ed ElderClaud, vi presentiamo una fanfiction creata da queste due menti (in)sane.
Non vogliamo dirvi niente se non che si tratta di una AU decisamente particolare con presenza di furry (avete presente le donne gatto? Ecco...) ma decisamente giustificate.
Non aspettatevi però di vedere i soliti personaggi stereotipati al massimo, poiché abbiamo comunque cercato di essere il più realistiche possibili nonostante il genere che abbiamo deciso di usare.
buona lettura quindi!
Note: per i capitoli le due autrici si alterneranno a vicenda. Il primo capitolo comunque, è stato creato da ElderClaud!



Cap1: Master and Servant




A Kakuzu non piaceva particolarmente ricevere dei regali.
Lo trovava assai noioso, per il semplice motivo che gli sembrava di vincolarsi in qualche modo alla persona che gli faceva un regalo.
Non a caso lui non li aveva mai praticamente fatti se non in condizioni per così dire "obbligatorie"- al tuo capo aziendale infatti non puoi negarglielo- ma per il resto mai fatto uno.
Neppure a Natale.
Anzi, lui le festività le odiava proprio per l'alto consumo che ti inducevano a commettere.
A meno che gli introiti di tali consumi non andassero a lui, non vedeva proprio perchè doveva spendere soldi per qualcuno.
Non si era obbligati per forza a dimostrare l'affetto per qualcuno regalandogli un oggetto costoso.
E lui non è che avesse molti amici ad essere sinceri, ma quella era una filosofia di vita.
Il non vincolarsi a qualcuno per lui era vitale, dato che sin da ragazzino si era fidato sempre delle persone sbagliate. I "baffi" che aveva sul volto infatti, gli erano stati fatti da gente che lui considerava amici.
Da quel giorno potete ben immaginare non si fidò più di nessuno.

Ma guarda caso quel pezzente del suo collega Hidan gli aveva fatto un regalo di compleanno.
Un regalo che non valeva nulla ma che al contempo era costosissimo. Un qualcosa che puzzava ferocemente di illegale ma che con le giuste pratiche e burocrazia varia si tramutava in una adozione.

Il suo collega di ufficio infatti, che amava spesso infangarsi di illegalità dato il suo forte masochismo, aveva avuto la brillante idea di regalargli un gatto.
Ma non un gatto qualsiasi. Ma uno di quei gatti!
La stessa sera che gli presentò il felino ebbe la potente tentazione di sbattergli la porta in faccia sia a lui, sia a quella fottuta bestiaccia.
Invece lui incurante era entrato. Era entrato nel suo lussuoso appartamento di uno dei più alti e prestigiosi palazzi della down town della città.
Sette camicie sudate e tante cicatrici indelebili per ottenere il podio più alto di quella società e per ottenere quella merda di buco lussuoso.
“Eddai Kakuzu! È così che tratti un vecchio amico?!”
Hidan non era suo amico. Lui non aveva amici, e comunque non ne voleva affatto.
Sporchi, pidocchiosi amici...
“E poi... Se non lo hai notato sono venuto a portarti il tuo regalo di compleanno!”
Tralasciando che la checca sbiadita aveva con se solo la compagnia di una splendida- quanto eccentrica- biondina, alle sue mani aveva solo notato una vecchia valigia di pelle.
In principio non aveva notato che quella giovane era una di loro. Confondendo il regalo per ben altro.
“Se ti riferisci alla valigia Hidan... Stai sicuro che non ho nessunissima intenzione di andarmene di qui e di lasciare il mio posto di lavoro a te!”
Quell'ultima frase uscì dalle sue labbra rovinate con una certa marcatura, persino la giovane accompagnatrice la notò chiara e tonda.
E non ne fu sicuro, ma dalle rosee labbra gli sembrò di vedere spuntare un sorrisetto.
Tuttavia l'albino la prese bene quella battuttaccia, e sorvolando sulla questione rise cinico e indirizzò il capo brillantinato verso la giovane creatura.
Era avvolta da un impermeabile spesso e logoro, e l'unica cosa che si notava era che dai lunghi capelli dorati spuntavano due morbide orecchie nere da gatto.
In principio il vecchio agente di borsa aveva pensato che la bionda fosse una “amica” del suo stimatissimo collega. E che quelle bizzarre orecchie fossero solo il corredo di un fermaglio di cattivo gusto, ma notandola con più precisione vide chiaramente come quelle due orecchie si muovevano impercettibilmente nell'ambiente catturando così suoni e rumori dell'appartamento.
E fu allora che capì.
Capì alla perfezione tutto quanto prima che Hidan aprisse bocca.
Era lei il regalo.
“Non è graziosa? E pensa che non l'ho pagata un cazzo! Ed è totalmente in regola! Sai... Ad un uomo solo come te un po' di compagnia femminile non farebbe affatto male”
Quel bastardo gli aveva portato in casa una cosa completamente illegale e pericolosa!
Se le autorità l'avessero beccata in casa sua sarebbero stati dolori. Niente più vita da nababbi e niente più casa lussuosa ed esistenza agiata grazie ai soldi ottenuti con dura fatica.
Quella femmina difettosa sarebbe stata la sua rovina...
Perchè non era una donna normale, e da catalogare nella categoria felina non se ne parlava proprio. Lei era una chimera, o meglio conosciuta dal popolo come “difettosa”.
Il perchè è presto detto:
Alba city non era solo famosa per essere l'unica città dell'unico paese neutrale di quel mondo costantemente in guerra.
Era famosa soprattutto per le multinazionali che vi ci dimoravano e lavoravano- sotto lauto pagamento si intende- per le grandi super potenze in guerra.
La guerra- che a lui aveva giovato non poco portandogli nelle casse parecchio danaro grazie ad investimenti coraggiosi- aveva assunto connotati così grotteschi che ora sul campo di battaglia ci si buttava solo gli esperimenti umani che si facevano in tali laboratori.
Lui in passato aveva finanziato il progetto “Silla” con l'intento di fare soldi.
Ma quando iniziarono a saltare fuori i problemi di mescolare il DNA umano con quello dei felini aveva abbandonato tutto. Nonostante le promesse dei ricercatori.
Da questi esperimenti infatti, o nascevano le cosiddette fiere- di cui lui aveva visto la nascita della prima di quelle creature ribattezzata col nome Nii Yugito, in onore della figlia scomparsa del ricercatore capo- che avevano fattezze umane tralasciando gli occhi dalle pupille feline, oppure saltavano fuori le cosiddette belve. Che avevano praticamente l'aspetto di un gatto mannaro.
Se le prime creature erano adatte alle azioni rapide e allo spionaggio dato il loro aspetto praticamente umano- tralasciando una agilità e una struttura ossea più perfezionata di quella umana- gli altri, i secondi, erano utilizzati sul campo di guerra vera e proprio.
La ferocia dei grandi felini associata alla malvagità umana li rendeva delle macchine da guerra fin troppe perfette.
Se non fosse stato per i loro induttori comportamentali genetici che li facevano ubbidire ciecamente ai loro padroni, ci sarebbe quasi da averne paura.
E poi però... C'erano quelle come lei.
C'erano gli errori di laboratorio. Creature che non sapevi collocare se tra le fiere o tra le belve a causa del loro forte meticciato.
Il governo aveva bandito creature simili, dato che il loro utilizzo- a detta di molti ambientalisti pidocchiosi e bigotti- era da considerarsi “ambiguo” dato il loro aspetto decisamente... “strano”. La biondina che il collega gli aveva portato in casa infatti, sembrava una di quelle “ragazze gatto” che spopolano in tantissime delle fantasie erotiche adolescenziali e nel mercato del porno in generale.
Onde evitare polemiche varie e presunti maltrattamenti su tali creature- come se gli esperimenti non lo fossero già- il governo aveva predisposto il loro abbattimento nel caso dalle vasche di coltura saltasse fuori una di quelle “cose”.

Ma la corruzione dilaga ovunque, e basta una mazzetta o un semplice pezzo di carta per aggirare tutto.
Ma i suoi occhi smeraldini parlavano chiaro, non la voleva in casa, e voleva ammazzare quel fottuto albino.
“Fuori di qui Hidan... Adesso! E portati dietro quella cosa!”
Il tono era cupo e fatto come di pietra, non ammetteva repliche anche se il sottile sopracciglio alzato del collega pareva sfidarlo apertamente.
“Oh andiamo vecchio mio! Dopotutto che male vuoi che ti faccia la sua compagnia?! È ubbidiente ed è pure parecchio resistente...”
A quelle parole il moro assottigliò gli occhi a due fessure assassine.
“Che intendi dire...?”
Sapeva benissimo cosa intendeva dire, ed era quella stramaleddettissima leggenda su di lui e sul suo modo di approcciarsi alle donne.
Ovvero un modo solo in apparenza educato, ma che in realtà nascondeva una bestialità fuori dal comune.
Notizie pompate a più non posso con una punta di verità tuttavia. Ma Kakuzu non era uomo da sfoggiare pubblicamente la sua sessualità, dato che la considerava roba di dominio esclusivamente personale, all'incontrario del collega che spesso lo si vedeva con donne ogni giorno diverse.
Il biondo fece parecchia fatica a trattenere dentro di sé una risata isterica, il petto avvolto dal cappotto costoso tremava lievemente mentre la ridarella lo assaliva.
Poi però si limitò solo a sbuffare. E a poggiare a terra la grande valigia color mogano.
“Qui dentro troverai l'occorrente per vestire la gattina. Ad ogni modo fidati! Non è affatto male...”
Come a dire: io l'ho testata di persona!
Ma comunque a Kakuzu non venne data possibilità di replica dal momento che, così com'era venuto, velocemente il collega se ne andò. Dicendo a chiare parole solo un “buon cinquantesimo compleanno vecchia merda” prima di prendere l'ascensore che dall'ottantesimo piano riportava a terra.
Sospirò, ne sentiva davvero un grandissimo bisogno.
Una volta rimasto solo poi, guardandosi attorno nell'ampio e circolare salone, che faceva da ingresso e salotto, non trovò nessuno che corrispondesse alla descrizione di “biondina indesiderata”.
Sapeva alla perfezione che non se n'era affatto andata, perchè stando a quello che dicevano i ricercatori, erano una razza che si affezionavano presto a dove si trovavano.
Come i veri gatti infatti, tenevano in considerazione prima la casa e poi il padrone. E Kakuzu sentiva puzza di quattrini bruciati lontano un miglio.

Guardandosi un po' in giro nell'ampio appartamento infine, la trovò poi nella camera da letto.
Aveva abbandonato l'impermeabile all'ingresso della stanza e ora si trovava stesa a pancia in giù sul suo letto avvolto da pregiate sete nere.
Era nuda, come mamma l'aveva fatta. Ed era intenta a leggere con noia un libro preso da uno scaffale poco lontano e a muovere con grazia avanti e indietro le gambe toniche.
Aveva pure una coda, anch'essa in linea con le orecchie nere, che si muoveva piano e con movimenti fluidi.
Lo stava forse tentando?
Si sa, i gatti son veramente molto furbi, e dietro atteggiamenti innocenti infatti, si nascondevano i più maliziosi dei gesti. Ma lui non era uomo da cedere così facilmente, o almeno... Questo era ciò che aveva sempre pensato.
Ma avrebbe testato la sua resistenza molto presto.
Con passo fermo e deciso quindi, e trattenendo un ringhio di rabbia, le si avvicinò con valigia in mano.
Quella dannata “cosa” si era permessa di rovistare in giro per casa- mentre lui e l'altro conversavano- senza prima aspettare un ordine del suo nuovo padrone.
Decisamente seccante.
“Ehi tu - la gatta a sentir quella voce cavernosa si limitò solo a rizzare lievemente le orecchie e a guardare con noia il proprio tomo - in questa valigia ci sono i tuoi vestiti?”
Domanda scontata perchè la giovane fece spallucce limitandosi solo a mormorare un: “chiamali vestiti quelli”.
E in effetti aveva ragione. Perchè dandole le spalle si sedette pure lui sul proprio letto e decise di dare una occhiata a quella dannata valigia.
Gesù non lo avesse mai fatto. Quelli non erano vestiti, ma autentica merda che il suo degno compare doveva sicuramente trovare sexy.
Non li prese neppure in mano! A sol guardarli si disgustò e chiuse immediatamente quella vecchia valigia.
Erano sicuramente prodotti usati dalle peggio prostitute di Alba city, per cui si prefissò mentalmente di darle fuoco nel caminetto posto nell'ampio salone.
“Che schifezza... Comunque, prima che ti cacci via, hai un nome oppure devo solo chiamarti bestia?”
Il suo tono era ancora più duro e ora suonava quasi acido vedendo che la tipa non lo considerava affatto.
Forse era meglio chiamare la polizia e dare in consegna quella donna prima che combinasse macelli, ma era anche vero che... Quasi sicuramente lui sarebbe finito nei guai, e comunque da quello che aveva capito almeno quel coglione del suo “amico” aveva provveduto a sistemare la faccenda burocratica.

Tenersela o non tenersela quindi?! Era questo il vero problema...
Se l'avesse cacciata sarebbe finita nei guai, e lui con lei. E se l'avesse tenuta i colleghi avrebbero iniziato a sparlare di lui e della sua presunta perversione.
No, lui doveva fare le cose con calma e ben calcolate. Doveva solo aspettare il momento giusto...

“Non ho nome se ti interessa, il tuo amico si è limitato a sbattermi prima di darmi a te...”

Tuttavia a sentire quelle parole si distrasse non poco. La giovane ancora una volta fece spallucce interessata più che altro alla sua lettura che a lui.
Sembrava seguirla piuttosto bene, dato che gli occhi azzurri guizzavano da paragrafo a paragrafo leggendo velocemente ogni pagina.
A quanto pare le avevano insegnato pure a leggere... Chissà chi era stato?
Ed inoltre, rimase anche sorpreso dal tono della biondina. Forse era una seccatura, una situazione così imprevista che non sapeva come calcolare - ancora non sapeva se arrabbiarsi per davvero oppure no - ma se c'era una cosa che lo faceva sorridere, era la schiettezza con cui aveva identificato il suo collega.
Talmente bastardo da avergli dato un regalo già aperto. Riciclato se vogliamo.
Comunque sia, ora come ora era tardi per pensarci.
Erano le dieci di sera, e sfiga voleva che domani fosse addirittura sabato. Un giorno quindi di totale riposo.
Avrebbe risolto il casino domani, e lunedì avrebbe pensato poi ad ammazzare una volte per tutte il collega coglione.
Ora, tutto quello che poteva fare era di dare le basi di una, quanto meno, pacifica convivenza tra lui e quella gatta indesiderata. Era lui il padrone, e questo lei doveva metterselo in testa.
Ma a quanto pare la tizia ragionava proprio come un gatto, dal momento che effettivamente sembrava muoversi in casa come se fosse sua da un pezzo.
Irritante...
Irritante ma anche incredibilmente seducente, ormai aveva ben capito che giochetto stava giocando!

Ma c'era anche da mettere in conto un'altra cosa su Kakuzu, ovvero che lui una donna non la adocchiava da un pezzo.
Aveva provato ad andare con altre donne dopo il fallimento del suo unico matrimonio, ma nessuna sembrava soddisfarlo pienamente.
O erano troppo oche, oppure attaccate al suo denaro.
Volendo poteva avere tutte le più belle donne del mondo ai suoi piedi, ma non era questo ciò che lui voleva.
Egli voleva una compagna che in un qualche modo lo comprendesse, e da dopo la prima moglie non ne aveva trovate altre.
Non aveva più praticamente osservato un seno formoso o una bianca schiena, non aveva più sfiorato delle morbide gambe o fatto l'amore con una creatura che corrispondesse al sesso femminile.
Ora era in bilico tra bollire di rabbia e bollire di ben più altri malsani appetiti, e il gesto di avvicinarsi a lei fin quasi a sovrastarla sembrava di molto simile a quello della passione repressa.

Hidan era uno stronzo, un coglione e un opportunista.
Eppure gli aveva fatto un regalo che lui non poteva in nessun modo ignorare. In tutti i fottutissimi sensi.
Lo maledì ancora.
Lo maledì mentalmente mentre con le labbra sfiorava e risaliva calmo e placido la schiena della creatura.
Che come accortasi di quel lieve contatto fermò la sua lettura nervosa per concentrarsi a quelle attenzioni. Stranamente delicate per il gigante che gliele donava.
Lui poi la sentì chiaramente iniziare a fare le fusa. Un cupo e attutito tremito che giungeva sino a lui.
Splendido e dolce, incredibilmente invitante.
E più si avvicinava al suo viso, più la percezione del tremito divenne pure udibile a livello di orecchie. Una volta arrivato a saggiare le spalle si erano fatte decisamente più forti.

Ma proprio arrivato a lambire delicato l'orecchio sinistro- morbido e vellutato- egli si fermò.
Sorprendendo non poco la giovane gatta che già si crogiolava di quelle coccole quasi da copione.
Perchè lei stessa sapeva che il proprio corpo e fascino erano le armi migliori per farsi accettare.
“Da oggi in poi ti chiamerai Ino... Almeno finché starai con me, poi farai come ti pare. Domani andremo per negozi a comprarti qualcosa di decente e poi troverò un modo per cacciarti via”
Decisamente, a quelle parole l'interpellata si sorprese tantissimo.
Si aspettava ben altro come sempre era successo. Invece era accaduto tutto l'incontrario di tutto.
Egli non aveva ceduto, anche se in partenza sembrava ormai succube di lei, lui l'aveva a dir poco disillusa. Risultando schietto e inflessibile.
Ancora sconcertata poi, lo osservò alzarsi dal letto per raggiungere così la soglia della porta con ancora la valigia in mano. Evidentemente voleva bruciare per davvero quell'affare.
“Perchè Ino?!”
Il tono innocente di lei chiedeva solo quello, e non il perchè di quella sua decisione quasi pericolosa. Quasi scoccata per la mancata seduzione e di conseguenza per la mancata vittoria.

“Perchè era il nome di mia moglie...”

A sentirlo quelle parole parvero costargli tantissimo.
Cupe note scandite con una tonalità così roca che alle sue orecchie feline parvero essere quasi sofferte. Ma non che le importasse più di tanto ad essere sinceri.
La gatta viveva alla giornata, ma almeno voleva vivere bene.
E la parola “vestiti” l'aveva captata assai bene.
“Mi prendi... Dei vestiti belli non è vero? Posso sceglierli io vero?”
Aveva un tono speranzoso da bambina che al vecchio uomo d'affari non sfuggì affatto. Un altra constatazione di come quella creatura fosse materialista fino al midollo. Soprattutto per le cose belle.
“Sì Ino... Ti comprerò dei vestiti belli...”

Ma di questo se ne sarebbe parlato solo domani.
Continuando a darle le spalle infatti, Kakuzu si limitò a spegnere la luce della stanza senza minimamente darle la buonanotte. E recarsi dunque con passo spedito verso il salotto e il suo caminetto di marmo nero.
Avrebbe dormito sul divano questa volta, era un gentiluomo in fin dei conti, e quella era un essere vivente e non un giocattolo sessuale.

Ma prima però, avrebbe bruciato quella fottuta cosa.
Solo così almeno, si sarebbe un po' sfogato per quella situazione del cazzo.


Al domani ci avrebbe pensato solo domani.

  
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