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Autore: ElderKurenai    19/12/2008    2 recensioni
Alba city non era solo famosa per essere l'unica città dell'unico paese neutrale di quel mondo costantemente in guerra.
Era famosa soprattutto per le multinazionali che vi ci dimoravano e lavoravano- sotto lauto pagamento si intende- per le grandi super potenze in guerra.
La guerra- che a lui aveva giovato non poco portandogli nelle casse parecchio danaro grazie ad investimenti coraggiosi- aveva assunto connotati così grotteschi che ora sul campo di battaglia ci si buttava solo gli esperimenti umani che si facevano in tali laboratori. [...]
E poi però... C'erano quelle come lei.
C'erano gli errori di laboratorio. Creature che non sapevi collocare se tra le fiere o tra le belve a causa del loro forte meticciato.
Il governo aveva bandito creature simili.
Onde evitare polemiche varie e presunti maltrattamenti su tali creature- come se gli esperimenti non lo fossero già- il governo aveva predisposto il loro abbattimento nel caso dalle vasche di coltura saltasse fuori una di quelle “cose”.
Ma è facile aggirare certi divieti... (Fanfiction scritta da Kurenai88 ed ElderClaud!)
[KakuzuIno(?), ShikamaruTemari(?), NarutoSakura(?)] Altre coppie da definire si accettano consigli!
Genere: Generale, Drammatico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: Spoiler!
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Questo capitolo è stato scritto da me, da Kurenai88.

Ma non sto ad annoiarvi e vi auguro subito una buona lettura.

A fine capitolo le risposte alle recensioni fatte da ElderClaud.

 

 

2. Per Vivere

 

Scrutò con attenzione l’embrione all’interno della vasca e lesse i parametri riportati nel piccolo schermino luminoso, posto al lato del numero dell’esperimento, confrontandoli con quelli dei precedenti controlli.

Prese nota dei piccoli cambiamenti ed annotò con calligrafia precisa e ordinata delle ulteriori verifiche da eseguire su quell’esperimento e andò avanti nel suo cammino giornaliero.

Ogni giorno eseguiva sempre le stesse azioni.

Arrivava al laboratorio molto presto.

Indossava degli abiti sterili.

Prendeva il blocco degli appunti e si infilava tra le vasche di coltura dell’immenso centro di Alba City.

Partiva dagli esperimenti che avevano raggiunto lo stadio embrionale poi passava agli esemplari adulti.

Uomini e donne rinchiusi dentro delle teche di spesso vetro trasparente, immersi in un’acqua dalle leggere tonalità azzurrine.

Forse, era improprio chiamarli uomini e donne perché non lo erano totalmente se non nell’aspetto. Quelle erano fiere e belve. Esseri dall’intelligenza umana con tratti animali come agilità e potenza.

Armi perfette per quella guerra con la quale Alba City, nonostante il suo essere neutrale, era divenuta famosa.

Proseguì il suo cammino, superando l’ala degli embrioni per entrare in quella che lei, mentalmente, aveva rinominato Sala Parto.

Nome sicuramente appropriato perché erano quelle vasche che davano alla luce i prodotti finiti, quelli destinati alle grandi potenze nazionali.

Con un gesto quasi meccanico si risistemò le spesse lenti sul naso e controllò il primo esemplare della lunga fila.

Sesso femminile.

Capelli scuri.

Pelle liscia priva di reazioni allergiche alle varie sostanze che venivano immesse nell’acqua.

Battiti nella norma per un esemplare della sua specie.

La analizzò con serietà appuntando ancora ogni dato riportato nello schermo luminoso, segnando un controllo ulteriore sui capelli e sulla cute.

Rialzò lo sguardo sulla fiera, perfetta in ogni suo dettaglio ma... tremendamente triste.

Ai suoi occhi quell’essere era triste.

Ogni individuo in grado di comprendere e respirare aveva diritto a un’esistenza ma loro non l’avrebbero mai avuta.

Tutta la loro vita doveva essere volta  alla guerra e alla fedeltà verso uomini che li avrebbero considerati alla stregua di oggetti.

Nonostante questo, c’era chi era convinto che non ne soffrissero grazie ai loro induttori comportamentali che li portavano alla totale obbedienza verso il loro padrone.

Proseguì con i controlli su un esemplare maschio fino a quando non notò una vasca la cui acqua aveva assunto una colorazione verde, ben lontana dal salutare e normale azzurro delle altre.

Osservò l’essere al suo interno, era un maschio quasi completo e pronto ad abbandonare la vasca ma qualcosa stata andando male.

La pelle mostrava delle macchie e lo schermino presentava dei battiti molto più lenti della normale.

“ Reazione allergica...”, mormorò piano, corrucciando la fronte.

Allungando la mano per sfiorare lo schermino luminoso.

Era stata una reazione di una notte e doveva controllare in che momento quella reazione era avvenuta per evitare che anche gli altri esemplari fossero infettati.

Lesse i vari orari della memoria di vita e segnò il momento in qui i battiti avevano iniziato a rallentare pericolosamente.

Segnò i vari dati nel blocco e la sostanza che aveva causato la reazione, impostando tramite lo schermino una sorta di antidoto.

Era quello uno dei suoi compiti.

Doveva assicurarsi che tutti gli esemplari fossero sani e in forze alla loro uscita dal laboratorio, cercare di curare quelli che avevano delle strane reazioni e... eliminare gli errori.

Non era un avvenimento raro che da quelle vasche uscissero delle chimere, esseri non totalmente uomini ma neanche fiere o belve.

Erano semplicemente chimere, il cui fisico pareva essere la fusione umana e animale.

Orecchie e coda animale su un corpo umano.

Privi di quei freni comportamentali che li portavano a ubbidire ciecamente all’uomo. Erano dotati di un’intelligenza propria ed era quello uno dei motivi per qui il governo aveva emesso un’ordinanza contro di loro.

Dovevano essere soppresse perché troppo pericolose per la società - in via ufficiale venivano soppresse per evitare maltrattamenti data la loro figura simile a quella dei personaggi degli anime e manga che spopolavano nel mondo.

“ Cerca di vivere...”, mormorò lei, fissando l’acqua divenire rossastra per l’immissione dell’antidoto.

Lei odiava dover uccidere, in realtà odiava tutto del suo lavoro.

Quelle creature, il loro diventare oggetti e armi, il dover sopprimere i più simili a un umano.

Lo odiava, ma doveva pur vivere.

Il denaro non comprava la felicità ma... in qualche modo bisognava pur sopravvivere e Shiho, promettente dottoressa e scienziata, doveva lavorare per vivere anche se la sua occupazione era faticosa e disgustosa.

Non poteva evitarlo neanche volendo.

Poteva solo combattere e cercare di guarire le future chimere per non doverle sopprimere.

Proseguì il suo cammino, eseguendo su altri esemplari lo stesso procedimento di cura o di controllo, fino a entrare in una sala di monitoraggio totale i cui computer, perennemente accesi, programmavano l’immissione dei liquidi - medicinali ma anche alimentari - nelle vasche di coltura.

Si sedette in un sospiro e, risistemandosi gli occhiali Shiho digitò le varie password per accedere al terminale.

Vide scorrere una lunga lista di nomi nello schermo mentre ricercava il suo ID.

Tantissimi scienziati e dottori lavoravano per quel laboratorio e tutti avevano un ruolo ben definito.

Quando la lista si arresto si allargò una finestra con la sua scheda.

Shiho. Anni ventisei.

Nata ad Alba City e residente nella medesima città.

Il tutto accompagnato da una voto di una giovane donna.

Occhi azzurri brillanti e intelligenti. Capelli rossi lisci raccolti con un’ordinata coda.

Era lei ma... diversa.

La persona che in quel momento guardava lo schermo non era la stessa della foto.

O meglio, era lei ma i sui occhi erano stanchi e coperti da spesse lenti, i suoi capelli raccolti in una coda improvvisata per il poco tempo che quel lavoro concedeva alla sua persona.

La donna della foto era piena di sogni e di speranze.

Un genio con idee innovative e abbastanza tenace da aver combattuto per quel lavoro, quando ancora non sapeva che cosa avrebbe comportato.

E in quel momento la donna che guardava quello schermo era piegata dal peso degli eventi che si erano susseguiti.

Rimaneva pur sempre un genio, ma non era soddisfatta.

Ma questo di certo non l’avrebbe mai buttata giù.

Né il peso che gravava sulle sue spalle né il dolore che sentiva ogni qualvolta che la avvertivano che uno degli esperimenti doveva essere soppresso.

Shiho era rimasta la stessa persona tenace e sapeva che c’era sempre un’alternativa.

Perché una vita era pur sempre una vita e se per salvarla bisognava seguire una via non tanto legale lei l’avrebbe seguita.

 

 

Noia.

Era quello il modo in qui Orochimaru, noto scienziato e dottore, definiva quelle intere giornate di controlli prive di una qualsivoglia attrazione.

Sempre le solite cose.

Controlli. Controlli. E ancora controlli.

Ultimamente il laboratorio nel quale militava, uno dell’enorme complesso di Alba City, pareva un mortorio.

I suoi studi erano così perfetti ed elaborati che vi erano pochi gli errori, e di fronte a quello l’uomo quasi sperava di trovare una piccola falla per rendere più interessante quella vita che, via via, andava a morire.

Fatto sta che, quella sera, le sue preghiere vennero accolte dalla vasca del settore degli adulti.

La donna all’interno della teca sembrava in salute.

Colorito sano e parametri nomali.

Ma non era quello a fare di lei un errore. Erano le sue orecchie e la piccola coda che spuntava in prossimità dell’osso sacro.

Un ghignò sfigurò il suo viso, illuminando sinistramente la pelle candida - sembrava quasi che quell’uomo non vedesse da mesi la luce del sole.

“ Finalmente.”, mormorò soddisfatto mentre estraeva dalla vasca una confusa ragazzina - era la prima volta che usciva e tra l’altro il suo processo di crescita non era ancora completo - che si lasciò obbedientemente guidare in un laboratorio adiacente.

L’aria era particolarmente gelida e la creatura, nuda, tremava sia per la paura che per la temperatura che le carezzava la pelle umida.

“ Su. Stenditi.”, ordinò divertito Orochimaru, indicando un lettino sul quale fece coricare l’altra.

Le orecchiette si muovevano lente mentre gli occhi, timorosi, seguivano i movimenti dell’uomo che, con calma, aveva iniziato a legarla con delle cinghie.

Appena l’ultima fu stretta sul ventre, la ragazzina emise un verso strozzato.

L’istinto di sopravvivenza, proprio della sua razza, era emerso subito nel sentirsi imprigionata.

Orochimaru ridacchiò, ignorando i suoi tentativi di fuga - non per niente aveva messo quelle cinghie rinforzate.

Si mosse per il laboratorio portando poi con se una siringa che brillava sinistramente di blu.

Ghignò ancor di più e, senza ripensamenti, infilò l’ago nel collo della bestia che gridò.

Entro due ore sarebbe morta, ma infondo: che importanza aveva la vita di quell’essere?

Era uno scarto di laboratorio e un pericolo per la società.

La morte era l’unica via e, sicuramente, avrebbe rallegrato la giornata di Orochimaru ed era solo quello che all’uomo interessava.

Voleva battere la noia e se per farlo doveva passare sulla vita di quella creatura, beh: l’avrebbe fatto senza rimpianti né ripensamenti.

 

Fatto ù.ù

In questo capitolo è stata mostrata la principale differenza tra due scienziati.

Ovviamente non è finita qui tra loro due XD

Quindi vi invito al prossimo capitolo ù.ù/

Ora la parola a Elder.

 

Bene! Eccomi qui a recensire!

Sappiamo che come inizio non vi era molto da mostrare, ma prometto che più si procederà, più le cose si faranno interessanti!

uchiha_girl: Felice che ti sia già piaciuto come inizio!

Rinalamisteriosa: Sì è ancora presto per un giudizio! Comunque eccoti il secondo XD!

kymyt: Grazie cara! Le cose si evolveranno "in peggio" sempre di più ù.ù

 

Si ringrazia inoltre DarkRose86, Targul, michy25, Ricklee, SkyEventide per aver messo questa storia nei loro favoriti!

Grazie tesori XD

  
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