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Autore: Gobbigliaverde    08/03/2015    1 recensioni
Spin off de "il viaggiatore di sogni" che vede come protagonista Gemma Jones, la figlia di Killian e Emma.
Dal testo:
- È dura recuperare le tracce di un passato dimenticato, soprattutto se le risposte che si cercano non sono nel mondo che conosciamo.-
- Gemma corse via cercando di dimenticare l’affronto che l’amico le aveva rivolto. Salì le scale ripide del piccolo appartamento di New York e si infilò nel letto in camera sua. Si avvolse nella coperta ispida e rovinata, e dentro di se maledisse il giorno in cui i suoi genitori l’avevano lasciata all’orfanotrofio.-
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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«Quando ero piccolo i miei genitori hanno cambiato casa una decina di volte. Ma io sono sempre riuscito a trovarli.»
Woody Allen

TRE

 

Erano le tre e mezzo di mattina e come d’accordo era di fronte alla porta del palazzo. Henry era li, con il suo solito sorriso ad aspettarla. Aveva portato via con se solo la borsetta colorata e il suo quadernetto, del resto delle cose non le importava più di tanto. Appoggiò la mano sulla maniglia fredda, esitante. Aveva lasciato la casa mentre tutti dormivano, lasciando solo uno stupido biglietto per Drake. Tra le dita stringeva quel pezzettino di carta che all’ultimo momento aveva deciso di togliere dal messaggio.
    Ti amo.
    Appallottolò la cartaccia e la infilò in tasca. Se andava via lei, avrebbe dovuto portarsi via anche i suoi sentimenti. Ora sperava solo che l’amico la scordasse velocemente, senza alcun problema.
    Gemma spalancò la porta dell’ingresso e una folata di  vento gelido la investì in pieno. Stava giusto smettendo di piovere dopo una serata di temporale estivo.
    — La mattina alle tre fa freddo anche d’estate, vero? — chiese Henry vedendola vestita solo in maniche corte e pantaloncini.
    Lei annuì tremante, ancora immersa nei suoi pensieri. — Ora dove andiamo? — domandò.
    — È una sorpresa… Però vorrei che arrivassi lì viva, non umida e morta assiderata — disse con una risata armoniosa, e le porse una giacca in pelle rossa consumata che lei indossò immediatamente.
    — Dove l’hai presa? — chiese la ragazza, notando che aveva un taglio femminile.
    Lui sembrava immerso nei ricordi e la domanda lo prese alla sprovvista. — È di una persona che a quanto pare abbia fatto bene a prestarmela.
    Gemma capì che non era ancora arrivato il momento di conoscere tutta la storia della sua famiglia, e preferì stare in silenzio mentre lui la accompagnò verso un maggiolino giallo parcheggiato sul ciglio della strada.

Drake non ci poteva credere, o meglio, non ci voleva credere. Stringeva convulsamente il pezzo di carta strappato tra le mani, senza sapere se era più arrabbiato per il suo addio o perché lo aveva fatto solo con uno stupido foglietto. Avrebbero dovuto parlarne. Nessuno dei due sapeva nulla di quell’uomo, ma avrebbe potuto scommettere tutte le poche cose che possedeva, che lei era partita con lui.
    — Drake, abbiamo già avvertito la polizia… — cercò di consolarlo la signora Bianca, preoccupata per il suo sguardo assente.
    Lui scosse la testa. — Vado a cercarla — sentenziò.
    La donna provò a fermarlo senza successo, perché lui non era più sotto la sua tutela. Il ragazzo indossò le prime cose che aveva a portata di mano. Erano le sette e quaranta di mattina, la sveglia era suonata solo dieci minuti prima, ma lui non si era mai sentito tanto lucido come quel giorno. Scese le scale velocemente fino a quando non fu sul marciapiede. Le macchine sfrecciavano sulla strada, le persone passeggiavano tranquille, e il sole già era cocente. Drake diede un calcio ad un sampietrino che rotolò lontano scontrandosi con un lampione.
    Appoggiò una mano sul viso massaggiandosi le tempie. Dove diamine poteva essere andata? Quell’uomo poteva averla portata ovunque. Cercò indizi per diversi minuti, ma non trovò nulla che lo portasse a lei. Proprio quando l’ansia e la rabbia stavano per prendere il sopravvento, qualcosa di insolito comparve sotto il suo sguardo. Probabilmente quella notte era piovuto, perché la strada era ancora umida. Sull’asfalto scuro però, saltava all’occhio una chiazza rettangolare più chiara, asciutta.
    Drake fece appello a tutta la sua memoria per ricordare verso che ora aveva smesso di piovere. Dopo alcuni secondi ricordò che verso le quattro i tuoni sembravano essersi calmati e  la connessione ad internet del suo PC era migliorata.
    — Dove si può arrivare da qui in quattro ore? — si chiese parlando ad alta voce per riordinare i pensieri. Si rese subito conto che in quel lasso di tempo sarebbero potuti andare ovunque.

Gemma era seduta con la cintura allacciata e fissava fuori dal finestrino. Nella sua mente frullavano mille pensieri e domande senza risposta.
    La voce di Henry ruppe il silenzio. — Sai, ti aspettavo diversa…
    — In che senso? — chiese lei, sorpresa.
    — Nel senso che mi avevano detto che eri bionda con gli occhi azzurri, invece a quanto vedo, la descrizione non combacia per nulla — osservò lui tamburellando le dita sul volante.
    Lei sbuffò. Quante volte aveva parlato dei suoi occhi a Drake, e quante volte lui aveva accantonato il discorso… — Prima lo ero… Poi i capelli si sono scuriti… E gli occhi, è una lunga storia… Perché parli al plurale? Chi ti aveva detto queste cose?
    — Non ha importanza — sorrise lui. — Piuttosto raccontami questa lunga storia, tanto abbiamo tempo…
    Gemma gli spiegò la teoria per la quale il colore variava a seconda delle emozioni, ma lui non sembrava affatto stranito o divertito. Soltanto sorpreso.
    — In realtà non sono del tutto sicura della mia teoria, perché credevo che l’agitazione li rendesse scuri, ma non è sempre così — osservò lei scorgendo i suoi occhi verde brillante dallo specchietto retrovisore.
    Henry si grattò il mento. — E se cambiassi punto di vista? Ad esempio, se il colore dipendesse dalla vicinanza o meno di un pericolo? — chiese interessato.
    Gemma sorrise e scosse le spalle. Era un’ipotesi ancora più assurda a cui lei non aveva pensato. — Stranamente sembra che tu creda davvero a questa follia… — sussurrò.
    Lui arricciò il naso e allungò la mano verso il sedile posteriore. Prese un grosso volume e lo passò alla ragazza. — Quale follia? Io non credo che esistano follie, solo belle storie.

— Diamine! — ruggì il ragazzo battendo i pugni sul tavolo in legno scuro. — Vi ho già ripetuto che non mi aveva avvertito assolutamente della sua fuga!
    Il poliziotto lo squadrava contrariato. Come avrebbe potuto credergli? Era solo un orfano che aveva vissuto in solitudine troppo a lungo. Drake si guardò attorno furente di rabbia.
    — Te lo spiego io com’è andata. Tu oggi avresti compiuto diciotto anni, e saresti stato libero dalla tutela di persone adulte… Ma lei… lei doveva restare ancora nella casa famiglia, e tu l’hai fatta scappare per non separartene. Ora, o ci dici dove si nasconde, oppure ti accusiamo di rapimento. — L’agente appoggiò le mani sul banco con aria arrogante.
    Drake si alzò in piedi arrabbiato e sconfortato, e per poco non rovesciò la sedia. — Voi credete di potermi trattare così perché ho un passato travagliato, eh? Sono un orfano, non un delinquente. E non ho nulla a che fare con questa storia. Mio padre ha ucciso mia madre quando avevo cinque anni davanti ai miei occhi, e ora è in prigione a scontare l’ergastolo. Gemma è l’unica persona che si è sempre presa cura di me. Davvero crede che sarei venuto qua di fronte a lei a denunciare la sua scomparsa e a cercare di aiutare nelle indagini se avessi voluto scappare con lei? Che razza di poliziotto è!
    Un secondo agente comparve dalla porta del piccolo ufficio, e quello seduto alla scrivania con il ragazzo uscì dalla stanza sbuffando.
    — Mi state trattando come se fossi un pazzo omicida. Gemma è fuggita, ve l’ho ripetuto cento volte — sbuffò il Drake annoiato dalla situazione.
    Il giovane agente che aveva appena fatto ingresso cominciò a parlare senza degnarlo di uno sguardo, sfogliando con attenzione un plico di carte. — Detective Sean McCullen, del dipartimento “persone scomparse” — disse sedendosi di fronte al ragazzo.
    Drake sbarrò gli occhi. — Sean? Ma come…
    L’agente alzò di scatto lo sguardo, facendo cadere i fogli sulla scrivania frapposta tra loro. — Drake? Drake Thompson? Sei davvero tu? Non ci credo, erano secoli che non ti vedevo! — esclamò sorpreso.
    Il ragazzo si sentì subito al sicuro, vedendo quello che sembrava essere un amico di vecchia data. — Sean, come diavolo hai fatto a diventare un poliziotto in così poco tempo? Sono passati solo due anni da quando te ne sei andato dall’orfanotrofio!
    Il giovane sorrise, passandosi una mano sul volto stanco. — Tanti sacrifici e tanta forza di volontà. Se ti può consolare ho iniziato con il dirigere il traffico… Tu piuttosto, sembra che ti sia cacciato in un brutto guaio.
    Drake alzò gli occhi. — Io non c’entro nulla, sono venuto qua per dire tutto quello che so sulla scomparsa di Gemma.
    Sean lo scrutò per alcuni lunghi istanti, corrugando la fronte fino a quasi far toccare le sopracciglia bionde, poi schioccò le labbra. — Ti credo. Hai sempre avuto un enorme senso del dovere. Infatti sono qui per dirti che abbiamo una pista, in un autogrill fuori città hanno appena pagato con una carta di credito intestata ad Henry Mills. Andiamo — sorrise appoggiandosi il berretto sopra i riccioli biondi.
    — Intendi dire che prendiamo la Volante? — sussurrò Drake strabuzzando gli occhi e cercando di velare l’espressione fin troppo felice.
    Sean sorrise e gli lanciò un mazzo di chiavi. — Guidi tu, come hai vecchi tempi?
    — Non so quanto sia legale… — tentennò il ragazzo.
    — Non ci siamo mai posti il problema.

— Hai ancora fame? — chiese Henry, preoccupato per lo stomaco brontolante di Gemma.
    Lei sorrise mandando giù l’ultimo boccone della brioche che avevano appena comprato. — No, sto bene così.
    — Ti trovo silenziosa, cosa c’è? Se hai qualche ripensamento possiamo tornare indietro — iniziò Henry, ma lei lo bloccò immediatamente.
    — Voglio una vera famiglia, una di quelle che ti amano davvero, senza persone che parlano a sproposito e ti feriscono senza chiedere neppure scusa — disse secca lei.
    Lui rimase in silenzio per alcuni secondi, poi sospirò. — E il tuo fidanzato?
    Per poco non le andò per storto un boccone di brioche. — Chi? Drake? Lui è solo… solo un amico, niente di più.
    — Un amico molto protettivo da quanto ho potuto vedere — sorrise lui in tono scherzoso.
    Gemma impallidì. — Un uomo che entra in casa tua dicendo di essere il fratello che non hai mai conosciuto è un po’ sospetto, non credi? — lo canzonò.
    Henry rise. — Forse, ma ho visto cose più strane.
    La ragazza lo osservò con attenzione. Forse quell’uomo era davvero suo fratello. Sperava che in qualche modo le ricordasse i lineamenti della madre, ma il suo volto non le diceva nulla. Era in viaggio con un uomo sconosciuto che le ispirava fiducia verso una destinazione sconosciuta. Forse era pazza, ma era stufa di passare da una famiglia all’altra senza mai trovare qualcuno che la amasse. Fissava la striscia bianca infinita che nasceva all’orizzonte sull’asfalto grigio, e tentava di immaginare come sarebbe stata la sua vita se la sua vera famiglia avesse bussato prima alla sua porta. Sempre che quell’uomo la stesse portando dalla vera famiglia.
    La destinazione non sembrava mai arrivare, allora decise di ammazzare il tempo leggendo quel grosso libro pesante che aveva sulle ginocchia. Sfogliò le pagine. Biancaneve, Cenerentola, La Sirenetta, Peter Pan, Pinocchio… C’erano tutte le fiabe che lei già sapeva a memoria. Voltò velocemente quei capitoli senza far nemmeno attenzione alle immagini che correvano sotto i suoi occhi, fino a quando non ne intravide una che attirò la sua attenzione. Una donna bionda e un ragazzino dentro un maggiolino giallo che oltrepassavano un cartello rovinato, la cui scritta citava Storybrooke.
    Gemma aguzzò la vista. — Hey, guarda! Questo bambino nell’immagine ti assomiglia! — disse ridendo.
    La macchina rallentò. — Siamo quasi arrivati — sussurrò Henry fingendo di non aver sentito e tenendo gli occhi puntati sulla strada.
    Lei sbuffò chiudendo il volume con un colpo. — Quindi ora mi puoi dire dove stiamo andando?
    L’auto sfrecciò affianco ad un cartello mangiato dall’edera che lei riconobbe fin troppo bene. — A casa.

  
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