Vergil si passò una mano tra i capelli, per domare una ciocca ribelle, che continuava a scendere verso gli occhi. L'aria fresca gli accarezzava il viso mentre faceva jogging sul lungo mare.
Non sentiva la fatica: il cuore manteneva battiti costanti, i muscoli rispondevano con precisione agli stimoli e nemmeno un accenno di fiatone, malgrado fosse al decimo giro. Era perfettamente allenato, considerò con estrema soddisfazione.
Scattò in avanti per evitare un bambino sfuggito alla mano della madre e incrociò lo sguardo con una bella ragazza dagli occhi scuri e le forme invitanti. Sorrise, come sempre appagato dal vedere l'ammirazione negli occhi altrui. Controllò le pulsazioni sul braccialetto elettronico, chiuse gli occhi e accelerò l'andatura. Era al porto, la gente diminuiva sempre di più, e lui aveva la strada libera, finalmente solo, anche se una strana inquietudine continuava a seguirlo come un'ombra minacciosa. Era isolato dal resto del mondo grazie alle cuffiette. Alternava brani di musica classica a pezzi moderni, ma strumentali e sempre di grande potenza. Quella musica gli dava la carica, lo faceva sentire il padrone del mondo, qualcuno in grado di ottenere qualunque cosa desiderasse. Ed era esattamente questo ciò che era: un uomo deciso, sicuro di sè, in grado di vincere ogni battaglia.
Arrivò al limite del porto e si fermò. Aveva finito l'allenamento programmato, mosse qualche passo per non far raffreddare di colpo i muscoli e poi si concesse una vera sosta. Era alla fine del molo, nel punto più alto e panoramico. Da lì poteva osservare gran parte degli stabilimenti balneari e anche le persone che passeggiavano nel piazzale.
Fissò una coppia, poco lontano, sembrava lontana dal resto della folla, come se in quel momento ci fossero solo loro due al mondo.
Lui non doveva essere italiano, troppo biondo e con una corporatura massiccia. Probabilmente americano. Lei, invece, era più piccola e bruna. Rideva e cercava di scappare, ma il ragazzo riusciva sempre ad afferrarla. Fu in quel momento che la strinse a sè e la baciò.
Vergi
si sorprese a chiedersi se, ad un occhio esterno,
anche lui e Sveva erano apparsi così, qualche sera prima, a
Ravello.
Chiudendo gli occhi riusciva a vedersi appoggiato al muro, mentre la
intrappolava contro di sé e le rubava un bacio.
Il bacio peggiore della mia vita...la
sentì ripetere nella propria
mente. Gli sfuggì una smorfia di rabbia repressa, chiuse le
mani a pugno, e
distolse lo sguardo dalla coppia, sempre più vicina.
Un bacio da dimenticare... gli aveva detto. E allora
perché lui non
riusciva a dimenticarlo? Perché sentiva ancora quelle labbra
morbide contro le
sue, perché desiderava ancora tenerla stretta e farle capire
che doveva cedere?
No, loro non assomigliavano minimamente a quella coppia.
Fissò con astio i fidanzatini. La ragazza non smetteva di
ridere guardava
l'altro con adorazione. Lui l'abbracciava, ma senza tenerla stretta, le
permetteva di allontanarsi e tornare da lui. Emanavano fiducia e
serenità.
Tra lui e Sveva non c'erano quelle risate spensierate. Ultimamente la
tensione
stava crescendo sempre di più, avevano iniziato una
schermaglia che iniziava a
somigliare a una lotta all'ultimo sangue. Avrebbe vinto chi sarebbe
stato
capace di ferire più a fondo, di annientare l'orgoglio
dell'altro. E lui non
voleva perdere, ma non voleva neppure...
Bevve avidamente un sorso d'acqua, come se la confusione che lo agitava
fosse
un incendio da domare che gli stava ardendo dentro. Svuotò
la bottiglietta e
l'accartocciò. Il rumore della plastica distorta
sembrò calmarlo. Lanciò il
contenitore nel bidone, era abbastanza lontano ma sapeva di poterlo
centrare.
-Bel lancio- esclamò una voce maschile dietro di lui. La
coppia era ormai alle sue spalle.
Vergi chinò appena la testa, e se ne andò senza
rispondere.
Camminò a passi lenti verso l'albergo, con la voglia che
tutta quella gente
sparisse. Accese di nuovo il lettore mp3, selezionò uno dei
suoi brani
preferiti, moderno ma epico. Voleva stare da solo. Riprendere il
controllo.
Si sentì invadere dalla musica: il violino era struggente,
ma pian piano il
ritmo delle percussioni cresceva sempre di più.
Lasciò che le note veloci lo
trasportassero lontano, lavassero tutte le ombre che si portava dentro
e gli
restituissero il vecchio se stesso.
Si era calmato solo da qualche secondo quando si sentì
strattonare. Si girò,
trattenendo la rabbia.
-Chi...?-
-Ciao!- Federica saltò all'indietro quando lui si
girò. Era molto tempo che non lo vedeva così: il
viso inespressivo come una maschera
di ghiaccio, solo i suoi occhi erano accesi da una strana luce,
un'espressione
indecifrabile. Gli sorrise senza dar troppo peso a quella
stranezza. I guai di Vergi non erano affar suo e se lui continuava a
fare lo
stronzo con chiunque era naturale che, prima o poi, sarebbe incorso in
qualche brutta
esperienza.
-Non sono Dante.-
-Lo so.-
-Allora non dovresti sorridermi in quel modo- le sussurrò
passandole un dito
sulla guancia, con fare allusivo. -O hai finalmente capito che mio
fratello non
vale un decimo di me?-
-Evidentemente hai dimenticato cosa sia la cortesia. Te la spiego in
una
semplice frase: si deve sorridere anche alle persone che ti fanno
proprio
venire il mal di stomaco.-
Lui rise e incrociò le braccia sul petto. -Allora, che vuoi?-
-Lo so: non hai tempo da perdere con me, hai cose più
importanti da fare e bla bla
bla...-
Vergi non rispose, limitandosi ad alzare un sopracciglio e spostare
appena lo
sguardo verso il mare.
-Siamo tornati a quel punto...-
-Quale punto?- le chiese, senza far trapelare la curiosità
dalla propria voce.
-Quello in cui tu ti ergi ad essere superiore, privo di emozioni e
assolutamente disinteressato a noi poveri comuni mortali.-
-Se mi annoiate a morte non è colpa mia- stava per voltarsi
e andarsene quando
la domanda di Federica lo raggiunse.
-Ti annoia anche la mia amica?-
-Lei che c'entra?-
-Ti devo parlare di Sveva e tu, pezzo di ghiaccio oppure no, mi farai
il santo
piacere di ascoltare.- Per essere più incisiva si
avvicinò a lui e afferrò
l'asciugamano attorno al suo collo, rischiando di strangolarlo.
Quella sera Federica portava i tacchi, il che voleva dire che poteva
guardarlo
dritto negli occhi, senza bisogno di alzare lo sguardo. Erano
assolutamente
alla pari, i visi vicini. Vergi le mise le mani sui fianchi, ma con una
leggera
tensione verso l'esterno, per farle capire di allontanarsi. Lei non si
mosse. -Stammi bene a sentire. Non provare più a
giocare con la mia
migliore amica, altrimenti ti spezzo le ossa una a una.-
Gli occhi della ragazza erano spalancati, il viso indurito e il tono
chiaramente minaccioso, ma nonostante questo Vergi non
riuscì a trattenersi.
Gettò la testa all'indietro e rise come non faceva da tanto
tempo.
-Questo è francamente esilarante. Anche volendo non
riusciresti a farmi
niente...- sussurrò avvicinandosi sempre di più
al viso di lei.
Con sua sorpresa anche Federica si avvicinò, per un momento
credette che stesse
per baciarlo e invece la sentì mormorare.
-Se in questo preciso istante alzassi un ginocchio, ti assicuro che
sentiresti
molto dolore.- Lo vide contrarre le mascelle, con disappunto. Solo
allora si
allontanò, lo prese per un braccio e lo trascinò
verso una panchina. Stranamente
lui non oppose resistenza. -Sediamoci.-
-Cosa c'è, lei non è in grado di difendersi da
sola e manda te?-
-Da come sei ridotto mi sembra che lei si difenda benissimo!-
-Stronzate!-
-Il fatto è che non voglio che la mia migliore amica sia
costretta a
difendersi.-
-Bel tentativo. Proprio tu fai la sua paladina. Tu che le hai fregato
il
ragazzo!-
Federica si voltò di scatto verso di lui, con espressione
furente. -Non le ho
fregato proprio niente.-
-Dante non aveva occhi che per lei, prima che ti mettessi in mezzo tu,
cara
"migliore amica"-
-Senti, io e Sveva su questo punto ci siamo già chiarite.
Non provare a farci
litigare, perché tanto non ci riusciresti.-
-No, certo. Il mio unico scopo stasera è stare qui seduto a
sentire le tue
stupidaggini.-
-Sveva dovrebbe prenderti a calci invece di in...- Federica si
interruppe
subito, capendo di star parlando troppo. Tentò di
allontanarsi ma Vergi fu più
veloce e la prese per un braccio.
-In...cosa? Che stavi dicendo?-
Una strana urgenza traspariva dalla sua voce. Vergi voleva sapere
quell'ultima
parola. Aveva bisogno di sapere se quell’ "in" fosse l'inizio
di
"innamorarsi".
All'improvviso capì che tutto ciò che stava
desiderando era a portata di mano.
Se avesse avuto ragione, se Sveva fosse stata davvero innamorata di lui
allora
avrebbe voluto dire che aveva ceduto, che lui era uscito vincitore da
quella
loro macchinosa guerra. La vittoria era sua, Sveva era sua.
-Parla!- Intimò a Federica, che si divincolò,
piuttosto seccata.
-Invitarti a cena, quella prima sera in Italia!-
Vergi la lasciò andare, come se si stesse scottando al solo
contatto. -Invito a
cena?- Improvvisamente scoppiò a ridere. Quella prima sera,
in pizzeria,
l'aveva quasi dimenticata, era stato solo poche settimane prima, invece
sembrava essere passata un'eternità.
-Avrebbe dovuto chiedere a qualcun altro di uscire!-
-Non credo ce l'abbia chiesto lei...e poi non avrebbe nessuno a cui
chiederlo,-
osservò con falsa non curanza.
-Lo credi tu.-
-Mi vuoi convincere che ci sia qualcuno, magari nella vostra
città, pronto a
cascare ai suoi piedi non appena lei fa un sorriso?-
Federica non aveva nessuna intenzione di convincerlo di una cosa
simile,
però...già che lo stava dicendo lui...
-Sveva è timida e troppo modesta, in realtà piace
a molti ragazzi...- lo sentì
sbuffare, ma continuò imperterrita. -Se non sbaglio, una
volta, anche tu l'hai
aiutata a togliersi un tipo appiccicoso di dosso.-
Lui non mosse un muscolo, eppure qualcosa faceva capire che si stava
accigliando e che lei aveva colpito nel segno. -E poi c'è
Ettore, che con lei è
molto...affettuoso.-
Ce l'aveva fatta, le sopracciglia di Vergi erano schizzate verso
l'alto, solo
per un secondo, ma era stato reale, evidente.
-In che senso?-
-Vuoi che ti faccia un disegnino?- Si coprì le labbra con
una mano, trattenendo
una risata, poi indicò in modo poco elegante una coppietta
che stava
passeggiando mano nella mano. -Come quelli là.-
Vergi li riconobbe subito. La coppia di prima, al molo, adesso erano
abbracciati. E rapidamente passarono ai baci.
Davanti ai suoi occhi la scena cambiò, con troppa
facilità.
Sveva stava baciando uno...un....Ettore!
Chi si chiamava più "Ettore"?
-Mi ha detto chiaramente che non è fidanzata.-
Scandì bene le parole,
ricordando le loro prime uscite. -Non può esserlo...-
aggiunse, ricordando,
stavolta, le loro ultime uscite.
-Non sono proprio fidanzati, diciamo che si deciderà tutto
dopo l'estate. Lui ha preferito così, ma,
secondo me, non ci metterà molto a ricredersi e a
conquistarla. Lei è molto legata a
lui, anche se non ne parla mai. Sai, com'è Sveva, tanto
riservata. Forse nemmeno comprende quanto gli piaccia, magari ha
tentato di dimenticarlo, ma non penso ci riuscirà davvero,
una volta tornata a casa.-
"Si deciderà tutto dopo l'estate". Cosa
diamine era quella,
una pausa estiva? Sveva se la stava spassando nell'attesa di cadere ai
piedi
del primo deficiente non appena fosse iniziato settembre. E lui cosa
era stato,
un flirt da spiaggia?
Non poteva essersi sbagliato in modo così macroscopico.
Quella che credeva
essere una dolce, ingenua bambina era in realtà una
seduttrice smaliziata.
La rivide tra le sue braccia, la sentì tremare al suo tocco,
fremere alle sue
provocazioni. Era troppo innocente per essere la manipolatrice che
stava
descrivendo.
Qualcosa non andava, eppure Vergi sentì lo stesso un gran
vuoto sopra lo
stomaco. Come se fino a qualche secondo prima ci fosse stato qualcosa
lì,
qualcosa di caldo e rassicurante, ma che all'improvviso gli era stato
strappato.
E poi fu la volta della rabbia, fredda eppure bruciante.
Quel lampo verde veleno che lo aveva perseguitato nei suoi sogni
peggiori.
Quell'abito azzurro, seducente e inafferrabile.
Tutto un inganno.
In fondo non si conoscevano neppure. Cosa sapevano delle rispettive
vite? Nulla
tranne quello che si erano raccontati e nessuna garanzia che si
dicessero la
verità.
"...è molto legata a lui". C'era un
rapporto tra loro, una
relazione, un legame che non si interrompe solo perché sono
distanti, solo
perché...si incontra qualcun altro. E lei apparteneva a un
altro. Un altro che
poteva baciarla quando voleva, che poteva tenerle testa e
farle ingoiare la
sua dannata testardaggine, che poteva farla arrabbiare ma poi vederla
ridere.
Un altro.
Non lui.
Avrebbe voluto protestare, arrabbiarsi, oppure mostrarsi indifferente,
per
nulla interessato a quelle notizie, ma non poté fare niente
di tutto ciò. Perché
accadde l'imprevedibile.
Lo so, avevo detto che per un po' non ci sarebbero stati aggiornamenti ma, per motivi che non sto qui a dirvi, mi è saltato un esame.
Due giorni fa mi sono messa sotto e ho scritto fino alle due e mezza di notte, per poi continuare e finire il capitolo il giorno successivo. Insomma, sul mio pc, la storia è già più avanti. Non sul finale ma siamo in dirittura d'arrivo. Quindi, presa dall'euforia ho deciso di aggiornare anche EFP.
Ma ora torniamo a noi. Vi è piaciuto questo capitolo? Vi aspettavate questo colpo di scena? State in guardia perché le sorprese non sono finite qui :)
Ringrazio le mie tre fedeli commentatrici RockMantick, Katherine e DantexR, perché tutte le vostre critiche, impressioni e consigli mi sono davvero utili.