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Autore: Bryluen    09/03/2015    2 recensioni
Piena estate, il sole brilla accarezzandovi la pelle, il mare vi invita a buttarvi tra le sue onde cristalline. Le sentite le risate di quella piccola comitiva? Due gemelli albini e due amiche del cuore stanno dando vita ad appassionate schermaglie d'amore. Provate a scorgere i fili invisibili che già si annodano e si sciolgono tra di loro.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Dante, Vergil
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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La sera iniziava a calare dolcemente sulla piccola città di mare. La luce era più tenue e i colori accesi del tramonto stavano già diventando meno vividi.
Vergil si passò una mano tra i capelli, per domare una ciocca ribelle, che continuava a scendere verso gli occhi. L'aria fresca gli accarezzava il viso mentre faceva jogging sul lungo mare.
Non sentiva la fatica: il cuore manteneva battiti costanti, i muscoli rispondevano con precisione agli stimoli e nemmeno un accenno di fiatone, malgrado fosse al decimo giro. Era perfettamente allenato, considerò con estrema soddisfazione.
Scattò in avanti per evitare un bambino sfuggito alla mano della madre e incrociò lo sguardo con una bella ragazza dagli occhi scuri e le forme invitanti. Sorrise, come sempre appagato dal vedere l'ammirazione negli occhi altrui. Controllò le pulsazioni sul braccialetto elettronico, chiuse gli occhi e accelerò l'andatura. Era al porto, la gente diminuiva sempre di più, e lui aveva la strada libera, finalmente solo, anche se una strana inquietudine continuava a seguirlo come un'ombra minacciosa. Era isolato dal resto del mondo grazie alle cuffiette. Alternava brani di musica classica a pezzi moderni, ma strumentali e sempre di grande potenza. Quella musica gli dava la carica, lo faceva sentire il padrone del mondo, qualcuno in grado di ottenere qualunque cosa desiderasse. Ed era esattamente questo ciò che era: un uomo deciso, sicuro di sè, in grado di vincere ogni battaglia.
Arrivò al limite del porto e si fermò. Aveva finito l'allenamento programmato, mosse qualche passo per non far raffreddare di colpo i muscoli e poi si concesse una vera sosta. Era alla fine del molo, nel punto più alto e panoramico. Da lì poteva osservare gran parte degli stabilimenti balneari e anche le persone che passeggiavano nel piazzale.
Fissò una coppia, poco lontano, sembrava lontana dal resto della folla, come se in quel momento ci fossero solo loro due al mondo.
Lui non doveva essere italiano, troppo biondo e con una corporatura massiccia. Probabilmente americano. Lei, invece, era più piccola e bruna. Rideva e cercava di scappare, ma il ragazzo riusciva sempre ad afferrarla. Fu in quel momento che la strinse a sè e la baciò.

Vergi si sorprese a chiedersi se, ad un occhio esterno, anche lui e Sveva erano apparsi così, qualche sera prima, a Ravello.
Chiudendo gli occhi riusciva a vedersi appoggiato al muro, mentre la intrappolava contro di sé e le rubava un bacio.
Il bacio peggiore della mia vita...la sentì ripetere nella propria mente. Gli sfuggì una smorfia di rabbia repressa, chiuse le mani a pugno, e distolse lo sguardo dalla coppia, sempre più vicina.
Un bacio da dimenticare... gli aveva detto. E allora perché lui non riusciva a dimenticarlo? Perché sentiva ancora quelle labbra morbide contro le sue, perché desiderava ancora tenerla stretta e farle capire che doveva cedere? No, loro non assomigliavano minimamente a quella coppia.
Fissò con astio i fidanzatini. La ragazza non smetteva di ridere guardava l'altro con adorazione. Lui l'abbracciava, ma senza tenerla stretta, le permetteva di allontanarsi e tornare da lui. Emanavano fiducia e serenità.
Tra lui e Sveva non c'erano quelle risate spensierate. Ultimamente la tensione stava crescendo sempre di più, avevano iniziato una schermaglia che iniziava a somigliare a una lotta all'ultimo sangue. Avrebbe vinto chi sarebbe stato capace di ferire più a fondo, di annientare l'orgoglio dell'altro. E lui non voleva perdere, ma non voleva neppure...
Bevve avidamente un sorso d'acqua, come se la confusione che lo agitava fosse un incendio da domare che gli stava ardendo dentro. Svuotò la bottiglietta e l'accartocciò. Il rumore della plastica distorta sembrò calmarlo. Lanciò il contenitore nel bidone, era abbastanza lontano ma sapeva di poterlo centrare.
-Bel lancio- esclamò una voce maschile dietro di lui. La coppia era ormai alle sue spalle.
Vergi chinò appena la testa, e se ne andò senza rispondere.
Camminò a passi lenti verso l'albergo, con la voglia che tutta quella gente sparisse. Accese di nuovo il lettore mp3, selezionò uno dei suoi brani preferiti, moderno ma epico. Voleva stare da solo. Riprendere il controllo.
Si sentì invadere dalla musica: il violino era struggente, ma pian piano il ritmo delle percussioni cresceva sempre di più. Lasciò che le note veloci lo trasportassero lontano, lavassero tutte le ombre che si portava dentro e gli restituissero il vecchio se stesso.
Si era calmato solo da qualche secondo quando si sentì strattonare. Si girò, trattenendo la rabbia.
-Chi...?-
-Ciao!- Federica saltò all'indietro quando lui si girò. Era molto tempo che non lo vedeva così: il viso inespressivo come una maschera di ghiaccio, solo i suoi occhi erano accesi da una strana luce, un'espressione indecifrabile. Gli sorrise senza dar troppo peso a quella stranezza. I guai di Vergi non erano affar suo e se lui continuava a fare lo stronzo con chiunque era naturale che, prima o poi, sarebbe incorso in qualche brutta esperienza.
-Non sono Dante.-
-Lo so.-
-Allora non dovresti sorridermi in quel modo- le sussurrò passandole un dito sulla guancia, con fare allusivo. -O hai finalmente capito che mio fratello non vale un decimo di me?-
-Evidentemente hai dimenticato cosa sia la cortesia. Te la spiego in una semplice frase: si deve sorridere anche alle persone che ti fanno proprio venire il mal di stomaco.-
Lui rise e incrociò le braccia sul petto. -Allora, che vuoi?-
-Lo so: non hai tempo da perdere con me, hai cose più importanti da fare e bla bla bla...-
Vergi non rispose, limitandosi ad alzare un sopracciglio e spostare appena lo sguardo verso il mare.
-Siamo tornati a quel punto...-
-Quale punto?- le chiese, senza far trapelare la curiosità dalla propria voce.
-Quello in cui tu ti ergi ad essere superiore, privo di emozioni e assolutamente disinteressato a noi poveri comuni mortali.-
-Se mi annoiate a morte non è colpa mia- stava per voltarsi e andarsene quando la domanda di Federica lo raggiunse.
-Ti annoia anche la mia amica?-
-Lei che c'entra?-
-Ti devo parlare di Sveva e tu, pezzo di ghiaccio oppure no, mi farai il santo piacere di ascoltare.- Per essere più incisiva si avvicinò a lui e afferrò l'asciugamano attorno al suo collo, rischiando di strangolarlo.
Quella sera Federica portava i tacchi, il che voleva dire che poteva guardarlo dritto negli occhi, senza bisogno di alzare lo sguardo. Erano assolutamente alla pari, i visi vicini. Vergi le mise le mani sui fianchi, ma con una leggera tensione verso l'esterno, per farle capire di allontanarsi. Lei non si mosse. -Stammi bene a sentire. Non provare più a giocare con la mia migliore amica, altrimenti ti spezzo le ossa una a una.-
Gli occhi della ragazza erano spalancati, il viso indurito e il tono chiaramente minaccioso, ma nonostante questo Vergi non riuscì a trattenersi. Gettò la testa all'indietro e rise come non faceva da tanto tempo.
-Questo è francamente esilarante. Anche volendo non riusciresti a farmi niente...- sussurrò avvicinandosi sempre di più al viso di lei.
Con sua sorpresa anche Federica si avvicinò, per un momento credette che stesse per baciarlo e invece la sentì mormorare.
-Se in questo preciso istante alzassi un ginocchio, ti assicuro che sentiresti molto dolore.- Lo vide contrarre le mascelle, con disappunto. Solo allora si allontanò, lo prese per un braccio e lo trascinò verso una panchina. Stranamente lui non oppose resistenza. -Sediamoci.-
-Cosa c'è, lei non è in grado di difendersi da sola e manda te?-
-Da come sei ridotto mi sembra che lei si difenda benissimo!-
-Stronzate!-
-Il fatto è che non voglio che la mia migliore amica sia costretta a difendersi.-
-Bel tentativo. Proprio tu fai la sua paladina. Tu che le hai fregato il ragazzo!-
Federica si voltò di scatto verso di lui, con espressione furente. -Non le ho fregato proprio niente.-
-Dante non aveva occhi che per lei, prima che ti mettessi in mezzo tu, cara "migliore amica"-
-Senti, io e Sveva su questo punto ci siamo già chiarite. Non provare a farci litigare, perché tanto non ci riusciresti.-
-No, certo. Il mio unico scopo stasera è stare qui seduto a sentire le tue stupidaggini.-
-Sveva dovrebbe prenderti a calci invece di in...- Federica si interruppe subito, capendo di star parlando troppo. Tentò di allontanarsi ma Vergi fu più veloce e la prese per un braccio.
-In...cosa? Che stavi dicendo?-
Una strana urgenza traspariva dalla sua voce. Vergi voleva sapere quell'ultima parola. Aveva bisogno di sapere se quell’ "in" fosse l'inizio di "innamorarsi".
All'improvviso capì che tutto ciò che stava desiderando era a portata di mano. Se avesse avuto ragione, se Sveva fosse stata davvero innamorata di lui allora avrebbe voluto dire che aveva ceduto, che lui era uscito vincitore da quella loro macchinosa guerra. La vittoria era sua, Sveva era sua.
-Parla!- Intimò a Federica, che si divincolò, piuttosto seccata.
-Invitarti a cena, quella prima sera in Italia!-
Vergi la lasciò andare, come se si stesse scottando al solo contatto. -Invito a cena?- Improvvisamente scoppiò a ridere. Quella prima sera, in pizzeria, l'aveva quasi dimenticata, era stato solo poche settimane prima, invece sembrava essere passata un'eternità.
-Avrebbe dovuto chiedere a qualcun altro di uscire!-
-Non credo ce l'abbia chiesto lei...e poi non avrebbe nessuno a cui chiederlo,- osservò con falsa non curanza.
-Lo credi tu.-
-Mi vuoi convincere che ci sia qualcuno, magari nella vostra città, pronto a cascare ai suoi piedi non appena lei fa un sorriso?-
Federica non aveva nessuna intenzione di convincerlo di una cosa simile, però...già che lo stava dicendo lui...
-Sveva è timida e troppo modesta, in realtà piace a molti ragazzi...- lo sentì sbuffare, ma continuò imperterrita. -Se non sbaglio, una volta, anche tu l'hai aiutata a togliersi un tipo appiccicoso di dosso.-
Lui non mosse un muscolo, eppure qualcosa faceva capire che si stava accigliando e che lei aveva colpito nel segno. -E poi c'è Ettore, che con lei è molto...affettuoso.-
Ce l'aveva fatta, le sopracciglia di Vergi erano schizzate verso l'alto, solo per un secondo, ma era stato reale, evidente.
-In che senso?-
-Vuoi che ti faccia un disegnino?- Si coprì le labbra con una mano, trattenendo una risata, poi indicò in modo poco elegante una coppietta che stava passeggiando mano nella mano. -Come quelli là.-
Vergi li riconobbe subito. La coppia di prima, al molo, adesso erano abbracciati. E rapidamente passarono ai baci.
Davanti ai suoi occhi la scena cambiò, con troppa facilità.
 Sveva stava baciando uno...un....Ettore!
Chi si chiamava più "Ettore"?
-Mi ha detto chiaramente che non è fidanzata.- Scandì bene le parole, ricordando le loro prime uscite. -Non può esserlo...- aggiunse, ricordando, stavolta, le loro ultime uscite.
-Non sono proprio fidanzati, diciamo che si deciderà tutto dopo l'estate. Lui ha preferito così, ma, secondo me, non ci metterà molto a ricredersi e a conquistarla. Lei è molto legata a lui, anche se non ne parla mai. Sai, com'è Sveva, tanto riservata. Forse nemmeno comprende quanto gli piaccia, magari ha tentato di dimenticarlo, ma non penso ci riuscirà davvero, una volta tornata a casa.-
"Si deciderà tutto dopo l'estate". Cosa diamine era quella, una pausa estiva? Sveva se la stava spassando nell'attesa di cadere ai piedi del primo deficiente non appena fosse iniziato settembre. E lui cosa era stato, un flirt da spiaggia?
Non poteva essersi sbagliato in modo così macroscopico. Quella che credeva essere una dolce, ingenua bambina era in realtà una seduttrice smaliziata.
La rivide tra le sue braccia, la sentì tremare al suo tocco, fremere alle sue provocazioni. Era troppo innocente per essere la manipolatrice che stava descrivendo.
Qualcosa non andava, eppure Vergi sentì lo stesso un gran vuoto sopra lo stomaco. Come se fino a qualche secondo prima ci fosse stato qualcosa lì, qualcosa di caldo e rassicurante, ma che all'improvviso gli era stato strappato.
E poi fu la volta della rabbia, fredda eppure bruciante.
Quel lampo verde veleno che lo aveva perseguitato nei suoi sogni peggiori.
Quell'abito azzurro, seducente e inafferrabile.
Tutto un inganno.
In fondo non si conoscevano neppure. Cosa sapevano delle rispettive vite? Nulla tranne quello che si erano raccontati e nessuna garanzia che si dicessero la verità.
"...è molto legata a lui". C'era un rapporto tra loro, una relazione, un legame che non si interrompe solo perché sono distanti, solo perché...si incontra qualcun altro. E lei apparteneva a un altro. Un altro che poteva baciarla quando voleva, che poteva tenerle testa e farle ingoiare la sua dannata testardaggine, che poteva farla arrabbiare ma poi vederla ridere.
Un altro.
Non lui.

Avrebbe voluto protestare, arrabbiarsi, oppure mostrarsi indifferente, per nulla interessato a quelle notizie, ma non poté fare niente di tutto ciò. Perché accadde l'imprevedibile.

Ciao!
Lo so, avevo detto che per un po' non ci sarebbero stati aggiornamenti ma, per motivi che non sto qui a dirvi, mi è saltato un esame.
Due giorni fa mi sono messa sotto e ho scritto fino alle due e mezza di notte, per poi continuare e finire il capitolo il giorno successivo. Insomma, sul mio pc, la storia è già più avanti. Non sul finale ma siamo in dirittura d'arrivo. Quindi, presa dall'euforia ho deciso di aggiornare anche EFP.
Ma ora torniamo a noi. Vi è piaciuto questo capitolo? Vi aspettavate questo colpo di scena? State in guardia perché le sorprese non sono finite qui :)
Ringrazio le mie tre fedeli commentatrici RockMantick, Katherine e DantexR, perché tutte le vostre critiche, impressioni e consigli mi sono davvero utili.


  
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