Film > Thor
Segui la storia  |       
Autore: _Aly95    09/03/2015    1 recensioni
(REVISIONE in corso capitoli)
-------------
"Durante quel racconto aveva ricordato ciò che il corpo non aveva mai dimenticato: la sua pelle, le sue mani fredde, che si infilavano sotto la propria carne, quel suo sangue di ghiaccio, da predatore paziente e calcolatore, implacabile. E quel suo senso di superiorità e di potere che sprigionava con ogni parte del suo essere, la sua natura possessiva e misteriosa: sbagliato, forse morboso, ma era ugualmente eccitante. [...] Era rabbrividita, con un certo timore: un essere del genere, avrebbe mai trovato la pace, in particolare nella sua folle vendetta..?
Si stava sciogliendo. Sciogliendo tra la neve."
[Pre-Thor] / [Post-Avengers] - [Thor: The Dark World] - [Post- Thor: The Dark World]
Il destino mescola le carte e noi giochiamo _ Arthur Schopenhauer
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Thor
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 
 
 
Raggiungi la camera che ti mostreranno.
 
L’avevano fatta salire in una delle camere lussuose del locale, assieme alle altre povere creature coinvolte nell’imboscata di alcool. Erano stati gentili coloro che gestivano il posto, avevano concesso una camera ad ognuno, in cambio la promessa di liberarle al più presto.
Si trattava di uno spazio gigantesco, costituito da un piccolo salottino all’entrata e una camera da letto, insita addirittura di un mini bagno. C’era una piccola mensola occupata a malapena da qualche libro, su una delle pareti della stanza d’ingresso. Lasciò la borsa sul tavolino accanto al divano, inviò un messaggio a Darcy, sperando che riuscisse a visualizzarlo in tempo. In effetti non aveva idea di come andarsene senza indossare gli abiti che aveva indosso. Però puzzavano troppo per non farsi una doccia, le stava venendo la nausea, le frizzava appena il naso; sospirò.
Incollò nuovamente gli occhi angosciati sullo schermo, ma Darcy non si era accorta di nulla.
Decise di infilare in doccia, al resto avrebbe pensato in un secondo momento. Magari lo SHIELD le avrebbe procurato degli abiti puliti. Si spogliò lentamente, lasciandosi in intimo, un paio di brividi di freddo, si osservò allo specchio mentre aspettava l’acqua calda. Si sfiorò il fianco sinistro, dove usava comparire il marchio nero, prima di ripetere lo stesso gesto sul suo riflesso. Silenziose, ma concentrate, le sue dita sfiorarono i tenui lineamenti del viso sulla superficie lucida, mentre le ciglia si abbassavano e si alzavano, su quella figura tormentata, come in cerca di risposte.
Perché…?
Aprì la doccia e assaporò col palmo la temperatura; si spogliò anche dell’ultimo strato e infilò dentro, chiudendo gli occhi e abbandonandosi al getto tiepido che le scendeva lungo la schiena fino ad infrangersi sul piano.
Sotto le sue palpebre, le gocce d’acqua diventarono pioggia, le mattonelle bianche sparirono per lasciare posto alla vista di un bellissimo giardino, da sotto un lungo e stretto portico.
“Strizzò i capelli bagnati dal temporale. ‹‹Non finisce più?››
Il figlio di Odino si voltò  verso di lei, asciugandosi il viso col dorso delle dita. ‹‹E' ferito, Anirei. Immaginati cosa succede quando è ubriaco ››. Prese la risposta come un no. Abbassò gli occhi, impensierita.
Il dio le si avvicinò un poco, scostandole i capelli appiccicati al petto; le vesti inumidite sottolineavano le sue forme, le dita indugiarono sulle ciocche che si diramavano tra un seno e l’altro. Non appena abbassò lo sguardo, l’indice del dio le sfiorò il naso, e insieme al medio le premette la fronte. ‹‹Non è colpa tua››. Aumentò la pressione sulla pelle. ‹‹Credo che potrà fare a meno dei tuoi baci accondiscendenti e falsi››
Arricciò le labbra. ‹‹Già, immagino che di me, tu trovi sgraziati anche quelli››
Le fece un sorriso sbilenco, mostrando i denti. ‹‹Anche››
‹‹Se è questo che pensi di me..››. Fece un sorrisino malizioso. ‹‹Non ti bacio più››. Loki l’attrasse a sé, giocando con le sue labbra. ‹‹Saresti tu a cedere, dolcezza››. Da quando aveva sentito un guerriero chiamarla in quel modo, ogni occasione era buona per rinfacciarglielo.
‹‹Vedremo›› gli mordicchiò provocante lo stesso labbro che un tempo aveva ferito. Non poteva credere di stare tra le sue braccia fuori dalle loro stanze. Si sorprese tristemente a ringraziare il temporale, che aveva fatto rincasare tutti nel palazzo. ‹‹Voglio portarti a vedere Midgard››.
Alzò gli occhi sui suoi smeraldi, stupita. ‹‹Tu odi quel posto, mi sembra. Non fai altro che additarli come insulsi, insetti, barbari..››
‹‹Perché hanno una cosa che gli invidio›› Loki le accarezzò i capelli sulla testa, portando delle ciocche dietro il suo orecchio. Lo vedeva brillare di aspettativa, era ovvio che non vedesse l’ora di chiedergli di che cosa si trattasse. Sembrava un bambino. ‹‹Che cosa?››
Il dio fece un ghigno malizioso. Le soffiò sulle labbra caparbio. ‹‹Non te lo dico››
Gli sfiorò il naso col suo. ‹‹Dai, dimmelo, tesoruccio››
Lo sguardo di Loki diventò serio e diffidente. ‹‹Non sopporto questo nomignolo, lo sai››
Non riuscì a trattenersi dal ridere, e lo baciò. ‹‹Scusami, tesoruccio. Me lo dirai?››
‹‹Scordatelo››
‹‹Non fare il permaloso, tesoruccio…››… ”
Si asciugò velocemente con il telo avorio che aveva trovato vicino al lavandino. Cercò nell’armadio della suite, trovò solo qualche abito da uomo. Optò per una camicia abbastanza ampia, ma quando la indossò si accorse che le stava precisa sulle membra, la lunghezza le arrivava a metà coscia.
Guardò nuovamente lo schermo del cellulare, ma invano. Nessun ordine, nessuna notizia. Di alcun tipo.
Spostò passiva lo sguardo all’interno del vano.
La confusione della musica non penetrava all’interno dell’enorme stanza. Vigeva un tetro silenzio.
Si sentiva sola. Sola senza Darcy con cui ridere e scherzare, distendere i nervi, sola senza Jane che correva disperata e speranzosa per il piano portando con sé mille scartoffie, seguita a ruota dal professor Erik che le raccontava qualche teoria appena ideata, stravagante nonostante quello che stesse accadendo su Midgard e in tutto l’Universo. Sola con le sue preoccupazioni.
Si avvicinò alla finestra, osservando la folla pressata illuminata a tratti da luci di vari colori e fasci luminescenti. Più in là c’era chi beveva dei drink come una spugna.
Ricordò le parole dell’organizzazione dello SHIELD: Ci aiuterai a catturare Loki. Farai da esca.
Sfiorò il vetro con la punta delle dita, guardando il cielo notturno, senza la sua stupenda luna e senza le fioche stelle a cui le luci delle città toglievano ogni dignità.
“Farai da esca”
Perché?
Perché si erano ritrovati a combattere l’uno contro l’altra? Perché si stavano facendo del male?
Se soltanto ne avesse avuto il coraggio, avrebbe distrutto la finestra, raggiunto quei ragazzi e bevuto, fino a sentirsi male, fino a vomitare anche l’anima e ogni dolore, fino a dimenticare qualsiasi cosa e vivere il momento presente. Dondolarsi da un lampadario, vivere come se non ci fosse stato un domani*, senza curarsi della vergogna della mattina successiva, che sarebbe arrivata.
Se si fosse lasciata andare, sarebbe rimasta solo vergogna.
Lo capiresti, Loki? Lo capisci?
Il telefono vibrò proprio in quel momento.
 
Lo abbiamo localizzato. Stai ferma dove sei.
 
Si incollò al vetro, col cuore agitato, in tempesta.
Allora era vero..
Avevano ragione. Aveva, ragione. Loki si era presentato, cercava lei.
Si allontanò dalla finestra, afferrò la borsa per poi immobilizzarsi, indecisa se andarsene o meno, indecisa se trovarlo e parlargli: in quanto solo in un modo avrebbe potuto arginare i danni di distruzione che egli recava con sé. La sua cattura era inutile, prima o poi sarebbe fuggito, come era già successo; e avrebbe continuato a mietere sofferenza. Doveva giocare d’anticipo.
Si passò la mano sul naso, concentrandosi.
‹‹Non pensavo avessi tutta questa voglia di rivedermi›› sorrise il dio canzonatorio indicando con un cenno la finestra da cui aveva guardato ansiosamente. Si trovava sulla soglia della camera da letto, poggiato sullo stipite della porta; nell’altra mano aveva un libro, probabilmente uno di quelli che aveva intravisto sulle mensole, e che lui sembrava stesse leggendo. Era guarito da ogni livido e bruciatura, si era ripresentato splendido nei suoi preziosi ma comodi abiti neri, che sottolineavano la sua muscolatura da dio asgardiano. La chioma leggermente mossa gli ricadeva sul collo, morbida e in ordine. Il petto era evidenziato da una sotto maglia aderente, che metteva in risalto i muscoli formati in anni di duri allenamenti fisici.
Gli smeraldi si spostarono sulle pagine aperte, quasi fosse giunto fin lì solo per poterla ignorare. Oppure che fosse stata lei a disturbarlo nella sua stanza durante una delle sue ore di lettura.
Non fiatò, come se respirare la rendesse più debole; come se la forza esercitata sui polmoni sostituisse il bastone di un vecchio. Si calmò, ripetendosi quello che si era detta, come una cantilena. Era il momento.
‹‹Sapevo che saresti tornato›› mormorò meno sicura di quello che si era aspettata, e di quello che avrebbe voluto. Si morse piano la bocca, in un istintivo gesto per scaricare la tensione.
Stava per riprendere il discorso con più confidenza, quando le parole del dio, che scivolavano come delizioso velluto fuori dalle sue labbra sottili, le impedirono di emettere alcunché:
‹‹…Hai ucciso te stessa. Sì, puoi baciarmi, e piangere; e strapparmi baci e lacrime. Saranno la tua rovina... saranno la tua dannazione. Mi amavi... e allora, che diritto avevi di abbandonarmi? Quale diritto... rispondimi... a causa della tua misera infatuazione per Linton? Poiché l'indigenza, la degradazione e la morte, e nulla che Dio o Satana, possano infliggere, sarebbe riuscito a separarci, fosti tu, tu stessa, a volere la nostra separazione. Non sono stato io a spezzarti il cuore... il tuo cuore lo hai spezzato tu... e spezzandolo, hai spezzato anche il mio. Tanto peggio per me, se sono robusto. Voglio forse vivere? Che razza di vita sarà la mia quando tu... oh, Dio! Vorresti vivere tu, se avessi l'anima nella tomba?**››.
Deglutì, pietrificata, col cervello in panne e il cuore immobile.
Se il cielo le aveva concesso un minimo di sicurezza, ora Loki l’aveva scoperchiata di essa, rendendola vulnerabile ad ogni suo più diabolico delirio. Ne fu certa non appena la guardò di nuovo.
Le sue iridi liquide la stavano studiando, passando attraverso la sua pelle, scivolando attraverso il suo corpo, soffermandosi su punti ben precisi; e non poteva fare altro che sottrarre gli occhi a quella scansione infrenabile, che la metteva piacevolmente a disagio.
‹‹So cosa vuoi da me..›› deglutì di nuovo, cercando di farsi forza. ‹‹Vuoi il sigillo, non è così…?››
Il dio non rispose, si inumidì le labbra passandoci appena sopra la punta della lingua, avvicinandosi piano a lei, come un lupo deciso a non far scappare la sua preda, che si lecca i baffi prima ancora di averla tra le mani.
Alla fine piegò le labbra in un sorriso soddisfatto; la conferma scivolò sotto forma di sospiro ‹‹Oui››
‹‹Sono disposta a dartelo.. ma devi promettermi che non farai più del male a nessuno..››.
Si trattava di una proposta folle, ne era conscia. Ma era anche l’unica possibile.
Socchiuse gli occhi, alzò un sopracciglio. ‹‹Vuoi fare un patto, Anirei..? Vuoi fare un patto con me..?››
La voce era melliflua e molle, scopriva il lato malizioso di quelle domande. Un brivido caldo scese, facendole istintivamente tirare la camicia verso il basso, per coprirsi; di fronte ai suoi smeraldi flebili, di fronte alla sua voce densa.
Gli occhi felini del dio seguirono il gesto, attenti; e poi molto interessati. Aveva commesso sbadatamente, fatalmente, una sottigliezza, che ripagò vedendo Loki avvicinarsi a lei lentamente, la volpe verso la lepre. Arretrò d’istinto, e cadde nella trappola del cacciatore: inciampò contro il divano, finendoci sopra distesa; riaprendo gli occhi, vide Loki sovrastarla e bloccarle ogni pretenziosa via di fuga.
‹‹Lasciami..!››
Loki sorrise a modo suo, e al contrario si abbassò su di lei, facendole increspare la pelle del collo col suo respiro caldo e bollente. Il cuore batteva martellando piano ma pesante nella gabbia toracica, le toglieva un fiato d'aria ad ogni rombo che si infrangeva ovattato contro il petto di fragile porcellana. Già doveva controllare il busto che si muoveva a ritmo sempre più serrato; il dio doveva essersene accorto, perché aveva provveduto a slacciarle, indugiando e massaggiando, un bottone della camicia, sul décolleté, per permetterle di prendere più aria, di respirare libertà; di lasciarsi andare.
‹‹Temi che quegli stupidi agenti possano sentirci..?››. Si sporse verso di lei, abbassando il tono della voce, quasi sussurrando, grattandole il timpano con ogni parola ‹‹Stai tranquilla, farò in modo che tu non gridi troppo forte..››
Perse un battito, mentre il suo stesso corpo la tradiva, con uno spasmo rendeva più invitante e accessibile il suo desiderio, le gambe tenute ben divaricate, si stringevano ai fianchi del dio.
Dio, no, non poteva cedere; non poteva abbandonarsi ad un tentazione così oltraggiosa: cosa avrebbe detto la gente, sulla donna che giaceva, soddisfatta e desiderosa, con l’assassino di quello che in teoria era il suo fidanzato? Del criminale che aveva portato ulteriori lacrime al mondo?
E più di tutti se stessa, sarebbe stata implacabile, più crudele e dura di tutti.
‹‹Invece mi lasci.. ora››
‹‹Non riesci nemmeno ad arrabbiarti, Anirei.. la tua voce si fa sempre più eccitata..››. Le dita si avvicinarono al laccetto dell’intimo, mentre la camicia era risalita in mille pieghe sulla pancia procurandole uno sfregamento maledettamente fastidioso.
‹‹Basta. Ti ho già detto che ti darò il sigillo..››
Percepì le labbra gelide, tremanti di desiderio, stuzzicarle la linea del seno che la camicia lasciava scoperta, lasciarle la traccia del loro passaggio; sospirò un lamento, inarcò istintivamente la schiena, facendo aderire il proprio corpo al suo petto. ‹‹Credi che mi interessi solo questo, di te, Anirei..?››. Le dita scivolarono sempre più all’interno, giocando con la sua carne.
Mi hai mai chiamato da sola sotto le coperte in tutto questo tempo..?..
Altre spine di piacere misto alla frustrazione del corpo e del dolore psichico.
‹‹Ti prego.. Loki..›› sussurrò con la voce spenta.
Il dio affondò il viso nell’incavo della sua spalla, baciandole il collo, salendo.
‹‹Gemi per me, Anirei..›› le morse l’orecchio, facendola contrarre sotto di lui, facendole uscire un lamento desideroso e frustrato. Le infiammava il sangue, con quelle parole. ‹‹Sì, così.. gemi per me..››
No.. oh, Loki..
Le sue mani riprendevano familiarità con la sua pelle, col suo corpo. Le guance le si accaldarono, mugolò di piacere, stretta fra le sue braccia, sentendosi in suo potere, in balia della sua superiorità possessiva.
Loki ritrasse il suo gelido contatto, lasciandola insoddisfatta, la studiava mentre smorzava gli ansiti. Le mani della fanciulla erano strette alle sue vesti, aggrappate alle lunghezze della chioma nera, ma di fatto non provavano né a fermarlo né a dibattersi per liberarla. Ulteriore vergogna le fece arrossare il volto.
Il dio le fece mettere le braccia passive al proprio collo; le accarezzò i capelli, per poi condurne una ciocca alle labbra. Quando alzò di nuovo gli occhi su di lei, la fissò languido, senza sorrisi arroganti; le sue labbra seguivano una linea rigida.
‹‹Baciami››
Non capiva se fosse un ordine o una richiesta, ma le dita fredde del dio scivolavano lente sulla sua bocca accaldata sollevandole appena il labbro superiore; creavano uno strano effetto di sensazioni. Le accarezzò la guancia, appoggiando la fronte sulla sua, abbassando le palpebre. Leggeva tanta tristezza in quei gesti apparentemente dolci, e pure tanta gioia. Era condannata, come una piccola formica che si innamora dell’immenso cielo.
Sentì le lacrime che pungevano. Sarebbe tanto voluta tornare indietro, quando il loro amore non era poi così tormentato, nonostante fosse costretto a nascondersi tra le pareti di una stanza, lontano dagli occhi di tutti. Celato in mezzo alla gente, dove non potevano tenersi per mano, per quanto lei lo avesse desiderato. E doveva anche evitare il dio per la gran parte del giorno, poiché non era in grado di fingere, di nascondere il sorriso sul proprio volto innamorato. Ora, quei giorni non le parevano più tanto bui o difficili; per Loki, invece, che sapeva celarsi perfettamente dietro ogni maschera impassibile, non era mai stato un problema. Era abituato. Ma lei no.
Continuava a rimanere passivamente abbracciata al suo collo, mentre lui la fissava, con quegli occhi. Quegli occhi..
Norne, dee del destino, ditemi che cosa devo fare, sto impazzendo..
D’un tratto Loki imprecò a mezza voce. ‹‹Guastafeste..››
 
 
 
Thor aveva un brutto presentimento, che peggiorava di momento in momento. Era sicuro che lo SHIELD le avrebbe seguite, ma in mezzo a tanta gente Loki avrebbe potuto confondersi benissimo.
Diamine, sapeva trasformare e trasformarsi in chiunque avesse voluto!
Si era fatto indicare da Jane il posto in cui erano andate a divertirsi Anirei e Darcy, ci si era recato sfruttando il potere di Mjölnir: si trattava di un edificio piuttosto vistoso, il più illuminato di tutta Londra, non era stato poi difficile trovarlo.
Atterrò con uno schianto, ma nessuno sembrò accorgersene; la musica a tutto volume copriva qualsivoglia altro rumore, i passanti erano troppo impegnati a proseguire dritti per la loro strada come se avessero avuto un paraocchi sul volto. Qualcuno però, parve prestargli attenzione.
‹‹Thor››. Era il capo dell’agenzia, non c’erano dubbi: pelle scura, inconfondibile benda all’occhio sinistro, sguardo duro e severo. ‹‹Vieni con me››
‹‹Fammi recuperare le mie due amiche, Nick››
‹‹Non puoi fermare l’operazione adesso, Thor. Sappiamo già tutto. Sappiamo cosa voglia Loki››
Alzò appena il martello, pronto ad ogni evenienza. ‹‹Non potete metterle in pericolo, non è quello che vi ho chiesto››
L’uomo alzò l’indice. ‹‹C’è un agente specializzato ogni insulsa coppietta, mio caro. E' un covo in cui, se proverà a mettervi piede, rimarrà schiacciato››
Erano pazzi se credevano di poter ingannare Loki. Erano semplicemente degli sprovveduti. ‹‹State usando delle innocenti per attirarlo qui, e basta››
‹‹Vedi, Thor, a differenza del vostro pianeta, qui sulla Terra abbiamo abbastanza fretta di risolvere i problemi. Sappiamo chi sta cercando e perché. Dal momento che anche tu sei qui, immagino che almeno chi tu possa saperlo››
Lo guardò interrogativamente. Nick gli rispose facendo un cenno agli agenti alle sue spalle, che si scostarono per far passare una suadente figura. Una donna dai lunghi capelli rosso chiaro camminava fieramente nella sua direzione. ‹‹Ciao, tesoro. Spero che tu non mi abbia dimenticata››
 
 
 
Loki scese dal divano, diede una frettolosa occhiata fuori dalla finestra. Anirei ne approfittò per alzarsi e scostarsi, per  abbassarsi la camicia prima che gli tornassero in mente  idee oscene.
‹‹Dobbiamo muoverci. Hanno una dannata strega dalla loro parte››
Non appena rialzò lo sguardo, trovò la mano del dio tesa contro di sé, aperta e invitante. Rimase immobile, senza muovere un muscolo, seria e pensosa, l’ultimo dubbio che le risaliva i polpacci come un insetto.
Stava facendo la cosa giusta? Loki avrebbe avuto il coraggio, se non il piacere, di uccidere chiunque avesse tentato di proteggerla; chiunque, pur di ferirla a fondo. Non stava forse agendo per il meglio? 
‹‹Vuoi che scoprano tutto quello che miracolosamente non sei riuscita a rivelare fino ad adesso?››
Cosa credeva, che il problema fosse il loro passato? C’era altro in ballo, il pericolo in cui sarebbero sicuramente incorsi Asgard e Thor; la questione non riguardava assolutamente loro due. Piantò gli occhi nei suoi, stizzita. ‹‹Preferirei almeno infilarmi le scarpe, grazie››
Sorrise con aria furba.  ‹‹Ti vesti in maniera singolare per un posto del genere››
Arrossì violentemente. ‹‹Ti sembra il momento per certi commenti?! E per la cronaca, non ero vestita in questo modo!››
‹‹Oh, lo so. Eri molto sexy mentre ballavi sul cubo..›› . Giocò con una ciocca dei suoi capelli, mentre si umettava le labbra ‹‹Non si poteva toglierti gli occhi di dosso, non so come abbia fatto a controllarmi..››
Diventò viola. ‹‹LOKI!››
Lo sentì ridere di gusto, lo vide avviarsi a grandi passi felini verso la porta.
Quando osservò di nuovo il proprio fisico, lo trovò fasciato da un completo di cuoio nero e di ferro; perlomeno le vesti di Asgard erano comode e confortevoli, non impedivano movimenti agili o improvvisi. Ora che lo guardava meglio, somigliava molto al suo completo nell’arena, solamente, anziché avere la scollatura, la stoffa le ricopriva la pelle fino a metà collo. Gettandole una veloce occhiata, Loki parve accorgersi dei suoi pensieri . ‹‹E' un bene. Altrimenti non posso concentrarmi››
Se non l’avesse piantata, con i suoi tipici commenti, col solletico vibrante che le provocava la sua voce tagliente e provocatoria, era certa che il cuore le sarebbe esploso.
Si propose di fare finta di nulla in virtù del proprio autocontrollo. Osservandolo, infatti, ascoltandolo, si chiedeva il motivo del suo repentino cambiamento di atteggiamento, così differente da quello riscontrato a palazzo. Si soffermò sulla nuca che si volgeva dalla parte opposta in cui il dio voltava lo sguardo.
Sei sicuro che il Loki che ho conosciuto io non sia reale?
Avvertì chiaramente una morsa nel petto, come chiuso da una tenaglia. Le ferite si stavano riaprendo di nuovo.
Dimmi tu se devo credere a quello che credo di vedere o a quello che mi dici..
Gli si accostò, guardandolo tristemente; confusa e basita. Loki le fece un rapido cenno, segno di seguirlo in quel preciso momento, cosa che fece alquanto passivamente, la mente era impegnata a fare tutt’altro.
‹‹Mi servi concentrata›› commentò lapido il dio mentre studiava il corridoio dietro l’angolo. Lo vide voltarsi appena verso di lei, con la testa appoggiata al muro ‹‹O hai per caso bisogno del tuo décolleté scoperto, per esserlo?››
Lo guardò negli occhi, alzò un sopracciglio di ammonimento. ‹‹Tra i due è meglio se sia tu quello concentrato, non credi?››
Sorrise alzando un angolo della bocca. ‹‹Touché››
In quel momento il dio levò rigido il braccio, facendo cadere un agente dello SHIELD; disarmò l’altro in meno di un secondo, lo placcò al collo con l’avambraccio, gli regalò una ginocchiata ben assestata allo stomaco, facendolo svenire. Il primo agente nel frattempo si era rialzato, gli aveva puntato la pistola contro.
Il Dio dell’Inganno lo squadrò divertito. ‹‹L’ordine è di sparare a vista, giusto? Beh, fallo››
Il ghigno del dio non prometteva niente di buono. Anirei si chiese se non avesse intenzione di ucciderlo; agì d’istinto, dette un calcio sulla parte posteriore delle ginocchia dell’agente, facendogli perdere equilibrio e concentrazione. Loki lo prese da dietro, soffocandolo con un braccio.
‹‹Non lo uccidere..!›› esclamò portando le mani all’arto che stringeva con forza divina il collo dell’uomo.
L’agente si piegò sulle gambe, inerme dopo aver provato invano a liberarsi; Loki lo lasciò cadere sul pavimento, appena scomposto nella sua posizione fetale. La mascella di Anirei vibrò appena, fece per piegarsi sull’uomo, per vedere se fosse vivo o meno, ma la mano gelida del dio si appropriò della sua, avvolgendola. ‹‹E' solo svenuto››
Sperò che avesse ragione.
‹‹Andiamo››
Percorsero velocemente il corridoio davanti a loro, poi cominciarono a scendere la tromba delle scale. Lesse un vago sorriso sulle sue labbra. ‹‹Che cosa ci trovi da ridere?››
Lui scoppiò in una risata carica di gusto, mentre la trascinava con la sua maggiore velocità verso il pianterreno. ‹‹Oh niente di che..›› fece l’ultimo scalino, si voltò verso di lei. ‹‹Un motivo più valido del tuo, comunque››
‹‹Io non sto ridendo..›› negò mordendosi le labbra.
Le si avvicinò, la abbracciò nel suo mantello. La fanciulla si irrigidì all’istante, le guance andarono irrimediabilmente a fuoco. ‹‹Lo fai sempre per scaricare la tensione, non devi mica negarlo..››
Fece per controbattere, ma il viso del dio si avvicinò pericolosamente al suo, i loro nasi si sfiorarono, mentre la sua bocca era stata messa al silenzio. Dopo due secondi passarono altri tre agenti riconoscibili dalle armi che recavano nella mano.
‹‹Di là! Di là! Non abbiamo ancora controllato!››
Le voci si facevano confuse nel mentre osservava due smeraldi liquidi.
Non puoi, Anirei..
Non appena scese nuovamente l’irreale silenzio della struttura, Loki si staccò, togliendole la mano dalla bocca. ‹‹Dovrei metterti anche un bavaglio e una benda agli occhi per non distrarmi››
Smettila, te ne prego..
Rimase in silenzio per tutto il resto del tragitto, limitandosi a fermarsi e muoversi quando lui le diceva di farlo. Uscirono infine sul cortile bagnato per l’umidità della sera, raggiunsero un muro di rete che correva lungo tutto l’edificio, che lo divideva dalle case circostanti e dalla strada. Loki le lasciò la mano per issarsi su di esso, e poi calarsi dall’altra parte.
‹‹Perché non hai usato la magia?››. Era una domanda che si era posta da un bel po’.
‹‹Lorelei ci localizzerebbe›› rispose con arrogante ovvietà.
Lorelei..?
Perché si trovava lì? Le avevano detto che era scappata via da Asgard dopo aver fatto scoprire Loki..
Si rabbuiò all’istante, di nuovo la colsero i dubbi.
Il dio spostò lo sguardo su di lei. ‹‹Veloce, non abbiamo tempo››
Ma Anirei lo guardò seria, e motivata; gli occhi ardevano di determinazione. ‹‹Voglio fare quel patto. Non farai del male a nessuno. Me per l’incolumità degli altri... ››
Loki la guardò basito, chiuse gli occhi a fessura. ‹‹Stai cercando di minacciare me?››
Si avvicinò alla rete, ci si aggrappò con le mani, stringendo il sottile filo metallico. ‹‹Non ti sto minacciando; ho parlato di patto. Se vuoi restare qui a parlarne..››
Le mani di Loki passarono tra i buchi molto ampi della rete, l’attrassero verso di lui, i loro corpi divisi da quella fine parete, poteva vederne il freddo verde degli occhi immerso nell’oscurità. ‹‹D’accordo. Ma adesso muoviti››
Si liberò dalla stretta, lo seguì dall’altra parte della rete. Il dio le afferrò il polso senza troppa gentilezza, la portò correndo verso un piccolo parco delle vicinanze.
Non c’era nessuno, fatta eccezione per alcuni ragazzi silenziosi aggregatisi intorno ad una panchina. Rallentarono il passo, che rimase comunque molto veloce. Loki si avvicinò ad un albero, e disegnò quella che doveva essere una runa sulla corteccia, scorrendo sul legno col dito di ghiaccio. Somigliava vagamente ad una F, a guardarla bene.
I contorni si illuminarono di rosso, tutto cominciò ad oscillare. L’ambiente si trasformò lentamente, al posto del parco, una cittadina in pietra e marmo. Al posto della notte, il giorno.
La luce improvvisa le ferì gli occhi.
Il senso di vertigini cominciò farsi più debole, e riuscì a tenersi sulle gambe da sola dopo qualche istante di spaesamento; il freddo della mano di Loki sulla sua la aiutò a restare nella realtà della sua coscienza.
Volse lo sguardo intorno, piccole ma allo stesso tempo maestose case di marmo fuse con la natura circostante. Non si trovava più su Midgard, quello era sicuro.
‹‹Andiamo››
Mentre si guardava intorno, aveva la possibilità di studiare gli abitanti del luogo, uomini e donne che passeggiavano lentamente e senza fretta, che si gustavano l’aria fresca e pulita. Erano molto cordiali, ma allo stesso tempo freddi e distaccati, riservavano sempre un saluto lungo le strade per la maggior parte libere, ma senza soffermarsi troppo e senza tradire la loro aura di superiorità.
Stava per chiedere al dio dove si trovassero, quando voltandosi si accorse che aveva cambiato aspetto: una zazzera di capelli castani accompagnati da due occhi azzurri, i lineamenti del viso più morbidi.
Si chiese se non avesse sbagliato a seguire persona.
Si fermò, squadrandolo.
‹‹Beh, che ti succede?››
Aveva una logica cambiare il proprio aspetto, in effetti. Lo stavano cercando dappertutto..
Lo seguì silenziosa per il resto del loro cammino, cercando di tenersi osservazioni e domande per sé, sapendo di creargli disturbo parlando mentre era concentrato nello scegliere la strada giusta.
Si limitò a guardarsi intorno spaesata.
‹‹Fermiamoci qui››
Davanti a loro un muretto che circondava una pozza molto grande, residuo di passaggio tra una cascata e l’altra, dove l’acqua, però, scorreva talmente lenta da ricordare un piccolo lago, una fontana, dove il fluido cristallino pareva rimanere fermo, in quiete. Si abbassò istintivamente per avvicinarsi allo specchio fresco, ne toccò la superficie con un dito, leggermente, creando una serie di cerchi sempre più ampi, fino a quando non si estinsero. L’acqua era fredda; fredda ma limpida.
C’era una leggera brezza, non faceva né freddo né caldo, la temperatura era neutra; sedutasi accavallò le gambe, lisciò ogni fibbia degli stivali, ispezionò l’armatura: i vestiti sembravano veramente reali.
Loki le si mise accanto, ma in piedi. Si stava sistemando un paio di guanti sui polsi.
Quel dio era davvero un mistero, che diventava sempre più intricato a mano a mano che lo si imparava a conoscere; e se il vecchio Loki era tutta una finzione, allora il giovane che aveva davanti era un enigma.
Tornò a concentrarsi sull’ambiente circostante, che come Asgard sembrava essere uscito da un libro di fiabe.
‹‹Un mio conoscente ci ospita per quanto lo richiederà la situazione; lui mi conosce con questo aspetto, e col nome di Tyrion: vedi di non fare confusione, o potremmo ritrovarci ad affrontare notti insonni con un coltello sguainato, in guardia››
Annuì, tenendosi a mente il suo nuovo nome.
‹‹L’ho già avvisato della tua presenza, ti crede una sorta di apprendista..››. Si morse il dorso del medio, pensoso; poi sorrise, beffardo ‹‹E adesso pensiamo a un nome per te..››
 
 
                                                                                     ***
 
 
‹‹Abbiamo controllato ogni suite, ogni angolo dell’edificio, ma di loro non c’è traccia. Nella camera 27 abbiamo trovato il cellulare e la borsetta della ragazza, nonché i vestiti››
‹‹Gli ultimi messaggi ricevuti risalgono a una ventina di minuti fa. Hanno il nostro nome, ma non li abbiamo inviati noi››
‹‹E' entrato nel sistema della rete, e l’ha attirata lontano dalla nostra visuale››
Lorelei scoppiò in una risata grave, ma ironica. ‹‹Quel depravato… non solo è riuscito a non farsi scoprire, ma ha anche avuto l’occasione e il tempo per guardarla mentre si faceva la doccia..››
Thor non condivideva affatto lo stesso umore. ‹‹Vi avevo avvertito di lasciarlo a noi..!››
Avvertì la furia adrenalinica pompargli il sangue nelle vene, il desiderio di svuotarsi attraverso la forza di Mjölnir. Loki gli aveva portato via un altro pezzetto di cuore, e lui non era riuscito a fermarlo.
Nick congedò gli agenti che erano stati scelti per avvertirlo della pessima notizia. ‹‹Credevamo avrebbe usato qualcuno dei suoi trucchetti magici, ma a quanto pare si è accorto di ogni cosa, e ha cessato ogni incantesimo prima che la donna qui presente lo potesse individuare››
Thor si fece largo tra la calca che lo divideva dall’uomo. Quest’ultimo fece un cenno di calma ai soldati che avevano estratto le armi contro di lui. ‹‹Ti sembra una valida scusante affinché io non usi il potere del potente Mjölnir contro di te…?!››
‹‹Dico solo, che adesso possiamo beneficiare della fiducia verso la nostra cara informatrice›› si voltò verso Lorelei. ‹‹Qual è il prossimo passo?››
 
 
Quando era entrata nella sala da pranzo, avvolta in quelle vesti verde pallido, una figura dalla pelle candida, i capelli scuri e ondulati tirati su una spalla, gli occhi nocciola e le labbra rosee, con una collana di brillanti stretta attorno al collo, Falastur, un uomo dagli occhi azzurro chiaro, i capelli chiari, quasi bianchi, abbandonati con cura sulle spalle e un paio di eleganti orecchie a punta le era andato incontro con un gran sorriso cordiale, tenendo le mani tra le sue; ella non aveva potuto fare a meno di rispondere schiudendo a sua volta le labbra in un candido sorriso.
A lui non aveva riservato che un’occhiata fugace prima di concentrarsi completamente sulle domande dell’ospite, cui rispondeva vaga e confusa; Loki osservò di nuovo il profilo della sua schiena sinuosa, accentuato dal verde aderente, e fece scivolare il suo sguardo più in basso, inumidendosi poi le labbra.
‹‹Bene, miei cari, vi auguro buon appetito›› si congedò Falastur . ‹‹Di qualunque cosa abbiate bisogno rivolgetevi pure alla mia servitù››
Entrambi ringraziarono, Loki con grande e distaccata cortesia, la fanciulla con un sorriso timido e impacciato, che si accentuò dinanzi ai piatti che aveva davanti, che le avevano acceso l’appetito. Anche senza udire il brontolio del suo stomaco, sapeva che cosa la facesse contenta in quel momento.
Su quel viso i misteri erano più unici che rari. D’altronde, era stata la sua incapacità a fingere le sue vere emozioni, una dote che la rendeva profondamente diversa da lui – il padrone delle più incrinabili tra le maschere -, ad attrarlo più di qualsiasi altro motivo fisico e carnale.
Era grato della riservatezza e della tolleranza di Falastur e della sua specie: se le avessero posto qualche domanda troppo insistente, era sicuro che la fanciulla sarebbe crollata come un alto e instabile mazzo di carte. Anirei intanto si serviva senza alcun problema, continuando a spiarlo di tanto in tanto con i suoi grandi occhi scuri.
Si soffermò da primo sui lineamenti del suo volto ovale, risalì verso le sue lunghe ciglia, poi sulla perfetta forma dei suoi specchi, le cui iridi gli erano private alla vista per lo sguardo concentrato sul piatto sotto di lei. Infine ricalcò con i propri occhi il disegno delle sue labbra fin troppo invitanti.
Erano soli adesso.
Lontani dagli occhi, le orecchie e, forse peggio, le bocche giudicanti e proferitici di parole incresciose sebbene vuote, di Asgard. Dalla condanna del destino. Dal dolore che il mondo aveva deciso di porre tra di loro.
Stava distrattamente accarezzando con l’indice il bordo del bicchiere di vetro, mentre inseguiva alcune fantasie, quando finalmente riuscì a intercettare gli occhi di lei.
‹‹Che c’è?›› sbottò tra la curiosità e il nervosismo, con le sue sopracciglia appena tremanti abbassate.
Fissò le sue labbra appena schiuse, alzò le sopracciglia. ‹‹Una donna non dovrebbe mangiare con così tanta voracità.. in realtà non dovrebbe mangiare così tanto››
‹‹Non capisco perché ti dia tanto fastidio; non ci troviamo nemmeno a palazzo..››
‹‹La tua responsabilità è sotto la mia, quindi vedi di darti almeno un po’ di contegno››
Cominciava a sortire l’effetto delle sue punzecchiature: guance leggermente arrossate per l’imbarazzo e per l’enorme resistenza volta a non esplodere e dargli soddisfazione. Si divertiva da morire a farla arrabbiare.
‹‹Ce l’ho, un contegno, è solo che ho fame››
Scoppiò a ridere. ‹‹Mangi così tanto anche quando non hai appetito››
Anirei cercò di nascondere un lieve sorriso colpevole mettendosi una mano davanti alla bocca; forse immaginava per davvero che potesse sfuggirgli; forse immaginava che non fosse abbastanza per riempirgli il vuoto del cuore.
Le afferrò la mano con la cicatrice, avvertendo la sua sorpresa e il desiderio di sottrarsi. Si sporse verso di lei, guadagnandosi di nuovo la vista dei suoi grandi occhi scuri, che ammaliavano, che gettavano il loro sortilegio su ogni malcapitato che si era ritrovato a fissarli per più di un misero momento.
‹‹E' curioso come più abbiano il piacere di vestirti, io abbia quello di spogliarti..››. Passò un dito lungo la cicatrice, lentamente. ‹‹Siamo stati interrotti, se non ricordo male››
Ella non abbassò lo sguardo, anzi, lo fronteggiò con determinazione. ‹‹Ricordi male››
Arcuò furbamente la linea della propria bocca, storse leggermente il naso. ‹‹E' strano. Io ricordo perfettamente il calore del tuo corpo sotto le mie mani››. Abbassò la voce, si portò la punta delle dita sulle labbra. ‹‹Ho sentito il tuo piacere sciogliersi per me..››
La pelle diafana della fanciulla sembrava indecisa se impallidire o infiammarsi. In ogni modo ella deglutì lentamente, si sporse minacciosa verso di lui. ‹‹Diversamente da te, io sono mesi e mesi che non mi vedo con nessuno, e il mio corpo lo sente. E adesso lasciami›› ringhiò non senza una nota di venata disperazione, che la tradiva più di quanto facesse quella mano tra la sua.
‹‹Ti ho fatto gemere il mio nome›› le soffiò sulle labbra.
Anirei fece una smorfia di disappunto, non era riuscita farlo tacere. Ma la sua determinazione, il suo orgoglio e il suo desiderio di libertà continuarono a fornirle carburante per non dargliela vinta.
Peccato che non sapesse quanto lo stesse eccitando con quel suo viso ardente di fierezza, sebbene spazientito di rabbia.
‹‹Sei il Dio dell’Inganno, mi hai sedotta. E adesso lasciami, non è affatto divertente tutto questo..››
‹‹Questa è vecchia, Anirei, mi deludi. Quando ti arrabbi davvero, puoi ferire quasi quanto la mia lingua argentea.. o forse non sei veramente arrabbiata, e vuoi solo continuare quel che abbiamo iniziato..?››
‹‹Piantala››. La sentiva tremare sotto di sé.
Si avvicinò ulteriormente, come un vampiro, come una pantera, come una serpe strisciante e silenziosa. Il desiderio di lei si era fatto opprimente. ‹‹Ho fame, Anirei. Dammi le tue labbra, per cortesia..››
‹‹Voi dovete essere Lady Anirei, immagino››
Quella voce fuori luogo fu come un’imprecante doccia fredda. Si voltò verso l’uscio della porta, il maestro di Lorelei si era presentato nelle sue preferite vesti chiare e di seta.
Perché diamine era arrivato in un momento così delicato e intimo? Perché diavolo li aveva dovuti interrompere?!
‹‹Mio caro e venerato maestro..›› sibilò con astio. ‹‹Non vedi che siamo occupati?››
L’uomo alzò le mani in segno di scusa; però non accennava ad andarsene. Possibile che il mondo decidesse di mettersi sempre in mezzo?
Si astenne dal cacciarlo fuori con minacce molto poco lusinghiere, e anzi si alzò dalla tavola, si risistemò la mantella che scendeva davanti la spalla sinistra, ricostruì la maschera con un sospiro. ‹‹Cosa c’è?››
L’uomo dalla barbetta ispida e bianca, dal mento a punta, osservò prima lui e poi lei, con la coda dell’occhio.
‹‹Mi avevi detto di avere fretta, se non erro. Sono venuto a parlarle››
Fu costretto ad annuire alle sue stesse parole, digerendo la rabbia che gli sconvolgeva l’acido dello stomaco. ‹‹Prego. Fa’ pure con comodo›› ironizzò indicando la tavola con la mano aperta.
Si voltò verso la fanciulla che smarrita cercava di nascondere il tremolio di inquietudine delle mani tra le gambe, i capelli la soccorrevano nascondendole parte del volto.
Il maestro si avvicinò a lei, sorridendole. Anirei, dopo un primo momento di intimidazione, rispose alla sua faccia serena e distesa con un minuscolo sorriso.
Chiuse la mano a pugno, scorticandosi il palmo.
‹‹Buongiorno, Lady Anirei. Ho sentito parlare di voi››. Le sorrise con un sorriso di padre. ‹‹Non abbiate paura, troveremo il modo di rimuovere il sigillo che limita le capacità del vostro corpo››
Anirei guardò esitante la mano che l’uomo le porgeva.
‹‹.. Posso almeno sapere a che cosa vi serva?››
Avrebbe voluto rispondere di no. Avrebbe voluto strapparle quel marchio dalla schiena e farle dimenticare ogni cosa che non avrebbe fatto altro che generarle disprezzo, se non, in misura addirittura peggiore, compassione.
Dio, non aveva bisogno di compassione, da nessuno, in particolar modo da lei. Avrebbe sopportato il disgusto, il rifiuto; ma non l’estrema umiliazione.
Già lo devastava come un fuoco il ricordo della sua apparizione su Midgard, dove lo aveva visto in ginocchio, ferito, deriso, sporco e sconfitto. Le avrebbe strappato gli occhi in quel momento, le avrebbe cucito la bocca e si sarebbe otturato i timpani.
Era forse un atteggiamento infantile?
Forse, ma sarebbe stato di gran lunga apprezzato nella sua reale attuazione.
Le scoccò un’occhiata diffidente, mentre la domanda era caduta in disgrazia, nel silenzio.
Era sicuro che quel verme le avrebbe risposto in un secondo momento, se non lo avesse fatto lui.
Le alzò il mento, affinché potesse guardarlo negli occhi, e non rifuggisse alcuna nascosta reazione. ‹‹Per la conquista di Midgard ho fatto un patto. Dal momento che disgraziatamente non l’ho portato a termine, la mia vita è in pericolo››. Le accarezzò la linea del naso, celò perfettamente il tremore dei muscoli sotto la pelle, al ricordo di Thanos, si impedì di rabbrividire. ‹‹Grazie al tuo sigillo, potrò limitare le capacità magiche dell’individuo che mi cerca, impedendogli di localizzarmi e privandolo di gran parte della sua potenza››.
 
 
*: tratto dalla canzone “Chandelier” di Sia
**: tratto da “Cime Tempestose” di Emily Brontë
 
 






************
Salve a tutti!
Spero vivamente che questo capitolo vi sia piaciuto, anche perché abbiamo finalmente questi due insieme (questa volta veramenteinsieme, dal momento che Loki ad Asgard era sempre molto - troppo impegnato per dedicarsi a lei:) ).
Lorelei mo' sta con lo SHIELD, con piani ancora oscuri ma abbastanza ovvi (immagino), mentre Thor tra poco va dallo psicologo per le sue crisi esistenziali (o fa prima e mi lancia il martello in testa). Anirei fa un accordo con Loki, vedremo che pieghe prenderanno gli eventi; in questo capitolo non ci sono molti personaggi, ho lasciato la scena a loro due, mentre ho introdotto questo fantomatico maestro di Lorelei.
Nulla, al solito ringrazio chiunque mi segue, ha la mia storia tra le preferite, recensisce -un grazie in particolare a voi-, o passa soltanto a fare un salto!
Ci ritroviamo al prossimo,
la vostra Ali


P.S: Sì, vedo il trono di spade, e il nome Tyrion mi piaceva troppo**
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Thor / Vai alla pagina dell'autore: _Aly95