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Autore: Ziggie    09/03/2015    1 recensioni
Mycroft e Sherlock. Due fratelli, due facce della stessa medaglia, due tra i più brillanti uomini che servono l'Inghilterra. Ma com'era la loro vita prima dei fatti che tutti noi conosciamo? Perché sono arrivati ad essere così schivi l'uno con l'altro? Questa long fiction si propone di esplorare questo mondo antecedente ai fatti della BBC collegandolo con alcuni fatti e personaggi del nuovo film Kingsman, The Secret Service, attraversando la serie per superarla ed arrivare ad un ipotetico e se? da dietro le quinte, sperando di cogliere nel segno.
Non solo Sherlock e Mycroft, ma ci saranno altri personaggi a coronare questi capitoli, un nome a caso: Anthea.
Buona lettura e, mi raccomando, fatemi sapere che ne pensate!
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio, Anthea, Mycroft Holmes, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: Cross-over, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nuovo capitolo, i fratelli Holmes sono ancora dei pischelli. Mycroft ha tredici anni, Sherlock 6 ed i signori Holmes hanno finalmente fatto rientro in Inghilterra. Un capitolo preludio al futuro crossover che vedremo nei prossimi capitoli, forse già nel quarto, ed una leggera introspezione su alcune motivazioni che portano Mycroft a detestare il Natale. Buona lettura e lasciate un commento se passate tra queste righe.
 

3. Natale: quale immensa agonia!


Natale, un fantastico giorno da passare in compagnia della propria famiglia tra pranzi, cene, rimpatriate e regali. Natale, un giorno in cui tutto sorridono, si mostrano gentili con chiunque perché è così che vuole la tradizione. Natale, quale giorno, quale periodo più bello? Potrei rispondere con tre parole: ogni qualsiasi giorno.

Ho sempre detestato le feste, questa in particolare. Non sono mai riuscito ad entrare nell'ottica del "è un giorno diverso" oppure "almeno a Natale dimostriamoci gentili": perché devo mostrarmi gentile con persone che non vedo mai o che mi hanno fatto un torto?  Perché devo passare la giornata con persone che, nel corso dei miei tredici anni di vita, ho visto giusto quando ero in fasce ed ora devo salvaguardare le mie guance dalle loro mani adipose?

Non eravamo una famiglia numerosa, nostro padre era figlio unico, mentre mamma era la più piccola di due sorelle: una zitella per scelta, l'altra sposata con un comandante dell'aviazione con il quale aveva avuto un figlio, Winston, di due anni più grande del sottoscritto e prossimo nell'entrare all'accademia militare; fosse stato intelligente, l'Inghilterra avrebbe ringraziato.

In tutte queste domande, in tutto questo siparietto che sarebbe durato fino a sera inoltrata, nemmeno la soddisfazione di qualche regalo decente: erano le 11 di mattina ed io ero già in agonia.

- Il chirurgo e il piccolo chimico, è così che vi presenterete in famiglia tra qualche anno? - esordì sarcastico mio cugino entrando in salotto, avendo notato i due giochi in scatola con i quali stava smanettando mio fratello sul tappeto al centro della sala, mentre io me ne stavo seduto in poltrona osservando l'omino in mutande dell'allegro chirurgo, cercando di capire l'andamento del gioco.

- I giochi in scatola dicono di più del contenitore in cui sono tenuti, così il modo di muovere del giocatore - esordii io, quasi sovrappensiero.

- È una sfida, Mycroft? -

- Tutt'altro, un invito - sorrisi, facendo ridacchiare anche Sherlock, che si avvicinò poco dopo.

- Scelgo gli scacchi -

- Un gioco notevole - continuai con il mio tono mellifluo.

- Hai paura che Mycroft si accorga del tuo leggero tremore alle mani quando sei nervoso, Winston? Credo lo abbia già fatto! - esclamò tranquillamente Sherlock, mettendosi comodo su un cuscino a terra, proprio vicino il nostro tavolo da gioco.

- Com… Come diavolo? - fece lui allibito.

- Hai sempre tremato quando ti abbiamo  messo di fronte a delle sfide, sia questi giochi, sia questi argomenti seri. Non sei mai riuscito a controllare ciò e di sicuro al nuovo reggimento cavalleria non occorrerà una mano instabile, mmh? - si, non c'erano dubbi, Sherlock ci stava prendendo gusto a trattare nostro cugino come un inetto.

- Sherlock, non fare il più intelligente della situazione - lo ammonii leggermente - così metti in difficoltà Winston! Ora il suo cervello starà generando domande su domande, quando è raro che ne sopporti più di due - esclamai con un sorrisetto beffardo.

- Vogliamo giocare? - esclamò spazientito, con il tipico modo di fare di chi si ritrova con le spalle al muro.
 
- Veramente abbiamo terminato la partita cinque minuti fa, nella foga del discorso, volente o nolente, hai mosso due pedine in malomodo ed hai dato a me l'opportunità di fare scacco matto al re - Sherlock ridacchiò appena - mi dispiace, cugino -.

Mi alzai dalla mia postazione ed andai verso la cucina, il pranzo era quasi pronto ed io non vedevo l'ora di mangiare per poi lasciare lasciare gli adulti alle loro chiacchiere e rifugiarmi da qualche parte. Piani che vennero smontati quando raggiunsi la sala da pranzo e vi trovai mio zio e mio padre, che parlavano con Winston alquanto imbronciato, tanto che non feci in tempo a fare dietrofront, che mio zio venne verso di me, allontanandomi dal resto del gruppo.

- Se è per la sconfitta a scacchi di Winston che mi stai allontanando per darmi una sorta di punizione, credo tu sappia bene che nel gioco degli scacchi ogni mossa è valida - dissi in mia difesa, calò il silenzio e mi voltai quindi verso mio zio che non era affatto contrariato, ma di tutt'altro umore; non era la tipica aria tipica di qualche punizione quella che stavo respirando, quanto piuttosto aria di nuove notizie, probabilmente buone.

- Non venirmi a dire come si gioca a scacchi, Myc - mi rimproverò bonario l'aviatore - stavo giusto parlando con tuo padre, poco fa, del fatto che hai una mente brillante per la tua età e, fra due anni quando avrai l'età di Winston, penso che faresti faville nell'esercito inglese. -

- Non per romperti le uova nel paniere, zio, ma avrei altri progetti e ti prego di chiamarmi Mycroft-

- Da come muovi le tue pedine, figliolo, immagino bene che la prima linea non sia il tuo forte, so bene che preferisci stare dietro le quinte ed è per questo che molte persone stanno già studiando il tuo fascicolo -.

- Ho un fascicolo? - era raro che mi stupissi, ma quella fu una delle rare volte in cui lo feci, quello zio che avevo sempre considerato un tipico aristocratico inglese, si stava rivelando tutt'altro, eppure non era la prima volta che mi facevo beffe di suo figlio!

- Ognuno di noi lo ha - asserì con un sorriso - e se nei tuoi futuri progetti pensavi al college, non temere, quanto affronterai tra due anni a questa parte prevederà anche quello - mi portò un braccio attorno alle spalle - non posso dirti molto altro, ma ai servizi segreti di sua maestà occorrono uomini come te, hai tre anni di tempo per pensare a questo progetto Myc, nel frattempo lo chiameremo esercito britannico, perché a differenza tua è lì che effettivamente andrà tuo cugino - mi sussurrò, anche se eravamo alquanto distanti dalle persone che avevamo lasciato in sala da pranzo, un vero peccato che altre orecchie erano in agguato in quel mentre.

La notizia che mi aveva dato mio zio, mi lasciò frastornato per tutto il resto del giorno. Come poteva un ragazzo di soli tredici anni avere un fascicolo? Cosa vi era riportato? Cosa avrei fatto una volta compiuti sedici anni? Ero abituato a pormi domande, il grande gioco dell'osservazione e delle minute deduzioni mi portava sempre a pormele tra le più svariate, ma adesso era tutt'altra cosa. I servizi segreti. Perché io? Cosa avevo di così speciale? Cercai di non pensarci, accantonando quella proposta per tutto il giorno, lasciandomi travolgere completamente dall'agonia che le feste e le rimpatriate di famiglia sapevano darmi, tanto che non sentii dolore quando la sorella zitella di mia madre, mi strapazzò le guance, facendomi nuovamente gli auguri e salutandomi.

Era sera inoltrata quando il sipario calò sulla festa di Natale ed io ancora non sapevo come sentirmi. Andai in camera mia e chiusi la porta, appoggiandomi ad essa con la schiena e guardandomi intorno. Tre anni. Così aveva detto mio zio. Tre anni. Il tempo che avrei avuto a disposizione per occuparmi di mio fratello, come avevo promesso ai miei genitori che, anche se ormai erano tornati, una promessa è sempre una promessa, così come il ruolo del fratello maggiore non può certo venire meno. Tre anni e silenzi in merito a quel tutto appena rivelato. Ah! Il Natale! Che festa inutile!  

Caddi lentamente a terra, scivolando lungo la porta, posando poi il mento sopra le ginocchia e fu lì che sentii un leggero rumore di passi, che conoscevo bene.

- Il fantasma di Barbarossa ti perseguiterà - esclamò una voce bussando ripetutamente la porta.

- Sicuro che non sarà il contrario, Sherlock? -

Attimi di silenzio che finirono nella frase: - avevi detto che avresti giocato con me di più! -

Di nuovo silenzio. Mio fratello sembrava avere la voce rotta, oltre che a contrariata. Mi alzai e presi due ombrelli che tenevo appoggiati al muro poco distante dalla mia postazione ed aprii la porta, porgendogliene uno - coraggio piccolo capitano, mostrami di che pasta sei fatto, engarde! - mi misi in posizione di guardia, attendendo che anche lui facesse lo stesso, ma ci mise un po' più tempo del solito.

- Ti sconfiggerò demone del silenzio - esclamò dopo diversi istanti, attaccandomi con foga, tanto che dovetti indietreggiare.

- Fai molta attenzione a come parli il demone del silenzio è uno stretto alleato del vento dell'est e tu sai cosa succede quando questo inizia a soffiare, vero Sherly? -

- Si, ti porterà via - corrugai la fronte e fu quella mia attenzione a causare la mia sconfitta, Sherlock stava usando tutta la forza che un bambino di sei anni potesse avere in corpo e riuscì a colpirmi la mano che reggeva l'ombrello con la punta di ferro del proprio, la botta fu talmente forte che dovetti lasciare la presa.

- Oh, ma davvero? - feci sorpreso io, abbassandomi a recuperare l'ombrello, massaggiandomi poi la mano, la botta inizia a pulsare.

- Si, è inutile che fai finta di niente, ti ho sentito quando parlavi con lo zio. Ho sentito che te ne andrai. Ho sentito tutto! - sbraitò e solo allora notai i suoi occhi lucidi. Era sempre stato un bambino dall'animo vivace e dalla scorza dura, ma doveva ancora imparare a gestire i sentimenti, oppure ero io ad essere davvero di ghiaccio?

- Non andrò via, Sherlock. Non ancora. -

- Ma lo farai -

- Non vivremo insieme per sempre. Ognuno avrà la propria vita da vivere - gli posai le mani sulle spalle, asciugandogli le lacrime che avevano preso a bagnargli le guance.

- E io chi affronterò quando tu non abiteremo più insieme? - chiese tirando su con il naso, una domanda che mi fece sorridere.

- Sempre me, di certo non ti libererai del sottoscritto così facilmente -.


Del Natale porto con me ricordi più negativi che positivi. Una festa che ho sempre detestato, che non ho mai capito. Ben poche sono le vicende legate a questa festa che mi rimandano indietro nel tempo facendomi pensare di aver compiuto la scelta giusta, di vivere compiendo un lavoro adatto alla mia persona, di essere stato effettivamente un buon fratello. Quel lontano Natale è uno di questi momenti. In quel lontano Natale facevo la promessa più grande che potevo fare a me stesso e a mio fratello quella che, nonostante gli alti e bassi, avremmo continuato ad essere due facce diverse di una stessa medaglia, sempre.
 
 
 
  
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