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Autore: Yumeji    09/03/2015    1 recensioni
“Ha cambiato le regole del gioco” ciò che Kirigiri aveva detto era vero
Ancora una volta Monokuma ha stravolto le vite degli ultimi studenti della Kibougamine, è venuto meno alle sue stesse regole - ha ucciso un innocente al posto di un colpevole -, e ciò solo per farli cadere in una Disperazione ancora più profonda.
Ogni atto del preside orso persegue la disperazione, i ragazzi proveranno presto sulla loro pelle quanto questo desiderio può spingere alla follia lo stesso Burattinaio, e rimpiangeranno amaramente gli "incentivi" che Monokuma gli proponeva.
Perché, se prima solletticava i loro desideri (libertà, denaro, ecc..), ora punta al cuore. Nessuno verrà risparmiato.
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Prologo - concluso
Parte I - conclusa (I / V)
Parte II - conclusa (VI / XI)
Parte III - (XII / ???)
Genere: Generale, Introspettivo, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Naegi Makoto, Oowada Mondo, Togami Byakuya
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Capitolo XIV


Naegi si sentì male mentre, con Owada, si dirigeva verso la camera del capoclasse. Un terribile presentimento lo attraversò e, quasi avesse avvertito un odore nauseabondo nell'aria, la certezza che qualcosa di orribile, e già familiare a suoi occhi, stesse per accadere, s’impresse nelle sue narici scendendogli fin nei polmoni, propagandosi per tutto l'animo.
Certo, quella sensazione di malessere poteva essere semplicemente scaturiti dagli ultimi residui di febbre ed influenza che ancora gli attanagliavano il corpo, ma si era talmente imbottito di medicinali, per riuscire a stare in piedi quel giorno (probabilmente stimolato a farlo dalla visita notturna di Kyouko), che dubitava di aver anche il più piccolo germe ad appestargli il fiato. No, quella non era una sensazione fisica, ma qualcosa di ben più viscerale, l'inquietante intuizione di qualcuno che, fin troppo bene, riconosceva il richiamo della sfortuna.
- O...owada! - cercò di attirare l'attenzione del motociclista, il quale al momento gli camminava davanti, lui non sembrava però dargli retta, perso in chissà quali profondi pensieri. - Owada..?- leggermente demoralizzato Makoto ritentò, con ben scarse speranze, il ragazzo era stato piuttosto meditabondo durante l'intero tragitto, smorzando ogni suo tentativo di conversazione con risposte monosillabiche e distratte, o limitandosi a degli indecifrabili grugniti. - Owada! - insistette un'ultima volta, afferrandogli un lembo della giacca, così da obbligarlo a fermarsi, cosa che invece l'energumeno non fece, distratto com'era, e il rumore successivo fu lo *Strasch* della stoffa che si strappava.
Naegi sbiancò, diventando ancor più pallido di quanto già non fosse, trovandosi un lembo di tessuto fra le mani. Aveva appena... aveva appena distrutto il simbolo del capobanda più potente del Kansai!
- Uhm... Hai detto qualcosa Naegi? - si voltò finalmente verso di lui Mondo, facendolo sussultare dallo spavento mentre, istintivamente, si nascondeva il frammento della giacca dietro le spalle, "come se servisse a qualcosa.." si disse ironico,
- Sì, ecco...- cominciò a balbettare avvertendo il viso avvampare dal nervosismo, il fatto che il motociclista lo fissasse confuso, senza far cenno all'immensa colpa di cui si era macchiato, gli fece capire che non si era accorto di nulla. - N-non mi sento ancora molto in forma... Potremmo fermarci un... un momento in caffetteria a prendere un bicchiere d'acqua? - propose, ben deciso a tener nascosto ad Owada il misfatto, partorendo la maligna idea di nascondere le prove del reato usufruendo del tritarifiuti presente in cucina, “Così, anche sé se ne accorgesse, non potrebbe incolparmi di nulla” passare tutto quel tempo alla ricerca d’indizi, moventi e colpevoli - ed essendo sotto la costante influenza di Kirigiri -, lo aveva portato ad adottare un approccio più logico verso le sue disavventure. Ovvero, aveva cominciato a capirne abbastanza da poter, in teoria, escogitare dei sotterfugi per farla franca... Sperava però che, allo stesso modo in cui ora stava cercando una maniera con cui salvarsi dalla furia di Owada, un giorno non si sarebbe corrotto a tal punto da trovarsi a progettare un omicidio. Avrebbe mentito se avesse ammesso che quello non fosse uno dei suoi peggiori timori.
- D'accordo - acconsentì il motociclista ad accompagnarlo, sarebbe stato un problema se avesse deciso di procedere da solo, se si fosse accorto di come si era ridotto il retro della sua giacca sarebbe stato facile fare un collegamento con la repentina scomparsa di Naegi, -... non credo ci sia fretta, non pensò che Bro' sta volta si sveglierà così presto - suppose, non sapendo quando ben lontano fosse dalla verità.
"Bene!" esultò interiormente Naegi dirigendosi verso la mensa, che avevano appena superato, voltando così le spalle ad Owada, ma stando ben attento a nascondergli il lembo di giacca tenuto ancora stretto tra le mani.


La presenza di Celestia e Yamada in caffetteria non era un evento raro, anzi, con il corso delle settimane era divenuto chiaro quanto la gothic amasse quella postazione, tanto che la si poteva trovare lì per buona parte del giorno. Vi si recava spesso in compagnia dell'otaku, al quale, con la massima non curanza, ordinava di servirla, quasi si trattasse del suo cameriere personale, obbligandolo a prepararle cibi o bevande assai complicate. La cui abilità culinaria richiesta nella preparazione era lontana anni luce da quella mostrata da Hifumi, e per cui Celestia aveva quindi solo parole di rimprovero, causando, ad ogni piatto che non si confacesse ai suoi gusti, certe scenate degne solo ad una prima donna.
Già consapevole della loro presenza, Naegi non trovò alcunché di strano nell'entrare in mensa, accennando a malapena un saluto ai due, dirigendosi, quasi correndo, verso la cucina, ricevendo per questo uno sguardo stranito da parte di entrambi. Makoto però non ci fece caso, pervaso dal bisogno impellente di gettare la prova della sua colpa, sudando freddo come un assassino messo alle strette.
- E' forse successo qualcosa a master Makoto Naegi?- domandò Yamada vedendo giungere, alle spalle del piccoletto, la figura di Owada, il quale non si apprestava per nulla a seguirlo, limitandosi ad osservarlo andarsene,
- Aveva detto di voler un bicchiere d'acqua... non credevo avesse così tanta sete - osservò dubbioso, mentre si grattava la testa, per un momento gli era sembrato... spaventato?
No, si disse, vedeva cose, dove non c'era nulla. Forse era semplicemente frastornato, essendo stato male per qualche giorno.
- Tutta quell'agitazione per un bicchiere d'acqua..?- commentò Celestia, seduta al tavolo circolare, che ormai considerava di sua proprietà e a cui non permetteva a nessuno di sedersi, difatti, da bravo servetto, Yamada gli stava dietro le spalle, in piedi a qualche metro di distanza, pronto ad un nuovo ordine. - Sembrava un topino che fugge dalle fauci di una tigre - aggiunse mentre, con un’eleganza calcolata, mescolava la sua bevanda preferita, un Milky Tea che con ogni probabilità l'otaku aveva appena finito di preparargli, in una tazzina estremamente e pacchianamente decorata, ma che lei definiva di "buon gusto". Non che Owada potesse in realtà fare un qualunque commento in merito, non ci capiva nulla di tazzine da the in stile inglese vittoriano, e non aveva alcuna intenzione di capirci qualcosa in futuro.
- Mi stai forse incolpando di qualcosa, Celes? - s’irritò a quelle parole, trovandole un'accusa indiretta alla sua persona,
- Oh, era solo un'osservazione detta così, senza alcuno scopo - negò lei con un sorriso innocente e allegro, ma che a malapena occultava gli artigli da rapace di cui aveva già fatto sfoggio più volte, minacciando di ferire chiunque l'avesse contraddetta o minacciata. La sua era una forza ben più devastante e temibile dei muscoli di Mondo. -... non m’interessa in alcun modo come occupiate il tempo tu e Naegi  - aggiunse portandosi la tazza di the alle labbra, assaggiandone il contenuto e, non avendola gettata a terra dopo il primo sorso, per una volta Yamada doveva essere riuscito ad azzeccarne i difficili gusti.
Dopo pochi istanti Naegi riemerse dalla cucina, visibilmente più rilassato e con un'espressione serena sul volto,
- Tutto a posto Owada - annunciò candidamente, facendo per andarsene,
- Bhè... allora - già lo seguiva il motociclista, non chiedendosi neppure perché ci avesse impiegato tanto per bere un misero bicchiere d'acqua, e salutando con un cenno Yamada e Celestia, i quali invece non sembravano avere alcuna intenzione di allontanarsi.
Erano ormai sulla porta quando la gothic si alzò di scatto in piedi, accompagnata da un preoccupante suono di cocci rotti che li fece voltare. Aveva gettato a terra l’ennesima tazzina di Milky Tea, distruggendola e, non essendo un evento nuovo, sul momento tutti pensarono che la bevanda alla fine non fosse stata di suo gradimento e per questo volesse rivolgere a Yamada la solita strigliata rabbiosa su come dovrebbe essere preparata una buona tazza the, ma, stranamente, la ragazza non proferì parola.
A passo malfermo Celestia compì un paio di passi, allontanandosi dal tavolo a cui era seduta, urtandone la sedia facendola cadere a terra. Boccheggiava, nel portarsi una mano alla gola, mentre il suo sguardo spalancato, le cui pupille erano ridotte a due puntaspilli, vagava da una parte all'altra della stanza, alla disperata ricerca di aiuto.
- Lady Celes...- si preoccupò Yamada fiancheggiandola, era la prima volta che la vedeva avere una tale reazione ad una sua tazza di the, non capiva cosa le stesse accadendo e tentò di afferrarle un braccio, quello che non si era portata al collo, ma con un gesto bruscò lei lo allontanò, rischiando così di perdere l'equilibrio. La gothic si mantenne in piedi a fatica, afferrandosi al tavolo su cui di solito svolgevano la loro "riunione mattutina" (la quale in realtà non facevano da un bel po'), rivolgendo all'otaku uno sguardo furente, carico d'odio nel tendere l'indice coperto dall'artiglio argentato verso di lui, in tono d'accusa.
Le sue labbra si mossero, pur rimanendo mute, ma dal labiale furono chiare ai presenti le parole che Celestia gli rivolgeva: “tu, mi hai avv...”; e sarebbe di certo sopraggiunto dell’altro, probabilmente qualche insulto e/o un augurio di morte, se dalla bocca di lei non avesse cominciato a fuoriuscire copioso un fiotto di sangue.
Il liquido le colò lungo il mento, andando a macchiarle i vestiti, rendendo all'apparenza ancor più chiaro il fondotinta che le copriva il volto, se messo a confronto con quel vivido scarlatto.
Barcollò un'ultima volta Celes, e sta volta la sua presa non era abbastanza forte da tenerla eretta, scivolò, rischiando di cadere a terra.
Per un qualche istinto cavalleresco sconosciuto, Owada si lanciò verso di lei, coprendo i pochi metri da cui erano separati così da afferrarla al volo, prima che urtasse il pavimento.
- Ohi..! Celestia - la chiamò cercando di farla rinvenire, non sapendo esattamente come dovesse agire, la gothic respirava affannosamente e il suo corpo era scosso da tremiti sempre più violenti, simili a delle convulsioni. Continuava a vomitare sangue, il quale oltre che dalla bocca aveva preso ad uscirle dal naso e dalle orecchie, Mondo cercò il suo sguardo per sapere se fosse cosciente e, quando Celes lo ricambiò, si accorse con sempre maggior orrore che i capillari degli occhi le si erano spaccati e che adesso, mescolandosi al colore delle sue lenti a contatto, delle lacrime prima rosa, poi rosse, iniziarono a colargli lungo le guancie.
Eppure, nonostante fosse ridotta ad uno stato pietoso, di fronte ad una morte violenta causata da un volere sconosciuto e ciò, come accadeva a tutti, la spaventasse, Owada constatò che neppure per un istante il suo sguardo fu abbandonato da una furia cieca e distruttiva. Un sentimento compreso appieno dal motociclista, il quale, quando lei sollevò il braccio con una lentezza tale da far credere che l’arto si fosse tramutato in piombo, tanto sembrava pesante, la lasciò afferrarsi con la mano sporca di sangue e dalla flebile stretta, alla sua giacca da capobanda.
- Ucci...-te qu..l ba-ba...sta-rdo - non erano forse le ultime parole più eleganti che si potessero pronunciare, ma furono quelle che Celestia, con le forze rimastigli, volle affidargli, obbligandolo ad accostare l'orecchio vicino alle sue labbra per udirle, sporcandosi così la guancia con uno schizzo di sangue quando la ragazza prese a tossire.
Una tosse convulsa la colse insieme a tremiti sempre più violenti ed incontrollati, gli occhi le si rovesciarono all'indietro, perdendo entrambe le lenti a contatto, mostrando solo il bianco dell'orbita.
Ricordando di aver sentito dire da qualche parte che, chi era preda di convulsioni, rischiava di ferire se stesso, per istinto Owada abbracciò la gothic per evitare si facesse del male. Nel tentativo di bloccarne i movimenti la strinse a se, avvolgendola tra le braccia - sentendo le unghie di lei piantarsi con violenza nella carne -, pregando che quel momento passasse presto. Ma quando il corpo di Celestia, dopo secondi che sembravano interminabili, smise del tutto di muoversi, un senso di gelo colpì il petto del motociclista, insinuandosi in profondità, insieme alle altre gelide schegge che gli riempivano il cuore. La sua mente comprese immediatamente la situazione, eppure, rimase ancora qualche momento in quella posizione, perfettamente immobile, trattenendo il fiato in attesa di udirlo, di avvertire un respiro sottile, una qualche reazione da parte sua. Aveva le palpebre chiuse e, se si evitava di prendere in considerazione il sangue di cui era intriso il suo volto, pareva dormisse, una dolce illusione che si frantumo in meno di un secondo.
- O-owada...- lo chiamò Naegi con voce sottile e tremante, rompendo lo spettrale silenzio di cui, in quei pochi istanti, si era intrisa la caffetteria. Il motociclista levò lo sguardo dalla gothic per rivolgerlo a lui, accorgendosi che gli si era avvicinato, probabilmente per accertarsi delle condizioni della ragazza.
- E' morta - rispose secco e lapidario alla domanda che Makoto non aveva avuto il coraggio di pronunciare e, quasi volesse accompagnare la sua affermazione, un ormai ben noto annunciò si propagò per l'intera accademia.

*Dlin... dlon... dlin*
-E' stato appena trovato un cadavere, che gli studenti si preparino,
tra poco si terrà il Processo di Classe -


- Non mi va di lasciarla lì...- fu il semplice commentò con cui Owada accolse l'osservazione di Kirigiri che, dopo aver ascoltato il rapido resoconto di Naegi, gli aveva chiesto il motivo per cui non mettesse il corpo di Celestia a terra, così da darle la possibilità di esaminarlo. La sua risposta lasciò basita la ragazza, la quale cominciò a credere che il motociclista fosse caduto in uno stato di shock non dissimile da quello che aveva colto Yamada, il quale farfugliava cose incomprensibili come: "milky tea", "tazzina da the" e "morta".
L'otaku non sembrava aver preso bene la dipartita della sua padrona o, per lo meno, dell'unica ragazza che non fosse di carta con cui aveva avuto un qualche rapporto - per quanto fosse un suo semplice schiavetto -, ma se il suo sconcerto era comunque causato da un, seppur strano o malato, sentimento d'affetto, per Owada la questione era ben diversa.
Il motociclista non riusciva a far meno si sovrapporre la figura di Fujisaki a quella di Celestia. In quell’orribile sera, di non più di qualche settimana prima, aveva stretto allo stesso modo della gothic il corpo del piccoletto quando lo aveva trasportato da uno spogliatoio all'altro, e anche se Celes era più alta di Chihiro, per le braccia di Owada il loro peso era il medesimo. Questo rendeva ancor più vivido in lui il ricordo della colpa che non aveva ancora scontato, e con la velocità di un virus che si propagava nel sangue, Owada sentì risorgere in se l'odio che rivolgeva a se stesso - il quale si era solo momentaneamente sopito -, avvertendo ogni singolo momento trascorso dalla morte del softwarista come un perpetuarsi infinito del medesimo errore, ovvero, la perenne constatazione della sua debolezza. Dell'impossibilità di ricevere il perdono per un gesto tanto ignobile, e per cui non desiderava neppure essere perdonato, poiché, ciò avrebbe significato sminuire la vita che aveva sottratto, e non poteva permettere un oltraggio simile, sopratutto trattandosi di Fujisaki, lui che gli aveva mostrato una forza ben diversa, ma molto più sincera e splendente, della sua.
Niente aveva legato Mondo a Celestia quando era in vita, la gothic non gli era mai stata particolarmente simpatica e la cosa gli era sempre sembrata reciproca - a dirla tutta lei non sembrava aver mai apprezzato nessuno -, ma proprio nel momento della morte, non trovando nessun altro, Celestia si era aggrappata a lui. Gli si era afferrata, graffiandogli la pelle mentre lottava contro qualunque cosa la stesse uccidendo, colma di una volontà ferrea e indomabile, bruciante collera e terribilmente viva anche un istante prima di spirare.
Owada aveva visto i suoi occhi chiudersi e... non aveva fatto nulla.
Seppur la mano colpevole di aver reciso l'esistenza della Ludenberck non fosse la sua, Mondo si sentiva comunque colpevole. Avvertiva ancora la presa di lei intorno al tessuto della sua giacca, sapeva cosa gli ordinasse lo sguardo che gli aveva rivolto, voleva reagisse, che facesse una qualunque cosa ma lui, del tutto impotente, non aveva mosso un dito.
Non gli era riuscito di impedire ad un'altra vita di consumarsi di fronte ai suoi occhi, aveva fallito, concedendo così l'ennesima vittoria a Monokuma... ma di due cose si ripromise, cercando di far ammenda per quell'ultimo errore, avvertendo un nodo alla gola nel ricacciare il veleno del proprio animo infondo allo stomaco.
Primo, si sarebbe preso su di sé le ultime parole di Celestia "uccidi quel bastardo", cui bastardo doveva esse il suo assassino, e le avrebbe rese proprie, partecipando attivamente alle indagini perché si realizzassero - ciò faceva probabilmente parte di quello spirito cavalleresco che aveva appena scoperto di possedere.
Secondo, non avrebbe lasciato che il suo corpo rimanesse lì in bella vista, sotto lo sguardo di tutti, in uno stato tanto indecoroso di cui lei si sarebbe certamente vergognata.
Quest'ultimo era un desiderio che Owada avrebbe voluto far valere anche per il piccoletto, ma all'epoca non poteva permettersi di insistere, o sarebbe sembrato colpevole - non che quel piccolo accorgimeno gli fosse poi servito a molto in realtà.
- Va bene...- gli concesse Kirigiri, forse intuendo quali pensieri e quale figura si fossero impressi nella mente del motociclista. Un gesto stranamente accomodante da parte sua, notò Naegi, il quale sapeva quanto diffice fosse convincere la ragazza. - La porteremo in infermeria, ti sta bene? - propose, e a Makoto divenne di colpo palese quale fosse il suo intento: non aveva alcuna intenzione di lasciare Ishimaru e Togami troppo allungo da soli, ma sopratutto non voleva che l'ereditiere fosse l'unico ad ascoltare per via diretta la testimonianza del capoclasse. Kyouko appariva cosi avida di informazioni, bisognosa d'indizi, da arrivare a sfruttare l'attimo di debolezza di Owada, e il cadavere di Celestia, per non dover dividere le indagini.
- Eh?.. Do-dove portate Lady Celestia Ludenberck? - balbettò un cereo Yamada, tutto tremante, simile ad un terrorizzato criceto in sovrappeso,
- E morta, Yamada - fu la lapidaria risposta che ricevette da Kyouko, la quale sembrò ferire l'otaku come una pugnalata nello stomaco, perché si mise a tremare ancor più vistosamente, piegandosi su se stesso arrivando al punto di trovarsi carponi a terra, in preda ai singhiozzi ed a un pianto inconsolabile. Le lacrime gli colavano dalle guance paffutte, mostrando un viso contratto da un sincero dolore, ".. E pensare che per lei non valevi nulla" ebbe un cinico commento a fior di labbra Naegi, che all'ultimo decise di tenere per se, non era quello di cui Hifumi al momento aveva bisogno e, poi, parole simili ce se le aspettava da Togami, non certo da lui.
Aveva forse passato in quella gabbia troppo tempo per non finire desensibilizzato da tanta, inutile, violenza?
O forse era qualcos'altro a spingerlo ad essere così crudele nei confronti di Yamada?.. Da quanto lui non provava una sofferenza simile di fronte all'ennesima vittima del perfindo marchingegno di Monokuma?
Sapeva bene la risposta: "Maizono";
Dal primo omicidio, di cui si era stata protagonista la sua vecchia compagna di scuola (per la quale segretamente aveva sempre avuto una cotta), non aveva più provato quella stessa stretta al petto, quel dolore lancinante, ma per nulla fisico, che sul momento aveva portato lui a svenire e che ora faceva agonizare Hifumi sul pavimento della caffetteria.
- Kirigiri...- chiamò la ragazza quando lei ed Owada stavano già prendendo la porta, ed ossevando quest'ultimo penso che, se Celestia fosse stata ancora viva, avrebbe apprezzato la "presa della principessa", con cui Mondo la trasportava, vi era una sorta di rude gentilezza in quel gesto.
- Io rimangò qui... - annunciò non causando alcuna particolare emozione sul volto di Kyouko, la quale lo fissò, aspettandosi che aggiungesse altro, una spiegazione logica per una simile decisione, -... qualcuno deve rimanere per assicurarsi che non venga toccato nulla e, visto il suo stato, non credo che Yamada sia in grado di farlo - spiegò, celando il vero motivo per cui volesse restare, ovvero, per costringersi a provare qualcosa in più di quel leggero dispiacere che, più per Celestia, rivolgeva allo stato penoso di Hifumi. Quasi all'otaku fosse morto il gatto e a lui non importasse poi molto di quella bestiola... "Dannazione! Naegi, smettila! Cosa cavolo ti è preso!? Sei diventato un mostro senz'anima come Togami!? Celestia non sarà stata la persona più simpatica del mondo ma... era comunque una tua compagna di classe!"
-...- Kyouko lo fissò allungo, e sembrò sul punto di dirgli qualcosa, ma ci ripensò, esitando per un qualche motivo, - Hai fatto una giusta osservazione - ammise, e il suo tono aveva una nota morbida che raramente palesava (difatti, la prima volta che Makoto l'aveva avvertita era stata solo la sera prima), accompagnata da un leggero sorriso, -... rimani pure ad assicurarti che tutto rimanga al suo posto - acconsentì dandogli le spalle, prendendo la porta da cui Owada l'aveva già preceduta, ma lì si bloccò. - Vedi però di asciugarti le lacrime, Naegi - disse in fine ciò che non gli riusciva,
- Eh..?- guardò la sua schiena Makoto mentre se ne andava, stupito e confuso da quel consiglio, lui non stava pian..! Solo quando si portò le mani alle guance e le trovò bagnate, si rese conto che sì, quelle erano lacrime, e immediatamente si sentì rincuorato a quella visione. Non era cambiato, non ancora.

Vi è una leggera differenza quando ci si trova ad dover assistere all'imprevista e violenta fine di una persona conosciuta, piuttosto di arrivare a fatto già compiuto e rinvenirne il cadavere.
Per quanto siano entrambi dei fattori di forte stress per il cervello umano, nell'ultimo caso vi è tutto il tempo di elaborare la situazione, per comprendere gli avvenimenti e accettare ciò che è avvenuto, ovvero, la morte di quella persona; nel primo caso, invece, l'evento è talmente immediato, repentino, che la mente non ha il tempo di elaborarlo. Accade quindi spesso che ci voglia un po' di tempo perché ci si renda conto degli eventi accaduti ed è tal volta il corpo a manifestare prima, quelle emozioni, che la mente non è ancora arrivata ad esprimere.


La discussione di Togami e Ishimaru, le cui voci si potevano avvertire sin all'esterno dell'infermeria, fu bruscamente interrotta dall'arrivo di Owada, il quale fu costretto a chiamare l'ereditiere a gran voce per farsi aprire la porta.
Non sapeva dove fosse finita Kirigiri, probabilmente stava dando le ultime direttive a Naegi, si era detto, notando ormai tardi la sua assenza dietro di se.
- Owada..? Che?- lo accolse il biondo, da prima con un’espressione austera e un poco seccata, per poi spalancare lo sguardo nel notare cosa il motociclista stringesse fra le braccia, - Celestia? Ma, cos'...- balbettò stupito,
- L'hai sentito l'annuncio, no? - non andò tanto per il sottile Mondo, spostandolo quando lui ancora gli bloccava la porta, irrompendo nella stanza,
- E'.. era lei? - esclamò confuso, se proprio avesse dovuto dare un ruolo alla gothic, piuttosto che quello da vittima, gli avrebbe assegnato il titolo di assassina, era una parte che più le si confaceva.
- Sì, è io e Naegi abbiamo assistito a tutto - fu la rapida sintesi con cui gli descrisse l'intero accaduto Owada,
- Per tutto intendi..- gli domandò lui incrociando le braccia al petto, sistemandosi gli occhiali nel tentativo di ricomporsi, di apparire freddo e insensibile anche di fronte ad un cadavere grondante sangue.
- Per tutto voglio dire tutto! - non volle essere più chiaro, alzando la voce per sovrastare qualunque protesta l'ereditiere volesse fargli. Il tono furente che gli intimava di tacere mentre era si occupava di adagiare, con una cura che non gli era propria, il corpo della ragazza nell'unico letto rimasto vuoto, il quale era solo a un mezzo metro di distanza da quello occupato da Ishimaru. Per un istante gli sguardi del capoclasse e di Owada s’incrociarono, nel momento in cui quest'ultimo si decideva finalmente ad abbandonare il cadavere di Celestia, ma subito le iridi vermiglie di Kiyotaka fuggirono a quelle del motociclista, attirate dalla larga macchia sanguigna che si era formata sulla sua canottiera bianca. -... è quello di Celes - si affrettò a tranquillizzarlo, intuendo la domanda nascosta dietro quel velo di preoccupazione che gli aveva aggrottato la fronte, avvertendo subito dopo un senso d’imbarazzo attraversargli le guance nell'affrontarlo. Era strano rivolgergli la parola dopo tutto quel tempo, quando già si era abituato all'idea che fosse impossibile.
E seguendo quel filone di pensieri, comprese tardi quanto il suo gesto, caritatevole nei confronti di Celes, potesse risultare insensibile per Ishimaru. Aveva appena lasciato un corpo morto proprio di fronte a qualcuno vivo per chissà quale miracolo, e di cui si pensava, fino poche ore prime, fosse in quelle medesime condizioni.
- Avete visto com'è morta? - gli chiese Kiyo, la voce soffocata e leggermente roca, gli occhi ora fissi su Celestia, a Owada parve impallidito, nonostante la flebo, ancora attaccata al suo braccio, avesse contribuito a ridargli un po' di colore,
- Sì...- affermò, insistendo per non dover raccontare oltre, e avendo abbastanza premura da tirare la tenda che separava i due letti, così da nascondere momentaneamente la figura della gothic.
"Chissà se anche Bro' si era trovato a sputare sangue come Celestia?" Si domandò guardando l'amico, evitando però accuratamente di chiederglielo, non gli sembrava il caso, in più lo preoccupava il modo in cui, dopo essersi assicurato che il sangue di quella larga macchia non fosse il suo, Ishimaru evitasse di rivolgergli lo sguardo.
- Uhmm...- si schiarì rumorosamente la voce Togami, con l'intenzione di attirare su di se l'attenzione di entrambi, - Non ti chiederò cosa è successo - specificò alzando le mani in alto in segno di resa, prima che il motociclista lo attaccasse, - ... ma è stata Kirigiri a dirti di portarla qui? - e la sua suonò a Mondo come una domanda terribilmente fuori luogo.
Cosa gli importava? Faceva forse qualche differenza? Si ritrovò a pensare irritato,
- Non che importi - sbuffò stringendo i denti, - ma sono stato io a volerla spostare - decise che era inutile, in quel momento, iniziare una discussione con il biondo, preferì rispondergli per chiudere in fretta la questione. -... Kirigiri mi ha solo suggerito il posto - precisò, ancora non capendo il senso di quella domanda,
- Ah...- si limitò a grugnire l'ereditiere, per nulla intenzionato spiegarglielo, rivolgendo, anzi, un'occhiata ad Ishimaru, il quale rispose con un leggero cenno con il capo. La loro sembrava una comunicazione muta carica di sottointesi, ma si trattò di uno scambio di gesti talmente rapido che Owada non riuscì a coglierli.

- Non sembrano esserci dubbi sull'accaduto, ovvero, che Celestia sia stata avvelenata - affermò Kirigiri, giunta poco dopo il motociclista, il ragazzo avrebbe voluto chiederle il motivo del suo ritardo, ma la presenza di Oogami al suo fianco si rivelava già una risposta esaustiva.
- Hai aggiunto un altro subordinato alle tue file? - commentò ironico Togami nel vedere la wrestler, il cui eterno cipiglio severo non mostrava alcuna ombra di fastidio per essere stata costretta ad unirsi alla loro pietosa combriccola.
- ... ma, comunque, ritengo sia doveroso esaminarne il corpo, così da rilevare eventuali indizi - continuò a parlare, ignorandone palesemente l'osservazione, - Oogami mi darà una mano -
- E da quando hai bisogno d'aiuto per studiare un cadavere? - si stizzì l'ereditiere prendendo un tono acceso, forse seccato per il modo in cui Kyouko l'aveva snobbato o, più probabilmente, irritato dalla sua decisione arbitrale di voler coinvolgere, in maniera tanto diretta, Sakura nelle indagini.
Togami non poteva non essere contrario ad una simile scelta, e non solo perché Kirigiri, per l'ennesima volta, aveva evitato di interpellarlo - ormai la riteneva un'abitudine. Il principale motivo per cui non desiderava la presenza di Oogami stava nel fatto che, la sola figura della wrestler, bastava a metterlo in una sorta di agitazione, non provava per lei una qualche antipatica, ma più volte una naturale ostilità si era instaurata fra loro.
C'era qualcosa, nel carattere della lottatrice e in quello di Byakuya, che li metteva agli antipodi, agli estremi opposti del mondo. Le loro linee di pensiero erano totalmente differenti ed inconciliabili, per questo si trovavano spesso in contrasto, anche se in maniera più sottile, meno plateale, rispetto alle continue discussioni che il biondo intraprendeva con Owada.
- Forse non lo sai Togami, ma senza delle analisi, è assai difficile distinguere un veleno dall'altro - gli rispose Kirigiri, l'espressione impassibile, ma con uno sguardo capace di gelare qualcuno sul colpo, -... usufruisco dell'aiuto di Oogami perché sembra aver qualche nozione in merito, in più è l'unica (oltre a me), ad aver esaminato l'armadietto dei veleni nel laboratorio di chimica -
- Quello nello sgabuzzino dietro la stanza dove c'era quel gigantesco deumidificatore?..- intervenne Owada un poco confuso, avevano a disposizione dei veleni? Ma quanto si stava divertendo Monokuma?
- No, ti confondi con il laboratorio di fisica al terzo piano, dove c'è l'impianto per il filtraggio dell'aria. Io mi sto riferendo al laboratorio del quarto - gli spiegò,
- E quando sei andata ad esplorare il quarto piano? - sbottò Togami interrompendola, gli bruciava rimanere indietro. Con tutto quello che gli era successo negli ultimi giorni si era persino dimenticato dell'esistenza di nuovo piano a cui potevano accedere.
- Più o meno quando tu e Owada eravate troppo impegnati a scambiarvi segreti da brave amichette davangi ad un caffè, dopo aver portato Makoto (che si era sentito male), in infermeria - fu la secca e sarcastica replica che ricevette, ed era già sul punto di ribattere, ma si fermò. Kyouko gli aveva appena mostrato il fianco su cui serrare le fauci.
- Makoto? - ripete il nome appena pronunciato dalla ragazza, e vide un leggero tremito farle sussultare le palpebre,"Troppo tardi per rimediare al tuo errore, Kirigiri" pensò, un sorriso da iena a deturpargli il viso e il riflesso degli occhiali a nascondergli lo sguardo.  - Davvero, tu è Naegi siete diventati molto intimi - commentò, prendendo la mira prima di assestare l'attacco.
Kyouko si preparò, stringendo i pugni inguantati, pronta ad accusare il colpo con la solita impassibilità, ma un leggero strato di sudore freddo aveva cominciato a coprirgli la fronte, il motore del suo cervello andava a mille alla disperata ricerca di una soluzione.
Certo, constatò Byakuya, la ragazza avrebbe sempre potuto tirare fuori la storia che, essendo stata per un lungo periodo all'estero, aveva preso quell'abitudine di usare il nome proprio dagli occidentali, ma ciò non poteva spiegare il motivo per cui, fino al giorno prima, si fosse tenuta alla norma giapponese.
- Stiamo perdendo tempo - una mente logica come quella di Kirigiri sapeva quando veniva il momento per darsi alla fuga. Per quanto codarda e meschina potesse apparire, una ritirata avvolte si rivelava la migliore delle strategie. - ... tra poco ci sarà il Processo di Classe, piuttosto che stare a battibeccare fra noi dovremmo dedicarci alle indagini - e su questo sapeva che Togami non avrebbe potuto ribattere, aveva giocato il jolly e con esso chiuso la partita.
"Per il momento..." fu il sadico pensiero che si concesse Byakuya, pronto a ritornare sull'argomento non appena quel fastidioso inconveniente che metteva a rischio le loro vite si fosse concluso.
Intanto Ishimaru faceva da semplice spettatore alla discussione, sentendosi messo in disparte, sembrava si fossero già dimenticati di lui.
Il piano stava funzionando.


Rimasto solo, con l'unica presenza di Yamada seduto piangente in un angolo - simile ad un enorme pupazzo parlante rotto, le cui pile si erano scaricate e riusciva ad esprimersi solo ad inquietanti singhiozzi e gorgogli -, Naegi pensò che il modo migliore per ottimizzare il loro esiguo tempo, prima dell'inizio del processo, mentre Kirigiri era impegnata ad esaminare il cadavere, fosse che lui cominciasse a perlustrare la scena del crimine. "Forse dovrei fare qualche domanda a Yamada" si disse, ma gli bastò dare un'occhiata all'otaku per comprendere che non fosse il caso, il ragazzo appariva distrutto, tanto da coprire solo metà dello spazio occupato solitamente dalla sua mole, in più gli aveva già dimostrato di non essere in grado di rispondere lucidamente.
"Meglio andare in cucina" decise, forse anche per lasciare Yamada un po' solo con il proprio dolore, e poiché riteneva di aver visto qualcosa d’inerente alle indagini quando, poco prima, vi si era recato per liberarsi delle proprie "prove del reato". Sospirò, avvertendo un sapore amaro riempirgli la bocca, ora quel piccolo incidente gli pareva così stupido se messo a confronto con ciò che era avvenuto (trovava comunque più saggio non far parola dell'episodio ad Owada).
- Bene, era qui da qualche parte...- iniziò le sue ricerche chinandosi a quattro zampe sul pavimento, mettendosi ad esaminarlo piastrella per piastrella, certo che quello fosse il metodo migliore per trovare l'oggetto sospetto. Non ricordava di preciso cosa fosse, l'aveva intravisto solo con la coda dell'occhio, e al momento, mentre si destreggiava con il tritarifiuti, non ci aveva fatto troppo caso, ma aveva istintivamente giudicato strana la sua presenza in cucina.
- Polvere... polvere... polvere... - non si rese conto di aver cominciato a parlare ad alta voce, probabilmente avvertendo la mancanza di una familiare figura femminile alle spalle, la quale (cosa che aveva appreso solo di recente), apprezzava sin troppo di poterlo ammirare in simili frangenti. "Ed ecco il motivo principale per cui mi fa sempre scarpinare qui e là come un dannato" concluse la propria riflessione chiedendosi se Kirigiri non nascondesse un leggero sadismo, o se invece il suo era un modo sottile per dire che gli guardava il sedere.  
- Trovato! - esultò, sentendosi subito dopo un babbeo per aver urlato in una stanza dove era lui l'unica presenza, mentre sollevava l'oggetto misterioso in segno di vittoria.
Tossì, avvertendo un imbarazzo insensato colorargli le guancie, quasi qualcuno avesse assistito a quella scena imbarazzante, ritornando serio. "L'assassino avrebbe potuto usarlo per nascondere il veleno e trasportalo qui senza dare nell'occhio..?" si chiese meditabondo, rigirandosi quella nuova prova fra le mani, domandandosi poi se non fosse pericoloso (per la sua salute), maneggiarla. Una simile preoccupazione cadde però in secondo piano, quando si rese conto a chi riconduceva la presenza di un tale oggetto, istintivamente allora il suo sguardo si volse alla porta della cucina, la quale riconduceva alla caffetteria, di certo, durante il processo di classe i maggiori sospetti e le accuse, almeno inizialmente,  sarebbero ricadute su di lui, ma questo lo rendeva colpevole? Fu il dubbio che cominciò ad assillarlo.


- Nulla...- sospirò Kirigiri premendosi il dorso della mano guantata sulla fronte, avvertendo la stanchezza degli ultimi giorni pesargli sul cranio simile ad un macigno, perquisire il corpo di Celestia, anche con l'aiuto di Oogami, non aveva portato a nulla. Non c'erano tracce di punture sulla pelle della gotich, né di altri segni che potessero far supporre che qualcuno le avesse somministrato il veleno tramite siringhe o simili. Kirigiri doveva ormai giudicare vera la sua prima deduzione, quella cui era giunta dopo il racconto di Naegi, ovvero, che la ragazza aveva ingerito inconsciamente il veleno, il quale doveva essere stato nascosto in una pietanza o in una bevanda. "Questo potrebbe rivelarsi pericoloso.." giudicò, evitando di esternare i propri pensieri, se il veleno era stato mischiato al cibo, ciò poteva significare che tutti loro erano in pericolo. "Se il colpevole avesse agito evitando di mirare ad una persona precisa..." iniziò con una delle proprie congetture, fermandosi subito dopo.
Non era Yamada ad occuparsi dei pasti consumati da Celestia?
Kirigiri non sapeva ancora se l'otaku centrasse qualcosa nel delitto - non disponeva di abbastanza prove per dirlo con sicurezza, solo qualche sospetto -, ma se era stato lui a preparare i piatti poi mangiati dalla gotich, allora era assai probabile che (in maniera volontaria o meno), le avesse anche servito il veleno.
- Quindi è stata una perdita di tempo..- commentò seccato Togami, l'espressione sadicamente divertiva e acida, gli era rimasto un peso sullo stomaco e non vedeva l'ora di liberarsene urlando alla sua incompetenza. Non si capacitava del motivo per cui, dopo aver insistito con Kyouko perché lo lasciasse andare a perquisire la caffetteria e dintorni, lei glielo avesse negato. E lì, sarebbe nata l'ennesima questione, se Kirigiri non avesse ignorato ogni protesta dell'ereditiere, dedicando tutta la sua attenzione al cadavere, lasciando così il biondo isterico come una ragazza mestruata.
- Peccato, ne abbiamo sprecato un bel po', rimanendo qui a girarci i pollici - volle sottolineare, la spina che aveva al fianco ancora ben impiantata nella pelle, gli bruciava quell’immobilità. Cominciava quasi a pensare che Kirigiri volesse sabotare il processo.
- Naegi è più che sufficiente ad esaminare la scena. Hai potuto constatare anche tu la sua abilità - fu la pronta risposta con cui lo azzittì, infondo, Byakuya una volta aveva davvero riconosciuto le qualità del nanetto. -... dov'è Owada? - gli chiese poi, distogliendo lo sguardo da lui, lasciandolo girovagare sospettoso e attento per l'infermeria
- Quello scimmione...- gli rivolse il solito insulto, -  ha accompagnato il capoclasse nella sua stanza (sai, per quella storia dei vestiti) -
- E tu gliel'hai lasciato fare?- fu sul punto di protestare Kirigiri, ma poi si ricordò che l'ereditiere non era stupido come credeva, doveva nascondere un motivo se aveva lasciato avvenire qualcosa di potenzialmente controproducente per loro.
- Ishimaru non è nelle condizioni di muoversi..- s’inserì Sakura, trovando che il ragazzo si era staccato la flebo, - avresti dovuto fare qualcosa per fermarli - non pareva arrabbiata, il suo sembrava più un richiamo al buonsenso.
- Quello ha una capacità di recupero migliore di quella che pensi Oogami..- replicò all'ammonimento Byakuya, evitando però di guardare la wrestler in faccia, la sua intera attenzione rivolta a Kyouko, - In più, credevo volessi sapere al più presto possibile quello che io e Ishimaru ci siamo detti - aveva quel sorriso furbo e saccente di quando era convinto di essere un passo avanti a tutti. Kiyo doveva avergli rivelato qualche informazione importante, giudicò Kirigiri, forse addirittura inerenti al Burattinaio.
Avrebbe mentito nel dire che non era interessata.
- Quindi, Ishimaru ha insistito per allontanarsi con Owada, perché tu avessi il tempo di informarmi? - ricordava ancora la condizione che il corvino le aveva imposto, ovvero, che il motociclista non dovesse venir a conoscenza delle sue rivelazioni. Ora ne avrebbe scoperto il motivo.


- Owada... Non serviva che entrassi - commentò Ishimaru guardando l'amico, ora seduto sul bordo del suo letto. Aveva cercato di congedarlo, una volta arrivati alla porta della camera, provando a convincerlo ad attenderlo lì, nel corridoio, sentendosi animato da una certa agitazione mista ad imbarazzo, era consapevole che, a causa della sua lunga assenza, la stanza non doveva apparire nel suo aspetto migliore. Difatti, come aveva potuto constatare, un leggero strato di polvere aveva già cominciato a ricoprire ogni cosa, persino uno dei suoi numerosi libro di testo, lasciato aperto sulla scrivania, aveva formato, nell'incanalatura fra le pagine, un sottile grumo grigiastro. "E' imperdonabile..." fu sul punto di mettersi a piangere Kiyotaka, lui che era l'incarnazione dell'intransigenza non poteva sorvola su una simile dimostrazione di sfacelo e pigrizia, tutt'al più davanti al kyoudai che ammirava tanto. Nonostante avesse un’ottima scusa per giustificare la sua mancanza, l'essere morto, non trovava comunque accettabile una simile situazione.
- Sei collassato nemmeno un’ora fa, chi mi dice che non succeda di nuovo? - fu l'assennata risposta con cui il motociclista ignorò le proteste dell'amico infiltrandosi, senza troppi convenevoli, nella sua stanza, dalla quale, notò, traspariva un ordine quasi maniacale, che mai un disordinato cronico come Mondo Owada avrebbe raggiunto, e tutto quell’amore che Kiyo provava per ogni forma d'istruzione scolastica. Montagne di libri erano ordinatamente impilate un po’ ovunque, a ridosso delle pareti, a formare alte librerie senza alcuna struttura di sostegno. Nel guardarle Owada si chiese cosa sarebbe successo se, in un momento di distrazione, Ishimaru avesse deciso di prendere un libro di esercizi o una dispensa dall'angolo di sostegno del basamento. "Potrebbe finire ucciso dal crollo.." ipotizzò senza alcuna voglia di scherzare, aveva da poco sviluppato un istinto iperprotettivo nei confronti del capoclasse. Avrebbe fatto ogni cosa in suo potere per impedire che morisse una seconda volta di fronte ai suoi occhi.
- E poi... potresti sparire di nuovo - aggiunse a mezza voce, una frecciatina che colpì in pieno la coscienza colpevole di Kiyotaka, forse, oltre al sollievo per averlo trovato vivo, il motociclista riservava per lui anche una certa rabbia, per aver rischiato di morire in quel modo stupito. Sacrificandosi per lui senza neppure interpellarlo.
- Kyoudai, trascorri troppo tempo con Togami, hai cominciato a parlare come lui - cercò di evitare il discorso con quel commento superficiale, avvertendo montare un leggero nervosismo, sapeva di non poter sostenere, al momento, una discussione con l'amico - non ne aveva le forze. Giudicò che, un modo intelligente per evitare lo scontro, fosse di chiudersi in bagno con la scusa di una doccia. Un vero peccato però che la porta del servizio non fosse provvista di serratura, così com’era per le ragazze, avvertiva l'esigenza di mettere una certa distanza di sicurezza tra se e il motociclista, quasi per lui si rivelasse un pericolo.
- Bro' dimmelo...- gli ordinò serio Owada e, in un primo momento, Ishimaru lo guardò confuso, non capendo a cosa si riferisse, - Dimmi che ti è successo. Come ci sei finito mezzo dissanguato sul pavimento della sala comunicazione dati? - insistette e Kiyo avvertì il sangue tramutarsi in ghiaccio nelle vene e, così come poco prima era accaduto quando aveva visto il cadavere di Celestia, ogni colore gli abbandonò il viso, lasciandolo del medesimo colore di quella divisa che si accingeva a indossare.
- Va..vado a farmi una doccia! - optò per la via di fuga che aveva appena ideato, trovandosi a balbettare dal panico, ignorando le domande dell'amico e infilandosi dietro alla porta prima che tentasse di fermarlo. Avvertì un giramento di testa a causa dello scatto repentino con cui si era mosso, e dovette appoggiarsi alla parete per non perdere l'equilibrio,
- Mi dispiace kyoudai...- mormorò sospirando stanco, quando fu sicuro che l'altro non potesse sentirlo, rivolgendosi al sottile strato di legno che li separava. E per una trentina di secondi rimase così, sulla soglia, per assicurarsi che l'amico non tentasse di entrare.

Venti minuti dopo, Owada, ancora seduto sul letto di Ishimaru ad aspettare che finisse di lavarsi, affrontava con il massimo della serietà un enorme dilemma:
"Non ci sta mettendo troppo..?" si chiedeva avvertendo l'impulso di andare a controllare, ma aveva ben capito che l'amico si era rifugiato in bagno per evitarlo, o quanto meno per sviare il discorso, e sapendolo, era restio a disturbarlo. Aveva la sensazione di trovarsi di fronte ad un cane impaurito, cui il semplice avvicinarsi potesse causargli una reazione aggressiva. "Ma se busso, non dovrebbero esserci problemi..?" decise quando il silenzio persistette, e le rotelle del suo cervello già fumavano per troppo sforzo - e pensare che era stato quel macinino malandato ad intuire il segreto di Kirigiri... Sì, la ragazza in quel momento non doveva proprio essere in se.
Sì alzò dal letto ancora un po' titubante, camminava sui gusci d'uovo, in equilibrio tra due sentimenti contrastanti come il sollievo e il sospetto, era ovvio che Ishimaru gli stesse nascondendo qualcosa, ma cosa?! Che fosse vera la supposizione di Togami e Kiyo fosse...
- Ohi, Bro! - lo chiamò battendo più volte il pugno chiuso sulla soglia del bagno.
Non ricevette risposta.
- Bro..?- chiamò ancora, sta volta a voce più alta, una sottile paura ad incrinargli la voce, - Guarda che adesso apro! - annunciò già con la mano sul pomello, ma non dovette arrivare a tanto.
La porta si spalancò all'improvviso sbattendogli dritta in faccia, lo spigolo giusto in mezzo alla fronte, il colpo tanto violento da farlo cadere con il sedere a terra.
"Ahi, ahi, ahi" guaiì tra se e se dal dolore, il giorno dopo gli sarebbe di certo venuto un livido, si disse ricordando anche la serie di graffi che l'ereditiere gli aveva lasciato sempre sul volto, a vedersi non sarebbe certo apparso un adone.
- NON C'E'!! - gridava nel mentre Ishimaru, piombando nella stanza in un evidente stato di panico, i capelli ancora un po' umidi dopo la doccia e vestito di tutto punto con la sua divisa bianca perfettamente in ordine, la fascia da capoclasse al braccio e medaglietta annessa, - Non è da nessuna parte! - continuò, sembrava preda di un attacco isterico,
- Che cosa non..?- non ebbe neppure il tempo di chiedergli Owada, leggermente intontito dalla botta, che il capoclasse se ne stava già andando. Se non avesse iniziato a barcollare probabilmente il motociclista lo avrebbe perso, visto l'impeto da cui era stato posseduto, - Bro' - lo raggiunse, - Calmati - non era però la persona più adatta a dispensare un simile consiglio,
- I... il mio elettroID - biascicò Ishimaru reggendosi nuovamente alla parete, cercando ancora di andare verso l'uscita, - era... era nella mia tasca, ma - rivolse all'amico uno sguardo molto vicino al pianto, un misto di disperazione e paura,
- Non lo avevi quando ti abbiamo trovato - rifletté il motociclista, - Non è che è andato distrutto? - suppose, ma gli occhi che Kiyo gli rivolse lo fecero pentire di aver parlato, questa volta gli trasmettevano una furia omicida velata dalle lacrime. Se non fosse stato impossibile, avrebbe giurato di vederci anche delle fiamme in quelle iridi,
- Gli elettroID sono indistruttibili! E... - gli ricordò, e le sue parole avevano il suono di un ammonimento. Owada con capì cosa lo avesse fatto arrabbiare tanto, ma fu ancora più stupito quando quella rabbia svanì di colpo, e il suo sguardo volò lontano, -... ma sì! Deve essere lì - esclamò il capoclasse più sereno, ritrovando una sorta di calma ma ancora pervaso da una certa smania. Recuperate un po' di energie, prese di scatto la porta ed uscì nel dormitorio, Mondo lo seguì confuso, osservando che non gli cedessero le gambe.
Fortunatamente, Ishimaru non ebbe bisogno del suo aiuto, incespicando ogni tanto nei propri piedi e reggendosi tal volta ai muri, riuscì a ricoprire senza troppa fatica i tre piani che lo separavano dalla sua destinazione. Owada ad un certo punto arrivò a pensare che neppure se gli si fosse parato davanti Monokuma, Kiyo si sarebbe fermato, era il tipo di persona che, quando puntava ad un obbiettivo, non si arrestava sino a quando non lo aveva raggiunto.
Ci volle un po' al motociclista per capire dove l'amico fosse diretto, ma quando lo intuì, un nodo alla gola sembrò sul punto di soffocarlo, ricordandogli quale scena gli si fosse presentata di fronte la prima volta c'era entrato, l'aula trasmissione dati!
- Ehi, ehi, ehi... Fermo un attimo! - s’impose Owada superandolo, bloccandogli la strada occupando con tutta la sua grandezza l'entrata alla classe, - Cosa vorresti fare lì dentro? - aveva un pessimo presentimento riguardo quella stanza (ma non essendo Hagakure la sua poteva essere semplicemente un'impressione).
- Cercare il mio elettroID - fu la chiara risposta del corvino, irremovibile sulla sua decisione,
- Ti ricordo che non è passato neppure un giorno da quando ti abbiamo trovato moribondo qua dentro - osservò Mondo indicando la soglia, sperando che, ricordandoglielo, potesse farlo desistere,
- Appunto per questo è il luogo più logico dove cercarlo - serrò inconsciamente i pugni il capoclasse, le braccia tenute rigide lungo i fianchi, si stava irritando.
- Non parlami TU di logica! - proruppe allora il motociclista con una reazione che colse di sorpresa il suo interlocutore, sembrava furente e, sul momento, Ishimaru credettè volesse afferrarlo per il collo. - Ti sembra logico quello che TU hai fatto? - era chiaro che si stesse sforzando per non picchiarlo. Alla fine era successo, era scoppiato, Owada stava finalmente esternando tutta quella rabbia repressa accumulata dall’esecuzione dell’amico.
- Ci sono un sacco di cose illogiche che tu hai fatto, kyoudai, ed io sto forse passando il tempo a rinfacciartele? - lo colse in contropiede Kiyotaka, il quale si cavò d'impiccio una seconda volta sfruttando una sua non ben nota abilità, l'espressione severa e di rimprovero, quasi fosse Mondo quello da biasimare. - Adesso, se potessi spostarti - lo incitò approfittando del suo momento di confusione, la rabbia del motociclista ormai sgonfiata come un palloncino bucato, riuscendo così a liberare la porta.
Infondo, se Ishimaru intendeva diventare un bravo politico, e inseguito primo ministro del Giappone, doveva sapere come sfruttare e rigirare i discorsi dei propri avversari, così che suonassero a suo favore.
"Mi.. mi ha fregato?" si rese conto un po' in ritardo Mondo, trovando una nuova vampata d'ira ad investirlo, - Ohi, Bro'! - lo seguì ancora, sta volta all'interno dell'aula di trasmissione dati, e nuovamente fu accolto dall'oscurità degli schermi neri dei vari televisori appesi alle pareti, quegli aggeggi lo incuriosivano, chissà a cosa servivano?
Ishimaru invece parve ignorarli, diretto sicuro verso una delle scrivanie che occupavano la stanza insieme a varie apparecchiature dell'aspetto complicato e alla porta con la faccia di Monokuma stampata sopra. Per un istante lo sguardo del capoclasse fu attirato da quel disegno, ma subito lo distolse, quasi ne fosse spaventato. Dopo tutta quell'energia da cui era stato attraversato, la quale l'aveva portato a superare ben tre rampe di scale nonostante non fosse nelle condizioni migliori per farlo, pareva che giunto alla meta, Kiyotaka esitasse.
- Bro' tutto okay? - lo guardò preoccupato Owada, forse l'amico aveva ricordato qualcosa di spiacevole, non per nulla c'era quasi morto in quell'aula,
- Eh..? Sì - si voltò verso di lui, che era rimasto sulla soglia, e il suo sguardo gli parve stralunato, assente, come perso altrove. - Devo solo riprendermi l'elettroID - ripeté, parlando più a se stesso che a Mondo,
- Ma perché è così importante ritrovarlo? - si ritrovò a chiedere il motociclista, il quale, avendo perso il proprio, non capiva perché il capoclasse fosse tanto affezionato al suo, ma la risposta che ricevette gli suonò al quanto inquietante, per non dire allarmante per la salute mentale del compagno.
- Perché, altrimenti, come faccio a sapere chi sono? - quelle parole furono capaci di coprire con un ulteriore velo di timore il volto già scuro di Owada, quelle non gli sembrava una frase che Ishimaru avrebbe potuto pronunciare.
- Non penso sia così facile dimenticare chi si è..- osservò, forse tentando di farlo ragionare o per assicurarsi che non lo stesse prendendo in giro, magari aveva sviluppato un pessimo senso dell'umorismo, chi poteva dirlo?
Cominciò comunque ad avvicinarlo, a piccoli passi così che non se ne accorgesse, temeva una sua strana reazione, ed era deciso a fermarlo in tempo nel caso.
- Scordare le cose è più semplice di quello che credi, kyoudai - no, non stava scherzando, ad Owada bastava uno sguardo per capirlo, qualcosa aveva cambiato l'espressione del corvino da quando era entrato nella classe. Come se fosse stato investito da un secchio di nera melassa, i suoi movimenti e reazioni apparivano alterati, - Ad esempio - continuò a parlare Kiyo, ormai arrivato alla scrivania che lo interessava.
Gli sfuggì un sorriso triste quando, aprendone il cassetto, vi trovò all'interno la chiave della propria stanza, il suo elettroID e... - io avevo dimenticato il piccolo regalino lasciatomi da Monokuma -
Il flash del suo primo risveglio all'interno di quella stanza gli attraversò lo sguardo, riportandogli alla mente l'immagine del Burattinaio che gli imprimeva il metallo gelido di quell'oggetto sulla fronte. In un primo momento non si era neppure reso conto di star per morire, si era solo chiesto, con un leggero stupore, dove quel pazzo si fosse procurato una pistola.
Quella stessa pistola che ora era lui ad impugnare e di cui sapeva esservi un solo colpo in canna. "Un proiettile, una vita” erano state le parole del manovratore di Monokuma, prima di proporgli un accordo che ben si confaceva alla sua inumana crudeltà.
- St...stai scherzando? - balbettò Mondo, lo sguardo fisso sull'arma che gli veniva puntata contro, gli occhi persi nel foro buio da cui sarebbe esploso il colpo, "Allora quella serpe aveva ragione.." prima di avvertire paura o sofferenza per il tradimento subito, fu l'irritazione, il forte bruciore di dover dare ragione a Togami la prima emozione che attraversò il motociclista. - Bro'... dimmi che scherzi - cominciò inconsciamente ad arretrare verso la porta, maledicendo se stesso per essere stato tanto appresso all'amico, ora un mezzo metro in più di distanza non avrebbe fatto alcuna differenza.
Ishimaru non poteva mancarlo. Owada non poteva fuggire.
- Il patto era che io spedissi uno di noi due all'inferno - spiegò Kiyo, rivelandogli, con una semplicità disarmante, l'accordo con cui si era comprato la propria semi-libertà,
- Vu.. vuoi uccidermi? - gli chiese il motociclista, ora lo sguardo largo dal panico e gonfio dalla rabbia e dal dolore del tradimento, gli ci volle un enorme sforzo per modulare il tono di voce, in modo da non farlo suonare isterico.
- In realtà no - e il sorriso con cui gli si rivolse, fece comprendere ad Owada che Ishimaru aveva perso anche l'ultimo briciolo della sua sanità mentale, -... ma sei stato tu poco fa a chiedermi se il mio fosse un comportamento logico - il presentimento che lo aveva colto il motociclista nel giorno del processo per la morte di Fujisaki, si rifece sentire.
"Meglio puntare alla testa?" fu invece il pensiero stranamente lucido che attraversò la mente del capoclasse, consapevole di essere in una posizione di vantaggio, voleva concedersi un momento per fermarsi e riflettere sulla situazione. Voleva evitare di provocare una morte troppo dolorosa.
- Bro' - Owada fu visibilmente scosso da un sussulto quando Ishimaru tolse la sicura all’arma e, nell’istante successivo, tutti i suoi dubbi ebbero conferma,
- Questa è l'ultima volta che ci salutiamo, kyoudai - parlò un ultima volta il capoclasse premendosi la canna della pistola contro la propria tempia.
Ancora una volta Owada non sarebbe stato in grado di fare nulla "Merd...!"

Uno scoppio assordante, e alcuni schizzi di sangue andarono a colorare il vetro buio dei teleschermi spenti.




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Bene, chi se lo aspettava? No, non dico la parte di Kiyo fuori di testa, dico la dipartita di Celestia, strano pensarla come vittima piuttosto che carnefice, eh?
Ormai lo sapete che quando sono tra le mie mani i personaggi danno di matto, quindi la reazione del capoclasse non credo vi abbia stupiti più di tanto, ovvimente non lascerò la questione in sospeso come ho fatto in questo capitolo, ma l'approfondirà così da rendere chiaro il motivo che l'ha spinto ad agire così... Chissà, forse verrà fuori cosa Junko stia architettando xP
  
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