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Autore: Tix    09/03/2015    3 recensioni
Stiles ha un segreto, un segreto troppo grande da poter portare da solo, e l'unico a cui confidarlo è Derek. Solo lui lo manterrà e non lo giudicherà, Stiles ne è certo.
Genere: Angst, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Forever And A Day.                                                                                                


Prologo.

 
A R. Ieri, oggi, domani e sempre.



 
Un urlo soffocato interruppe la tranquillità di casa Stilinski quella domenica notte. Uno Stiles visibilmente agitato e sudato respirava affannosamente guardandosi intorno, reduce da un incubo. Un potente senso di nausea lo colpì, costringendolo ad alzarsi velocemente dal letto e a recarsi in bagno, piegandosi sul water e rigettando anche l’anima. Rimase lì per fino a che i conati non si calmarono poi, lentamente e ancora spossato, si alzò e si sciacquò il viso e i polsi, sospirò e barcollando si diresse al piano inferiore per bere un bicchiere d’acqua. Quando tornò a letto guardò la sveglia e vide che segnava le 4:45 del mattino, si allungò faticosamente e la disattivò, decidendo che non sarebbe andato a scuola il giorno dopo.

Quando la mattina seguente si svegliò, erano passate da poco le 9 e il giovane aveva un leggero bruciore di stomaco. Infastidito, si coprì gli occhi per pararsi dalla luce che filtrava dalle tende dalla finestra. Con un leggero sbuffo si alzò e poggiò i piedi nudi sul pavimento; nonostante l’autunno fosse iniziato da poco e le temperature fossero quelle estive rabbrividì per il freddo. Dopo una doccia calda, che gli rilassò i muscoli, andò in cucina e provò a mandare giù qualcosa, ma senza risultato. Nonostante fosse riuscito a riprendere sonno la mattina presto provava uno strano senso di spossatezza che lo costrinse a sedersi. Si sporse verso il piano da cucina dove aveva poggiato il telefono la sera precedente prima di andare a letto e mandò velocemente un messaggio a Scott, probabilmente in pensiero per non averlo visto arrivare quella mattina senza avvertirlo. Il suo migliore amico promise di passare il pomeriggio stesso dopo scuola.
Nonostante si sentisse ancora poco bene pensò di approfittare della mattinata libera per mettere un po’ di ordine e sbrigare tutte quelle faccende con cui era rimasto indietro nel corso della settimana precedente. Pensò di pulire la camera di suo padre e fare il bucato così che i due uomini potessero avere vestiti a sufficienza fino alla domenica dopo. In un batter d’occhio arrivò l’ora di pranzo e con quella la chiamata di suo padre che lo avvertiva di un nuovo caso e che ci avrebbe lavorato durante la pausa pranzo. Sgranocchiò qualcosa per amore del suo stomaco e, distrutto dalla giornata faticosa, si buttò sul divano per riposare i muscoli, rimproverandosi per la pessima forma fisica.

Si svegliò di botto, il campanello che suonò nuovamente; si era appisolato senza neanche accorgersi ed erano già le 5 del pomeriggio. Schizzò in piedi troppo velocemente tanto che lo colse un capogiro e dovette sostenersi allo schienale del divano.

“Arrivo!” urlò dal salotto. Mise le pantofole e con passo incerto e ancora mezzo intontito si trascinò verso la porta dove riusciva a scorgere la sagoma di uno Scott che non faceva altro che spostare il peso da un piede all’altro. Aprì lentamente la porta e, davanti a lui comparve uno Scott visibilmente agitato.
 
“Hey amico! Sono attaccato al campanello da un sacco di tempo, tutto okay?” Chiese Scott velocemente mentre gli si buttava addosso. Iniziò a squadrarlo dalla testa ai piedi e con un sopracciglio alzato si soffermò sul viso.
“E quelle occhiaie? Dormito male?” chiese oltrepassando la porta e scaricando lo zaino per terra. Si stiracchiò leggermente e si voltò a guardare l’amico. Quest’ ultimo lo guardava di rimando e scuoteva la testa con un leggero sorriso sulle labbra. Scott si preoccupava sempre per lui, qualsiasi cosa succedesse eccolo lì, super ansioso.

“Sto bene, mi ero solo addormentato un momento sul divano, stanotte mi sono sentito poco bene e ho dormito male, non ti preoccupare” rispose scompigliandogli i capelli e deridendolo scherzosamente.
I due rimasero un po’ insieme, chiacchierando del più e del meno e guardando un po’ di tv finché non venne l’ora che Scott tornasse a casa per studiare; lasciò i compiti a Stiles e mettendosi a cavallo della sua moto sfrecciò via.
 
Lo sceriffo rientrò la sera sul tardi, sospirando e levandosi le scarpe sfilandole direttamente dal tallone; le ripose in un angolo dell’ingresso vicino all’appendiabiti e con ancora il giubbotto addosso si trascinò in cucina per salutare il figlio. Stiles era alle prese con un’insalata che avrebbero mangiato quella sera stessa. Come a percepire lo sguardo su di sé Stiles si voltò incontrando i suoi stessi occhi in un viso più invecchiato e segnato dalla stanchezza.

“Hey pà!” salutò il più giovane sorridendo apertamente. Si voltò nuovamente verso il piano da cucina e continuò a sciacquare la verdura sotto l’acqua corrente.

“Ciao Stiles” lo salutò il padre avvicinandosi e mettendogli una mano sulla spalla, stringendola leggermente. Rimasero per un po’ in quella posizione, entrambi bisognosi di ritrovare quel calore famigliare che si spezzava la mattina presto quando entrambi andavano via di casa. Lo sceriffo tirò via una sedia dal tavolo e ci si buttò con tutto il peso, reclinando la testa all’indietro.
“Sono distrutto stasera, oggi non mi sono allontanato un momento dalla scrivania, senza contare quel dannato telefono che squillava in continuazione.” borbottò frustrato strizzando gli occhi per il sentore di mal di testa che percepiva.
Di rimando il ragazzo corrugò la bocca preoccupato per la mole crescente del lavoro del padre e pensò se sarebbe riuscito a cavarsela con i problemi di salute che si ritrovava.
Prese gli hamburger di soia e l’insalata che aveva preparato per cena e glieli mise davanti il naso; poi riempì un bicchiere di acqua e fece sciogliete un’aspirina effervescente riconoscendo le espressioni del padre.

“Intanto mangia, poi prendi questa, dalla faccia che hai sono sicuro che senti già arrivare il mal di testa; perciò mangia e poi fila a letto” mormorò con tono autoritario.
John Stilinski si rese conto di essere il padre più fortunato del mondo e per un momento sentì di avere ancora la sua Claudia con sé.
 
*
 
Stiles Stilinski si era sempre ritenuto un ragazzo atletico. Nonostante non fosse mai riuscito ad entrare nella squadra di lacrosse della scuola non voleva necessariamente significare che era come uno di quegli ossuti ragazzini-zombie del primo anno. Certo, non aveva il fisico di Scott ma neanche il suo migliore amico era stato sempre così, gli piaceva pensare che “la cosa da lupi” avesse influito parecchio quando spuntò da un giorno all’altro col fisico di un atleta.
Per questo quando il coach ordinò a tutta la squadra (comprese le riserve) di fare almeno una decina di giri di campo, il ragazzo si stupì nel sentirsi già esausto dopo il primo giro e mezzo. Giustificandosi con un malore improvviso, superò un coach urlante e si gettò a peso morto su una delle panche degli spalti respirando profondamente; sentiva che i muscoli delle gambe bruciavano e provava uno strano dolore diffuso in tutto il corpo. Sì, era decisamente fuori forma.
Con una forza muscolare praticamente assente riuscì a mettersi nuovamente in piedi e si trascinò verso la sua auto. Arrivò alla macchina e quasi sospirò dalla gioia quando riuscì a toccare la carrozzeria della sua sbiadita jeep. Mise in moto e schizzò velocemente verso casa, posteggiò nel vialetto e fiaccamente si trascinò dentro casa. Si appoggiò alle pareti per aiutarsi a camminare e finalmente, quando fu dentro si ritenne soddisfatto. Abbandonò in un angolo lo zaino e si sedette sul grande divano che c’era in salotto; una strana sensazione, un ricordo che la mente cercava di riportare a galla improvvisamente lo folgorò. Aveva capito, ma era troppo stanco per pensarci ora, si lasciò cullare dai suoi stessi respiri che lo portarono all’oblio permettendosi, per l’ultima volta, di lasciarsi andare, ci avrebbe pensato domani.
 
Quando Stiles si svegliò notò di essere ancora sul divano. Addosso aveva una coperta che probabilmente gli era stata messa addosso dal padre. La maglietta che aveva messo il giorno prima era appiccicata al suo corpo a causa di uno strato di sudore. Cercò di non rimuginarci più di tanto, si alzò dal divano sentendosi intorpidito, con una leggere nausea e una strana sensazione alla testa, come se fosse improvvisamente pesante, ma non per questo fastidiosa. Salì le scale silenziosamente cercando di non svegliare il padre e andò in bagno per una doccia veloce, aveva una cosa da fare oggi. Si vestì velocemente, sistemò lo zaino e preparò la colazione per suo padre; era ancora mattina presto, in giro non c’era nessuno e attraverso il finestrino della sua jeep vedeva il paesaggio distorto in una imponente macchia verde scuro che sembrava quasi volerlo chiudere in una morsa.
Casa Hale era sempre stata una bellissima casa in stile vittoriano, lo aveva sempre pensato e nel recente restauro era stata riportata al suo antico splendore. Scese dall’auto sprofondando nelle foglie autunnali che ricoprivano il vialetto, sentendole scricchiolare mentre si avvicinava alle scale del portico: era sicuro che l’avesse sentito, cercò di non essere timoroso e percorse quei quattro scalini e si piazzò davanti la porta. Nervosamente si morse le labbra, si passò le mani tra i capelli e fece un sospiro tremolante, decidendosi a battere tre colpi alla porta. Neanche trenta secondi dopo comparve una zazzera nera e scompigliata, quegli occhi che quella mattina erano verde muschio e che lo scrutavano curiosi; se stesse provando fastidio o meno Stiles non lo percepì, la faccia di Derek che era come sempre composta e rigida.

“Ho bisogno di parlarti.” Asserì il più giovane fissando Derek direttamente negli occhi.
 
“Non avevo dubbi moccioso.” Ribadì il moro scostandosi dalla porta e aprendola ancora di più permettendo a Stiles di passare.
“In salotto, la strada la sai.” Borbottò veloce chiudendosi la porta alle spalle.
 
Stiles camminava lentamente, barcollava leggermente ed appena raggiunto il salotto dovette poggiarsi un momento allo stipite della grande porta scorrevole, fu solo un momento, poi riprese a camminare un po’ più velocemente per sprofondare su una delle sedie che erano intorno al tavolo che di solito usavano quando si convocava una riunione d’emergenza.
Derek lo fissò stranito, inarcando appena le sopracciglia e posizionandosi davanti a lui, rimanendo in piedi, con le gambe leggermente divaricare e le braccia conserte, come a voler comunicare anche con la postura una certa supremazia.
 
“Faccio parte del tuo branco?” Chiese Stiles schietto, dopo un istante di silenzio.

“Come scusa?” Ripeté Derek stranito strabuzzando leggermente gli occhi.
“Diamine Stiles, non sono neanche le sette del mattino e piombi in casa mia solo per placare una delle tue insicurezze da ragazzina in preda agli ormoni? Non ho tempo per le tue cavolate.” Rispose l’alpha ringhiando. Fece appena in tempo a voltarsi quando la voce di Stiles, determinata come non mai lo raggiunse.
 
“Ho bisogno che tu venga con me in un posto.” Continuò Stiles. Stava con la schiena dritta sulla sedia, la testa alta e gli occhi incollati a quelli di Derek. C’era qualcosa di diverso stavolta; gli occhi del ragazzo erano diventati duri, freddi, quasi distaccati.

“Perché non ci vai con Scott? Perché io?” domandò Derek, rimanendo di schiena ma voltando comunque la testa in direzione dell’adolescente.
 
“Lo capirai una volta arrivati. L’alpha protegge il suo branco, non importa in quale situazione si trovino gli altri; allora, faccio parte del tuo branco Derek?” chiese Stiles alzandosi e appoggiandosi allo schienale della sedia. Continuava a scrutarlo, gli occhi determinati, accesi da una strana scintilla che gli aveva fatto capire che non se ne sarebbe andato via senza una risposta affermativa.

“Dannazione.” Rispose il moro alzando gli occhi al cielo.











Oh che ansia! Questo è quello che è venuto fuori dopo che questa malsana idea si è formata nella mia testa, eccovela qui! 
È completa quindi non dovrei avere problemi ad agiornare regolarmente una volta a settimana. Un grazie speciale va alla mia migliore amica che mi supporta (e sopporta sempre!). Questo è per te tesoro. 

Grazie per la pazienza, un bacio.


Tix. 
  
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