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Autore: Rota    10/03/2015    1 recensioni
Gli è capitato di tornarci alcune volte, in quei giorni, come se la sua mente si ritrovasse non troppo per caso a ripercorrere determinati percorsi fino a trovare ciò che cerca con insistenza soltanto nel profumo dei fiori di quella serra. Lo ha infastidito, anche se non abbastanza per ammetterlo.
Anche in quel momento intravedere quel ragazzo dalla capigliatura scura chino sopra i fiori, con l'innaffiatoio tra le mani e un'espressione indefinita per colpa della distanza.
Accanto a sé, si ritrova vicino una presenza amica, che non gli crea nessun disagio e nessun disturbo. Himuro gli sorride quando viene guardato in viso, con l'espressione rassicurante di sempre.
-Tatsuya, sai chi è quello?
Fa cenno con la testa verso il cortile, e anche l'altro ragazzo si sporge per vedere a cosa si riferisce.
-Taiga, sei interessato a Kuroko- kun?
Si ritrae e non incrocia neanche le braccia al petto, abbastanza disinteressato – gioca, piuttosto con i ciuffi scuri della propria frangia troppo lunga, scoprendo di poco le lunghe ciglia dell'occhio nascosto.
-È solo un ragazzo strano, si prende cura dell'aiuola delle rose.

[Fandom!Au Revolutionary Girl Utena // Principalmente KagaKuro]
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Taiga Kagami, Teikou, Tetsuya Kuroko, Un po' tutti
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Take my Revolution'
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*Primo capitolo*

Heroically, with bravery
I'll go on with my life

 

 

 

La borsa pesante, piena di libri di scuola, gli scivola dalla spalla lungo il braccio, finché le dita della mano non ne afferrano la maniglia e non la indirizzano contro il muro, in modo che si appoggi e non scivoli a terra senza forma e senza vita. Lui, privo di ogni grave, può appoggiarsi con gli avambracci e tutto il proprio peso al davanzale della finestra, per affacciarsi a quel piccolo cortiletto interno dove la luce del giorno filtra come se fosse in un sogno.
Gli è capitato di tornarci alcune volte, in quei giorni, come se la sua mente si ritrovasse non troppo per caso a ripercorrere determinati percorsi fino a trovare ciò che cerca con insistenza soltanto nel profumo dei fiori di quella serra. Lo ha infastidito, anche se non abbastanza per ammetterlo.
Anche in quel momento intravedere quel ragazzo dalla capigliatura scura chino sopra i fiori, con l'innaffiatoio tra le mani e un'espressione indefinita per colpa della distanza.
Accanto a sé, si ritrova vicino una presenza amica, che non gli crea nessun disagio e nessun disturbo. Himuro gli sorride quando viene guardato in viso, con l'espressione rassicurante di sempre.
-Tatsuya, sai chi è quello?
Fa cenno con la testa verso il cortile, e anche l'altro ragazzo si sporge per vedere a cosa si riferisce.
-Taiga, sei interessato a Kuroko- kun?
Si ritrae e non incrocia neanche le braccia al petto, abbastanza disinteressato – gioca, piuttosto con i ciuffi scuri della propria frangia troppo lunga, scoprendo di poco le lunghe ciglia dell'occhio nascosto.
-È solo un ragazzo strano, si prende cura dell'aiuola delle rose.
Si appoggia con il sedere al davanzale della finestra, dando così la schiena all'esterno. Però gli sorride, e gli racconta altro.
Lui si trova in quella scuola da un anno più di lui, e sembra conoscere discretamente diverse cose che caratterizzano quel luogo, o quanto meno ciò con cui il corpo amante del chiacchiericcio degli studenti ama intrattenersi nelle pause dello studio.
-Rimane sempre sulle sue, non l'ho mai visto approcciarsi a qualcuno.
-Non c'è nessuno assieme a lui, a badare ai fiori?
-No, rimane sempre solo.
Taiga torna a guardare la serra di vetro, con lo sguardo un po' buio. Ancora prima che l'altro continui a parlare, nota qualcosa di diverso nella scena sempre uguale.
-Te l'ho detto che è un ragazzo strano.
Mentre un ragazzo alto, dai capelli biondi, si avvicina alla struttura della serra, Kuroko smette di annaffiare i fiori e esce dalla piccola porta, per andargli quasi incontro. Non mostra, almeno all'apparenza, alcun turbamento emotivo, né una qualche reazione diversa.
Impassibile di fronte a quello.
-E quello?
-Quel ragazzo è Kise Ryouta, del club di basket. Fa parte del concilio studentesco, alle dirette dipendenze del presidente Akashi Seijuuro.
-Akashi?
-Sì, il ragazzo con più influenza della scuola.
Lo guarda senza comprendere, e Himuro lo canzona come sa di essere il solo a potere.
-Davvero non lo sai, Taiga? Anche tu sei ben strano.
Kagami lo ignora, un po' permaloso. Piuttosto, è interessato a qualcosa di diverso, e il profumo dei fiori riesce a raggiungerlo anche a quella distanza.
-Quei due hanno una relazione di qualche tipo?
-Non credo. Kise non è il tipo da frequentare uno come Kuroko Tetsuya, anche se gli gironzola sempre attorno.
-Lo dici come se lo conoscessi parecchio.
Non c'è cattiveria in Himuro, e Kagami lo sa bene. Però, trova appena fastidioso il fatto che l'altro si prodighi, diverse volte, al pettegolezzo facile, come se non ne possa fare a meno.
Sapendo di questa disapprovazione implicita, Tatsuya gioca con lui.
-Sei per caso geloso? Non ti preoccupare, tu rimani sempre il mio fratellino.
Taiga lo guarda male, un poco rosso sulle gote, e decide che è ora di muoversi da lì.

 

Le dita di Kagami si arrotolano e si muovono attorno all'anello non spesso, giocando con la catena che lo intrappola attorno al suo collo nel tirarlo e rilasciarlo a intervalli irregolari. È un gesto che compie sovrappensiero, quando i pensieri sono troppi o troppo pochi all'interno del suo cranio e il suo corpo deve esprimere il proprio disappunto in qualche modo – anche semplice, anche immediato, anche meccanico.
Quella lezione sfianca la sua poca pazienza e lo porta, con la coscienza, ben distante da quell'aula di matematica. La sedia dura che si trova sotto la sedia non gli fa assumere una posizione comoda, e il fastidio che gli pungola l'attenzione non è per niente piacevole. Trova facilmente l'irritazione in sé, per niente felice.
Dietro di lui, sa esserci il banco di Kuroko Tetsuya. Non se n'era accorto subito, e aveva dovuto aspettare un passo falso di lui per percepire la sua presenza: uno starnuto improvviso, non trattenuto, che lo ha fatto sobbalzare come il sospiro di un fantasma.
Eppure, la sua presenza non gli è così sgradita come ha potuto sospettare, soltanto all'inizio, e più passano i giorni più si convince che in realtà quel ragazzo tanto strano non è. Forse soltanto un po' asociale e un po' distaccato, con addosso un'insolita assenza di profumo, ma niente di speciale.
Assolutamente niente di niente.
Così, anche il fatto che i suoi passi ricapitino altre volte lungo il corridoio che costeggia la serra delle rose, non è più un motivo di fastidio, e anzi una scorciatoia più che utile per non dover costeggiare tutta l'ala est della struttura scolastica.
La campanella suona e lui ha la possibilità di alzarsi da quel banco maledetto.
Himuro, di un anno più grande, è in una classe diversa, e frequenta come hobby altri club e altre attività che a lui non competono quasi per nulla.
Lascia quindi che la folla sciami attorno a sé, senza prestarci molta attenzione e senza lasciarsi troppo coinvolgere dal rumore dei passi altrui. Qualcuno lo guarda e lo chiama, ricordandogli una proposta vecchia di unirsi a qualche club sportivo, qualche cosa che possa attrarre la sua popolarità latente e il suo talento verso determinati punti e gruppi.
Guarda male e si prodiga in versi quasi animaleschi, per scansare ogni distrazione noiosa, nell'identificare quel ronzare come degno di insetti unicamente da sfondo, lontani dall'importanza degna di attenzione alcuna.
Cammina, e vede Kuroko lontano, in compagnia di uno squittente e troppo esagitato Kise Ryouta – sguardo inespressivo, posizione umile.
Cammina ancora, e trova Himuro ad attenderlo, in un angolo appartato dove può essere non visto – raccoglie il suo passo e si lascia accompagnare da un'altra parte, lontano da quel brusio insopportabile.

 

Non è una questione pubblica ciò che fa scattare la rabbia e l'indignazione dentro Kagami, ma qualcosa di assolutamente molto privato – la differenza tra la cultura che sente sua e la cultura che lo circonda risiede anche nella capacità di dare un diverso peso alle due cose, così che la personalità si palesi nella scelta specifica tra le due.
Non c'è folla che lo schernisca direttamente e con precisione, non c'è gente che usi le proprie parole come arma affilata, non c'è neanche pubblico nel momento in cui qualcosa viene montato nel suo stomaco e si trasforma in bile pura, invadendo ogni anfratto dello stomaco e rendendolo poco ragionevole.

 

C'è solo il rumore di passi affrettati e di una palla che rimbalza quando lui entra nella palestra vuota, spalancando le ante dell'ingresso con un gesto. Il branco di ragazzette che asseconda quella certa fama belloccia non è presenta, ma anche se lo fosse non cambierebbe molto o qualcosa.
C'è solo Kuroko Tetsuya sugli spalti, con in mano un libro e troppo silenzio sulle labbra, che non fa neanche presenza.
Procede con passi pesanti sul parquet, dritto verso la meta. L'altro ragazzo, infatti, dopo una schiacciata sonora e un dondolio appeso al canestro come se fosse corda senza vita, non può far altro che rivolgergli almeno un briciolo di attenzione: la palla è rimbalzata nella sua direzione, e per necessità di cose lo sguardo capita proprio lì.
Sull'espressione incattivita di Taiga.
-Tu sei Kise, giusto?
È piuttosto sprezzante quando lo chiede, carico di irritazione per un motivo che Ryouta neanche vuole comprendere. Atterra al suolo e si avvicina a lui con un sorriso posato, senza pensare a qualcosa.
Magari, è appena infastidito dalla sua presenza nel momento che lui avrebbe preferito continuare in intimità, anche se non palesa altro che una maschera di cortesia infantile.
-E tu chi saresti?
-Sono Kagami, un amico di Himuro.
-Oh. E cosa desideri? Non faccio autografi ai ragazzi, quindi se sei qui per quello mi dispiace, ma devo rifiutare.
Kagami sente i propri sentimenti rimbalzargli addosso di forza, come qualcosa che l'altro reputa inutile e talmente poco rilevante da poter essere bellamente preso in giro, e questo ingigantisce le sue emozioni negative di molto.
Concilio studentesco o meno, quel ragazzo ha fatto davvero una delle poche cose che avrebbe dovuto evitare in qualsiasi caso. Un conto era l'orgoglio, un altro era la boria, e quell'assoluto disprezzo con cui ha trattato Tatsuya nella partita occasionale che hanno avuto, davanti ai suoi occhi, lo ha mandato davvero in bestia.
Parole, sguardi, gesti. Tutto ciò solo per una sconfitta.
Quasi gli urla addosso, lasciandolo a dir poco incredulo nell'istante in cui lo ferma.
-Io ti sfido!
-Mi sfidi?
-A un one-on-one!
-Oh, e perché?
-Ti sfido e basta! Qui e ora!
C'è qualcosa che cambia, nello sguardo di lui – brilla come una luce gialla, nelle iridi scure del suo occhio, e una strana aura si palesa sotto forma di brezza fredda che tocca tutta la persona di Kagami.
-Sai con chi stai parlando?
Ma anche Kise si accorge che c'è qualcosa negli occhi di Taiga, e prima che quello continui a sputargli addosso tutta la propria ira, sghignazza e abbassa lo sguardo, vinto dalla sua determinazione.
Akashi gli ha detto di stare attento, d'altronde, che il Confine del mondo ha preannunciato l'arrivo di un nuovo sfidante e pretendente allo Sposo della Rosa. La Zone nei suoi occhi è soltanto la conferma di quello che sospetta.
Ha trovato, quindi, il motivo giusto per cui rispondere alla proposta.
-Va bene, accetto la sfida.
Recupera il pallone, togliendogli finalmente gli occhi di dosso. Un po' Kagami non capisce, e mentre l'altro si muove ancora non si esplica in nessuna reazione.
Poi la palla rimbalza nuovamente, ed è come se i suoi sensi tornassero attivi.
-Ci incontriamo al campo dietro la scuola, verso mezzanotte.
Lo guarda torvo, stringendo i pugni contro i propri fianchi.
-Ci sarò!
Kuroko alza lo sguardo da terra, e lo guarda nell'ombra.

 

Kagami resta qualche istante sorpreso di ritrovarsi di fronte, più o meno all'improvviso, un cancello di pietra inciso di motivi floreali.
Ha seguito le aiuole che portano dal retro dell'edificio scolastico a una zona isolata, oltre i giardini dove di solito la fauna studentesca si disperde nei momenti tranquilli e nelle giornate assolate, incontrando non poche siepi di confinamento tra una zona e l'altra, oltre i vari campi sportivi dei diversi club attivi. Dopo un laghetto, nascosta tra alberi alti e corposi cespugli di rose, si trova questa barriera chiara quasi di marmo, dall'apertura a maniglia – come l'entrata di un castello segreto in stile occidentale, di vecchio stampo.
Trema di freddo quando appoggia le dita sulla superficie liscia, e quindi entra senza ulteriori indugi.
Una scala dai gradoni alti si alza dopo un sentiero di acciottolato candido, in una spirale che sembra protrarsi fino al cielo e ben oltre le nuvole gonfie, colorate della notte.
Sulla cima, in un'arena aperta che rasenta le caratteristiche di un campo da basket, Kise lo attende già con una divisa strana addosso, blu dalle scritte nere, un'espressione strafottente sulle labbra.
-Ti stavo aspettando.
Si avvicina con passo svelto, per lasciarsi alle spalle ogni tipo di nebbia, fisica o mentale che sia.
Si accorge solo dopo essere entrato nel cono di luce che apre tutta la scena di un particolare che non ha notato prima e che lo fa sobbalzare sul posto, preso da una sorpresa notevole – la sua voce pure è sgradevole, e l'irritazione ulteriore.
-Cosa ci fa lui, qui?
-Fa parte del tutto, come di regola.
-Regola?
Lo guarda male, senza capire. Kise non lo aiuta con quell'espressione di commiserazione su tutto il suo viso, come se stesse trattenendo delle risate notevoli e un'ilarità troppo forte.
La presenza di Kuroko Tetsuya vestito a quel modo strano, paradossalmente, pare l'unica in grado di calmarlo appena un poco.
Ha un profumo gradevole non di essere umano, di rose appena sbocciate, con i bordi coronati di rugiada fresca.
-Stai tranquillo, Kagami- kun. Non interferirò con la sfida.
Gli passa la maglia di una divisa, bianchissima dai bordi scuri, con sopra un numero e il suo nome.
Mentre la indossa, capita che i suoi occhi arrivino in alto, verso il cielo.
Quello che gli appare, diluito nell'atmosfera come un sogno o un'illusione, è un grande castello blu, dalle torri altissime e dalle decorazioni d'oro.
Sbalordito, spalanca gli occhi.
-E quello cosa è?
-Il castello di Dios, non lo sai?
Kise ora ride apertamente di lui, rimarcando la propria naturale e superficiale attitudine alla derisione facile. Il fatto che lo faccia con leggerezza, quasi senza malizia e consapevolezza, è un'altra delle cose che più lo irritano, proprio di primo impatto.
-Sei qui per quale motivo, esattamente?
Non si spreca neanche a rispondere e si fa avanti, posizionandosi di fronte a lui, al centro del campo.
-Forza, cominciamo.

 

   
 
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