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Autore: Rov    10/03/2015    2 recensioni
"Le ombre sono creature sfuggenti, fedeli al proprio padrone che seguono per tutta la vita, dal grembo alla tomba."
Genere: Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~~Chiara cercò di concentrarsi sul percorso della superstrada che si snodava sinuosa nel buio della notte. Mentre ne calpestava il margine con gli occhi chini a terra ne osservava l'aspetto tortuoso, coprendosi il viso quando passava un'automobile e la illuminava leggermente coi fari, per la paura che si fermasse qualcuno credendola una prostituta o un'autostoppista di passaggio.
Non gli avrebbe mostrato il proprio volto, a costo di farlo annegare nel cappuccio a dispetto di quel mondo cattivo e delirante che le sarebbe scivolato accanto, ignorandola con disgusto.
Sarebbe bastato arrivare alla piccola zona boschiva che costeggiava la città e lì avrebbe cercato una strada che conosceva, con una fermata dell'autobus che l'avrebbe riportata a casa, dove si sarebbe preoccupata di mandare un messaggio ad Astrid.
Chiara riprese tra la mani il telefono ormai scarico, chiedendosi da quanto tempo stesse camminando.
I suoi piedi raspavano il silenzio mentre cercava di concentrarsi sil ritmo regolare che producevano quei passi, quasi fosse una certezza per non perdersi in quella zona di periferia in cui un vecchio mostro di cemento era stato trasformato in un pub sfavillante in mezzo alla landa punteggiata solo da qualche albero solitario e malato.
Si sentì a disagio percependo addosso il peso di quegli indumenti che non le appartenevano e istintivamente alzò lo sguardo, alla ricerca di una familiare macchia di alberi.
Chiara non aveva mai avuto un grande senso dell'orientamento ma Lev, quando le aveva accompagnate al locale, doveva essere arrivato proprio da quella direzione.
Era così vero?
Ci avevano anche messo poco, ma perchè allora la boscaglia sembrava così lontana?
Chiara guardò di nuovo in direzione della superstrada, da cui si era leggermente allontata, preferendo costeggiarla con più distacco, mentre le luci di un'auto si rincorsero velocemente sulla superficie dell'asfalto.
Era una macchina sportiva, con un bel rombo possente; tuttavia Chiara era talmente assorta nei suoi pensieri che non la udì.
Quella era la strada sbagliata, non c'era alcun dubbio: all'andata non avevano incontrato nessuna campagna spoglia che interrompesse per così a lungo il panorama di edifici industriali e brevi sprazzi di verde!
Il panico prese il sopravvento e Chiara cominciò a voltare lo sguardo alle proprie spalle, nella speranza di intravedere ancora le luci del locale.
Anche la superstrada sembrava essere stata inghiotitta dall'oscurità e di quei bagliori di civiltà lontana non c'era ormai più traccia.
Si sentì una stupida, un'ingenua.
Una bambina capricciosa che finisce dei pasticci.
Una lacrima le rigò il volto e le diede la conferma che l'unica cosa giusta sarebbe stata quella di aspettare che un'altra macchina passasse di lì restituendole un po' di luce e forse anche un po' di speranza.
Rimase immobile per un momento interminabile, in bilico sul tempo, finchè i suoi occhi non si abituarono all'oscurà e ai sibili dei vento.
Tra quei soffi insistenti, ad un tratto ve ne fu uno più forte e più stridulo degli altri che fece trasalire Chiara con i suoi sensi ciechi.
Dicono che quando non si abbia possibilità di utilizzare la vista, l'udito si affini diventando più sottile e potente.
Fu strano; Chiara ebbe l'esatta percezione di poter identificare da dove provenisse quel rumore.
Pochi istanti dopo quel sibilo ricomparve più lungo e persistente e la giovane non potè fare a meno di spostare leggermente il capo in quella direzione.
Un brivido gelido percosse il suo corpo: là, ad  un distanza che Chiara non riuscì ad identificare con precisione, era comparsa una piccola luce intermittente!

Aveva mosso i primi passi nella convinzione che quel bagliore appartenesse alla finestra di una casa, ma con il passare dell'avanzare incerto le luci erano aumentate.
Dovevano essere circa una decina, alcune si spegnevano ad intermittenza simili a delle torce, mentre altre erano fisse in un punto o disegnavano strani percorsi nell'oscurità.
Ad un tratto il ginocchio di Chiara urtò qualcosa di duro.
"Merda!" esclamò massaggiandosi la parte dolorante.
Le sue mani corsero a tentoni contro la superfice che aveva accidentalmente urtato ed osservò, con grande sorpresa, che si trattava di qualcosa di... enorme.
Un enorme blocco di cemento, più alto di lei.
Ne percose la superficie con la mano, costatando che si trattava di un muro che, dopo diversi metri, si piegava ad angolo per proseguire chissà per quale estensione.
"Un edificio?" si domandò incredula.
Impossibile che fosse già arrivata alla città ed ancora più pimpossibile che non avesse visto un edificio illuminato dai fari delle macchine.
I piccoli e luminosi fasci di luce ora erano ancora lontano, ma non avevano più affatto l'aspetto di piccole finestre...
Qualcuno stava avanzando lentamente, cercando qualcosa nel buio.
I pensieri atterriti di Chiara vennero sorpresi dal rombo di un tuono e il sibilo, quasta volta più vicino, le sferzò nuovamente le orecchie prima di essere coperto da quel suono assordante.
Si sarebbe messo a piovere e l'idea di dover incappare in chiccà quale fanatico armato di torcia sembrava un'idea ancora peggiore di quella di tornare sulla superstrada e chiedere un passaggio ad un camionista.
Edifici che compaiono e... no! No! Ne aveva abbastanza!
Chiara fece per indietreggiare, quando dalla sua bocca uscì un grido pier ciò che comparve davanti ai suoi occhi illuminato dalla luce di un lampo.

Era ritorto su se stesso contro il pavimento di cemento, accasciato a terra.
Rantolava debolmente, cercando di muovere il collo nella direzione della ragazza, forse perché aveva sentito l'avanzare del passo di qualcuno.
Era immobile in uno città di granito apparsa per un istante agli occhi di Chiara: un labirinto grigio la cui unica macchia di colore che era apparsa era la pozza di sangue in cui era riverso quel giovane, sotto una specie di matello nero.
Aveva i capelli bagnati, forse madidi di sudore e incrostati dal fango: si copriva il viso con le mani e Chiara poteva solo udirne i gemiti, in una smorfia di sgomento.
Forse un incidente, un furto, un pestaggio di qualche tipo!
Il cervello della ragazza cercava di razionalizzare mentre il buio l'aveva di nuovo relegata nell'insicurezza.
Il giovane cercava di rialzarsi, di reggersi sul fianco,  facendo appoggio sul palmo della propria mano, senza successo.
"Oddio!" esclamò Chiara.
Lo aveva imparato una volta che aveva aperto il manuale di scuola guida di sua madre: quando c'è un ferito della strada non bisogna mai spostarlo per evitare di causare dei danni peggiori di quelli che potrebbe aver già provocato l'incidente.
Ma quello era davvero un ferito della strada?
E la strada da dove diavolo era saltata fuori?
Quella realtà la strappò violentemente dai suoi pensieri e dalle sue rabbie: il giovane stava cercando di parlare, di comunicare qualcosa mentre cercava di rialzarsi.
"Aspetta, vado a chiamare qualcuno!" strillo Chira cominciando a correre in direzione della superstrada.
"No!" rantolò quello, in una specie di sibilo impercettibile.
Un nuovo lampo illumiò quel vicolo angosciante e il giovane si guardò intorno come se fosse spaventato dalla presenza di qualcosa.
"A... Aiutami.." disse poi, prima che tornasse l'oscurità.
Chiara sentì il cuore esploderle nel petto e la sua mente cominciò martellare per pensare al da farsi.
"Ho paura." sussurrò quello, senza che la giovane potesse vederlo.
La città era cresciuta troppo in fretta perchè quelle piccole luci sparpagliate potessero ancora essere visibili; per caso erano quelle a spaventare così tanto quel ragazzo ferito?
Chiara esitò.
"Non ti lascio morire quì." disse poi avvicinandosi.
"Coraggio alzati. Dove sei ferito?"
Cercò di sorreggerlo per quanto il proprio corpo potè ma, vedendo di non riuscire a sollevarlo, cercò di slacciare il pesante mantello del giovane.
Quando la stoffa barocca cadde a terra, Chiara gli dide un colpetto sulla spalla.
"Ecco fatto."
La pioggia iniziò cadere sulle loro teste ed un ultimo lampo crudele ferì di nuovo il buio.
Chiara emise un grido.
Gli occhi del giovane erano bianchi e grondanti di sangue: chiunque fosse stato fargli del male in quel modo, lo aveva reso completamente cieco.

   
 
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