A Eleanor,
perché sì.
Birthdays
*A panda
Story*
22 settembre 1995
Ino, sei molto
testarda, ma anche molto responsabile
Shikamaru e Choji sono degli imbranati totali
…quindi
per favore…
prenditi cura di loro
Le
rimbombavano in testa quelle parole mentre teneva
stretto Choji, mentre lo abbracciava e si faceva
cullare dal tono sommesso delle sue parole, che mormoravano quiete: “Non sarà
un buon compleanno, per lui”.
Già, lui. Shikamaru,
l’altra metà della sua promessa, che non si faceva vivo se non con un
biglietto, che le aveva lasciato quasi due settimane prima un regalo preparato
da tempo perché da tempo era in missione, nonostante sarebbe dovuto tornare la
settimana prima. Oramai le sue missioni erano solitarie; qualche volta
con Choji, quasi mai con lei.
Come poteva
mantenere la sua promessa, se lui fuggiva?
Strinse un’ultima
volta Choji prima di ringraziarlo e di rincasare, e
una volta rientrata di precipitarsi al piano superiore, a starsene per conto
suo. Aveva pensato di organizzargli una festa; aveva organizzato una festa che era
rimasta meravigliosa, studiata nei minimi dettagli, sulla carta. Appallottolò
il progetto e lo scagliò con rabbia nel cestino.
Dannazione! Perché
le cose dovevano essere così difficili? Perché non
c’era Asuma-sensei a dirle cosa fare, e come? Perché gli aveva fatto quella promessa, se non era in grado
di mantenerla?
Dannata tristezza, dannata morte, dannato Shikamaru.
Strinse al
petto il panda che le aveva regalato lui stesso dieci
anni prima, si lasciò andare esausta alla malinconia di cinque anni prima,
quando la madre la chiamò: “Ino, Ino, è tornato Shikamaru!”.
“È qui?” la
ragazza si precipitò al piano terra con un sorriso bagnato di lacrime, per
trovare ad accoglierla null’altro che uno sguardo comprensivo sul volto della
madre.
“No,
tesoro, è a casa sua. Ho incontrato poco fa Yoshino-san
che mi ha detto che è rientrato. Non ha voluto vedere nessuno, a dire il vero, ma
forse…”. Si guardarono per un secondo negli occhi e un secondo bastò a far
capire a Ino cosa doveva fare.
“Grazie,
mamma”. Si morse un labbro, come faceva sempre quando
trovava una cosa particolarmente difficile, poi appoggiò il panda sul divano:
non era più tempo di giochi, non era più tempo di prove. Era tempo di azione. Ino giurò a se stessa che Shikamaru non avrebbe
passato da solo il primo compleanno senza il loro maestro.
“Buongiorno
Yoshino-san, Shikamaru è in casa?”.
La donna si illuminò al vederla: “Ino, buongiorno, vuoi un the?”
“Grazie, ma
sto bene così” rispose la bionda, leggermente imbarazzata.
“Sei dimagrita ultimamente” notò con preoccupazione la donna, e Ino si
sentì in dovere di giustificarsi: “Non ho tanto tempo per me: tra le missioni e
il corso da medico…”
“Non ti trascurare” tagliò corto Yoshino “già quello
sconsiderato di mio figlio lo sta facendo” replicò con una nota di
preoccupazione accuratamente nascosta nel suo tono secco.
“Shikamaru…è
in casa?” ripeté allora timidamente la ragazza.
“Sì, è in
camera sua. Vedi di farcelo uscire, se riesci. Non mi dà più ascolto, quel
degenere! Magari tu riesci a farlo ragionare, scemo” borbottò tra sé e sé la
donna, un’insicurezza malcelata nella sua voce, arrabbiata con se stessa per la
sua impotenza.
Ino salì in
camera in silenzio, con in testa la strana immagine di
interrompere il ragazzo in un momento privato, appena uscito dalla doccia o
magari mezzo nudo…era strano, ma per quanto Shikamaru fosse svogliato e
noncurante, si presentava sempre in ordine a ogni appuntamento, non sembrava
mai, malgrado tutto, sbagliato o inadeguato.
Soprappensiero,
Ino spinse la porta della camera senza nemmeno bussare. Forse, inconsciamente,
voleva davvero sorprenderlo in un momento imbarazzante, scoprire che in un
qualche modo era umano anche lui, realizzare che non
era l’unica a soffrire come un cane, che non era l’unica che aveva persino
pensato di non festeggiare il suo compleanno, quell’anno,
perché a quanto le pareva non c’era proprio niente da festeggiare quando tutto
intorno, e dentro di lei c’era sempre, ancora, solo dolore. Martellante,
insistente, invadente. Quando si rese conto che
effettivamente era entrata in camera di Shikamaru, quasi senza rendersene
conto, si accorse anche che lui non c’era. Dopotutto aveva subito pensato che
Shikamaru detestava i posti chiusi e senza verde *, e
non fu una sorpresa non trovarlo in camera sua. Al contrario della maggioranza
degli adolescenti, la camera non era il santuario di Shikamaru, non era il suo
rifugio né il suo scrigno dei segreti. Era semplicemente, pragmaticamente, il
posto dove dormire, agghindato da qualche ricordo. La foto del team 10,
che Asuma (dannazione, ancora gli occhi le si annebbiavano anche solo a pensarlo, quel nome) aveva
insistito per scattare, qualche oggetto sparso qual e là e, sul letto, un
panda. Ino fu subito attirata da quel particolare, tanto che senza chiedere il
permesso (a chi, poi?) lo prese in mano, rigirandolo tra le dita, notandone le
cicatrici sulle zampe, gemelle rispetto a quelle che conosceva tanto bene, sul suo peluche preferito. Sorrise.
Erano due pensò. Erano due i panda. Lo strinse a sé
senza ragione, e fu come un profumo d’infanzia che ritorna
dopo anni di silenzio, come la nebbia che si dissolve e lascia intravedere il
panorama che nemmeno ti ricordavi più. E d’improvviso,
tra la nebbia delle lacrime trattenute, la luminosità di un sorriso incipiente:
si erano lasciati perdere, avevano permesso che il tempo e il dolore li dividesse,
ma portavano ancora, tutti, il segno del loro team, pensò, portandosi una mano
all’orecchio e avvertendo sotto le dita la forma semplice dell’orecchino.
Indelebile, come una cicatrice. Come il ricordo di un dolore.
Si rigirò
l’orecchino tra le mani: neppure per vanità li aveva mai cambiati, da quando il maestro li aveva regalati: non aveva mai voluto
separarsi dai gioielli più essenziali e preziosi che possedesse. I suoi due gioielli, il suo orsacchiotto personale e il suo panda,
l’altra metà del suo mondo. Pianse a quel punto Ino, pianse
mentre rideva: Asuma aveva lasciato un bambino
tra di loro, e aveva lasciato loro
tre, il team dieci. Le venne improvvisamente da ridere. Con istantanea energia
saltò fuori dalla finestra, grintosa e decisa sul da
farsi, nonostante ancora non avesse in mente cosa fare. Ma sicuramente, qualunque cosa
fosse stata, cominciava col trovare Shikamaru.
Col cuore
in gola (perché, poi?) corse alla collinetta dove sapeva, non conoscendone
neppure lei stessa il motivo, che lui sarebbe stato, mentre un’energia strana
le saliva in corpo, una forza alla quale non riusciva – non voleva - dare un nome.
Quando
arrivò di fianco al nocciolo, lo vide. D’improvviso il cuore le mancò un battito mentre il respiro le si agitava concitato, provato
dalla lunga corsa. Shikamaru se ne stava steso sul prato, le lacrime silenziose
che gli rigavano il volto luccicanti ai raggi timidi
del sole di quel pomeriggio di settembre. Attese qualche attimo per
riguadagnare il ritmo regolare del proprio respiro, nascosta dietro il
nocciolo, poi si avviò leggiadra verso il punto in cui l’amico riposava e
piangeva. Lo raggiunse placida, stendendosi silenziosa al suo fianco.
“Non vorrai
obbligarmi a parlare, vero?” mormorò Shikamaru appena si sentì più sicuro della
sua voce.
“No”
rispose Ino in un sussurro.
“Bene”
assentì lui, la voce leggermente rotta sulla seconda sillaba, la convinzione
che gli veniva meno.
Ino
sospirò, profondamente. Una, due, tre volte. Si morse
un labbro. Tremò impercettibilmente. Strinse gli occhi. Si decise.
Si avventò
sopra Shikamaru, a gattoni, i suoi capelli che gli solleticavano
il viso alla luce aranciata del tramonto. Shikamaru smise di respirare fissando
i suoi occhi in quelli di lei. Ino aveva le mani appena sopra le sue spalle, a ogni lato del suo capo. Il suo viso era terrorizzato, e le
guance rosse, emozionate. “Solo per oggi” mormorò adagiandosi su di lui e
abbracciandolo, abbandonandosi contro il suo corpo “domani avrò già dimenticato
tutto, Shika”.
Shikamaru
riprese a respirare del respiro di lei, tanto vicino
al suo, la abbracciò nella frescura dell’autunno incipiente circondandola
saldamente con entrambe le braccia, stringendola alla vita e portandola sotto
di sé, così da guardarla negli occhi, sotto di lui. Così da
averla sotto controllo, perché non scappasse. Così da non farle sentire
la sua eccitazione, prepotente. Si alzò a gattoni così che lei non lo sentisse
ardere sulla sua pelle, tentò di separarsene quando
ancora era lucido, quando ancora poteva scegliere. Fu allora che Ino non gli
diede scelta, quando con tutte le energie che aveva in corpo gli fece scorrere
entrambe le mani sul viso e alzandosi prepotente verso di lui lo baciò.
Shikamaru rimase interdetto ma non ci mise molto a
rispondere, ad attaccarsi a lei con tutto se stesso, ad avventarsi su di lei
come se la sua vita dipendesse da quel bacio. Si baciarono finché Ino non
invertì nuovamente le loro posizioni, e piantandogli una scia di baci lungo il
collo evitava di guardarlo negli occhi. Shikamaru ricambiò le sue attenzioni, la
accarezzò smanioso eppure terrorizzato di varcare un territorio non suo; lo
sapeva bene. Quando oramai era chiaro quanto la desiderasse, volle tornare
sopra di lei, ribaltando ancora una volta i posti: i seni morbidi di Ino premuti sulla sua pelle, il respiro caldo a
carezzargli il collo, i gemiti disperati a lambirgli le orecchie. Ad occhi
chiusi, non faceva altro che sentire, e rispondere al suo desiderio e a quello
di lei, non faceva altro che baciarla disperato, e voglioso, ed eccitato. Non
avrebbe voluto smettere, mai. Non avrebbe voluto guardarla negli occhi, più.
Avrebbe voluto solo sentirla, vicina a lui come mai in quel momento perfetto
che ballava in punta di piedi sulla loro amicizia, incurante di ciò che era
stato, e di ciò che sarebbe stato dopo. Ino rispondeva con sospiri soddisfatti
e in cerca di soddisfazione, rispondeva accogliendo il corpo
di lui contro il proprio, volendo sentirsi il suo peso addosso, la sua
presenza certa, il suo respiro concitato per lei. Lei, che sola, era riuscita a
fargli provare di nuovo qualcosa. Si lasciò baciare fino a
ubriacarsi di tutte quelle tenerezze che non si erano mai riservati, si lasciò
baciare fino a quando non volle tornare a comandare invertendo ancora una volta
il moto dei loro corpi, mentre Shikamaru rispondeva al gioco cambiandole
ancora, e ancora e ancora, fino alla base della collina. Rotolarono come
bambini sull’erba, con la foga dei loro quindici anni e il desiderio acerbo
dell’adolescenza, senza spendersi, senza fermarsi in quelle attenzioni che non
si erano mai riservati.
Nel fondo
della vallata, Ino riconquistò il dominio, sorridendo. Si issò
sopra di lui per scrutarlo, ogni traccia di lacrima ormai scomparsa, solo un
leggero rossore a imporporarne le guance abbronzate. Si stese su di lui come un
gatto che si stiracchia, facendo congiungere le mani
con le sue, esattamente come dovevano essere state quelle dei due panda prima
della separazione, prima della cicatrice e del dolore. Stettero per un po’
così, abbracciati e in silenzio, a sentire il calore dei loro corpi, a seguire
il ritmo dei loro respiri. Stettero così finché a Ino
non scappò una lacrima mentre si nascondeva nel collo di lui: forse pentita di
quello che era stato, forse addolorata per quello che non poteva essere.
“Lo so c’è Temari” sussurrò trattenendo le lacrime, che, chissà
perché, avevano deciso di scendere in quel momento.
“Lo so che
c’è Sai” rispose Shikamaru piano, accarezzandole la schiena e avvolgendo nella
sua mano i capelli di lei, che respirava da minuti.
Ino tirò su
col naso, forse disperata, forse speranzosa: Ci sei tu qui, adesso. E non sei il primo che
capita. Avrebbe voluto dirgli. Ma non lo fece: forse
per paura, forse per dolore. Strinse le mani di Shikamaru nelle sue, sentì il
calore che emanava e lo baciò un’ultima volta sulla guancia.
“Buon
compleanno, Shika” mormorò alzandosi.
“Non…”
riuscì a rispondere lui, e fu abbastanza per farla
arrestare. Ino si voltò, le guance rigate e salate delle sue stesse lacrime.
“Non…”
ripeté Shikamaru senza trovare il coraggio di finire la frase. “Non mi hai
fatto un regalo” terminò, come uno stupido.
“Nemmeno
tu” sorrise lei “Ma ti ho lasciato il mio primo bacio. E
anche il secondo” sussurrò.
“Non c’è Temari, oggi. È il mio compleanno e lei non c’è” disse lui, più a se stesso che a lei.
“Stringi il
tuo panda, questa notte” tentò lei con aria giocosa.
“Ne manca
la metà” constatò lui.
Ino
improvvisamente si rabbuiò: “Non posso, Shikamaru”. Perché non capisci che vorrei con tutta me stessa quello che non posso avere?
Che ti vorrei, da morire, senza sapere il perché?
“Ma vorresti?” Dimmi
che mi vuoi come ti voglio io. Come ti ho sempre voluta.
“Non
importa” Non chiedermelo.
“Importa
eccome” Dimmelo ora, e rinuncio al resto
“Non è il
momento giusto” Abbiamo quindici anni. Si
può decidere della propria vita a quindici anni? Si può avere paura di vivere a quindici anni?
“Lo è
appena stato” Il momento più giusto della
mia vita, con te addosso
“Non è la
motivazione giusta”. Non chiedermelo ora,
ho paura di rispondere…
A questo
non seppe replicare. Da un po’ di tempo Shikamaru Nara si chiedeva cosa fosse,
la giustizia. Si voltò a scrutare il cielo.
“Regalami
oggi” sussurrò “Domani non mi dovrai più nulla. Ti
piacciono le stelle, no?”.
Ino si
sedette accanto a lui, che la accoglieva tra le sue braccia e stringeva le sue
mani nelle sue, proprio come quelle dei due panda, il suo capo appoggiato sulla
spalla di lei, a guardare le stelle, a consegnare loro
un desiderio nascosto nel silenzio della notte.
“Come sai
che ho un panda?” la voce di Shikamaru ruppe incerta il mutuo desiderio.
“Certe cose
si sanno e basta” rispose Ino sommessamente.
Già, certe cose si sanno e basta. Anche se si hanno solo quindici anni, anche se si evita di
dargli un nome.
Ok, non so come mi sia venuta fuori questa cosa mezza angstosa, ma
tant’è. Mi spiace!
Non ho saputo resistere al menzionare il fatto che Ino sappia
bene di cosa Shikamaru abbia bisogno:
detestava i posti chiusi e senza verde *: vi verranno mica in mente un
laboratorio e un villaggio fatto di sabbia? XP
Scusate, ora torno seria, promesso!
Dunque, mi piace pensare che Ino l’abbia capito, ma abbia
semplicemente una paura folle di ammettere tutto quello che prova; di pensarci
anche, solo.
Basta,
mi dileguo, ma non senza ringraziare chi ha recensito!
celiane4ever: Sorry, ma come vedi
cerco di portare avanti le cose in parallelo! Poi farò la brava e aggiornerò anceh BCH, tranquilla!XD
elysa_chan: Ciao e grazie! Come
vedi Ino e Shika stanno crescendo…e con loro i
problemi! A presto!
eleanor89: Premetto che quando vedo il tuo nome mi sbrilluccicano gli occhi perché so che si tratta di una
recensione accurata e meravigliosa…Sono contenta che la seconda ti sia piaciuta
tanto, e spero di non aver angstato male questa! Già, la rottura tra Ino e sakura fa un
gran male anche a me, soprattutto perché la vedo come una cosa decisamente insensata, che avrà fatto soffrire da morire la
nostra biondina preferita, povera. Shika è…Shika, e lo adoro, come solo una MB può capire. E poi grazie per i complimenti sulla caratterizzazione, mi
fanno sempre un gran piacere! Qui i due bisticciano un po’ meno, forse sono un po’ meno loro stessi perché sono come mai vorrebbero
farsi vedere dall’altro, specialmente a quindici anni: deboli e tristi. Ecco,
qui i genitori li ho lasciati più fuori, ma in realtà è semplicemente che anche
Ino e Shika stanno
crescendo…Grazie ancora!
AtegeV: Devo dire che dopo le recensioni tua
e della tua socia, posso morire felice. XD Grazie, grazie, grazie, o pandosa Akami: se fai i
complimenti tu sulla pandosità
ti credo senza indugi! Essì, tutti sanno, soprattutto
noi MB. Grazie ancora, un abbraccio da panda!
Ryanforever: Anche Neji non è male…ma non dire Neji che poi lo
inserisco nella prossima shot! Eh, non lo so mica chi preferisce Ino tra
il panda e il panda2, alias Shika..anzi, lo so! XP
Preparatevi per i 20 anni!