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Autore: Vavi_14    11/03/2015    3 recensioni
A pochi mesi dalla morte dei loro genitori, Itachi e Sasuke si ritrovano improvvisamente soli, obbligati a coniugare gli studi con la gestione di un'Azienda prestigiosa che il maggiore ha ereditato in quanto primogenito della famiglia Uchiha. In questa situazione già ostile accadrà un fatto imprevisto che sconvolgerà per sempre le vite dei due fratelli. Starà a loro decidere se arrendersi alla crudeltà del fato, oppure continuare a lottare assieme per riemergere dal baratro che minaccia di inghiottirli per sempre.
***
Ho deciso di provare a pubblicare una long alla quale sono molto affezionata, perciò spero tanto di riuscire a far appassionare anche voi.
La storia contiene più di un nuovo personaggio e l'OOC è solo per sicurezza, io ho fatto del mio meglio! :)
[Prologo modificato]
Buona lettura!
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Itachi, Nuovo Personaggio, Sasuke Uchiha, Shisui Uchiha, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Capitolo 19
La storia di Aoko








Passarono tre giorni dalla visita dei due ragazzi al locale. La Polizia continuava ad indagare cercando indizi all'interno dell'Azienda, mentre un gruppo di operai specializzati aveva già iniziato a lavorare per rendere di nuovo agibili i piani inferiori. Ci sarebbe voluto del tempo, ma Itachi era sicuro che l'Azienda si sarebbe ripresa, tornando come nuova. Il problema principale però rimaneva aperto e nessuno riusciva a spiegarsi il motivo di quella telefonata. I poliziotti avevano già iniziato a tenere la linea telefonica di Villa Uchiha sotto controllo, attendendo il fatidico giorno in cui l'uomo si sarebbe fatto risentire e sperando che non decidesse nel frattempo di combinare qualche altro guaio.
Itachi aveva ripreso a frequentare le lezioni, mentre Sasuke non faceva altro che metterlo in guardia su quanto la situazione non fosse da prendere sotto gamba. In realtà anche il maggiore pensava che nessuno dei due fosse veramente al sicuro, perciò decise di limitare le uscite al minimo indispensabile. Finché un sabato mattina, intorno alle dieci, qualcuno si attaccò al campanello in modo talmente insistente che anche i vicini di casa si affacciarono per vedere cosa stesse succedendo. Itachi si recò ad aprire in fretta e furia e scaraventò suo cugino dentro casa.
“Shisui, ma che diavolo ti prende?”
Sasuke adocchiò i due ragazzi dalla cucina, mentre finiva di togliere dal tavolo gli avanzi della colazione. “Sembra che tu non dorma da una settimana” commentò non appena il cugino gli apparve davanti.
Shisui si gettò sul divano occupando tre piazze e poggiò entrambi i piedi sul bracciolo senza neanche degnarsi di togliere le scarpe.
Itachi fece cenno a suo fratello di lasciarli soli per un attimo, al ché Sasuke afferrò le sue stampelle e volò al piano superiore alla velocità della luce. Per poter ascoltare dalla serratura di camera sua, ovviamente.
“Shisui...posso immaginare come ti senti...”
“No Itachi, credimi. Stavolta no”
Erano davvero poche le volte in cui Itachi aveva visto suo cugino buttarsi giù in quel modo. Sebbene Aoko non costituisse la principale questione in quel momento, di certo non avrebbe permesso che Shisui si riducesse ad una canna di bambù con due paia di occhiaie lunghe fino al pavimento.
“Va bene, allora preparati. Andremo da lei.”
A quelle parole Shisui alzò la testa. “Andare da lei? Sei matto?”
“So dove abita – continuò Itachi, afferrando il suo cappotto – e so che vuoi parlarle, Shisui. Sarà meglio farlo adesso, oppure potrai pentirtene”
Il cugino sbuffò e lasciò ricadere il capo sul cuscino. “Non vorrà neanche vederci.”
Itachi lo afferrò per un braccio e lo costrinse ad alzarsi. “Dobbiamo provare. Muoviti”
E in men che non si dica lo aveva già trascinato fuori di casa, sulla via che portava alla metro di Tokyo.

 

Rimasero immobili sulla soglia della porta ad aspettare che qualcuno si degnasse di andare ad aprire. Shisui si massaggiò le tempie e fece dietrofront.
“No Itachi, mi dispiace. Non ce la faccio”
Il cugino lo bloccò per una spalla e proprio in quell'esatto momento sentirono lo scricchiolio della sicura sbloccarsi. La porta si aprì tanto quanto bastava per mostrare un naso piccolino e due occhi stanchi coperti da una sottile frangia nera. Il cuore di Shisui perse un battito.

“Che cosa volete?”

La sua voce era talmente flebile che quasi venne coperta dal rumore delle macchine dietro di loro.
“Vorremo parlarti, Aoko.” iniziò Itachi, notando che suo cugino non era momentaneamente in grado di intendere e di volere.
La ragazza abbassò lo sguardo e fece per richiudere la porta. “Non ho niente da dirvi”
Ma Itachi fu più veloce e riuscì ad aggrapparsi alla maniglia. “Aspetta Aoko, ti prego. Vogliamo solo aiutarti.”
“Nessuno può aiutarmi” sussurrò lei, tirando la porta verso di sé. “Andate via. Per favore” il suo tono si fece quasi una supplica e una lacrima le solcò la guancia destra.
A quel punto anche Shisui si era avvicinato alla porta ed il suo sguardo faceva trapelare che l'avrebbe sfondata pur di entrare e saperne di più.
“Ti chiedo solo cinque minuti.”
L'espressione preoccupata di Itachi finì per convincere la ragazza, che alla fine si decise a togliere la catena per lasciarli entrare. L'appartamento era un esiguo monolocale, poco illuminato ma sorprendentemente ordinato e pulito. I numerosi incensi sparsi per la casa erano un tentativo malriuscito di coprire l'odore della muffa, che aveva colonizzato quasi tutte le mura.
Aoko li invitò a sedersi sui tatami del soggiorno, accanto ad un basso tavolino rettangolare.
“Posso offrirvi qualcosa?” chiese timidamente, tenendo entrambe le mani giunte in grembo.
Itachi scosse la testa e lanciò una gomitata a suo cugino affinché si sforzasse almeno di rispondere alle domande. Shisui fece cenno di no e cercò di ringraziarla con un sorriso.
Lei si avvicinò a passi lenti e si sedette proprio di fronte a loro. Teneva sempre lo sguardo basso e continuava a tormentarsi una ciocca di capelli neri, stavolta tenuti lisci al naturale.
Il suo viso era pulito, non un filo di trucco a disegnarne i lineamenti, nessuno strato di rossetto a coprirne le labbra, solo la vera, autentica Aoko.
“Ti va di parlarne?” cominciò Itachi, cercando di metterla a proprio agio.
Lei respirò profondamente ed afferrò una sigaretta da un pacchetto che teneva a portata di mano. L'accese velocemente e già la sua attenzione si spostò dai capelli al filtro che teneva stretto in bocca.
“Vi dispiace se fumo?” chiese, quando ormai aveva già tirato due o tre boccate.
Itachi e Shisui scossero la testa, in silenzio.
“Sono andata a vivere da sola qualche anno fa – cominciò, questa volta guardandoli negli occhi – ed il motivo principale è che non sopportavo più di stare assieme ai miei genitori. Se fosse stato per loro a quest'ora sarei nell'ufficio di un avvocato a portargli il caffè e ad ingraziarmelo per farmi lasciare il posto di lavoro”
Itachi lanciò un'occhiata a suo cugino. Per un attimo dovette accertarsi che stesse ancora respirando.
“Volevano che facessi l'avvocato. O quello o niente, mi dissero. Ebbene, io scelsi niente. Il giorno dopo mi ritrovai le valigie fatte fuori dalla porta e settantamila yen in mano. Gli sbattei i soldi in faccia e me ne andai.”
Prese una lunga boccata chiudendo gli occhi per inspirare a fondo ogni più piccola particella di nicotina.
“Pensavo di potercela fare da sola, di poter realizzare il mio sogno contando solo sulle mie capacità. Volevo essere un medico e il resto non mi importava”
Entrambi continuarono a seguirla senza interrompere il contatto visivo.
“Ora, ditemi, credete davvero che una ragazza di Kyoto, sola e senza soldi, potesse costruirsi una vita a Tokyo e studiare all'Università? Beh, io lo credevo. Ho dormito per strada una settimana intera, fino a quando una vecchietta del quartiere mi ha presa con sé. Per pietà, più che altro.”
Lo sguardo di Shisui era concentrato e non si distrasse nemmeno una volta a guardare la sigaretta. Erano le espressioni del suo volto ad interessargli, questa volta.
“Ma non potevo restare da lei, dovevo assolutamente trovarmi un lavoro. Ho provato di tutto, credetemi. Ma i soldi erano pochi e bastavano solo per farmi vivere una vita dignitosa nella bettola di quella signora. Non volevo appoggiarmi a nessuno, volevo rifarmi una vita, volevo studiare.”
Itachi annuì, esortandola a continuare.
“E così un giorno ho trovato quel locale. Ho parlato con il responsabile, abbiamo organizzato un colloquio e alla fine mi ha preso. Con quel lavoro posso pagarmi l'affitto di questo buco di casa, la spesa per un mese intero e le rate dell'Università. A volte mi permetto anche qualche straordinario fino alla mattina.”
Interruppe il suo racconto per osservare i due ragazzi.
“So a cosa state pensando. Che il mio lavoro equivale a quello di una puttana.”
“Aoko, non abbiamo mai detto che...”
“Avete ragione, Itachi. Loro possono guardarmi. Possono toccarmi, strusciarsi e anche spogliarmi se vogliono. Ma non sono una puttana. Non lascerò mai che un sudicio maiale mi tolga ciò che ho di più prezioso.”
Shisui parve ingoiare quelle parole con fatica, senza riuscire a nascondere l'incredibile confusione che aveva in testa.
“Devo farlo, Itachi. E' l'unico lavoro che mi permette di guadagnare così tanto pur frequentando l'Università e di conservare quel poco di dignità che mi rimane. Potete pensare quel che volete di me, non importa. Io continuerò a fare come ho sempre fatto. Un giorno diventerò medico e manderò tutto a 'fanculo.”
Gettò la sigaretta nel posacenere e tornò a chiudersi in se stessa.
“Tutto questo non è necessario, Aoko. Ti ho detto che voglio aiutarti e lo farò. Lo sai  che da diversi mesi ho ereditato l'Azienda da mio padre e che la gestisco assieme a mio cugino. Perché non me l'hai detto subito? Avrei potuto assumerti all'istante.”
“Perché? - domandò lei, questa volta adirata – solo perché sono amica tua? Non voglio regali, Itachi. So cavarmela da sola. L'ho sempre fatto prima di conoscerti e continuerò a farlo anche adesso”
Aoko era una ragazza orgogliosa e questo non lo si poteva negare. Ma Itachi aveva giurato a se stesso che sarebbe uscito da quella casa ottenendo qualcosa di concreto.

“Ti prego, Aoko”

Stavolta era stato Shisui a parlare, per la prima volta da quando erano entrati. La ragazza lo guardò tristemente.
“Vieni a stare con noi. Adesso l'Azienda sta passando un brutto momento, ma quando ci rialzeremo  potrai entrare a far parte dello staff e ti garantisco che trattiamo bene i nostri dipendenti.”
Aoko sorrise, stupita da tutto quel parlare all'improvviso. Era un sorriso dolce.
“Non ti mancherà niente, vedrai. Abbiamo delle palazzine accanto all'Azienda che mettiamo a disposizione per agevolare alcuni dipendenti che vengono da lontano. Potrai prendere un appartamento e stare lì.”
A quel punto le guance della ragazza erano interamente bagnate dalle lacrime e, con entrambe le mani sul volto, cercava invano di domare i singhiozzi. Shisui ammutolì, non avendo la più pallida idea di cosa fare. Itachi si sporse verso di lei e le afferrò una mano con delicatezza, cercando di scoprirle il volto.
“Puoi fidarti di noi, Aoko. Dacci solo un po' di tempo e ti tireremo fuori da quella merda.”
Il tono di Itachi era duro e non ammetteva spazio a repliche. Continuò a stringere la mano della ragazza con presa sicura e le parve che quel gesto la aiutasse a calmarsi. Credeva fermamente in ciò che aveva detto e avrebbe dato tutto se stesso pur di riuscirci. Anche Shisui annuì con decisione ed entrambi riuscirono a scorgere un debole sorriso sulle sue labbra.
“Grazie ragazzi. Grazie di cuore.”


Passò un'altra settimana senza che il telefono di casa Uchiha squillasse per ricevere strane telefonate. Shisui aveva ricominciato ad andare in Azienda tutte le mattine e si era messo in testa di aiutare gli operai a rimetterla a nuovo. Tutto sembrava procedere senza particolari intoppi fino a quando, un martedì pomeriggio, il postino suonò al campanello di Itachi dicendo che aveva un pacco da consegnare. Il maggiore, istintivamente, si girò a guardare suo fratello, ed ebbe la certezza che anche lui avrebbe volentieri chiuso la porta in faccia al povero uomo senza vedere cosa c'era dentro quella dannata scatola. Invece afferrò la penna, firmò il foglio e, facendosi coraggio, portò il pacco dentro casa. Sasuke si affrettò a raggiungerlo in cucina per vedere di cosa si trattasse. Il maggiore lo aprì lentamente, quasi come fosse una bomba sul punto di esplodere. La scatola di cartone recava su un lato la scritta “FRAGILE”, ma al suo interno c'era solo una gran quantità di polistirolo e nient'altro. Frugò con circospezione in tutti gli angoli, finché riuscì a trovare un foglietto di carta sul quale primeggiava una scritta in corsivo, realizzata al computer.
Sasuke si avvicinò a suo fratello ed entrambi lessero il contenuto del biglietto.




 


So che hai coinvolto la Polizia e questa cosa non mi piace per niente.
Ti avverto Itachi: lascia gli sbirri fuori da questa storia o sarà peggio per te.
Ti do un'ultima possibilità: vieni venerdì 13 al Casale abbandonato di Toshikawa road alle 13 in punto, lì concluderemo le trattative per la tua Azienda e la questione verrà risolta senza che nessuno si faccia male.
Firmato, il tuo futuro socio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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