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Autore: _ImADreamer_    13/03/2015    2 recensioni
"Per lei quello non era semplicemente fare sesso con uno sconosciuto. Era fare l’amore con la persona che, sapeva, l’avrebbe ferita più di ogni altra mondo e che, nonostante tutto, non se ne sarebbe mai resa conto".
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Incompiuta
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Stay





Noemi era seduta sul davanzale della finestra, lo sguardo assorto e fisso sui passanti che, di tanto in tanto, popolavano la piccola stradina del centro città che si trovava sotto casa, la sigaretta accesa stretta in una mano, tra due dita. Aveva la testa poggiata al muro, una gamba flessa, sulla quale era poggiato il braccio e i capelli, ricci e disordinati, che le scendevano da un lato, quasi a voler solleticare il viso ed il naso, ribelli.

In realtà, nonostante fossero corti –anzi, molto corti- non sarebbe mai potuta passare per un maschio. I suoi occhi erano luminosi, color ambra scuro, incorniciati da ciglia che, minuziosamente, spennellava ogni mattina prima di andare a lezione. E poi, una sottile linea di eye liner completava quel maquillage semplice, sempre accompagnato da quello sguardo soddisfatto che la ricambiava dallo specchio.

I suoi occhi si affacciavano su un bel viso ovale, messo in evidenza proprio dal taglio corto, simmetricamente perfetto, poggiato su un bel collo lungo ed elegante.

Non poteva vantare di un’altezza da modella ma per lei andava bene così; in fondo, quello che contava era sentirsi bene con sé stessi e non apparire agli altri.

Già. Sentirsi bene con sé stessi.

Si ritrovò a pensare che, proprio una mattina di qualche settimana prima, era riuscita ad uscire di casa sorridente. Anzi, a dire la verità erano molte mattine che le succedeva. A volte si ritrovava a sorridere come una sciocca, tanto da notare gli sguardi dei passanti che, per strada, la fissavano come se fosse matta.

Eppure, lei era solamente gioiosa, felice perché, nonostante la situazione fosse complicata più di un problema di matematica, lei poteva dire di avere una persona fantastica al suo fianco.

Marco era il suo migliore amico di sempre e dire che gli volesse un gran bene, forse, era troppo poco. Erano state tante le situazioni in cui lei c’era stata per lui e viceversa e ormai aveva perso il conto delle volte in cui, con lui, le intense risate l’avevano quasi portata a spaccarsi in due.

Con lui ogni giorno era sereno; poteva anche trattarsi di una schifosa giornata di pioggia ma per lei, se c’era lui, era come se il sole in persona fosse lì.

Per questo riassumere il sentimento che provava per lui in “un gran bene” era da considerarsi molto molto riduttivo.

E, anche quella mattina, dopo il primo sms della giornata che aveva ricevuto proprio da lui, il suo sorriso si era acceso per l’ennesima volta sul suo viso.

Una delle cose più belle che potessero capitare nella vita era proprio essere certi che, al mondo, esisteva una persona che ogni notte prima di andare a dormire e ogni mattina appena svegli ci pensasse, qualunque cosa accadesse.

Eppure, basta un attimo per far crollare quel castello di sabbia che, in piedi sulla sabbia, rende felice il suo costruttore; un’onda e la sabbia, troppo debole contro la potenza del mare, cede a quella forza senza opporre resistenza.

Il suono del telefono la fece sobbalzare a tal punto che la sigaretta, ormai ridotta al mozzicone le scivolò dalle dita; si affrettò a raccoglierla e, dopo averla spenta velocemente, afferrò l’iphone, notando l’icona lampeggiante di un messaggio arrivatole su WhatsApp.

-Aprimi-

Il testo era semplice, dal contenuto conciso e diretto.

Si ritrovò a sospirare ma, questa volta, il sospiro che le uscì non somigliava nemmeno lontanamente a quelli che rilasciava le prime volte che si era ritrovata faccia a faccia con quel circolo vizioso.

Già. Perché, oltre ad essere il suo migliore amico, Marco era anche ciò che un giorno l’avrebbe condannata all’Inferno.

Un circolo vizioso. Senza giri di parole.

E, lei, si sentiva stupida. Stupida perché, ogni volta che il suo sguardo si scontrava con quelle pozze blu mare, profonde più dell’oceano, non riusciva più ad articolare un pensiero coerente che potesse anche solo lontanamente avvicinarsi ad un rifiuto nei suoi confronti.

Stupida perché la voglia di toccare quei capelli più morbidi della seta, del colore del castagno e dai riflessi leggermente ramati che abbracciavano i ciuffi più lunghi sulla fronte, era più forte della sua voglia di poter anche solo sfiorare il Paradiso, un giorno.

Non sapeva da quanto tempo andasse avanti quella storia. O di come fosse iniziata. O di come si fosse trovata invischiata senza nemmeno accorgersene.

La sua vita, negli ultimi giorni, girava intorno a troppi “se” e troppi “ma”.

E lei aveva una gran paura che, nel futuro, quelle due congiunzioni avessero potuto marchiarla fino a farla sentire infelice.

E se ci avessi provato? Vorrei… ma non posso.

La sua testa era diventata un contenitore di pensieri sconnessi; non riusciva più a pensare lucidamente, anche perché il suo cuore, ogni qualvolta tentasse di far luce in quel gomitolo intrecciato di questioni, faceva capolino e interrompeva bruscamente la catena di ragionamenti che, molto probabilmente, l’avrebbero portata alla soluzione.

Forse… forse si era innamorata e, invece di essere felice come chiunque, si sentiva come la donna più infelice del pianeta.

Il campanello trillò forte e chiaro, risuonando nell’intero appartamento; l’eco del suono raggiunse la sua camera e la sua testa, automaticamente, si voltò in direzione della porta.

Avvertiva già quel profumo forte e intenso caratteristico di lui, lo stesso profumo che, un giorno del loro passato, era stata proprio lei a consigliarli di acquistare perché si intonava perfettamente a quello che era già il suo.

Noemi sapeva che, di lì a poco, si sarebbe persa per l’ennesima volta in quegli occhi grandi, una volta sinceri, che l’avrebbero ammirata lascivamente, cospargendo di fulmini ogni lato del suo esile corpicino, in confronto a quello del ragazzo al quale voleva bene più di ogni altra persona al mondo.

Si passò una mano tra i capelli e, nascondendo la ceneriera con i resti di tutte quelle sigarette che aveva fumato senza nemmeno accorgersene, andò ad aprire, cercando in qualche modo di frenare quel frenetico battito cardiaco che minacciava di squarciarle il petto da un momento all’altro.

Sapeva che, molto probabilmente, quello che si era ritrovata a fare e quello che avrebbe fatto di lì a poco, forse, era sbagliato. Eppure, era come se il suo corpo si muovesse automaticamente verso la persona dalla quale era separata solo dal sottile legno della porta d’ingresso, come se la chimica che li unisse fosse più forte della volontà di resistergli.

Si ritrovò a spalancare quell’ostacolo che la divideva da lui e, come aveva immaginato, ritrovò lo sguardo di lui fisso nel suo, quasi come se volesse trapassarla da parte a parte, lasciando tracce ovunque del suo passaggio.

Occhi come quelli non si potevano dimenticare.

Non potrei dimenticarli… neanche se volessi.

Lui avanzò e, lentamente, quando fu dentro, la porta fu richiusa su sé stessa.

Erano solo loro due, in quel momento, in piedi in mezzo alla stanza, a fissarsi in silenzio, un silenzio che però di muto non aveva nulla. Persino le mura si impregnarono di quella tensione e quell’elettricità che aleggiava tra i loro corpi, come se due calamite di poli opposti fossero state messe, improvvisamente l’una di fronte all’altra.

E, l’effetto di quella reazione quasi chimica o fisica, si notò immediatamente quando lui, muovendosi velocemente, si ritrovò ad afferrarla per il polsi e ad avvicinarla al suo corpo muscoloso; i capelli le si mossero a causa dell’attrito con l’aria e, in pochi secondi, la sua bocca fu su quella di lui che si muoveva esperta e impaziente di assaggiarla, neanche fosse l’ultima fragola, quella più piccola e saporita, che fosse rimasta nel piatto.

Le sue piccole mani erano imprigionate in quelle grandi e affusolate di lui ma quella prigionia durò pochissimo, il tempo che, in uno scatto fulmineo, lui cambiasse il suo obiettivo; le afferrò i fianchi, stringendola stretta, mentre scendeva a baciarle il collo e, esercitando una leggera pressione con le gambe, iniziò a spingerla verso la camera da letto e verso il materasso che vi si trovava nel centro, immobile e silenzioso ma accogliente, come se si fosse già preparato ad abbracciarli.

Marco le passò le mani tra i capelli, rendendo quei riccioli ancora più ribelli e le morsicchiò il collo, baciandolo poco dopo; quello che ne rimase fu un piccolo segno rosso che andò a mimetizzarsi col rossore delle guance di lei, il quale si stava estendendo a quasi tutto il corpo.

Noemi si ritrovò a stringerlo e, quando avvertì le carezze della mano di lui dedicarsi ai suoi seni, si inarcò istintivamente, gemendo piano sulle sue labbra.

-Amo questo suono- sussurrò lui a fior di labbra, continuando a dedicarsi a quel lembo di pelle così delicato e più profumato del corpo.

Lei fece finta di non capire, cercando di cancellare quella frase dalle sue orecchie e dalla sua mente; non voleva farsi più male di quello che, in realtà, si stesse già facendo e non voleva aggrapparsi a quelle inutili illusioni che, sapeva, un giorno l’avrebbero portata frantumarsi in mille pezzi.

Ma, nonostante tutto, lo strinse a sé, come se quell’abbraccio e quella stretta potessero ancorarlo a lei, facendo in modo che lui non potesse più allontanarsi.

Come se potessero, in qualche modo, convincerlo a restarle accanto, qualunque cosa accadesse.

Sospirò e gemette di nuovo, avvertendo l’eccitazione di lui che spingeva sul suo ventre, ansiosa di essere liberata da quei pantaloni ormai divenuti così stretti da contenerla; si lasciò, quindi, andare e guidare da quell’istinto alimentato dal suo cuore, un cuore ingrato che continuava a gettare legna in quello che era il camino dei suoi desideri più profondi.

Resta con me.

Per lei quello non era semplicemente fare sesso con uno sconosciuto. Era fare l’amore con la persona che, sapeva, l’avrebbe ferita più di ogni altra mondo e che, nonostante tutto, non se ne sarebbe mai resa conto.

Si lasciò andare completamente, incastonandosi a lui come se fossero stati creati apposta per quello; lasciò che lui si perdesse in lei e cercò di raggiungerlo con il cuore e con la mente, cercando di allontanare per un attimo quei pensieri che la rendevano pesante come un macigno.

Lo strinse, ancora una volta, sentendolo sospirare e gemere, mentre, vagamente, ascoltava il suo nome uscire dalle labbra di lui, flebilmente. Una lacrima fece capolino all’angolo dell’occhio e, dispettosa, iniziò a scendere solitaria lungo quelle guance ancora arrossate dallo sforzo e dalle intense sensazioni appena provate.

E, combattendo contro la sua mente, per una volta ascoltò quello che le suggeriva il cuore: lo strinse, lo strinse forte, lasciandosi completamente andare al volere dei suoi desideri più profondi.

Resta Marco.

-Ti prego… resta con me.-

  
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