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Autore: Flami151    13/03/2015    1 recensioni
E se Draco Malfoy non avesse mai ricevuto il Marchio Nero? Cosa farebbe della sua vita una volta tornato a Hogwarts? Se "il ragazzo che non ha avuto scelta" potesse scegliere il suo futuro, cosa accadrebbe?
Senza Draco a scontare per le mancanze di Lucius Malfoy, sarà Narcissa a prendersi la responsabilità degli errori del marito, ingaggiando col Signore Oscuro un gioco sadico e senza scrupoli, che la porterà a conoscere i meandri più bui della mente umana e a rivelare la sua umanità, celata dietro le convenzioni sociali e un passato misterioso.
Come tutto ciò influenzerà una giovane e confusa Hermione, ormai rassegnata all'idea che il suo destino sia già scritto? E come ridisegnerà i ruoli dei personaggi durante la battaglia finale?
Una storia che svela i desideri inconsci dei nostri amati eroi, portandoli a galla.
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger, Narcissa Malfoy, Ron Weasley, Severus Piton | Coppie: Draco/Hermione, Ron/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Da VI libro alternativo
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Dove cielo e terra si confondono
 
 
 
L’aria che s’insinua sotto i miei vestiti è reale, la sensazione del legno levigato tra le mie mani è reale, l’eco dei battiti del mio cuore è reale, eppure non riesco a credere che tutto ciò sia vero.
 
La Mezzosangue si tiene stretta a me per non cadere, urla di gioia e di paura ed io con lei. Quando ho smesso di provare quell’attanagliante senso d’ansia e d’inadeguatezza che ha reso insopportabili questi ultimi mesi? Perché d’un tratto non mi sento più frustrato, perso e intimorito? Non riesco a trovare una risposta a queste domande e forse è giusto che sia così, probabilmente rovinerebbero l’equilibrio di questo momento.
 
Qui, tra cielo e terra, tra realtà e sogno, sento l’essenza stessa della vita scorrermi tra le vene e riversarsi nell’aria gelida della notte attraverso la mia voce.
 
Non appena noto le mie mani sanguinare a causa del freddo, capisco che è ora di atterrare.
Avverto la Granger urlando e punto gradualmente la scopa verso terra. Solo ora mi accorgo dell’altitudine che siamo riusciti a raggiungere: credo di non aver mai volato tanto in alto in vita mia.
 
Poggio i piedi a terra con leggerezza e, non appena sono certo di aver raggiunto una posizione stabile, smonto dalla scopa. Mi volto verso la Grifondoro dai capelli indomabili, sta tremando, ma questo non le impedisce di ridere a squarcia gola.
 
‹‹ E’ stato… ›› Non riesce a trovare le parole, insolito per lei. ‹‹ Mozzafiato! Non ho mai visto niente del genere! E’ stata una vera follia! Se fossimo caduti non ne saremmo usciti vivi! Però sai cosa? Non m’importa, è stata l’esperienza più entusiasmante della mia vita, cazzo! ››
 
Si copre velocemente la bocca con la mano, come per fermare il torrente di parole. La sua goffaggine e la sua esuberanza portano con loro una contagiosa ventata di buonumore. Non credo d’aver mai reso qualcuno così felice prima d’ora, ma non saprei dire che effetto abbia su di me tutto ciò, sono ancora troppo elettrizzato per ragionarci sopra.
 
‹‹ Non saremo mai caduti sciocca, dimentichi forse chi hai di fronte a te? Sono un asso nel volo. ›› E’ l’arroganza tipica dei Malfoy a parlare.
 
‹‹ Non prendermi in giro, anche tu avevi paura: saresti rimasto raso terra se non ti avessi chiesto di salire più in alto. E non darmi mai più della sciocca! ››
 
‹‹ Non sapevo che i Grifondoro fossero così permalosi! E per tua informazione ti stavo solo prendendo un po’ in giro, volevo vedere fin dove avresti avuto il coraggio di arrivare. ›› Mento io spudoratamente.
 
Lei non pare prendermi sul serio. Continua semplicemente a ridere e a raccontare animosamente l’esperienza appena vissuta accompagnando le sue parole che gesti vivaci. Io la ascolto attentamente, confrontando la mia percezione della realtà con la sua, curioso di sapere se anche lei ha provato le mie stesse emozioni.
 
‹‹ … e quando ho aperto gli occhi non riuscivo nemmeno a crederci! E’ stato… liberatorio, non trovi? ›› Chiede lei, gli occhi ricolmi di entusiasmo.
 
Liberatorio. Credo che abbia fatto centro. Non trovo le parole per dirle quanto abbia ragione, per mostrarle quanto mi senta d’accordo con lei, così mi limito ad annuire.
 
Passo dopo passo, ci ritroviamo di fronte alle porte del castello. Ci fermiamo entrambi, esitanti. So che cosa comporta varcare quella soglia, e lo sa anche lei. Una volta entrati, dovrò fare finta che tutto questo non sia mai accaduto, dovrò accettare che l’unico momento di felicità che io abbia mai provato dall’inizio di settembre sia solo il frutto di un terribile e irripetibile errore.
 
Prendo un profondo respiro e spingo il portone. Prima di avviarmi verso il mio dormitorio però mi volto un’ultima volta.
 
‹‹ Ciao Granger. ›› Credo che abbia sorriso.

 
 
***
 
 
Le prime luci dell’alba s’insinuano tra le antiche persiane, illuminando la stanza, ma i miei occhi sono già aperti: non sono riuscita a prendere sonno neanche per una decina di minuti.
 
Ho passato la notte in bianco nel tentativo di sopire le mie emozioni e dopo ore di speculazioni sono giunta alla conclusione di non aver mai provato niente di simile prima d’ora. Mi ero completamente dimenticata cosa fosse la spensieratezza e finalmente ho scoperto cosa significa agire d’istinto, osare solo per il gusto di farlo, vivere a pieno la propria realtà interiore, dimenticandosi di quella circostante.
 
Come può un sentimento così puro e travolgente essere così sbagliato? La libertà individuale è forse una colpa?
 
Non riesco a darmi una risposta.
 
La mia mente si sofferma su Malfoy. Mai avrei creduto che proprio insieme a lui avrei scoperto il dolce sapore dell’emancipazione. Inizio a provare un moto di simpatia nei suoi confronti e contemporaneamente una gran pena per lui, chissà quali segreti nasconde il suo sguardo arrogante, quali vicissitudini lo abbiano portato a desiderare così ardentemente la libertà e la sregolatezza, a condividere la mia stessa disperata necessità di liberare la mente dalle angosce e dalle paure.
 
Inizio a prepararmi svogliatamente: voglio uscire dal dormitorio prima che Lavanda inizi a far echeggiare la sua risata da civetta.
 
E’ ancora troppo presto per la colazione, così decido di fare un salto in biblioteca: sono ancora determinata e rivelare l’identità del Principe Mezzosangue. Decido di consultare i vecchi archivi, alla ricerca di qualche indizio utile; credo che tutti i Mezzosangue siano registrati alla nascita, da qualche parte dovrei potrebbe esserci un elenco, magari tra questi posso trovarvi un Prince.
 
Mi accingo ad aprire il primo registro, datato 1980-1983, da qui in poi ripercorrerò gli anni a ritroso. Tento di mantenere la concentrazione alta mentre scorro le infinite liste di nominativi, ma non riesco proprio a scacciare via i numerosi pensieri dalla mia mente (Luna li chiamerebbe nargilli). Penso a Ron, che ancora si ostina a non rivolgermi la parola, a Lavanda, che sembra stia facendo di tutto per approfittarsi della mia assenza, a Harry, che dalla morte di Sirius sembra aver perso la voglia di essere felice e infine penso a Malfoy, sul quale però non riesco ad esprimere una vera opinione, se non offuscata da congetture e pregiudizi.
 
Dopo circa tre quarti d’ora di ricerca inconcludente decido di chiudere il volume; riprenderò in un secondo momento.
 
Mi avvio verso la Sala Grande, voglio augurare buona fortuna a Ron per la partita, magari questo potrebbe addolcirlo. Non appena entrata però, mi bastano pochi passi in direzione dei miei amici per sentire le note acute di Lavanda.
 
‹‹ Su con la vita, Ron! Lo so che sarai bravissimo! ››
 
Non la sopporto, però continuo a camminare verso di loro, decisa a mostrarmi superiore.
 
‹‹ Come vi sentite voi due? ›› Chiedo cercando di sorridere.
 
‹‹ Bene. ›› Mi risponde Harry mentre versa un liquido dorato in un bicchiere di succo di zucca ‹‹ Ecco, bevi. ›› Dice porgendolo a Ron.
 
Cosa può aver aggiunto al succo di… La Felix Felicis!
 
‹‹ Non berlo, Ron! ›› Esclamo prima che lui potesse bere il contenuto del bicchiere.
 
‹‹ Perché no? ›› Chiede lui.
 
‹‹ Hai appena messo qualcosa nel suo succo. ›› Dico io puntando il dito contro Harry.
 
‹‹ Scusa? ››
 
‹‹ Mi hai sentito. Ti ho visto. Hai appena versato qualcosa nella bibita di Ron. Hai ancora la bottiglia in mano! ››
 
‹‹ Non so di cosa stai parlando. ›› Ribatte il ragazzo con la cicatrice, rimettendo in fretta la bottiglietta in tasca: è sicuramente la fiala della Felix Felicis.
 
Capisco che non riuscirò mai a farlo confessare, così mi rivolgo nuovamente a Ron.
 
‹‹ Ron attento, non berlo! ›› Ma lui non mi ascolta e lo butta giù tutto d’un fiato.
 
‹‹ Smettila di maltrattarmi, Hermione. ››
 
Io mi chino su Harry in modo che possa sentirmi solo lui e gli sibilo all’orecchio: ‹‹ Dovresti essere espulso per questo. Non me lo sarei mai aspettato da te! ››
 
‹‹ Senti chi parla! ›› Sembra offeso. ‹‹ Hai Confuso qualcuno recentemente? ››
 
Me ne vado indignata, come può usare questa carta contro di me?
Nonostante ciò mi dirigo comunque verso il campo da Quidditch: non ho intenzione di perdere questa partita per nulla al mondo.
 
Mi siedo sugli spalti, nella tribuna dei Grifondoro, aspettando con impazienza l’arrivo dei giocatori. Uno ad uno, tutti i tifosi cominciano a prendere posto sugli spalti. Qualche gradone più in su, Lavanda sussurra a Calì di sedersi distante da me, la cosa mi sorprende non poco: da quando era lei a volermi evitare? Poco male, neanche io muoio dalla voglia di sentirla squittire il nome di Ron per tutto il tempo.
 
La prima squadra a fare il suo ingresso in campo è quella dei Grifondoro: Harry è in testa alla fila, mentre Ron è l’ultimo, il suo atteggiamento è più baldanzoso del solito. I Serpeverde li seguono, lo sguardo fiero e spietato. I capitani si posizionano l’uno di fronte all’altro, si stringono la mano e poi tre, due, uno e hanno preso il volo.
 
‹‹ Bhe, ecco che partono, e credo che siamo tutti sorpresi di vedere la squadra che Potter ha messo insieme quest’anno. ›› Riconosco la voce di Zacharias Smith, non mi è mai piaciuto quel ragazzo. ‹‹ Molti pensavano che, date le prestazioni discontinue dell’anno scorso, Ronald Weasley potesse essere escluso, ma naturalmente l’intima amicizia con il Capitano aiuta… ›› Ma come si permette? Piccolo cafone saputello!
 
Le risate dei Serpeverde riecheggiano in tutto lo stadio, facendomi fremere di rabbia. La partita però continua ed io non voglio lasciarmi distrarre. Con l’aiuto di un piccolo binocolo, tengo d’occhio gli spostamenti dei giocatori, o almeno di quelli di cui m’importa qualcosa: ossia Harry, Ron, Ginny e si… anche Malfoy.
 
La partita sembra interminabile e il sarcasmo di Smith si fa sempre più violento; dopo alcune brillanti parate però, sembra aver perso la voglia di accanirsi sulle prestazioni di Ronald. Harry e il furetto, nel frattempo si contendono il vantaggio sul boccino, avvalendosi di qualche fallo, nascondendolo però magistralmente agli occhi di Madama Bumb.
 
Punto istintivamente il binocolo su Malfoy, seguendo attentamente la sua traiettoria e, senza rendermene conto, i ricordi della notte trascorsa poche ore fa iniziano ad accavallarsi l’uno sull’altro, confondendosi con la realtà. Mi sembra quasi di sentire ancora il vento solleticarmi il viso, e il desiderio di volare si riaccende dentro di me, infondendomi un senso di felicità.
 
Le urla dei miei vicini mi riportano alla realtà: Harry ha preso il boccino, la partita è finita, i Grifondoro hanno vinto! Come ho potuto non accorgermene?
 
Dovrei esultare adesso, come tutti gli altri, invece mi sento solo molto in colpa, complice della truffa perpetuata da Harry.
Scendo furibonda negli spogliatoi, non avrei dovuto permettere a Ron di giocare: la sua vittoria è del tutto sleale.
 
Non appena vedo Harry, vorrei esplodere dalla rabbia, ma mi fermo a respirare qualche secondo per riprendere il controllo di me stessa.
 
‹‹ Devo parlarti, Harry. Non avresti dovuto: sai che è illegale. ››
 
‹‹ Che cosa vuoi fare? Denunciarci? ›› S’intromette Ron con tono marcatamente provocatorio.
‹‹ Di che cosa state parlando voi due? ›› Chiede Harry con innocenza.
 
‹‹ Sai benissimo di cosa stiamo parlando! Hai messo la pozione della fortuna nel succo di Ron! ››
 
‹‹ No che non l’ho fatto! ››
 
‹‹ Si invece, per questo è filato tutto liscio! ›› Come fa a negare l’evidenza? Anche Ron se ne è reso conto!
 
‹‹ Invece no! ›› E con queste parole estrae dalla tasca la fialetta di Felix Felicis, ancora ben sigillata. ‹‹ Hai parato tutto perché ti sentivi fortunato Ron! Hai fatto tutto da solo! ››
 
Sono esterrefatta: e così era tutto un trucco? Ron non sembra esserne felice però.
 
‹‹ Hai messo la Felix Felicis nel succo di Ron, ecco perché le ha parate tutte! ›› Mi imita lui con rabbia. ‹‹ Visto? So giocare anche senza aiuto, Hermione! ››
 
Vorrei replicare, dirgli che non intendevo offenderlo, che ho molta stima di lui, ma non faccio neanche in tempo a formulare questi pensieri che lui è già corso già come un treno, lasciandomi sola con Harry.
 
Improvvisamente, una profonda tristezza mi pervade e inizio a sentire le lacrime farsi strada verso l’esterno. Ma devo trattenermi, non voglio mostrarmi debole.
 
‹‹ Ehm… Andiamo su a festeggiare? ›› Credo che sia un tentativo mal riuscito di alleggerire la tensione.
 
Io mi limito a scuotere la testa e ad uscire dagli spogliatoi.

 
 
***
 
 
Tornando verso il castello mi sento enormemente amareggiato: credo di non aver mai giocato così male. Se abbiamo perso la partita, la colpa è certamente mia. Non posso credere di essermi fatto di nuovo battere da quella checca di Potter.
 
Forse dovrei appendere la scopa al chiodo… Non sono tagliato per il Quidditch. Non sono tagliato in nulla. Non valgo niente.
 
A dirla tutta sono stufo di autocommiserarmi, ma non riesco proprio a farne a meno. Non c’è niente che vada bene in me: non sono particolarmente portato a scuola, non sono bravo nello sport, non sono nemmeno degno di seguire le orme di mio padre… Cosa ne sarà di me?
 
Vorrei urlare a pieni polmoni la mia disperazione, ma non vorrei che qualcuno mi sentisse, così mi limito a mordermi con forza il labbro, fino a sentire il sapore del sangue.
 
Sono talmente assorto dai miei pensieri da non accorgermi di essere seguito, fino a che qualcuno non mi tocca la mano. Porto istintivamente la mano opposta alla bacchetta, per difendermi da un eventuale aggressore. Il mio inseguitore però è già corso via, di lui riesco a vedere solo la chioma mora e arruffata: ma è la Granger!
 
Nella mano mi ha lasciato un biglietto.
 
Mezzanotte, Lago Nero.

 
 
***
 
 
Avrò commesso un errore? Forse. Anzi sicuramente sì. Ma quando ho visto Malfoy passeggiare in solitudine, con la rabbia e la delusione negli occhi, non ho potuto farne a meno.
 
Nel suo volto affranto, nelle sue movenze debosciate, così atipiche per lui, ho riconosciuto chiaramente il desiderio inespresso di liberarsi dagli affanni e dalle insicurezze; lo stesso che porto io dentro di me.
 
Forse, anche stanotte, i miei fantasmi non mi disturberanno.
 
Mi avvio verso la torre di Grifondoro a cuor leggero. La sola idea di poter spegnere il cervello per un’altra, folle, notte senza regole, mi rasserena a tal punto da farmi dimenticare la discussione con Ron.
 
Arrivata di fronte all’ingresso pronuncio la parola d’ordine e saluto calorosamente la Signora Grassa prima di entrare. Vengo accolta da un’ondata di buonumore ed euforia: la vittoria a Quidditch è celebrata con urli e schiamazzi dai miei compagni, rigorosamente dipinti coi colori della casa.
 
Mi guardo intorno con gioia: è incredibile che anche in tempo di guerra un evento semplice come una vittoria sportiva riesca a unire i cuori di tutti, facendoli battere all’unisono. Ognuno festeggia a modo suo, lanciando esplosivi (probabilmente provenienti dai Tiri Vispi), danzando o intonando Perché Weasley è il nostro re.
 
A proposito… Dov’è Ron?
 
La risposta alla mia domanda mi si presenta davanti agli occhi solo pochi secondi dopo: eccolo li, seduto sulla poltrona bordeaux di fronte al camino, la stessa dove circa un mese fa trascorremmo la serata abbracciati, parlando di noi e delle nostre paure, stretto in un bacio passionale con Lavanda.
 
In un unico, interminabile istante, il tempo sembra congelarsi, proprio come il mio cuore. La realtà intorno a me si dissolve, diventando semplice nebbia in un paesaggio vuoto e desolato.
 
In quest’unico, interminabile istante, tutte le speranze che non sapevo di avere s’infrangono, lasciandomi solo una spaventosa consapevolezza: Ron non mi ha mai amata, e non mi amerà mai.
 
Qualcuno mi urta, trainandomi fuori con forza dal mio stato di trans. Scuoto la testa vigorosamente prima di voltarmi e correre via.
 
Cammino per un tempo che mi pare infinito, senza una vera mèta. Entro in una piccola aula vuota, sembra essere in disuso. Chiudo la porta dietro di me e mi accovaccio su uno dei tanti banchi in legno.
 
Resto sdraiata così, contemplando il nulla. L’immagine di Ron e Lavanda avvinghiati l’uno all’altra mi tormenta. Per qualche ragione credevo davvero che la nostre lite si sarebbe estinta, che saremmo tornati amici come prima e poi… qualcosa di più.
 
Inizio a piangere copiosamente, ma non trovo neanche la forza di asciugarmi. Vorrei solo che l’oscurità m’inghiottisse, sottraendomi ai dolori e alle sofferenze terrene.
 
Resto adagiata per altri dieci, forse quindici minuti, aspettando che le mie lacrime si prosciughino. Ma questo non accade, perché nella vita reale le ferite non si rimarginano mai da sole. Per questo decido di prendere in mano la situazione.
 
Mi alzo lentamente e mi asciugo il volto con forza. D’ora in poi sarò padrona di me stessa, nessun’altro avrà il controllo sulle mie emozioni. Accompagnata da questa convinzione, esco dalla triste aula vuota.
 
Il corridoio è illuminato fiocamente da alcune torce, tutto è immobile ma in lontananza riesco a distinguere una voce, credo che mi stia chiamando.
 
‹‹ Hermione! ›› Non c’è dubbio, è la voce di Harry.
 
Da una parte mi rincuora che il mio migliore amico, nonostante i festeggiamenti, sia venuto a cercarmi, ma la compagnia che cerco, stasera, non è la sua.
  
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