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Autore: Gobbigliaverde    15/03/2015    1 recensioni
Spin off de "il viaggiatore di sogni" che vede come protagonista Gemma Jones, la figlia di Killian e Emma.
Dal testo:
- È dura recuperare le tracce di un passato dimenticato, soprattutto se le risposte che si cercano non sono nel mondo che conosciamo.-
- Gemma corse via cercando di dimenticare l’affronto che l’amico le aveva rivolto. Salì le scale ripide del piccolo appartamento di New York e si infilò nel letto in camera sua. Si avvolse nella coperta ispida e rovinata, e dentro di se maledisse il giorno in cui i suoi genitori l’avevano lasciata all’orfanotrofio.-
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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«Il primo libro sarebbe meglio non averlo mai scritto. Finché il primo libro non è scritto, si possiede quella libertà di cominciare che si può usare una sola volta nella vita.»
Italo Calvino


QUATTRO


Giorni prima, Foresta Incantata…
    Emma si guardò allo specchio. Sembrava una vera principessa. Se ne stava lì, tutta agghindata di pietre preziose e bei vestiti mentre nella Foresta Incantata la gente moriva di fame. Biancaneve e David avevano lasciato il trono a Regina, lei era l’unica che conosceva davvero il mestiere, e in fondo era cambiata. Ma anche il mondo lo era.
    — Swan, se stai ancora un po’ di fronte a quel pezzo di vetro finirai per invecchiare lì, e io avrei altri programmi per sta notte… — Disse Uncino avvicinandosi e baciandole il collo.
    Lei sbuffò. — Killian, la Foresta Incantata va a rotoli e tu hai “altri programmi”?
    Il pirata fece spallucce. — Non capisco chi ti ha messo in testa che devi essere sempre tu a salvare il mondo…
    — Mah, non so, l’appellativo “Salvatrice” ti dice qualcosa? — Sorrise sarcastica.
    Killian sospirò. — Henry ha quasi ventotto anni, e noi abbiamo avuto altri tre figli, direi che un po’ di vita di coppia non ci farebbe male…
    — Devo confessarti una cosa… — Iniziò Emma preoccupata.
    Lui sbiancò. — Non dirmi che sei di nuovo incinta, perché ho già dato troppe volte con i pannolini sporchi e le notti insonni.
    Lei sorrise. Sapeva che il marito non diceva sul serio. Quel pirata in realtà si divertiva di più a giocare con i suoi figli che con la vita di corte. — No, tranquillizzati, anche se una figlia femmina dopo quattro maschi non mi dispiacerebbe…
    — Attenta a ciò che dici, Swan… Potrei prenderlo come un invito. — Sorrise lui malizioso.
    Lei gli accarezzò il viso. — Killian, è una cosa seria, ascoltami.
    — Sono tutto orecchie…

    Emma tirò fuori dalla scrivania un grosso libro con una copertina pesante e glie lo porse.
    — È il libro di Henry, e allora? — Chiese il marito.
    — E allora guardalo. — Lo spinse lei.
    Uncino iniziò a sfogliare velocemente le pagine, ripercorrendo tutta la storia della loro vita, le guerre e le battaglie vinte assieme, il loro primo bacio, le loro uscite, il matrimonio, la foresta incantata e i loro quattro meravigliosi bambini di cui Henry era il maggiore. Killian guardò la moglie con aria interrogativa.
    — Hai visto cosa c’è alla fine? — Chiese lei.
    Lui aprì il libro all’ultima pagina. — Un foglio bianco. — Rispose, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
    Emma lo guardò con aria seccata. — Un solo foglio bianco. Sai che significa?

    Lui alzò le spalle. — Che il libro è finito?
    La donna alzò gli occhi. — Il libro contiene la nostra storia, se il libro finisce, finisce anche la Foresta Incantata.
    Killian sbarrò gli occhi e diventò pallido. A una conclusione così tragica non avrebbe mai pensato.

Storybrooke, presente…
    Henry stringeva forte il volante dell’auto gialla che sfrecciava sulla strada di asfalto rovinato.
    — Che significa? — Chiese  fredda Gemma, fissando la pagina ingiallita del libro.
    Henry sorrise e non rispose. L’auto percorse il lungo viale attraverso il bosco, e si fermò al centro di una piazza, di fronte ad un’alta torre, il cui orologio rintoccò mezzo giorno.
    — Questo è casa nostra. Il luogo da cui è iniziato tutto! — Sussurrò Henry, quasi emozionato dal ritrovarsi nuovamente in quella magica città.
    — Ho chiesto che cosa significa. — Ribadì la ragazza indicando l’immagine del libro.
    L’uomo scese dall’auto, e si incamminò lungo il marciapiede. — Questo posto è molto più vecchio di come lo ricordavo…
    Gemma saltò giù dal sedile e corse verso di lui, portando con se il pesante volume. Non aveva ricordi di quel luogo, e in più sembrava del tutto abbandonato. Vetri rotti, muri coperti dall’edera selvatica e intonaco cadente, tutto faceva pensare a molti anni senza alcuna manutenzione. Ma passando di fronte alle vetrine dei negozi e le finestre delle case, sotto ad un grosso strato di polvere, non era difficile distinguere oggetti di vita quotidiana. Sembrava quasi che le persone di quella cittadina fossero partite nello stesso istante, lasciando tutto com’era.
    Henry camminava svelto, prendeva piccole stradine e scorciatoie, facendole perdere più volte il senso dell’orientamento. Dopo un tortuoso percorso, arrivarono di fronte ad una porta diversa dalle altre. Sembrava essere stata spolverata da poco, infatti si poteva guardare attraverso i vetri anche senza aguzzare la vista. Henry spalancò l’ingresso, che emise uno strano tintinnio di campanello che risuonò per alcuni secondi nella testa della ragazzina. Era davvero sicura di non conoscere quel luogo? Scosse la testa. Quel suono era fin troppo comune nei negozi, e poi si sarebbe ricordata di essere stata in un paese chiamato Storybrooke.
    — Prima le ragazze. — Disse Henry sorridendo.
    Gemma ricambiò il sorriso e si infilò nel piccolo negozio. C’erano oggetti di tutti i tipi, la metà dei quali non avrebbe saputo dire a cosa servissero e tantomeno dargli una collocazione spazio-temporale. Un vero e proprio negozio di antiquariato. E la cosa che trovò buffa fu che quel negozio era l’unico luogo di quella città a sembrare quasi nuovo. Sorrise all’idea.
    — Adesso puoi dirmi che cosa ci fa questa città in un libro di fiabe? — Chiese distrattamente, osservando alcuni piccoli orologi sopra uno scaffale.

Intanto, a New York…
    — Drake, per piacere, guida più piano! — Gridò Sean afferrando il volante e schivando un’automobile parcheggiata sul ciglio della strada. — Finiremo per schiantarci, lo so già… —Sussurrò tra se alzando gli occhi al cielo.
    — Il solito fifone. Da quand’è che non ti fidi del mio giudizio? — Lo canzonò il ragazzo moro seduto al posto del guidatore.
    Il poliziotto sbuffò. — Da quando stiamo cercando la tua ragazza.
    L’auto inchiodò, e Drake si voltò verso l’amico con aria omicida. — Lei non è la mia ragazza.
    — Ma ti piacerebbe che lo fosse. — Sghignazzò Sean.
    Drake gli lanciò un’occhiataccia. Era solo un’amica, niente di più che un’amica.
    — Se ti sei fermato per farmi scendere e continuare da solo, sappi che è nel mio intento continuare a darti fastidio. — Continuò ad importunarlo l’agente.
    — Siamo arrivati, idiota. — Grugnì il ragazzo, spalancando la portiera senza degnarsi di spostare l’auto dal centro della carreggiata.
    Il ragazzo si spettinò i capelli biondi con la mano. — Mai usare due parole quando una è sufficiente, eh? Sei sempre stato così…
    — Regola numero uno. — Sorrise Derek, avvicinandosi ad un cartello rovinato spostando con una mano la pianta d’edera che cresceva sopra. — Storybrooke. È qui che erano diretti.
    — O almeno è quello che ha detto il cameriere all’Autogrill… — Aggiunse Sean, scrutando attentamente l’asfalto con lo sguardo. — E infatti ci sono delle impronte di pneumatico… Seguiamole e arriveremo alla tua ragazza.
    Derek si incamminò per la strada senza salire in macchina. Non avrebbe fatto un metro in più seduto vicino a quel deficiente del suo amico. Ma d’altronde era sempre stato così, e non sarebbe mai cambiato.

 

Foresta Incantata, giorni prima…
    — Vado io. — Sussurrò Henry mentre il caos regnava attorno al tavolo rotondo, ma nessuno sembrava starlo a sentire. Tutti i presenti erano troppo occupati ad urlarsi contro a vicenda per starlo a sentire. — Vado io! — Ripeté alzando la voce, ma senza alcun risultato. Emma e Regina dopo tanto tempo stavano per giungere di nuovo alle maniere forti, per fortuna che c’erano Killian e David pronti a fermarle. Biancaneve invece era intenta a discutere animatamente con Brontolo, e tutti gli altri, beh, tutti gli altri erano troppo occupati a preoccuparsi di ciò che stava accadendo per accorgersi della sua affermazione.
    L’unico che sembrava dargli corda era Robin, seduto al suo fianco con aria annoiata. — Sono sempre così le riunioni di famiglia? — Chiese sarcastico abbassandosi per schivare un calamaio che qualcuno aveva lanciato.
    — Dovresti essere tu a preoccuparti di mia madre, non David… — Disse Henry infastidito, digrignando i denti. Robin gli lanciò un’occhiataccia, e lui capì al volo. — Avete litigato di nuovo? — Chiese sbuffando.
    Il ladro si grattò la nuca voltandosi dall’altra parte, fingendo di non aver mai avuto una conversazione con lui. Henry strinse i pugni e si alzò in piedi, stufo.
    — Ho detto che vado io! — Gridò. Tutti i presenti si voltarono verso di lui, in silenzio.
    — Ragazzino, tu non vai da… — Iniziò Emma, ma lui la interruppe.
    — Mamma, basta con questa storia del ragazzino, ho ventotto anni. E ho già trovato una Salvatrice una volta. Non sarà difficile trovare la seconda, vero? — Sorrise lui.
    Emma rimase in silenzio per alcuni istanti, cercando l’appoggio nello sguardo di Regina. Ma la risposta non fu quella che si aspettava.
    — Perfetto, vai tu. Ma fai attenzione, Tremotino ha spiegato che lei non si ricorderà assolutamente di nessuno di noi… — Iniziò lei.

    — Nemmeno noi sapevamo della sua esistenza… — Concluse Emma.
    Regina la fulminò con lo sguardo. — Swan, non fartene una colpa se hai sempre avuto la brutta abitudine di dimenticarti dei tuoi figli. — Sbottò.

    — Sono convinto che le ragioni che il Coccodrillo ci ha dato sono più che accettabili. — Rispose Killian prendendo una sberla in pieno volto nel tentativo di frapporsi tra le due donne.

    — Certo, un sortilegio lanciato da un pazzo con la sabbiolina dorata da cui siamo usciti tutti vivi senza il minimo ricordo, grazie a Emma Swan che ci ha riportati indietro nel tempo è considerabile una ragione accettabile. — Sorrise sarcastica Regina alzando gli occhi al cielo.
    Emma sbuffò. — Devo ricordarti che vieni dal mondo delle fiabe?
    — E quindi? Una figlia che tu credevi di aver cancellato assieme al tuo passato sarebbe la nostra unica speranza? Swan, se ti assomiglia solo un po, siamo spacciati. — Sbottò la mora, battendo i pugni sul tavolo.
    Killian aggrottò la fronte. — Non deve necessariamente assomigliare a lei… Magari è bella come il padre! — Scherzò, ma l’unica cosa che ricevette in cambio furono due sguardi assassini.
    Henry sospirò. — Non c’è nulla da discutere, smettetela! A quanto pare, da quello che dice Tremotino è l’unica in grado di scrivere il futuro della Foresta Incantata, io la devo solamente trovare e portare qua, non le devo fare il test del DNA!
    Tutti si voltarono nuovamente verso di lui. Gli sembrava quasi di essere invisibile. Da quando erano arrivati nel mondo delle fiabe e avevano lasciato Storybrooke, lui si sentiva inutile. Forse aveva sbagliato a non restare lì. Lui era un’uomo di città, forse le spade e i cavalli non facevano per lui. Eppure una volta ne era affascinato… Avrebbe voluto tornare un ragazzino per quei pochi secondi che bastavano per ritornare ad amare la magia. Ma era impossibile.
    Regina si avvicinò ad Henry. — Non puoi andare da solo… — Disse preoccupata.
    Lui la squadrò dall’alto in basso. — E che cosa ti fa pensare che non ce la farei?
    Questa volta fu Robin a bloccarlo. — Ragazzino, pensaci bene. Tra un mese ti sposi, e se ti succede qualcosa nessuno fermerà Merida dal piantarci una freccia dritta nel cervello, e io di frecce me ne intendo. — Sorrise l’uomo.
    Sorrise. Forse lei era l’unica cosa che lo teneva ancora fermo lì, nella Foresta Incantata. — E va bene, qualcuno verrà con me, ma solo a patto che non mi chiamiate più ragazzino.
    — Bene, è deciso. Io partirò con lui. — Esclamò Robin, sotto gli sguardi stupiti di tutti.
    — Non osare… — Sibilò acida Regina puntandogli un dito contro.
    Lui sorrise scaltro. — Oh, invece sì. Così avrai la prova di quanto posso essere bravo a occuparmi di tuo figlio. E stare lontani per un po’ non ci farà male.
    Dopo le classiche raccomandazioni, Henry e Robin uscirono dalla sala e prepararono le loro cose. Il ragazzo non poteva fare a meno di sorridere. — Quindi è per questo che tu e mia madre litigate sempre… Tu vuoi un figlio e lei no?
    — Fai ancora questa domanda e ti faccio mangiare da uno di quei cosi con le ruote del tuo mondo. — Sbottò l’uomo, particolarmente adirato.
    Henry rise. — Quei cosi, si chiamano autobus.

Orfanotrofio St. Thomas, sei anni prima…
    Gemma sedeva a gambe incrociate sul pavimento con un quadernetto nero sulle ginocchia. Era una ragazzina di dodici anni fin troppo sveglia per restare in uno stupido orfanotrofio. La penna scorreva veloce sulle pagine bianche e la sua storia piano piano prendeva forma. Tutti i suoi racconti parlavano di una famiglia meravigliosa che non faceva altro che amare il prossimo e sconfiggere l’odio altrui. Avrebbe davvero voluto che il suo mondo fosse come quello dei suoi racconti.
    Un ragazzino paffutello le si sedette a fianco. — Che fai?
    — Drake, non è il momento. — Squittì lei chiudendo di scatto il piccolo libretto.
    — Non è mai il momento, quando stai scrivendo… — La canzonò.
    Lei lo fulminò con uno sguardo e gli diede le spalle continuando a scarabocchiare imperterrita.
    Il ragazzino allungò il collo e iniziò a leggere ad alta voce. — Il mago si alzò in piedi e prese il bambino per un braccio… Non sapevo che nella tua storia ci fosse anche un mago. — Rise.
    — E io non sapevo che sul tuo naso ci fosse un livido. — Sbottò acida lei, chiudendo nuovamente il quadernetto.
    Lui la guardò interrogativo. — Infatti non c’è…
    — Oh, non ti preoccupare, se non la pianti rimedio subito io. — Rispose annoiata.

Storybrooke, presente…
    — Non capisco, mi hai portato qua, mi hai dato questo strano libro e non vuoi rispondere ad una stupida domanda. Perché? — Chiese diffidente Gemma, guardando l’uomo che si era seduto su uno sgabello dietro al bancone del negozio.
    Henry la guardò dritta negli occhi, serio. — Ragazzina, tu credi nella magia? — Chiese.
    — No, perché? — Sussurrò lei indietreggiando di qualche passo.
    Lui fece spallucce, e sorrise. — Invece dovresti… — Disse mentre il suo volto si trasfigurava. Ora di fronte a lei aveva un’uomo di mezza età, con i capelli fino alle spalle ed un bastone nero tra le mani. Come aveva fatto a fidarsi, senza nemmeno conoscerlo? La ragazza era scattò verso la maniglia della porta, ma quando l’afferrò, sembrava impossibile da aprire. Qualunque sforzo sembrava essere vano. Era in trappola, e nessuno sarebbe mai venuto a cercarla in un paesino abbandonato nel nulla. Semmai qualcuno fosse passato di li, avrebbe notato soltanto l’insegna dondolante del negozio di un certo Sig. Gold.

 

 

Angolo della Gobbiglia :)

 

Tadaaaa, colpo di scena xD
Spero che il capitolo sia di vostro gradimento, e non linciatemi se continuerò ad infittire sempre di più la trama... Diventerà complessa come 2+3i… Ok, perdonate la battuta pessima, mi faccio schifo da sola xD

Recensite, mi raccomando, voglio sapere cosa ne pensate :)

Buona serata,
Gobbigliaverde :)

  
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