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Autore: Belieber_Jasmine_98_94    15/03/2015    2 recensioni
Alesha, una ragazza di 17 anni, piomberà nella vita del grande e famoso Justin Bieber, suo padre.
Tratto dal primo capitolo:
-Wilson dove mi manderà?.- Chiese col tono di voce più preoccupato che potesse avere.
-Mi dispiace...so che hai sempre voluto evitarlo, ma dobbiamo, tuo padre deve prendere le sue responsabilità.-
-No, no, giuro che non mi drogherò più, non ruberò più nulla, me ne starò buona ma non mandarmi da Bieber, ti prego.-
**.
Tratto dal capitolo 24:
-Mmh..- Si alzò, facendo cadere lo sguardo sul polso rotto.-Sei bellissima, sono preoccupato, quanti ragazzi proveranno a portarti via da me?- L'attirò verso di sé, appoggiando la fronte contro la sua.
Sorrise.-Nessuno mi porterà via da te.-
-Davvero?-
-Sì.-
-Promettimelo.- Avvolse le braccia attorno al suo corpo, annusando il suo profumo.
-Te lo prometto, ti voglio bene.-
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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I'm the daughter of Justin Bieber.

'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, nè offenderla in alcun modo'

06/01/2014
 

Justin mormorò qualcosa nel sonno, infastidito dal respiro pesante della figlia, addormentata sopra di lui.

-Alesha...- Sussurrò tastando la superficie del letto per trovarla, ma, quando capì che non c'era, aprì di scatto gli occhi guardandosi attorno. Alesha era lì, ma non alla sua destra o sinistra, ma completamente sdraiata a gambe e braccia aperte sopra di lui.

Ridacchiò, provando a scrollarsela di dosso.-Alesha.- La chiamò tentando di spostarla senza farle male.

-Voglio dormire.- Mugolò strofinando il viso sulla maglietta del padre.-Antipatico.- Aggiunse quando Justin le tirò una sberla sul sedere.

-Abbiamo dormito fino a tardi, è quasi mezzogiorno Alesha, alzati.-

-Perchè? Tanto non dobbiamo fare niente.-

-Non è educato alzarsi a quest'ora, saresti dovuta andare a scuola, ma l'hai saltata ancora, quindi andrai settimana prossima.-

-Sei un rompiballe, ecco.- Scivolò via dal suo corpo, nascondendosi sotto le coperte.-Io voglio dormire.-

-Tu vuoi sempre dormire.- Ribatté alzandosi dal letto per andare a fare una doccia.

-Non è vero.-

-Ah, pensala come vuoi e intanto alzati, vuoi fare colazione a casa o fuori?-

-E' uguale, mi basta mangiare.-

-Dovevo aspettarmelo...- E si chiuse in bagno, afferrando al volo dei vestiti puliti.

*.*.*.*

-Mi è entrato il sapone negli occhi.- Si lamentò Alesha entrando in camera, mentre si strofinava più volte gli occhi.

-Non inclini mai la testa indietro, quando fai lo shampoo, è colpa tua.- Disse Justin finendo di pettinarsi i capelli.-Hai visto cos'ha messo Scooter su instagram?- Le chiese avvicinandosi per darle una mano.

Lei scosse la testa,cercando di allacciare il reggiseno e imprecando a bassa voce, quando capì di non riuscirci.-Nel primo, secondo o terzo?- Chiese il ragazzo dietro di lei.

-Uhm...nel secondo.- Si fece allacciare il gancio, tenendo stretta la parte bassa dell'asciugamano.-E' da un po' che non salgo su instagram, forse ho anche dimenticato la password, vedrò di accedere tramite facebook.-

-Va bene, ti aspetto fuori, così possiamo fare questa benedetta colazione, senza che tu mi parli di come è fondamentale mangiare.- Si voltò verso la porta a braccia incrociate. Alesha infilò le mutandine, lasciando l'asciugamano sopra la sedia.

-Ero sotto la doccia e avevo bisogno di parlare.- Si difese indossando una felpa pesante e larga del padre.

-Cosa vuoi mangiare?-

-Di tutto, ho tanta, tanta fame, ieri mi sono scolata un'intera bottiglia di vodka.- Infilò i piedi nelle pantofole nuove rosa, legando i capelli in una coda alta.

-Di questo ne volevo parlare a tavola. Andiamo.- Le prese la mano, trascinandola fuori dalla sua stanza.-Ho chiamato gli imbianchini, stanno dipingendo di bianco la tua stanza rosa. Cambieranno anche alcuni mobili, così eviterai di rompermi le palle ogni due per tre.-

-Io non rompo le palle.-

-Più tardi ti darò una mano a spostare le tue cose, però ora siediti e spiegami cos'è successo ieri, dopo che mi hai tirato un calcio li dove non batte il sole.- Afferrandola per i fianchi la portò seduta sopra il tavolo, di fronte a lui.

Lei rise leggermente, chiudendo la mano nella manica della felpa.-Scusa.- Si scusò, sentendosi in dovere di doverlo fare. Alla fine lui si era preoccupato e a quanto pare non aveva nemmeno dormito a causa sua.

-Non fa niente.- Disse lui sedendosi sulla sedia dietro di lui.-Sono tutto orecchie.-

-Ma non ho fatto niente, allora, ho mandato un tipo a comprarmi della vodka, me la sono scolata tutta e poi non ricordo molto, solo Jaxon che mi ''salvava'' dalle grinfie di uno carino.- Gli occhi le si illuminarono quando la cameriera cominciò ad imbandire la tavola.

-Buongiorno Signor Bieber, salve signorina Alesha, spero che la colazione si di vostro gradimento.-

-Grazie mille Jennifer, io e mia figlia apprezzeremo tutto quello che ci porterai-

-Mi ha chiamato signorina.- Sussurrò Alesha tirando una pacca sul petto di Justin. -Mi sento importante.- Aggiunse facendolo ridere a bassa voce.

-Finiscila e passami quei pancake.- Ordinò gesticolando con le mani. Lei fece ciò che gli era stato detto, prendendone un po' anche per lei.

-Comunque volevo dirti che...- Justin fu interrotto dal suono del suo cerca-persone, seguito a quello del telefono cellulare. Doveva essere importante.

-Vado a rispondere, torno subito.- Ma, prima che potesse allontanarsi Alesha lo fece sedere di nuovo.-Devi fare colazione!-

-La farò dopo, Alesha, è importante.- Provò a scappare, per rispondere a colui che lo stava chiamando, ma la figlia non aveva alcuna intenzione di lasciare la presa.

-Alesha! Finiscila, la farò dopo.-

-No, il lavoro può aspettare, il tuo bel pancino no.-

Alla fine si arrese, capendo che non aveva via di fuga e tornò a mangiare, sbuffando ad ogni squillo del telefono.

-Sai,Jaxon è proprio carino.- Disse dopo averci pensato a lungo.

Justin scosse la testa, guardandola.-E' mio fratello, quindi tuo zio.- Le ricordò, continuando a mangiare.-Non lo è per davvero.- Ribattè tristemente.-Secondo te sarò in classe con lui? Potresti chiedergli se gli sto simpatica?- Speranzosa, lasciò il suo piatto, sedendosi sopra di lui.-Chiedigli se per lui sono carina, per favore, sei suo fratello, ti dirà la verità.-

-Va bene, va bene, glielo chiederò, ma non potrebbe mai dire che sei brutta.- Disse lasciando il piatto vuoto sul tavolo.-Sei bellissima.- Disse facendola sorridere.

-Davvero?- Chiese per averne certezza.

-Davvero.- Disse il più sinceramente possibile.-Comunque..volevo chiederti scusa, sai, per tutto. Mi dispiace di averti lasciata andare quando avevi otto anni, quasi nove... t-ti ho lasciata assieme a lei, ma non lo volevo per davvero. E' che ero esaurito, sotto stress, pensavo che qualche giorno di vacanza mi avrebbe fatto bene, per questo sono stato un egoista...-

Alesha prese un chicco d'uva, portandoselo poi tra le labbra.-Lo sapevo anche io che non ce la facevi più, si vedeva lontano un miglio, ma quando eravamo in barca Selena mi disse che avevi fatto tutto per fama.-Spiegò passando ad una fetta di torta al cioccolato.-''Sai, Alesha, i grandi sono tutti uguali, vogliono solo i soldi. Appunto papà ti ha adottata soltanto per fare più soldi''.-

Justin sgranò gli occhi.-Te lo ha detto veramente?-

-Sì, mi ricordo di averla colpita con Buggy bear.... poi ho cercato di nascondermi in un piccolo angolo dell'imbarcazione e mi sono addormentata. Quando mi sono risvegliata stava già in acqua, non...non so come ci è finita a dirti la verità, so soltanto che ormai non si muoveva più.-

-E tu?- Chiese lui con un nodo alla gola.

-Io? Io ho provato a prenderla per i capelli, ma un onda mi ha portato via e credo di essere svenuta. Mi sono svegliata a casa di un uomo con molta barba,non era il massimo della simpatia, diceva che parlavo troppo e che dovevo stare zitta ogni giorno.- Spiegò ricordando tutto quello che era successo.

-Va avanti...-

-Ecco, è morto per overdose quando avevo appena compiuto i sedici anni. Mi aveva messo da parte dei soldi, per il mio futuro, quindi sono partita per la California, mi piaceva come posto e sapevo che avrei sicuramente avuto tue notizie. Volevo sapere com'eri diventato e magari incontrarti, per picchiarti e chiederti perchè mi avevi lasciata andare. Avevo organizzato tutto, sarei entrata nel tuo hotel di notte, mentre dormivi, poi ti avrei svegliato e iniziato a picchiarti.-

Lui sussultò, abbastanza spaventato da tutta quell'aggressività.-Davvero?-

Alesha sorrise, scuotendo la testa.-Non penso l'avrei fatto per davvero, ma volevo. E non interrompermi che devo continuare.- Lo sgridò tirandogli una piccola sberla sul petto.

-Scusa.- Mugolò avvolgendo le braccia attorno alla sua vita.-Continua, me ne starò zitto.-

-Bravo...allora, sono andata in California e lì ho incontrato dei ragazzi, alcuni più grandi di me. Jennifer, Michael, Lucas e Aicha, 18,23,20 e 17 anni. Pensavano solo a divertirsi, con..droghe, alcool, feste eccetera. Abitavamo in una casa tutti e cinque, condividendo le spese.-

-T-tu ti drogavi?- Domandò il padre corrugando la fronte preoccupato.

-A volte prendevo delle pillole, ma ho smesso quando Aicha è morta per overdose. Non volevo fare la sua stessa fine, quindi l'ho fatta finita.-

-Come sei finita da me?- La spinse di poco, facendole appoggiare la schiena sul bordo del tavolo, per poi adagiare i gomiti sulle sue gambe.-Ci hanno beccati ad una festa ed io stavo tenendo la droga di Lucas.- Fece spallucce.-Tu invece che hai fatto? Perchè non mi hai mai cercata? Tentato di contattare? Perchè mi hai dimenticato così in fretta!'- Quasi urlò con le lacrime agli occhi. Per Alesha era facile passare dalla tranquillità alla rabbia in poco tempo, come dalla gioia alle lacrime.

-I-io non è vero che ti ho dimenticata. Lo sai benissimo che tenevo a te più della mia stessa vita. Ho dato tutto per tenerti con me, ti amavo, come ti amo adesso e come tu mi amavi prima. Ti amo come un padre ama sua figlia, sul serio Alesha. Sei il mio tutto, non volevo che ti succedesse tutto quello.- Le prese le mani, stringendole tra le sue.-Mi dispiace, sono stato un fottuto egoista, ma..- Si bloccò quando la vide piangere.

No, quello non lo avrebbe sopportato.-No, no, no, non piangere, non ora, ti prego, piccola, ascoltami. Recupererò tutto il tempo che abbiamo perso. Ti renderò felice e non sbaglierò mai più con te, te lo prometto. Sarò il padre migliore al mondo.-

Alesha tirò su col naso, prima di rispondere.-Non ho bisogno di un padre, Justin.Non più- Si asciugò le lacrime, con la manica della maglietta.-E' troppo tardi per averlo.-

-No, non è troppo tardi, ti prego, dammi un altra possibilità,sarai felice di essere tornata da me, ti prego.- La supplicò sentendo una lacrima rigargli il viso. Voleva a tutti i costi essere di nuovo il suo ''papà'', quello a cui diceva tutto senza farsi troppi problemi. Quello che la portava alle partite di calcio, di hockey e basket, che lei tanto amava.

La ragazza si sporse, per asciugargli in fretta quella lacrima.-Ho paura.-Sussurrò deglutendo.-Non reggerei un altra delusione, non ce la farei, sarebbe troppo.-

-Non lo farò, te lo prometto. Non ti farò del male, non ne sarei in grado. Se accadrà potrai andartene e io non ti fermerò.- La attirò a sé, così da poter avere il suo viso davanti.-Per favore.- Mormorò puntando gli occhi nocciola sui suoi verdi.

-Non mi farai del male?- Disse lei abbastanza sorpresa.

-Non lo farò, ti amo troppo per farlo Alesha.- Posò le sue labbra sulla sua guancia, lasciandoci un piccolo bacio.-Ora torna a fare colazione.-

-Guarda qui, è arrivata la tua divisa scolastica.- Justin aprì il pacco, poggiando i vestiti sopra il suo letto.-Porti la s giusto?-

-Sì, posso vederla?- Scartò la gonna, tirandola fuori per esprimere meglio un parere.-E' carina, ma siamo a Gennaio, spero che a scuola ci sia il riscaldamento acceso.-Borbottò rigirandosi tra le mani la gonna nera corta fino a metà coscia.

-Provala, voglio proprio vedere come ti sta.- In realtà era soltanto per vedere se la gonna era troppo corta come si dimostrava, ma non glielo avrebbe detto.

-Okay...- Si svestì, indossando con l'aiuto del padre la divisa completa.

-Mi fa le gambe sexy!- Commentò sbattendo il piede sul materasso per controllare che la gonna arrivasse al punto giusto, cioè fino a metà ginocchio.

-Le gambe sexy?- Justin deglutì silenziosamente, prima di buttarsi a letto con la mano sulla fronte.-Dio santo...-

-Che c'è? Geloso? Vuoi anche tu queste gambe non è vero?- Lo prese in giro alzando e abbassando più volte le sopracciglia.-Mi sta benissimo, ammettilo.-

-Sì, sei carina, ma abbottonati quella camicia e tira giù la gonna.-

-E' fatta così, tesoro, accontentati.- Lo sbeffeggiò svestendosi.-Invidioso.- Aggiunse buttandosi a letto accanto a lui.-Mi ci porterai tu a scuola?- Borbottò grattandosi distrattamente il naso.

-Il mio autista, io, il bus, non so, come ci vuoi andare?-

-Con te.- Disse subito.-A che ora dovrò alzarmi?- Chiese con una punta di acidità nella voce. Era una cosa che più odiava al mondo, svegliarsi presto, sopratutto se doveva andare al lavoro.

-Sei e mezza, sette, dipende da quanto tempo ci metti a prepararti.- Spiegò passandosi la mano tra i capelli.-Allora? Fammi vedere i tuoi accessori scolastici.-

Un cipiglio si formò sulla fronte di Alesha.-Non sono andata a scuola per nove anni, non ricordo nemmeno più come è fatto uno zaino.-

-Perchè non ci sei andata?- Chiese ingenuamente, quasi dimenticandosi del loro discorso di prima. Lei gli aveva dato un altra possibilità e dire che era più che contento era poco. Sognava quel momento da tempo.

-Perchè la odio, trovo sia inutile.- Spiegò mettendosi seduta.-Hai un foglio, una penna o qualcosa del genere? Userò una borsa...-

-Andiamo a fare spese.- La interruppe sorridendo.-Muoviti.-

-Justin! Guarda quanti colori!- Esclamò Alesha indicando lo scaffale dietro il padre, che osservava ogni suo singolo movimento. Era adorabile, nel suo giubbotto rosa schocking.

-Li vuoi? Possiamo prenderli.- Propose afferrando la scatola di acquarelli.

-Davvero?- Chiese con un sorriso raggiante.

-Sì, prendiamo anche questi.- Riempì il carrello, già pieno per i quaderni, le biro, matite, lo zaino e tutto quello che potrebbe servire a scuola.

-Justin, cos'è la china?- Chiese rigirando tra le sue mani una boccetta di inchiostro nero. Lui sospirò, guardandola quasi con compassione. Se non l'avesse lasciata andare, lei avrebbe imparato tantissime cose, probabilmente sarebbe diventata un avvocato o una persona importante.

Invece no, era successo il contrario, come avrebbe recuperato i nove anni di istruzione persi?

-E' un inchiostro nero a base acquosa, lo usano gli artisti...- Alesha lo guardò, senza smettere di sorridere.-Noi potremmo diventare artisti?-

-Soltanto se siamo bravi, potremmo iniziare un corso insieme, ti va?-Propose sperando in un sì, più tempo avrebbero passato insieme, più avrebbero potuto parlare..di tutto.

-Si! Non vedo l'ora,quando iniziamo? Oggi? Domani?-

Justin rise, arruffandole i capelli.-Mi organizzerò stasera, subito dopo cena.-

Alesha batté le mani felice,prima di lanciarsi su di lui per abbracciarlo. Lui quasi non pianse dalla felicità. La sua bambina, la sua bellissima bambina lo stava abbracciando e non odiando, per la prima volta da quando si erano rivisti.

Lentamente, circondò il suo corpo, stringendola il più forte possibile a lui.-Justin! Mi stai schiacciando!- Esclamò ridacchiando. Tristemente, la lasciò andare,tenendola comunque sottomano.

-Quando usciremo ci saranno tanti fotografi, credo ci abbiano visti, cammina a testa bassa ed entra subito in auto, altrimenti ti riempiranno di flash.-

-Okay...-

-Hai bisogno di altro? Abbiamo preso tutto vero? Domani mattina ti darò i soldi per il pranzo e il pranzo in sè, così che tu non abbia fame.- Confabulava tra sé e sé, mentre spingeva il carrello strapieno.

-Non c'è bisogno che tu mi dia soldi, ho dei risparmi, oppure posso mangiare soltanto una volta.- Disse spostando una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

-No, ti darò i soldi comunque, sei pur sempre mia figlia, devo prendermi cura di te,sopratutto adesso che sei qui.- E con quella frase chiuse in modo definitivo il discorso.

Flashback:

-Ti voglio bene.- Disse per l'ennesima volta Alesha,strofinando il naso sul suo collo.

-non funziona. Sono arrabbiatissimo con te. Sei scappata!- la rimproverò il padre picchiettando con le dita sulla sua gamba.

-non sono scappata, ma uscita di casa e basta.- tentò di giustificarsi.-ti voglio bene.- disse lasciandogli un piccolo bacio sulle labbra .

-non abbiamo nemmeno le guardie del corpo, se ci sono i paparazzi!?-

-ci nascondiamo, adesso riposati e dormi un pochino.- ordinò aiutandolo a stendersi sul divanetto.

-non posso, devo accertarmi che tu stia bene.-

-io dormo sopra di te, così se mi sveglio te ne accorgi e lo fai anche tu.- spiegò sentendosi intelligente .

-va bene – sussurrò lui avvolgendola tra le braccia.-ti amo piccolina.-Aggiunse prima di chiudere gli occhi.

-papà, andiamo.- Alesha tirò Justin, incitandolo a camminare più in fretta.

-non posso aumentare il passo se non so dove stiamo andando.- Si lamentò lui, guardandosi attorno. Il posto dove stavano andando non gli piaceva e la possibilità di essere riconosciuto lo preoccupava sempre di più.

-Non ci riconoscerà nessuno e poi hai un berretto in testa!-

-Si, perchè con un berretto non mi riconoscono...-

-Qui pensano a come fare soldi, al lavoro, a mantenersi. Non a scaricare la tua ultima canzone. Magari hanno sentito parlare di te, ma scommetto che non ti riconoscono.- Spiegò prima di fermarsi di fronte alla grande insegna di un ristorante spagnolo.

Justin la guardò dall'alto, inarcando il sopracciglio.-Vivevi qui?-

-Più o meno.- Rispose facendo spallucce.-Entriamo.- Ordinò strattonandogli la mano.

-Perchè? Siamo venuti fino a qui per questo?- Chiese incredulo.

-No, entriamo.- Pochi secondi dopo furono già seduti a tavola, ad aspettare che il cameriere venisse a servirli.

-Quieren ordenar?- Il ragazzo si accigliò, non capendo del tutto ciò che gli era stato chiesto.

-Podemos traer un jugo de uva y una cerveza, por favor?- Domandò gentilmente Alesha. Era l'unica cosa che ricordava, il suo vero papà diceva spesso quella frase. Il cameriere scrisse l'ordine e se ne andò, per prendere ciò che gli era stato chiesto.

-Parli spagnolo?-

-No, è l'unica cosa che so dire.-

-E cos'è la cerveza?-

-Birra.- Rispose sorridendogli.-Mi abbracci?-

Justin sorrise, per poi prenderla in braccio per appoggiarla sulle sue ginocchia.-Allora? Perchè siamo qui?- Sussurrò portandole la ciocca di capelli dietro le orecchie.

-Qui ci venivo sempre con papà e ho bisogno di parlare con una persona.- Disse passandogli la mano tra i capelli.-E' arrivato il mio succo d'uva.- Saltò giù, tornando al suo posto e con una cannuccia iniziò a sorseggiare.

-Alesha! Mi amor, che ci fai qui?- Pablo, il proprietario del ristorante, si avvicinò al suo tavolo, inginocchiandosi per vederla meglio.-Ti ricordi di me?-

Lei annuì, smettendo immediatamente di bere.-Pablo, giusto?-

-Sì, come ma sei qui? Hai bisogno di qualcosa?-

-Di un indirizzo.- Disse tirando fuori dallo zaino un pezzo di carta e una penna.-Devo sapere dove si trova una persona, Luke Smith, per piacere.-

Pablo le sorrise, portando poi lo sguardo su Justin.-Lui è il tuo nuovo papà vero?-

-Si, è bello-bello, non è vero?- Sorrise, facendo ridacchiare entrambi i ragazzi li presenti.-Si, Alesha, hai ragione tu.-

-Però non lo guardare, è mio.- Disse spostandogli bruscamente il viso.-Me lo scrivi l'indirizzo?-

-Certo piccolina, aspetta un attimo.- Le arruffò i capelli,allontanandosi per andare a prendere l'indirizzo. Se vivevi in quella città sapevi che solo Pablo ti poteva dire tutto di tutti. Il paese era piccolo, tutti conoscevano tutti.

-Ecco qui, piccolina. Buona fortuna.- Sussurrò tristemente Pablo, baciandogli la guancia destra. La persona che cercava non l'avrebbe trovata facilmente-Offre la casa.- Aggiunse lanciando una veloce occhiata a Justin.

-Grazie mille.- Rispose Justin facendo cenno ad Alesha di avvicinarsi. Ora gli toccava soltanto capire chi fosse Luke Smith e perchè Alesha si era fatta tutta quella strada per raggiungerlo.

  
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