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Autore: Ashbear    15/03/2015    2 recensioni
Rinoa e Squall. È la caduta che definisce il tuo cammino attraverso la vita. È come continui a vivere dopo la caduta che definisce chi sei. In un secondo, un proiettile ha cambiato tutto. Se le parole che hai confessato non dovevano essere sentite, non sarebbe abbastanza cancellare il passato?
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Rinoa Heartilly, Squall Leonheart, Zell Dincht
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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AFTER THE FALL
di Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly
~ Capitolo XXXIV: Wrongs Darker than Death or Night ~

Nella stanza, c'erano due estranei, due amanti, due persone legate nello spirito, ma che erano cadute nell'accumulo dei loro desideri. Rimanevano due sconosciuti che cercavano di trovare un terreno comune. Squall cercò di fare un sorriso rassicurante, ma persino lui sapeva che il gesto sarebbe risultato forzato. Rimase in silenzio, appoggiandosi contro lo stipite della porta del bagno. Nel profondo, si chiedeva dove sarebbero andati da lì; c'erano troppe ferite da guarire? Lei voleva anche solo andare avanti?

Rinoa si agitò sul letto, facendo correre leggermente le dita sulla coperta, con le ginocchia ancora strette al petto. Sapeva che questo silenzio non poteva durare. Senza averne l'intenzione, sospirò forte. Non era così che avrebbe voluto spezzare la tensione. Ad ogni modo, le diede un'apertura; avrebbe tentato di avviare una conversazione, per quanto flebile potesse sembrare.

«Tutta questa faccenda deve essere strana per te, voglio dire, non avere il comando del Garden... beh, intendo il comando con-le-mani-in-pasta a cui sei abituato.»

C'erano probabilmente ben più di mille cose strane in quella situazione, ma lei cercò di concentrarsi solo su una. Nel passato, quando tutto il resto falliva, con lui... c'era sempre il lavoro.

Squall fu sollevato per l'inizio, che fosse stata sua intenzione o no. Probabilmente lo era stata, dato che si erano bloccati. Era strano come ora si fosse chiuso il cerchio e lei avesse in realtà iniziato con l'argomento lavoro, qualcosa che in passato aveva avuto forti limitazioni. Spostandosi dalla porta, lui si sedette con cautela in fondo al letto, lasciandole molto spazio personale. Confini - questa faccenda riguardava ancora parecchio il riconoscere i limiti.

Non sapeva se questo tentativo di conversazione civile sarebbe finito per essere una lama a doppio taglio e nessuna risposta sarebbe stata sufficiente. Aveva conosciuto i giochi di Rinoa in passato, ma sapeva anche che nessuno dei due rientrava in quei ruoli infantili; erano successe troppe cose, erano state tradite troppe emozioni. Erano entrambi cresciuti in tanti modi, e lui era grato per qualsiasi forma di comunicazione verbale, a quel punto. Superficiale o no, valeva bene il rischio.

«Su questo hai ragione» iniziò, anche se mancava della sua solita sicurezza di sé. «Tutta questa missione è stata strana. Posso dirlo con la massima sicurezza. Nelle ultime settimane, l'unica persona che sono riuscito vagamente a comandare è Zell.» Riuscì a fare un piccolo sorriso a quella rivelazione. «Questo è andato liscio quanto ci si può aspettare. Tutta questa esperienza è stata estenuante... emotivamente e fisicamente.»

«Scommetto che non vedi l'ora di tornare a casa.»

Lei si rese conto subito che la sua frase poteva essere interpretata in due modi. In uno, significava allontanarsi da lei e tornare al Garden. Non era questo che aveva voluto dire... giusto? No, assolutamente no. Perché diavolo stava anche solo mettendo in discussione le sue stesse motivazioni, adesso? Non voleva che lui se ne andasse, ma comunque doveva rimanere ragionevole. Questo era impossibile... la loro relazione non avrebbe mai funzionato. Erano due persone diverse, ed entrambi vivevano vite separate, eppure ugualmente importanti. L'errore di quella sera sarebbe giunto alla fine; l'unico punto di domanda che rimaneva riguardava il 'quando'.

«Sono sicuro che il Garden stia andando benissimo» disse lui, rimanendo positivo.

Squall aveva un'enorme fiducia nei suoi subordinati, in più, ovviamente, l'aiuto della Preside di Trabia era impagabile.

«So che Shu si sta occupando di varie cose. Non c'è niente nelle operazioni quotidiane del Garden che lei non sappia gestire. Per non parlare del fatto che con Lauren come Comandante ad interim, probabilmente farà andare quel posto meglio di quanto abbia mai fatto io.»

E con quello, tutte le precedenti riserve di Rinoa arrivarono di botto. In qualche modo, nel mezzo delle sue illusioni autoindotte, aveva permesso che il fattore più importante della vita di Squall le sfuggisse. L'uomo che sedeva a un braccio di distanza, vestito solo di una salvietta, l'uomo con cui aveva aveva appena fatto l'amore, l'uomo a cui aveva permesso di rompere la sua barriera emotiva... aveva una fottuta ragazza.

La sua 'memoria selettiva' era intenzionale? La sua dimenticanza era un atto del destino? O la sua mente era solo in fase di negazione completa e totale?

Rinoa era stata così persa nella fantasia, nell'intimità, che tutta la sua razionalità era stata gettata da parte. Chiuse gli occhi e si strinse più forte le gambe, desiderando di liberarsi dei suoi peccati. Non se ne sarebbero andati. Sapeva che le sue trasgressioni erano destinate a rimanere eterne.

Non appena lui vide la sua reazione, si rese conto dell'errore. Non che stesse cercando di nascondere la sua relazione con Lauren; questo non era ciò che lei era nella sua vita. Lui lo aveva capito, Lauren lo aveva capito, ma come diavolo l'avrebbe mai capito Rinoa? Dubitava che anche solo i suoi amici capissero, ed erano stati con lui sin dall'inizio della cosiddetta 'relazione'.

Era deluso dal modo in cui aveva gestito la situazione. Ancora una volta, la stava ferendo... e anche se avesse provato a spiegarle perché non avrebbe dovuto sentirsi ferita, sarebbe sembrato un cretino insensibile anche peggiore. Avrebbe gettato la spugna; la 'spugna' era comunque tutto ciò che aveva in quel momento, sia figurativamente che letteralmente. Non si sarebbe tirato indietro, non poteva. Quello che avevano andava ben oltre la norma. Valeva la pena lottare; lo aveva capito solo tre anni troppo tardi.

Ma lo aveva capito... e in quel momento, era tutto ciò che importava.

Squall sapeva che qualsiasi cosa avrebbe detto sarebbe stata difficile per entrambi; per lei per il semplice sentire le parole, e per lui per il tentativo di affermare chiaramente, beh... cosa diavolo fosse Lauren per lui. Sapeva una cosa con dannata certezza, lei non era la sua ragazza, secondo nessuna delle definizioni standard di quella parola. D'altra parte, la verità non sembrava migliore. Desiderava solo che ci fosse un modo per poter comunicare la verità senza dover dire le parole. A un certo punto, Cavaliere e Strega erano legati, e le emozioni erano quasi trasparenti nelle loro menti, ma quello era il passato, e non poteva indugiare sulla storia non scritta.

A quei tempi, non era mai riuscito bene a cercare di esprimere le sue emozioni e lei non lo aveva mai pressato, ma adesso lui avrebbe pressato se stesso. La sua determinazione avrebbe deciso il suo futuro, il loro futuro. Avvicinandosi di qualche centimetro, si allungò per toccarle il braccio; desiderò che lei lo guardasse e gli desse un segno di speranza.

Non lo fece.

«Non toccarmi.»

Lei sentì il suo tocco, ma era emotivamente troppo svuotata per sentire altro. Rinoa era arrabbiata con se stessa, arrabbiata con lui, arrabbiata con la situazione in generale. Tutto ciò a cui riusciva a pensare era che con quell'unico gesto era diventata proprio la persona, proprio la cosa contro cui aveva combattuto anni prima.

Quando viveva al Garden, aveva sentito i mormorii, i pettegolezzi, le dicerie... Le aveva sentite tutte, da studenti e insegnanti indistintamente. A volte, le bugie la irritavano, ma trovava forza nel sapere la verità. Indossava quella dannata facciata di sorriso, camminava con la dignità e il rispetto di sé intatti. Non avrebbe permesso a loro e alla loro cattiveria di infastidirla. Perché allora avrebbero vinto loro. La sua relazione con Squall non era una decisione degli altri. Era solo tra loro due ciò che contava davvero, Strega e Cavaliere.

Loro sapevano la verità - il resto che andasse all'inferno.

Non c'erano magie, incantesimi, o qualsiasi forma di magia come piaceva speculare all'infinito agli studenti del Garden. Lei non lo aveva mai rubato a nessuno. Poteva averlo 'preso in prestito' a volte dal Garden, perché sfortunatamente lui apparteneva al lavoro sempre e comunque. Nessuno gli avrebbe mai fatto tradire il suo impegno con la SeeD. Il Garden era la sua casa e il suo sostentamento.

Sempre.

Era una dura realtà da accettare, ma lei aveva iniziato a farlo... fino al giorno in cui i ruoli di Comandante e di Cavaliere si erano scontrati. Lui aveva scelto da che parte stare. Forse era sulla base di quella realtà che quella notte sembrava così tanto incredibile - per una volta nella vita, almeno dal suo punto di vista, lui aveva finalmente scelto prima lei... solo una volta. Forse non stava pensando razionalmente. Cosa c'era di razionale in quello che lei... no, loro avevano fatto?

Perché ora, perché dopo il suo adulterio... lei era diventata la persona, il mostro, la Strega che le masse l'avevano sempre accusata di essere. Lo aveva rubato a qualcun altro - aveva preso il suo corpo e la loro integrità.

«Puoi dirmi di andarmene e uscirò» iniziò lui piano. «Ma vorrei che tu sapessi la verità... o se vuoi soltanto che io esca da quella porta e non torni mai più, lo capisco. Merito anche quello.»

Gli si fermò il cuore quando lei non diede alcuna risposta - non una parola, non un sospiro, nemmeno un respiro. Era silenziosa come la morte. Era inquietante in maniera spaventosa. C'era una scelta da fare, e in quella follia lui l'avrebbe fatta per entrambi. Lei avrebbe sentito la sua confessione e poi avrebbe scelto se fare pace.

C'era qualcosa di così imbarazzante nella posizione in cui stava seduto, qualcosa che lo metteva a disagio. Forse a quel punto non si vedeva come un pari di Rinoa. Lentamente scese dal letto, e fece un passo esitante verso di lei. Quando non vide alcuna reazione, protesta o altro, continuò a muoversi.

Si portò al suo fianco e si inginocchiò accanto a lei seduta. Posò i gomiti sul letto e tenne la testa bassa. Non la guardò, né lei fece un tentativo di guardarlo. Le avrebbe confessato tutti i suoi peccati a prescindere dal prezzo; onestamente, non c'era null'altro da perdere, a quel punto.

Una settimana prima aveva ficcato il naso nella sua vita, ascoltando parole che dovevano essergli dette solo in morte. Avrebbe restituito quel gesto, al meglio delle sue capacità. Non era un gioco alla pari, ma era il meglio che potesse offrire. Poteva offrire parole che venivano dal cuore, anche se erano parole che lei avrebbe potuto non voler sentire.

«Rinoa, io...» iniziò, ma poi, dopo due parole, perse la sicurezza che era riuscito a raccogliere. Doveva lasciar andare la paura; era ancora paralizzante, a volte.

«Questa non è esattamente una cosa da me... ma non so cosa altro fare... quello che ho sentito al funerale non era giusto, o remotamente etico... parte di me sapeva che non avrei dovuto ascoltare, un'altra parte pensava solo alla speranza. Non sono orgoglioso delle mie azioni.»

Alzò lo sguardo, cercando di valutare una risposta. Lei ancora completamente immobile, e non rispondeva né a gesti né a parole. D'altra parte, non lo stava colpendo con un giro di Ultima, quindi la prese come una cosa positiva e continuò.

«Non posso cambiare il passato, o chi siamo diventati, ma il fatto è che parlavi con me al funerale. Le parole che ho sentito non possono essere rimangiate più di quanto possano esserlo quelle che ti ho detto io. L'unica cosa che posso fare è cercare di spiegare al meglio delle mie capacità... non sono sicuro che ti piacerà quello che ho da dire, ma sono sicuro che non possiamo andare avanti senza che io lo dica...

«Quando sei arrivata nella mia vita, tutto quello che sapevo è cambiato. Non eri solo tu, ma ogni aspetto di chi ero sembrava sparire. Mi perdevo così tanto in me stesso, a volte. Quando eravamo insieme, era tutto - era una vita diversa, ad imparare ad amare, è stata la parte migliore della mia vita... ma mi sentivo anche come se fosse la peggiore. Passavo dal sapere solo una cosa al cercare di sapere tutto... Dio, era così estenuante, a volte.»

Persino in quel momento, sentiva la sua mente che scivolava in quel posto più oscuro, ma non poteva permetterlo, non lo avrebbe permesso. Lei gli aveva insegnato a combattere non un nemico che si poteva vedere, ma quello che giaceva in lui.

«E lì è quando è iniziato e finito... i sentimenti erano così travolgenti, consumanti, e ci voleva ogni grammo della forza che avevo mai avuto per combattere. E poi un giorno non potevo e basta. Ho smesso di combattere. Non ricordo, ma ricordo alla fine di essermi arreso e basta... non era mai una cosa sola; era una combinazione di tutto. Non posso dire che tu non fossi parte del motivo, perché lo eri... noi lo eravamo.

«Semmai, dimostrava solo i punti diversi in cui eravamo nella vita. Quello che era quasi impossibile per me non era abbastanza per te. Non mi sono mai sentito come se potesse bastare, come se io potessi bastare. Non posso cancellare quello che ho detto nel mio ufficio. Sarà sempre tra noi, a prescindere da tutto... credo che si riduca tutto al capire il mio conflitto - sia il tuo stato mentale che il mio. Parte di me voleva che tu ti sentissi come mi sentivo io... non è giusto, ma è proprio quello che sentivo, dannazione. Era tutto - colpa, rabbia, risentimento, odio, paura, e qualunque cosa fosse... non era giusto. Era fallimento."

Non si era affatto aspettata questo. Si era preparata a sentir parlare della sua ragazza, non a sentire un livello di onestà che non aveva mai sognato. Non si era mai aperto con lei a quel modo. Erano sempre stati frammenti qui e lì, e di solito solo per la sua costante insistenza. Anche se erano solo domande fantasma nella mente di lui, a lei non sembrava interessare. Avrebbe preso ogni minima scheggia che avrebbe ottenuto. Avevano entrambi la loro parte di crescita da fare... Lei sapeva che lui sentiva la pressione di arrivare a qualche assurdo standard in ogni aspetto della sua vita. Non poteva essere tutto per tutti, per quanto ci provasse.

... Un giorno... un giorno... beh, sapevano entrambi come era finita. Le bugie e il sangue.

C'era così tanta apertura nelle sue confidenze che ancora una volta si trovò a dubitare della sua stessa sanità mentale. Era come se quel momento, parole dure e tutto il resto, definisse tutta la sua vita. Anche dopo anni separati, lei sentiva il tumulto interiore. Eppure lui lo stava facendo.

Fu solo per un breve secondo, ma lei lo guardò. Non poteva più combattere contro se stessa. Proprio come poco prima, non voleva farlo. Questo era diverso, però, questo andava ben oltre un legame fisico. Questo era qualcosa di davvero sconosciuto per entrambi.

Certo, ancora non si era parlato della sua ragazza. La cosa avrebbe dovuto disturbarla di più, a quel punto, ma non voleva rinunciare al dono che le era appena stato dato, anche se incapace di rispondere. O onestamente, non aveva idea di come farlo...

Lui non aveva idea di star dicendo tutto quello, ma come lei al funerale, si trovava in un posto e un momento della vita dove parlare era davvero necessario per entrambi. Sapeva anche di dover affrontare la faccenda di Lauren. Come si spiega che la sessualità e l'aggressione sono in qualche modo legate - che la repressione e la negazione qualche volta non sono nella forma più ovvia?

«Lei non è davvero la mia ragazza» disse semplicemente. A quel punto, pensò di aver sentito un leggero suono di scherno, ma era così attutito che poteva averlo immaginato.

«Rinoa, quando porti via tutto, cosa rimane? La vita al suo nucleo ha molto poco, e io ero proprio lì... i bisogni di base della vita. Dovevo lavorare per riportarmi in cima, senza mai darlo a vedere al mondo. Ed ecco cosa era Lauren; soddisfaceva un bisogno primario.»

«Non è da te.» Rinoa interruppe infine il suo silenzio, un po' colta alla sprovvista dal suo ultimo commento. Lo conosceva; lui stava in guardia. Permettere a qualcuno di entrare nella sua vita a quel modo andava contro quel principio.

«Non lo era. Almeno non come quando mi conoscevi... questa era convenienza. Ottenevamo entrambi qualcosa. Lei voleva una possibilità per fare carriera al Garden, io avevo bisogno di uno sfogo.»

«Mi stai dicendo che non ti importa di lei?» Lei lo guardò confusa. Quanto ignorante la credeva? Li aveva visti insieme; li aveva visti ballare al matrimonio. Quello che lui stava dicendo era una completa cretinata.

«No, non posso dirtelo, perché ci tengo» ammise onestamente, sorprendendo persino se stesso.

Ci teneva a lei, ma solo nel contesto della loro relazione. Era diventata un'accettazione graduale, nata da un tratto comune reciproco. Era una specie di amicizia fine a se stessa, ma non avrebbe cercato di negare che c'era una qualche emozione. Pensava che lei sarebbe stata più scioccata dalle sue parole. Per un momento, però, lei sembrò quasi leggermente sollevata. Ad ogni modo, poteva essere un'immaginazione iperattiva - non che lui fosse mai stato accusato di avere un'immaginazione iperattiva.

«Rinoa, per quanto sembri orribile... lei per me è come una conoscenza di lavoro, come un'amicizia con Shu. Lauren e io non abbiamo un passato come con Selphie o Quistis; non c'era un impegno a lungo termine. Non c'era un vero legame emotivo. Se finiva, finiva. In un certo senso, lei era quello che ero io prima... potevo vedere me stesso in lei. Gli aspetti fisici erano solo fisici... dopo tutto quello che era successo avevo bisogno di qualcosa - uno sfogo. Suppongo che la realtà sia che avrei potuto rivolgermi alle droghe o all'alcol, ma come diavolo avrei mantenuto la dannata facciata allora? Lei mi teneva sotto controllo se iniziavo a dimenticare chi avrei dovuto essere - Squall Leonhart, Comandante del Garden di Balamb. Ecco chi ero per lei, cosa era lei per me.»

Non aveva mai cercato di spiegare la sua relazione a parole. A un certo punto, uno dei terapisti aveva detto che era una forma di automedicazione. Non gli importava nemmeno, aveva sentito abbastanza teorie, statistiche e stronzate da bastagli per una vita. Nulla di tutto questo sembrava essere d'aiuto, secondo lui... d'altra parte, c'era un pregiudizio - forse lo era stato, era qui adesso. Eppure, la maggior parte delle ragioni che aveva trovato per muoversi era sempre stata lei e come lei lo avrebbe considerato. Come aveva pensato al matrimonio, non voleva che la loro relazione fosse invano. Lei gli aveva insegnato così tante cose; non voleva perdere tutto quello che aveva guadagnato.

«Se hai domande, risponderò meglio che posso» sussurrò, sperando che lei dicesse qualcosa.

Qualsiasi cosa.

Quando lei non rispose, si alzò, assicurandosi che la salvietta gli rimanesse ben salda intorno alla vita. Non c'era altro che poteva fare. A dire il vero aveva sorpreso se stesso; le aveva confessato molto più di quanto avrebbe mai pensato di essere capace di fare. Quando si mosse, sentì il dolore al petto. Sembrava sempre che pulsasse, con certi movimenti. Anche quando era fuori con lei, gli aveva dato fastidio, ma non gli era importato allora e non gli importava adesso. Ci pensava, però; pensava a come quel proiettile avesse cambiato la sua vita... pensava a quanto fosse stato davvero vicino a morire. Forse era per questo che aveva trovato la forza di parlare con il cuore, in quel momento. Aveva bisogno di quella pace interiore.

Di solito, c'era una possibilità sola nella vita, ma in qualche modo a lui ne era stata concessa un'altra. C'era qualcosa che aveva bisogno di dire a Rinoa, di chiarire, prima di uscire di nuovo dalla sua vita. Aveva sempre accettato la sua responsabilità nella loro separazione, ma nulla era al cento per cento. A quel tempo, pensava che fosse stata completamente colpa sua. Il tempo e la distanza avevano un modo di farlo riflettere diversamente sul comportamento - sia il proprio che quello di lei. La guardò: era ancora seduta immobile sul letto, identica nella posizione di quando aveva iniziato. L'avrebbe sempre ricordata così; avrebbe ricordato il suo dolore.

«Va bene, capisco... ti auguro ogni bene. Ma c'è una cosa che hai detto al funerale che mi ha turbato... hai detto che hai aspettato che ti seguissi... e non l'ho mai fatto. Ma Rinoa, l'ho fatto. So che non era il grandioso gesto di presentarmi alla tua porta che volevi... non era la favola. Ma pensandoci, ti ho seguita. Non saprai mai quanto è stato difficile per me anche solo guidare fino alla stazione... è stata la cosa più dannatamente difficile che ho mai fatto nella vita, e poi tu sei salita sul treno... so quello che ho detto, e so quanto ti ho ferito, e volevo poter essere lì a dire le parole giuste. Trovare la cosa che ti avrebbe fatto rimanere. Non ci sono riuscito... ma il fatto è che io c'ero. Era tutto quello che potevo offrirti, allora... solo che non era abbastanza. Vorrei che lo fosse stato, ma forse è stata la cosa migliore.»

Ed era tutto quello che poteva dire. Quando lei ancora non disse nulla, lui seppe che era stata fatta una scelta. L'avrebbe accettata. Faceva un male del boia, ma sarebbe sopravvissuto anche a questo. Sarebbe stato un lungo cammino verso casa, ma almeno poteva dire di aver fatto il viaggio. Camminò intorno al letto e si fermò alla porta che dava sul corridoio solo per un ultimo sguardo. Egoista, sì, ma non gli importava. Avrebbe preso le sue cose dall'asciugatrice e se ne sarebbe andato. Non importava se erano ancora bagnate. Non aveva davvero più importanza.

«C'è una stanza per gli ospiti dall'altra parte del corridoio.» La voce di Rinoa era roca e strozzata.

«Ok» replicò lui.

Lo sapeva, lo sapevano entrambi. Era un passo. Lei non voleva che lui se ne andasse. Lui non lo avrebbe fatto.

*~*~*~*~*

Ad un certo punto, durante la notte, era scivolata in un sonno tranquillo. Rinoa era così stanca che il sonno era arrivato più semplicemente di quanto si aspettasse. Dopo che lui era uscito, si era tolta i pantaloncini e la maglietta, e si era messa una camicia da notte più comoda. Si era quasi addormentata non appena aveva chiuso gli occhi. Per la prima volta in settimane, gli incubi non la perseguitarono. Era solo un sonno profondo e naturale di cui c'era davvero molto bisogno.

Onestamente sarebbe potuta rimanere a letto fino alla settimana successiva; il suo corpo e la sua mente potevano entrambi usare quel tempo per guarire. Sfortunatamente, il destino non fu così gentile. Non fu il suono della sveglia a svegliarla, ma il suono acuto dell'abbaiare irritato di Angelo. In un solo batter d'occhio, cercò di riacquistare l'equilibrio.

Ogni sensazione della sera precedente era un vivido ricordo. Si rese conto velocemente che nel corso della notte aveva dimenticato della sua dichiarazione di voler tornare al lavoro. In teoria, era un buon modo per aiutarla a continuare la propria vita, il giorno prima. Ad ogni modo, 'continuare la propria vita' quel giorno significava qualcosa di completamente diverso.

«Merda» borbottò sotto voce. Era decisamente una di quelle rare occasioni nella vita in cui sentiva il bisogno di imprecare. Dopo l'ultima settimana, si era guadagnata la possibilità di averne qualcuna in più.

L'ultima persona che aveva bisogno di vedere era Zone. Erano così tanti i modi in cui quella frase suonava vera. Se non c'era abbastanza imbarazzo tra loro, questo l'avrebbe fatta sentire del tutto brutale. Afferrò un accappatoio e si diresse al piano di sotto, zittendo nel frattempo Angelo. Stava già pensando a che scusa avrebbe usato. Fortunatamente, date le circostanze, dire soltanto "non penso di essere pronta" sarebbe dovuto bastare.

Eppure, il più grande ostacolo sarebbe stato convincere Zone ad andare al lavoro da solo. Sapeva che probabilmente avrebbe voluto restare con lei così che non fosse sola - e lei non era sola, lì stava l'enorme problema. Avrebbe dovuto fare attenzione a come dirlo. Non voleva sembrare troppo aggressiva e dargli un'idea sbagliata. Rinoa considerava ancora molto la sua amicizia; d'altra parte, aveva cercato di proposito di evitarlo dopo il bacio. Quindi perché questo era diverso?

«Gah» si schernì mentalmente, ricordando senza averne l'intenzione il bacio. Prima era solo un po' imbarazzante, ora aveva raggiunto proprio tutt'altro livello di imbarazzo.

Aprì la porta, sperando di farla finita in fretta. Ad ogni modo, quello che non si aspettava era di vedere qualcuno che non fosse Zone alla sua porta.

«Zell» disse Rinoa con sollievo; probabilmente non era la reazione che si aspettava lui. Era enormemente grata di avere una tregua, anche se era momentanea. Le avrebbe dato un altro minuto per ricomporsi. In più era Zell; le era mancato moltissimo negli anni.

Indossava una felpa grigia con il cappuccio, che si era tirato sopra la testa, e aveva le mani in tasca con fare disinvolto. Lui la guardò con un sorriso ironico.

«Posso capire dalla tua mancanza di shock di essere nel posto giusto.» Qualsiasi dubbio avesse su dove si trovasse Squall venne completamente cancellato.

Lei riuscì a fare una risatina. «Oh sì, come va con quel coma?»

«Un'eccitazione dopo l'altra.» Si chinò in avanti. «Uhm... posso entrare prima che qualcuno mi veda?»

«Oh mio Dio, non stavo pensando proprio. Mi dispiace così tanto.» Si sentiva estremamente stupida. Ovviamente lui si sarebbe sentito a disagio. Stare alla sua porta non era esattamente il codice da manuale SeeD riguardo al lavoro anonimo e sotto copertura.

Lui entrò in fretta e lei chiuse la porta alle sue spalle. Lei dovette sorridere. «Hey, almeno hai usato la porta principale - una scelta molto più logica.»

«Cosa, ha deciso di fare qualcosa di più teatrale? Tetto, porta sul retro, scasso e violazione di domicilio?»

«A dire il vero... penso che tecnicamente sia riuscito a farle tutte.» Si fermò, e prese un tono più serio. «Dio, Zell, sono così contenta che tu stia bene.»

Si sporse istintivamente in avanti, abbracciandolo. Lui ricambiò il gesto, anche se riuscì ad abbracciarla con un braccio solo; l'altro era ancora dolorante.

«Beh, Rin, a dire il vero anche io sono contento di stare bene. A dire il vero sono anche più contento di essere fuori da quel dannato furgone.»

«Furgone?» domandò lei.

«Ah, a quanto pare non sei proprio informata su questo, e onestamente credo che sia una buona cosa. Fa venire gli incubi, giuro.» Sorrise ironicamente, ridendo un po' tra sé e sé. «Allora, mi pare di capire che tutto è... beh... voglio dire tu e lui siete... uhm...»

L'esperto di arti marziali esitò momentaneamente, grattandosi la nuca. Non era sicuro di come chiedere a che punto fosse la ex coppia. Normalmente, avrebbe detto che le relazioni dei suoi amici non avevano nulla a che fare con lui, ma date le circostanze, aveva tipo qualcosa di investito in questa situazione.

«Ci stiamo lavorando» disse una voce maschile dalla ringhiera delle scale.

Squall aveva sentito il campanello e aveva preso le sue cose dall'asciugatrice. Dopo essersi vestito, aveva iniziato a scendere le scale, ascoltando prima per vedere chi fosse.... aveva i suoi sospetti, ma ora erano confermati. Solo Zell avrebbe usato la porta principale. Ora era lì, a guardare il suo compagno di squadra dal fondo delle scale. Il Comandante non poteva dire di essere sorpreso dal suo arrivo. Semmai era scioccato, e molto grato, che il suo amico non si fosse fatto vedere qualche ora prima.

«Squall» rispose Zell prontamente.

Rinoa notò che la postura quasi scomposta dell'esperto di arti marziali si fece più rigida e impettita. Pensò quasi che fosse sul punto di fare il saluto militare al Comandante, ma quel pensiero passò quando notò che i due sembravano impegnati in una battaglia di sguardi. Sentì la tensione inondare in fretta la stanza.

Aveva senso; aveva abbandonato Zell, più o meno... ok, non poteva negare i fatti, era decisamente nella categoria dei 'più'. Poteva completamente capire perché l'esperto di arti marziali fosse più che un poco scocciato. Comunque, si chiese come mai Squall sentisse il bisogno di difendere la sua posizione. Non che avesse l'abitudine di cedere, ma data la situazione pensava che si sarebbe lasciato un po' andare.

Il Comandante continuò ad avanzare fino a quando tutti e tre furono accanto alla porta d'ingresso. Di nuovo, rimase ad esaminare Zell prima di incrociare le braccia; era quasi come se stesse sfidando Zell a fare la prima mossa. Quando il silenzio continuò, Squall si trovò ad essere il primo ad affrontare l'impasse.

«Allora, facciamola finita. Cosa pensano di farmi?»

*****
Nota della traduttrice: ok sono pessima, sono settimane che mi dico "oggi aggiorno" e poi nulla. E' successo di tutto, tra cui l'inevitabile sostituzione de pc, con relativo spostamento dei dati, e soprattutto sto lavorando alla mia prima vera traduzione letteraria :) Spero di essere più regolare, promesso.
Come sempre ogni recensione e commento, anche in messaggio privato, sarà tradotto e inviato all'autrice, e ogni eventuale risposta verrà poi riportata qui. Per chi volesse tenersi aggiornato sulle mie traduzioni (in questo e altri fandom), lascio il link alla mia pagina facebook (dove segnalo sempre quando aggiorno) e alla mailing list. Alla prossima! - Alessia Heartilly

   
 
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