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Autore: xX__Eli_Sev__Xx    16/03/2015    2 recensioni
Incredibile quanto la guerra e la perdita possano sconvolgere la vita delle persone.
Ellie Nightshade e Henry Faircross lo sanno bene.
Nella prima guerra contro Valentine entrambi hanno perso tutto: la propria famiglia, la propria casa, le proprie certezze...
Quando Magnus Bane li porta via da Idris diretto all'Istituto di New York, sono ben consci che l'unica cosa su cui potranno fare affidamento sono loro stessi.
Per questo decidono di diventare Parabatai.
Perché avere un Parabatai vuol dire proteggersi a vicenda, amarsi incondizionatamente, essere amici, fratelli ed essere pronti a sacrificare tutto per la felicità dell'altro: essere una famiglia.
Quando la guerra mortale minaccerà di distruggere ogni cosa ancora una volta, i Cacciatori dell'Istituto di New York si ritroveranno a combattere non solo contro i Demoni evocati da Valentine e Sebastian - intenzionati a creare una nuova stirpe di Shadowhunters - ma anche contro quelli che si annidano nelle loro anime e dovranno essere pronti a perdere tutto pur di proteggere coloro che amano.
Genere: Angst, Avventura, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Love Turns to Ashes


XIII
Fraintendimenti

 

 Attraverso l’Istituto di corsa. Quando arrivo davanti alla biblioteca tento di ricompormi e poi busso. La voce di Maryse Lightwood risuona dall’interno.
  - Posso? -  chiedo, aprendo la porta.
 Lei annuisce, è seduta alla scrivania e sta leggendo dei documenti probabilmente consegnati dal Conclave all’Istituto. Adesso è lei la direttrice.
  - Siediti. -  mi dice con voce severa. Mi siedo davanti a lei e attendo che parli.  - Stanno arrivando atri membri del Consiglio. -  mi informa  - Dobbiamo farti qualche domanda. -  conclude.
 Domande? Su cosa?
 Non chiedo spiegazioni perché ho l’impressione che non me le darà. Alec mi ha detto che è molto nervosa ultimamente, perciò decido di tacere e aspettare l’interrogatorio.
 
 Quando i membri del Consiglio arrivano, stringo la mano a tutti.
 Loro mi rivolgono sguardi carichi di apprensione o preoccupazione. C’è anche Robert Lightwood che mi sorride rassicurante.
 - Allora, Eleanor. -  comincia l’Inquisitore, Imogene Herondale,  - Parliamo della battaglia con Valentine. Come ti sei accorta che era entrato nell’Istituto? -  la sua voce severa mi fa rabbrividire.
 - Mi trovavo in cucina con Isabelle e Tom e qualcuno ha attraversato il Portale della biblioteca. Così sono andata a vedere chi potesse essere stato e ho trovato Valentine. -  spiego.
 - E c’era anche Jonathan con lui, vero? -  domanda.
 Mi ci vuole un momento per capire a chi si riferisca, poi ricordo la storia di Jace.  - Sì. -  confermo.
 - Prima di raggiungere la biblioteca hai incontrato qualcun altro? -  
 - Sì, due Shadowhunters seguaci di Valentine. -
 - Come si chiamavano? -  chiede.
 Ma che domanda è? Che ne so, io?  - Non lo so. Non si sono presentati, prima di sguainare le spade. -  dico.
 - Dopo la colluttazione, cos’è successo? -  sta prendendo appunti su un taccuino. 
 - Ho tentato di fermarli, ma ero disarmata. Così mi hanno messa al tappeto e poi mi hanno portata in biblioteca e lì ho visto Valentine e Jace. -  racconto. A testimonianza delle botte ricevute ci sono ancora i lividi sul mio volto.
 - Adesso parliamo di Hodge Starkweather. -  quando pronuncia il suo nome sento una fitta allo stomaco. Nessuno ne ha più parlato dopo quello che è successo. È farlo ora, dopo una settimana, mi fa male. Risveglia tutte le brutte sensazioni che ho provato quando ho capito che ci aveva traditi.  - Lui ha aiutato Valentine, non è così? -  annuisco  - Cosa ha fatto quando ha visto che i due Cacciatori ti avevano fatto del male? -
 Sento un groppo formarsi in gola e l’immagine di Hodge che mi passa accanto senza fare nulla mi balena nella mente.  - Nulla. -  sussurro e una lacrima mi riga la guancia.
 La donna lo nota.  - Su via, in quanto Shadowhunter dovresti essere preparata e questo tipo di situazioni. La perdita fa parte della vita dei Cacciatori. -  dice.
 Sollevo lo sguardo e vorrei tanto insultarla, urlare addosso, ma mi trattengo. Distolgo lo sguardo per non vedere il suo ghigno disgustato quando a quella lacrima ne seguono altre.
 - Credi che sia stato lui a far entrare Valentine nell’Istituto? -  domanda.
 - Forse. Non lo so. -  concludo.
 - Credi che vi abbia usato per tutto questo tempo? -  ipotizza cercando i miei occhi.
 Usato? Il pensiero non mi aveva sfiorato. Insomma, lo considero un traditore, ma l’idea che possa avermi usata e che non abbia veramente mai provato vero affetto nei miei confronti è come una pugnalata al cuore. - Non lo so. -  affermo, voltandomi nuovamente verso di lei  - Ma resta il fatto che ci ha traditi. -
 - Già. -  conferma  - Forse il tuo errore è stato considerarlo come un padre. -  mi dice, come se fosse una confidenza  - Come ho detto la morte e la perdita fanno parte della vita dei Cacciatori. Essendo a conoscenza di questo, non ci si dovrebbe affezionare così tanto alle persone. -  conclude.
 Sollevo lo sguardo di scatto.  - Chiunque abbia un briciolo di cuore si affeziona a qualcuno. Non si può passare la propria vita da soli. Anche l’amore e i sentimenti fanno parte della vita degli Shadowhunters. -  ribatto.
 - Sei solo una ragazzina. Non puoi sapere come va il mondo. -  afferma lei  - Questa è solo una delle prime persone che perderai. Succederà molte altre volte. -
 Vedo Maryse e Robert abbassare lo sguardo.
 I volti dei miei genitori mi balenano nella mente. Io non so nulla? Adesso basta.
 - Non è la prima persona che perdo. I miei genitori sono morti a Idris. Li ho visti morire. -  replico  - So cosa vuol dire perdere una persona. E credo che sia legittimo sentirsi furiosi quando qualcuno tradisce la tua fiducia. -  concludo, poi senza attendere oltre mi alzo, saluto ed esco dalla biblioteca. Appena mi sono richiusa la porta alle spalle, mi metto a correre.
 
 Raggiungo la serra sul tetto dove posso dare sfogo alla mia rabbia.
 Piango tutte le lacrime che ho. Grido e sbraito, tanto so che nessuno, a parte gli abitanti dell’Istituto, possono sentirmi. Sento un dolore tremendo alla bocca dello stomaco.
 Perché, Hodge?
 Perché l’hai fatto?
 Lo consideravo come un padre. Credevo di potermi fidare di lui.
 Gli volevo bene e lui aveva detto di volerne a me.
 Era tutta una bugia. Una grande menzogna.
 Perché ha scelto di tradirci?
 
 - Ehi, stai bene? -  mi chiede Tom abbracciandomi. Sono davanti alla porta della mia stanza, mi sono appena fatta una doccia e stavo uscendo per andare a cenare.
 - Sì. -  sussurro. Mi sono sciacquata il volto più volte per cancellare i segni delle lacrime, ma sembra che questi non se ne siano andati completamente.
 - Sicura? -  domanda ancora  - A me puoi dirlo, lo sai. -
Annuisco e sfioro le sue labbra con le mie.  - Grazie, Tom. -
 
 Io e Tom siamo nella sua camera all’Istituto. Siamo sdraiati sul suo letto e stiamo riposando. Lui mi osserva e mi accarezza una guancia. Mi scosta una ciocca di capelli dalla fronte e poi torna ad accarezzarmi il volto.
 - Mi dispiace per Hodge. -  sbotta.
 Io gli rivolgo un sorriso accennato e annuisco.
 - Lui ti voleva bene. -  aggiunge.
 Io però non ne sono certa. Tutte le mie certezze sono crollate in pochi secondi. Tutto potrebbe essere falso. Anche la cosa più piccola e insignificante. Sento gli occhi pizzicare ancora.
 Prima che possa rispondere, Tom avvicina il suo volto al mio e mi bacia. Gli circondo il collo con le braccia e lo tiro a me. I nostri corpi aderiscono perfettamente l’uno all’altro. Le sue labbra cercano avidamente le mie e la sua lingua le sfiora, quasi mi stesse chiedendo il permesso di proseguire oltre. Dischiudo le labbra e le nostre lingue si accarezzano delicatamente, come se avessero paura di trovarsi.
 Sento le sue mani cingermi i fianchi e tirare il mio corpo verso il suo. Si sdraia sopra di me e continua a baciarmi. Io gli accarezzo i capelli e le guance, poi sento le sue dita sfiorare la pelle della mia schiena.
 Mi fa scorrere la maglietta lungo il corpo e la sfila lasciandola cadere a terra, io faccio lo stesso con la sua, poi gli accarezzo la schiena le spalle.
 Sento le sue mani raggiungere i miei pantaloni, che in un momento se ne vanno insieme ai suoi, proprio come la maglietta.
 Lo tiro a me e lui mi sfiora il collo con le labbra facendomi rabbrividire. Le sue mani scendono dalle mie spalle ai miei fianchi e quando la sua bocca incontra nuovamente la pelle del mio collo, inarco la schiena. Le sue mani scorrono fino al gancio del reggiseno, ma proprio quando sta per sganciarmelo, la consapevolezza si fa strada in me.
 È sbagliato.
 Tutto questo è frutto della disperazione che provo adesso.
 Sono distrutta e sto cercando un modo per dimenticarlo.
 E io non voglio che il nostro rapporto diventi solo un modo per dimenticare il dolore.
 Lui nota che mi sono fermata e si blocca.  - Ellie, che succede? -  mi domanda.
 - Io… -  sussurro  - Scusami, io non ce la faccio… -  singhiozzo, scendo dal letto e raccolgo i miei vestiti, ma prima che possa andarmene mi prende la mano.
 - Ehi, va tutto bene. -  mi dice dolcemente  - Capisco che è il momento sbagliato. Non preoccuparti. -  sussurra accarezzandomi le guance.
 - Tom, io… -  tento di dire che mi dispiace, vorrei dirgli che se non mi vuole può lasciarmi… Lo capisco.
 Lui mi blocca coprendo la distanza che ci separa e baciandomi con passione. Fa scorrere le sue mani sulla mia schiena nuda e tenendomi per i fianchi mi tira a sé. Sento i muscoli del suo addome premere contro i miei e posso sentire il suo cuore battere a ritmo con il mio. Poggio le mie mani contro il suo petto e le faccio risalire per accarezzargli le guance e intrecciare le mie dita ai suoi capelli.
 Quando ci separiamo, si allontana da me di qualche centimetro e sorride.  - Aspetterò. Aspetterò tutto il tempo necessario per averti. Io ti amo, Ellie, e aspetterei anche tutta la vita, per te. -  sussurra alla fine.
 Sorrido e abbasso lo sguardo. Ha appena detto che mi ama.  - Anche io ti amo, Tom. -  sussurro abbracciandolo e quando lui mi stringe fra le sue braccia, sussurro  - Grazie. -
 - Rimani qui, stanotte. -  mi propone  - Almeno non sarai sola. -
 Dopo un momento di esitazione annuisco.
 Lui si sdraia sul letto a baldacchino e poi solleva le coperte per invitarmi a stendermi accanto a lui. Mi accoccolo accanto a Tom e poggio la testa nell’incavo del suo collo.
Lui mi stringe tra le braccia e poco dopo entrambi ci addormentiamo.
 
 Il mattino seguente veniamo svegliati dall’insistente bussare alla porta. Prima che possiamo rendercene conto, Henry fa irruzione nella stanza.
 - Tom, il Consiglio vuole… -  dice entrando, poi quando ci vede si blocca  - Ellie…? -  io sono sdraiata accanto a Tom, con un braccio poggiato sul suo petto e la testa sulla sua spalla.
 Mi metto a sedere di scatto, sollevando il lenzuolo per coprirmi dato che indosso solo la biancheria. Perché Henry non può aspettare che gli si dica di entrare? Deve sempre fare irruzione in questo modo?
 Tom scatta in piedi e si infila i pantaloni.
 Vedo Henry cambiare espressione.
 Ha frainteso. Ha frainteso tutto.
 - Henry… -  tento di calmarlo prima che esploda.
 Lui si avvicina a Tom.  - Che diavolo fai? -  esclama.
 - Henry, non è come… -  prima che possa finire la frase, il mio parabatai gli sferra un pugno dritto al volto. Lo colpisce alla tempia e lo fa indietreggiare. Tom si porta una mano al volto e reprime un gemito. Solleva lo sguardo, ma non reagisce, anche perché sono io a scattare in piedi.
 - Henry! -  grido poggiando le mani sul suo petto. Che importa se indosso solo la biancheria, non voglio che si prendano a pugni.
 Lui mi cinge i fianchi per scansarmi e torna accanto a Tom.  - Sei disgustoso! Approfittarsi di lei in questo momento! Solo perché ha bisogno di conforto non significa che… -  Henry viene zittito da un pugno.
 Tom sta reagendo.  - Non ti permettere! -  sbotta, non l’ho mai visto perdere le staffe in questo modo  - Non mi approfitterei mai di lei! -
 - Sei un brutto… -  riprende Henry, ma un altro pugno lo colpisce nello stomaco.
 - No! Fermi! -  grido e mi frappongo fra di loro.  - Smettetela! -
 Henry mi rivolge uno sguardo interrogativo, rivolge un’ultima occhiataccia a Tom e poi esce.
 Mi volto verso il mio ragazzo.  - Mi dispiace, Tom. -  dico e osservo il livido lasciato dal pugno  - Ti do una mano a… -
 - Non preoccuparti. -  mi rassicura  - Credo che ne abbia più bisogno lui. -  afferma e indica la porta.
 Annuisco, è vero. Tom è più alto e più forte di Henry, perciò decido di vestirmi e andare a controllare come sta. Devo spiegargli tutto.
 
 - Henry? -  lo chiamo entrando nella sua stanza.
 È seduto sul letto, immobile, con lo sguardo fisso davanti a sé.
 Mi avvicino e gli poggio una mano sulla spalla per osservare il suo viso. Ha un brutto livido e un taglio sul sopracciglio sinistro che sta sanguinando.
 - Cosa vuoi? -  mi chiede, scontroso.
 - Aiutarti con quella. -  affermo indicando la ferita ed entro in bagno. Prendo la cassetta del pronto soccorso e comincio a medicare la ferita.  - Dovevi proprio fare a pugni con lui? -  chiedo.
 - Si è approfittato di te. -
 - Henry. -  dico  - Credi che io sia così sciocca? Sto male per Hodge, ma non lascerei mai che qualcuno si approfittasse di me, nemmeno Tom. -
 - Ma… -  riprende.
 - Hai frainteso tutto. -  lo interrompo.
 Vedo la stupore attraversargli il volto.  - Cosa? -  domanda  - Ma se eravate… -
 - Ho passato la notte lì, ma non è successo nulla. -  gli assicuro. Finisco di disinfettare la ferita e poi ripongo tutto nella cassetta. È un brutto taglio, ma non userò un iratze -anche perché dovrei stamparglielo sulla fronte- guarirà da solo in poco tempo.
 - Quindi -  riprende  - non sei andata a letto con lui? -
 - No, ma certo che no. -  rispondo.
 - Allora mi spieghi perché avevi addosso solo la tua biancheria? -  domanda ancora sospettoso.
 - Non avevo un pigiama. -  dico. So che è una spiegazione stupida, ma non posso raccontargli cos’è successo davvero.
 - Non potevi prendere una delle sue magliette? -
 Accidenti. Sì, buona domanda.  - Henry… -
 - Ma certo, è ovvio. -  sbotta alzandosi in piedi  - Non sei andata a letto con lui, ma stava per succedere. -
 Sospiro, ma non nego.  - Mi sono accorta che sarebbe stato sbagliato. -  sento le guance avvampare di rossore  - Non era il momento giusto, con tutto quello che è successo con Hodge e Alec. -
 - Ah, quindi se non fosse successo nulla, l’avresti lasciato fare. -
 - Henry. -  lo blocco, ma lui sembra non farci caso.
 - Lo conosci da meno di un mese. -
 - Noi siamo innamorati, Henry. -
 - Che ne sai tu, dell’amore? -  chiede.
 Sento la rabbia crescere dentro di me.  - Tu invece sei un esperto. -
 - Ne so qualcosa più di te. -
 Mi sfugge una risata ironica.  - Davvero? -  chiedo  - Ti sei mai innamorato? Hai mai provato qualcosa per qualcuno? Da quando ti conosco, non ti ho mai visto occuparti di nient’altro se non della caccia e dei demoni. -
 - Tu che ne sai? -
 - Non hai mai avuto una ragazza! -  esclamo.
 - Non vuol dire che non posso essere innamorato! -  ribatte.
 Di fronte a quella dichiarazione rimango spiazzata. Credevo che ci dicessimo tutto. Credevo che se si fosse mai innamorato me lo avrebbe detto. Io quando ho baciato Tom, l’ho subito detto sia a lui che a Alec.
 - La scelta, in ogni caso, è mia. -  replico riferendomi alla storia tra me e Tom.
 - Non lo conosci. Potrebbe non essere chi credi. Guarda Hodge. Credevamo di conoscerlo e invece… -
 Abbasso lo sguardo.  - Grazie per avermelo ricordato. -
 Lui sospira.  - È la verità. E poi non hai notato che durante l’attacco Tom non c’era? Non era con me, Isabelle, Clary e Simon e nemmeno con te e Jace. -
 - Forse stava tentando di fermare qualche altro seguace di Valentine… -
 - Sempre che non gli stesse dando una mano. -  azzarda.
 Questo è troppo.  - Smettila! Tom non è un seguace di Valentine. Ma perché ti comporti così? Perché non vuoi che io sia felice? -
 - Io voglio proteggerti. -
 - So cavarmela da sola! -  sbotto. L’ho sempre fatto, perché adesso dovrebbe essere diverso?
 - Tzè. -  
 - Mi hai stancato, Henry! -  grido e mi dirigo verso la porta. Non rimarrò qui a farmi insultare. La apro e me la richiudo alle spalle. Che idiota, credevo che fosse migliore di così.
 
 Mi dirigo verso la mia stanza, ma quando arrivo davanti alla stanza di Alec, vedo la porta spalancarsi.
 - Ciao. -  mi saluta il mio amico.
 - Ehi. -  dico tentando di sorridere e nascondere la rabbia.
 - Tutto ok? -
 - Sì. -  rispondo.
 - Vi ho sentiti gridare da qui. -  afferma riferendosi a me e Henry.
 - Ah. -  abbasso lo sguardo. Così ha sentito tutto.
 - Ma che vi prende ultimamente? -  domanda. 
 - Non lo so. Continua a dirmi che devo stare attenta con Tom, che vuole proteggermi, che non si fida. E, sinceramente, mi ha stancato. -  
 Vedo Alec annuire.  - Lui tiene a te e vuole proteggerti. -  mi dice.
 - So badare a me stessa, Alec. -  replico.
 - Lo so. -  ribatte sorridendo  - Ma ciò non vuol dire che non possiamo preoccuparci. -  annuisco. Discutiamo sempre sulle stesse cose, alla fine.
 Sento la rabbia ribollire in me. Sento la testa pulsare e le gambe farsi molli. Che mi prende? Poggio una spalla alla parete accanto alla porta.
 - Stai bene? -  chiede Alec.
 Annuisco.  
 - Non è vero. -  esce dalla stanza e si mette davanti a me. Mi osserva per qualche secondo e poi solleva il mio volto con due dita.  - Andiamo in infermeria. -
 - No, sto bene. -  rispondo, mi porto una mano alla fronte.
 - Certo. -  dice. Poi mi prende per un braccio e comincia a trascinarmi per il corridoio. Io lo seguo, senza opporre resistenza. Non servirebbe a nulla. Alec è testardo.
Svoltiamo a destra e sento il terreno mancarmi sotto i piedi.
Proprio mentre sto per cadere, Alec mi solleva tra le braccia, mettendomi un braccio sotto le spalle e uno sotto le ginocchia. Gli circondo il collo con le braccia e mi stringo forte a lui.
 - Scusa, -  sussurro  - non so cosa mi succede. -
 - Sarà un calo di zuccheri. Non preoccuparti. -  mi rassicura e quando entriamo in infermeria mi adagia su un letto.  - Ti prendo un po’ di acqua e zucchero. -
 Annuisco.
 
ANGOLO DEL MOSTRICIATTOLO CHE SCRIVE
Ciao a tutti! Eccomi qui, con il 13esimo capitolo! Come promesso è più lungo del precedente e succedono parecchie cose. Come arco temporale ci troviamo all’inizio del secondo libro. :)
Spero che vi piaccia, io sono quasi soddisfatta! ^.^
A Lunedì prossimo,
P.s. Chiedo scusa perché ho notato solo ora di aver commesso un errore: nella prima stesura avevo scritto "Will" al posto di "Henry". Will inizialmente era il nome che avevo scelto per il parabatai di Ellie, poi ho deciso di cambiarlo con Henry. Scusate ancora. Eli<3
   
 
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