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Autore: Tix    17/03/2015    2 recensioni
Stiles ha un segreto, un segreto troppo grande da poter portare da solo, e l'unico a cui confidarlo è Derek. Solo lui lo manterrà e non lo giudicherà, Stiles ne è certo.
Genere: Angst, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Forever And A Day.


2.






"Stupido idiota, sei davvero la persona più imbecille che io abbia mai incontrato! Hai il cancro diamine, e non vuoi nessun tipo di trattamento, sei per caso impazzito?! Ora risaliamo e dirai al dottore che non eri in te e non sapevi che diavolo stavi blaterando e che sì dannazione vuoi quelle maledette cure!" Iniziò a sbraitare il moro una volta che ebbe messo il più giovane a terra: aveva praticamente iniziato a urlargli in faccia da quando avevano raggiunto l'atrio e ora li guardavano tutti. Durante la sfuriata Stiles lo aveva guardato per tutto il tempo, rimanendo impassibile e con un'espressione neutra. Quando Derek ebbe finito il suo monologo respirò più profondamente come per tenere a bada qualcosa che scalpitava dentro di lui.
 
"Andiamo a casa Derek." Disse semplicemente, voltandosi e passando davanti la reception accennò un saluto con la mano e un sorriso ad Rebecca che ora lo guardava dispiaciuta. Derek lo seguì impotente, si accomodò sul sedile del passeggero e ripartirono. Nella mente dell'alpha mille pensieri inciampavano l'uno sull'altro, quel dannato ragazzino era piombato in casa sua per portarlo con lui a sentirsi dire che aveva il cancro, roba da matti. Come avrebbe dovuto gestire tutta quella situazione? Era un malato terminale, come avrebbe affrontato l'immensità di quella situazione? A guardarlo ora non avrebbe mai detto che da lì ad un paio di mesi, anni forse, non ci sarebbe stato più. Scosse la testa velocemente come per disfarsi di un brutto pensiero; pensando non si era accorto che effettivamente non stavano tornando a casa finché l'aria salmastra non gli riempì le narici. Stiles lo guardò un momento e poi scese dall'auto, seguito a ruota da Derek. Il castano abbandonò le scarpe e le calze, arrotolando i bordi dei pantaloni fin sopra le caviglie, beandosi della sensazione della sabbia tiepida tra la dita; velocemente barcollò fino alla spiaggia, lasciando che l'acqua arrivasse a sfiorarlo appena, e lì si lasciò cadere a terra, gettando le braccia all'indietro e rimanendo semi-sdraiato. Chiuse gli occhi ascoltando il mare e sentendo il tiepido calore del sole autunnale sul viso; il moro arrivò silenziosamente e si sedette su un tronco spiaggiato non molto lontano da lì, entrambi rimasero in silenzio per un po' finché Stiles non decise di rompere quel silenzio.
 
"Conosco il dottor Brown da quando avevo otto anni, era il medico della mamma, stessa malattia, questione di predisposizione genetica immagino. Quando lo hanno diagnosticato avevo otto anni, non ne capivo niente, pensavo solo ai fatti miei. Hanno iniziato la cura quando era ancora al secondo stadio, circoscritto solo al diaframma. Inizialmente la chemio sembrava andare bene, il tumore non era regredito ma ne aveva arrestato la diffusione. Era debole, iniziò a perdere i capelli color caramello, venivano via ciocca per ciocca e lei piangeva, per farla sentire meglio una volta chiesi a papà di rasare anche me. -Rise divertito- che sciocco, come se fosse stata una questione di soli capelli. Poi di punto in bianco la terapia ha semplicemente smesso di funzionare. Oh Derek avresti dovuto vederla, la malattia e le cure erano dei tarli che la divoravano e sgretolavano dall'interno, l'ho vista deteriorarsi davanti ai miei occhi, per tre anni, quando è andata via ne era sollevata. Non voglio ridurmi come lei, incapace di muovermi, di respirare, di vivere; se questo vuol dire accorciare un po' la mia vita non importa, la vivrò sentendomi ancora me stesso." Disse sinceramente fissando affascinato l’oceano che stava iniziando a perdere la sfumatura blu e iniziava a prenderne una arancione.

“Okay lo capisco, ma credi che con il corso della malattia le cose saranno più semplici? Non sarai comunque in forze, guardati: riesci a stento a camminare e stare in piedi per un massimo di un paio di ore.” Cercò di farlo ragionare Derek. Ora che aveva sentito quello che gli passava per la testa gli era più chiaro il ragionamento che aveva seguito; non aveva idea di ciò che avesse sopportato quando era più piccolo.

“Pensi che non ne sia consapevole?!” urlò voltandosi di scatto a guardarlo, gli occhi pieni di rabbia.
“Sarò talmente debole che certi giorni magari dovrò andare in giro con la sedia a rotelle o rimanere a letto perché il dolore sarà insopportabile. Dovrò assumere morfina fino alla fine della mia vita, ne sarò dipendente, e come dalla morfina dovrò prendere altri farmaci, e altri ancora per combattere l’effetto collaterale dei primi. Sarà una vita di dipendenze la mia, ma non lascerò che intacchino anche il mio modo di essere. Non cadrò in una dannata depressione come mia madre.” Gli rispose con rabbia. Si alzò di scatto e si diresse verso la macchina a passo di marcia passandosi le mani sui pantaloni per levare la sabbia. In un balzo Derek gli fu accanto preoccupato che i sintomi della malattia si facessero sentire da un momento all’altro; rimase comunque in silenzio aspettando che Stiles sbollisse la rabbia, poi accelerò di un po’ il passo fino ad arrivare per primo in macchina e mettersi sul sedile del guidatore.

“Non penserai mica che io ti lasci guidare?!” rispose il moro meravigliato in risposta allo sguardo truce che gli aveva rivolto l’adolescente.

“Ho il cancro Derek non sto..” iniziò a dire il castano ma venne subito interrotto da Derek.

“Sì Stiles, stai morendo. Non mi fare innervosire e sali su questa dannata macchina, ti riporto a casa.”  Disse velocemente Derek e mise in moto, aspettando che Stiles facesse in giro della macchina e salisse.

“Grazie per essere venuto con me” sussurrò dopo un po’ l’adolescente. Non lo guardava, aveva la testa rivolta verso il finestrino, forse provando a calmarsi dato il battere furioso del suo cuore.
“Non avrei mai potuto riportare mio padre qui, Scott mi avrebbe forzato a seguire il trattamento, non mi avrebbero ascoltato, non avrebbero capito, non ci avrebbero nemmeno provato a dirla tutta quindi grazie”

“Nessun problema. Come hai intenzione di dirlo agli altri?” chiese l’alpha cercando di usare un tono meno brusco; non riusciva neanche a immaginare come dovesse sentirsi Stiles in questo momento quindi cercò di non rendergli le cose ancora più difficili. Quando la risposta da parte del più giovane non arrivò Derek si voltò e lo vide con lo sguardo basso, le guance leggermente rosate e capì.

“Non hai intenzione di dirglielo?! Dio Stiles in un paio di ore hai dimostrato che ho ragione su tutta la linea a considerarti un moccioso.” Asserì Derek scuotendo la testa rassegnato.

“Ho un piano sourwolf, non sono così idiota. Andrò a farmi un giro prima che la malattia diventi troppo evidente e poi chissà.” Asserì Stiles con un sorriso soddisfatto.

“Dio sei proprio un idiota. Scott? Tuo padre? Lydia e il resto bel branco? Sei davvero così egoista e insensibile? Non vuoi dare la possibilità a nessuno di vederti per l’ultima volta? Dove vorresti andare da solo poi eh? Non puoi più permettertelo, hai bisogno di costante compagnia di qualcuno. Se sono stato tollerante con il rifiuto della terapia su questo non scenderemo a compromessi, non mi importa, dovessi essere costretto a legarti da qualche parte.” Ringhiò il lupo contrariato.
“Dannazione lo so che non sarà facile moccioso, stare lì a guardare mentre tu sei quello che hai la malattia ma sono gli atri che la vivono peggio di te ma credi davvero di essere più felice stando lontano dagli altri? Sarai anche un moccioso ma non sei stupido, lo so che lo fai per gli altri e non per te stesso ma, non precludergli questa possibilità a priori, nessuno di loro lo merita. Ti si sono affezionati, ti vogliono un gran bene, fai l’uomo stringi i denti e resisti per loro okay? Non meritano quello che stai progettando, potrebbero rimpiangerlo per tutto il resto della loro vita, non lasciarli vivere con quel peso.”
Stiles ascoltò con attenzione e rifletté attentamente stabilendo che non era una cosa impossibile e dandosi la possibilità di rimandare la decisione in futuro. Entrambi stavano pensando molto, Derek a quanto fosse dispiaciuto per Stiles a cui si scoprì straordinariamente legato e Stiles cercava in tutti i modi di non fare caso al peso che si era posato sul suo cuore pensando che avrebbe lasciato solo suo padre, ancora.
Non avevano niente da dirsi ma non era un silenzio fastidioso, stranamente riuscirono a bearsi della compagnia reciproca cosa che da tempo mancava a Derek mentre Stiles attingeva tranquillità dalla postura e dalla giuda sicura del più grande. Il sole cominciò a sparire dietro l’orizzonte, le sfumature del cielo diventarono arancioni e viola e già si vedeva qualche timida stella che faceva la sua comparsa. Stiles chiuse gli occhi e respirò piano dalle narici, beandosi della sensazione quasi dolorosa dei polmoni che si riempivano completamente; era stanco, era stata una giornata interminabile e improvvisamente metabolizzò tutto quello che gli era stato detto, tutto quello di cui avevano parlato lui e Derek e si rese conto che il moro aveva avuto ragione, fin dall’inizio.
 
“Penso che la cosa migliore sia aspettare un po’, dammi qualche mese ti prego, farò tutto quello che mi dirai, starò a riposo e ti ascolterò senza ribattere come il mio solito. Voglio solo qualche mese di normalità, puoi farlo?” chiese il ragazzo voltandosi verso il guidatore. Lo scrutò attentamente e Derek per un momento ricambiò lo sguardo con le sopracciglia corrugate, leggendo attentamente l’espressione di Stiles.

“Stiles tu hai bisogno che qualcuno che ti è vicino sappia quali sono i tuoi problemi, le tue esigenze e ti possa aiutare. Anche se finalmente il fatto che io abbia il potere di ammutolirti mi attira parecchio.” Sorrise il moro divertito, cercando di smorzare un po’ la tensione.
 
“Non è ancora così grave ed evidente, un paio di mesi, nient’altro.” Chiese con sguardo supplicante.

“Okay non dirò niente, ma se noto che la cosa peggiora da un momento all’altro non so se riuscirò a tenere la bocca chiusa, chiaro?” disse sinceramente il lupo.

“Chiaro capo.”
 
Arrivarono a casa che era l’una passata, Derek guidò fino a casa di Stiles e poi tornò di corsa verso villa Hale. Stiles entrò in casa e salì le scale ancora intontito dalla quantità di eventi che erano successi nell’arco di meno 24 ore; andò a letto più consapevole di quello che lo aspettava in futuro, fiducioso che nonostante tutto non l’avrebbe affrontato da solo.
 
*
 
Passarono le settimane, Stiles continuò normalmente la sua vita andando a scuola cercando di ridurre al minimo l’attività fisica che era costretto a fare per non destare sospetti. I sintomi rimasero quelli che aveva riconosciuto, senza progressi evidenti.
Solo il dolore diffuso peggiorava quando poneva il suo corpo sotto sforzo, ma niente che dei profondi respiri non potessero risolvere. Derek continuava stranamente a reggergli il gioco, ogni tanto, durante gli allenamenti (ai pochi a cui aveva il permesso di assistere) si scambiavano degli sguardi, Derek per assicurarsi che il più giovane stesse bene e Stiles per rassicurarlo come meglio poteva. Trovarono una complicità che non avevano sperimentato prima e che non sapevano di poter avere, la cosa però non infastidiva nessuno dei due, anzi si trovarono spesso compiaciuti del grado di familiarità e sopportazione reciproca che avevano raggiunto.
Arrivò l’inverno e con questo iniziarono a manifestarsi dei pruriti sparsi e l’insonnia, il resto dei sintomi però Stiles riusciva a tenerli abbastanza sottocontrollo.
Derek e Stiles avevano iniziato a passare tanto tempo insieme, ognuno dei due scoprendo sfaccettature del carattere dell’altro che mai avrebbero immaginato. Ad entrambi iniziò a piacere la reciproca compagnia ma non lo ammisero apertamente, attribuendo quelle sensazioni solo alle necessità di Stiles.
Una sera si trovarono entrambi a casa di Stiles, lo sheriffo era fuori per un paio di giorni a causa di un congresso e il ragazzo era rimasto solo. Erano entrambi seduti sul divano a guardare un film a cui nessuno dei due prestava davvero attenzione, presi com’erano dalla conversazione.
 
“Derek, tu credi ci sia qualcosa dopo la morte? Tipo cancelli di madreperla o qualche altra fesseria?” chiese il castano sorridendo divertito.

“Non lo so.” Rispose l’alpha sorpreso da una domanda del genere.
“Immagino ci sia qualcosa, tutti crediamo in qualcosa suppongo” rispose evasivo.
 
“A dire il vero ho letto su internet di una credenza nella religione buddista riguardo una energia costante…i fisici quantistici hanno dimostrato la sua esistenza. Spazio universale perfetto e senza tempo. È solo come essere..essenza. Non riesco a evitare di immaginarmi come polvere che balla nella luce tremolante. Milioni di atomi di costante essenza. Immaginatemi che faccio tip tap fra le stelle e sarò ben felice.”¹ Rispose ridendo il ragazzo. Derek rimase colpito dalla maturità dimostrata nei confronti di tutta quella faccenda; spesso e volentieri si dimenticava di avere a che fare con Stiles, il sarcastico e logorroico Stiles e che lo infastidiva sin da quando era tornato a Bacon Hills. Lo osservò più attentamente guardando come fosse dimagrito ulteriormente, le profonde occhiaie sotto gli occhi e il leggero tremore che scuoteva le mani. Paragonando l’immagine con il primo ricordo che avesse di Stiles, il ragazzo che lo stava osservando sembrava l’ombra di quello che era stato, ma ora, con quel sorriso e gli occhi illuminati dalla luce della tv, l’adolescente gli sembrò più bello che mai.
 
Era arrivato maggio, e con quello si percepiva nell’aria tiepida la tensione dei giovani diplomandi del liceo, tra i quali anche Stiles. Era contento di essere arrivato a quel traguardo, mancava poco e avrebbe ottenuto ufficialmente il diploma con la cerimonia e tutto il resto. Passava molto tempo a casa di Derek, che lo aiutava a studiare; l’apprendimento con il progredire della malattia era diventato più difficile, Derek lo aiutava a mantenersi concentrato con l’imposizione della sua presenza autoritaria.
Arrivò il pomeriggio prima del diploma, Stiles era visibilmente emozionato e non riusciva a stare fermo per il nervosismo, Derek continuava a seguirlo con lo sguardo da dietro il suo libro.

“Derek?” chiese il castano fermandosi di punto in bianco davanti a lui. Il moro alzò gli occhi dalle pagine e gli fece un cenno con la testa come per intimarlo a continuare, curioso.

“D-domani è il giorno del mio diploma, lo sai no?” balbettò nervoso abbassando lo sguardo e iniziando a torturarsi le mani.

“Sì che lo so, non fai che ripeterlo da settimane moccioso” borbottò intenerito, inclinando appena la testa lateralmente cercando di mantenere comunque la sua aria distaccata.

“B-beh tu, si insomma, verrai?” chiese alzando lo sguardo e incatenandolo a quello verde acqua di Derek; quest’ultimo non poté far altro che notare la leggera speranza che aleggiava dentro quegli occhi ambra.

“Non so Stiles, vedremo direttamente domani” mormorò in imbarazzo tornando alla sua lettura. In realtà era scontato che sarebbe andato, solo che non lo avrebbe detto al ragazzo semplicemente perché non aveva voglia di svelare sin da subito le sue carte; se tutto sarebbe andato come previsto sarebbe stata una giornata memorabile per entrambi.
Quando quella mattina Stiles si svegliò sentì una strana sensazione allo stomaco, la testa era leggera, sembrava quasi che fluttuasse: era il giorno del suo diploma, gli sembrava straordinario essere riuscito ad arrivare fin lì, per la prima volta si sentì orgoglioso di se stesso. Nonostante avesse dormito poco e niente non sentiva la fatica e la stanchezza, anzi, probabilmente erano mesi che non si sentiva così pieno di energie. Andò a farsi una doccia, preparò la colazione per lui e suo padre, che si era preso appositamente la mattinata libera per festeggiare con suo figlio, si sistemò e prese la toga per dirigersi a scuola. Salutò il padre velocemente e corse verso la palestra dove si sarebbe effettuata la cerimonia per cambiarsi velocemente. Arrivato lì riconobbe subito il suo migliore amico che parlava fitto fitto con Isaac; abbracciò entrambi e uscì in cortile per prendere una boccata d’aria dall’atmosfera soffocante che regnava lì dentro. Aveva indosso dei pantaloni scuri e una camicia bianca con una cravatta (suo padre aveva insistito per quest’ultima), sopra aveva la toga blu che aveva lasciato aperta, il capello sottobraccio. Improvvisamente, come per rispondere ad un richiamo voltò la testa verso destra e vide Derek che avanzava attraversando il cortile. La gioia e il sollievo che provò il castano furono indescrivibili, iniziò ad andargli incontro fino a circondare il petto con le braccia, affondando il viso nel suo petto.

“Lo sapevo che saresti venuto” mormorò l’adolescente, le parole che venivano attutite dalla maglietta di Derek. Il moro sorrise divertito e portò la sua mano a scompigliare i capelli del ragazzino che aveva imparato a voler bene.
Una folla di ragazzi in toga blu iniziò a entrare in palestra, Stiles si staccò dall’alpha lo salutò con un cenno imbarazzato della mano e seguì la folla.
Quando arrivò il suo turno di salire sul palco non riuscì a tenere a bada le emozioni, guardò il volto di suo padre e Melissa un po’ commossi che applaudivano contenti e lì, infondo alla sala, spiccava un Derek sorridente ed emozionato che batteva le mani nella sua direzione.
Dopo la fine della cerimonia però, non ce n’era più traccia.

Si rividero solo più tardi, quella sera stessa. Stiles e i ragazzi avevano festeggiato tutto il giorno e ora era disteso nel suo letto, guardando il soffitto. Poi all’improvviso sentì un rumore provenire da fuori; balzò spaventato sul letto precipitandosi alla finestra quando una figura scura gli si parò davanti dall’altro lato del vetro. Spaventato a morte indietreggiò, stava quasi per urlare quando riconobbe Derek che se la rideva mentre lo fissava.
 
“Dannato sourwolf non sarà il cancro ad uccidermi, mi stavi facendo venire un infarto idiota!” borbottò aprendo la finestra e lasciandolo entrare. Derek continuava ridere divertito dall’espressione del castano di poco prima. Stiles sbuffò infastidito e andò a sedersi sul letto a gambe incrociate mettendo su il broncio.


“Perché sei andato via? Ti ho cercato dopo la cerimonia…”
 
“Troppa gente, lo sai che non mi piace la confusione, avremmo avuto un sacco di tempo dopo”

“E se io tutto questo tempo non lo avessi?” chiese il più giovane sfidandolo con lo sguardo. Improvvisamente, senza che potesse controllare le cose, una serie di parole iniziarono a fluirgli dalla bocca. Tutti i pensieri che gli frullavano in testa da un paio di settimane, mesi addirittura, uscirono incontrollatamente per andare a incontrare lo sguardo stupito del moro.
“Dannazione Derek che diavolo stiamo facendo?! Ci avevo perso le speranze e ora sei così…così diverso e adorabile e gentile a tratti anche divertente e fai sembrare tutto così diverso e meno brutto di quanto in realtà non sia.” Iniziò a balbettare Stiles misurando la sua camera a grandi passi.
“E magari questa è la mia unica occasione per dire le cose davvero come stanno perché quando non ci sarò più non voglio avere nessun rimpianto alla fine e tu saresti senza dubbio il più grande della mia vita.” Disse sta sé e sé fermandosi di scatto e tenendo la schiena rivolta verso il più grande.
Derek da parte sua si dovette concentrare attentamente per capire le parole che erano uscire dalle labbra del ragazzino ad una velocità impressionante; rimase perplesso continuando a guardare la schiena del castano che si alzava e abbassava ritmicamente seguendo il suo respiro. Incrociò le braccia al petto confuso e spostò il peso da un piede all’altro nervosamente.

“Che diavolo stai blaterando ragazzino?”
Stiles si girò completamente verso il moro, guardandolo direttamente in faccia e incatenando il suo sguardo in quello verde muschio di Derek.

“Sono innamorato di te, ti amo praticamente da sempre. Tu non mi ami?”  chiese flebilmente Stiles. Iniziò a giocherellare con le sue dita, continuando a tenere lo sguardo fisso su un Derek che da impassibile diventava prima confuso per rimanere in uno stato di shock subito dopo.

“I-io..” balbettò iniziando ad indietreggiare fino a scontrarsi con la scrivania.
“I-io non posso Stiles. Non posso amarti. È meglio…non possiamo più vederci scusa.” Balbettò con gli occhi sgranati. Velocemente si voltò e balzò fuori dalla finestra, rivolgendo un ultimo sguardo all’interno della camera dove era riconoscibile uno Stiles visibilmente scioccato nel mezzo della camera. 








¹: citazione presa dal film della BBC "Third Star"

Eccomi, non odiatemi vi prego! Il mio professore ha l'influenza e ha rimandato l'esame 
Capisco che possa essere fastidioso non avere un giorno fisso per l'aggiornamento, se avete qualche problema scrivete pure e cercherò di rimediare! Un'altra cosa che vi chiedo riguarda la lunghezza dei capitoli. Troppo lunghi? 
Arrivati a questo punto dovrebbero mancarne solo due. Vi ringrazio infinitamente e mi mando un grande bacio.
Buona giornata e a presto!
  
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