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Autore: Yujo    17/03/2015    2 recensioni
Eccomi con una nuova FF (dopo tipo.... un mese e mezzo) su Unohana e Ukitake (la mia coppia preferita.... se solo fosse vera.....). Una slice of life romantica ambientata una notte piovosa, molto piovosa, dove vengono fuori le paure di lei di perdere tutto e dove lui, sfruttando la pioggia, riesce a tranquillizzarla e a cambiare il corso di quella notte.Spero vi piaccia e, mi raccomando, RECENSITE!!!
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Retsu Unohana, Ukitate Jyuushiro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Profumi, doni, sogni.

Non ho mai gradito che qualcuno entrasse nei miei alloggi, e credo che non lo gradirò mai.

Insomma, ci sono le mie cose, i miei libri, le mie foto. Nemmeno Isane ne ha il permesso, nonostante sia la mia tenente.

La cosa che più particolare, e più privata, delle mie stanze, è il profumo.

Il profumo che mi contraddistingue è quello della gardenia, intenso e penetrante; tuttavia, è presente anche un altro profumo: quello delicato dei frutti i bosco.

Però, non mi appartiene. Quel profumo è dell'unica persona che può entrare e uscire dai miei alloggi, a parte me.

Lui viene quasi ogni sera, e passa la notte con me, a chiacchierare o a dormire, sul divano o sul letto.

La cosa più strana è che lui non passa mai dalla porta, ma sempre dalla finestra della mia camera o del salotto. Non so quante volte gli ho già detto di entrare dalla porta come le persone normali, ma lui dice di no, che sembrerebbe “strano”

-Abbiamo deciso che è un segreto, no? Quindi tale deve rimanere.

-Ho capito, ma potresti trovare una scusa per venire, anziché arrampicarti su per il muro del giardino e bussare alla finestra appeso al cornicione come un ragno. Attiri solo l'attenzione!

-E' così mostrato, che è celato.

Così mi ha detto!

Non so più da quanto stiamo insieme. 500 anni? 700? Bho, non lo so. Però in questi secoli ho conosciuto il vero lui, quello nascosto nelle profondità del suo petto e al di là di quel suo sorriso, quello malinconico, triste... E anche quello più tenero ancora: un anno, in occasione del nostro anniversario, mi regalò una sua sciarpa, corta e rossa, con dei ricami neri.

Mi disse che era una sciarpa da cerimonia che gli uomini indossano spesso, più per bellezza che per utilità.

-E' molto bella, ma è tua ed è da uomo. Io non la posso indossare. Perché mi hai regalato qualcosa di tuo di così particolare?

-Perchè quando me l'hai vista indosso, qualche decennio fa, mi dicesti che ti piaceva.

Non ci potevo credere. Erano passati quasi cinquant'anni, da quella festa, e lui se ne era ricordato!

Lui mi aveva dato qualcosa di suo, qualcosa a cui teneva, così io gli regalai quello che avevo di più prezioso: il mio nome. Ma non quello che conoscono tutti, il mio vero nome, quello che solo io conosco, e che, da quel giorno, conosce anche lui: Yachiru.

Lui è molto intimo con me, quando siamo soli, ma non è mai andato... oltre. Cioè, oltre al coccolarsi, al baciarsi e al dormire.

Non l'ho mai capito. Non l'ho capito nemmeno quando lui me l'ha spiegato.

E ora siamo qui, sotto le coperte, e stiamo bisticciando, sempre sullo stesso argomento...

-Io non capisco perchè non vuoi!

-Non voglio contagiarti.

-Contagiarmi? Sono più di 700 anni che stiamo insieme! Come puoi avere una paura di un sciocchezza simile dopo tutto questo tempo!

-Non è una sciocchezza! E' una cosa seria!

-Ma perchè ti comparti così?! Non sopporto questo lato di te, quello così protettivo nei miei confronti!

-E' così strano, che io cerchi di proteggere la ragazza che amo?

-Ragazza... Non sono un po' troppo cresciuta, per essere chiamata ragazza?

-Non per me.

-Ahahahahaha!! Va bene, però non ha senso lo stesso, questa tua ostinazione.

-Yachiru, per favore. Non chiedermi cose che non ti posso dare. Non posso rischiare.

-Non è che non puoi! Non vuoi!

-Non posso e non voglio! Perchè insisti così tanto?

-Perchè voglio essere sicura che tu sia davvero qui, che non sia solo un'illusione, un bellissimo sogno che però poi scompare...

-Perchè dici questo? Perchè sembri spaventata?

-Lo sono. Ho paura che il mio incubo si materializzi.

-Cos'hai sognato?

-Andavo in obitorio, per un'analisi su un cadavere. E nell'obitorio c'eri tu.

-Beh, se mi sogni e dici che è stato un incubo, mi preoccupo...

-Il cadavere era il tuo! Eri tu la persona su cui dovevo effettuare l'autopsia! È per questo che era un incubo! È per questo che sono spaventata...

Inizio a piangere. Ho troppa paura che succeda davvero... Cosa farei se dovesse succedere? Impazzirei, non c'è dubbio.

-Yachiru, ascoltami. Ascoltami molto attentamente: Io. Sono. Qui. Io non me ne andrò mai! Non è un sogno, non è un'illusione e non lo sarà mai! Io sarò sempre!

Mi abbraccia, lo sento, sento il suo calore, il suo respiro, ma non riesco a convincermi. La paura non mi abbandona, è ancora lì, attaccata alla mia gola.

-Vieni. Usciamo fuori.

-Perchè? Sta piovendo a dirotto.

-Lo so. È per questo che usciamo.

-Non capisco...

Mi prende le mani e va verso la porta-finestra, la apre e comincia a uscire sull'engawa camminando all'indietro, per guardarmi negli occhi.

-Se è un sogno, allora mi dissolverò sotto il temporale, tu ti sveglierai e sarà come se questi secoli non fossero mai trascorsi.

Ormai è quasi sul bordo dell'engawa.

-Se, invece, è tutto vero, io mi bagnerò ma non scomparirò e tu potrai toccarmi, senza che io mi dissolva.

Continua a indietreggiare. È quasi sotto la pioggia. Non mi stringe più le mani. Si sta allontanando, ma io non riesco a fare nulla per fermarlo.

-Aspetta... Non uscire... Non voglio scoprire che nulla di tutto questo è successo...

Lui non mi ascolta. Ormai è fuori, sul prato.

Io chiudo gli occhi, non voglio vederlo scomparire.

-Yachiru.

-No!! non voglio!!

-Yachiru!!

-No!! NO!!

Mi sento afferrare per il polso e trascinare all'esterno. Sento l'acqua cadere su di me, i fulmini e i tuoni che squarciano il cielo. Nessuno mi tiene più.

Lo sapevo... Non ci sei più...”

Le lacrime scorrono, ininterrotte.

-Yachiru!

Apro gli occhi. È lì, davanti a me. Mi sta guardando e mi sorride, come sempre.

Inizio a correre. Gli salto addosso, lo abbraccio, lo bacio. Aveva ragione: posso sentire il bagnato sul pigiama, sul viso, sui capelli.

-Visto? Sono ancora qui.

È qui. È qui, e lo posso sentire. Posso sentire il suo profumo anche sotto la pioggia.

Posso sentire il suo respiro sui miei capelli, ormai intrisi d'acqua.

Posso sentire il cuore nel suo petto, sotto la maglietta fradicia.

-Jushiro...

-Dimmi.

-Sarà meglio rientrare: ti prenderai una febbre...

-E allora? Dai, restiamo ancora un po'... E' piacevole stare qui...

-Ok, ma non troppo, che poi non facciamo in tempo ad asciugarci.

-E quindi?

-Come “E quindi”?! Come hai intenzione di spiegare a Kyone che sei bagnato fino al midollo?

-Le potrei dire che ho ritirato il bucato.

-Alle 3 del mattino?

-Insonnia.

-E il temporale non lo conti?

-Mmm... Sonnambulismo?

-Tu sonnambulo? Dai, andiamo, prima che decida di rinchiuderti in un manicomio!

-Ahahahahaha!!! come se ne avessi il coraggio!!

-Vuoi vedere?

Iniziamo a rincorrerci come due bambini, ridendo sotto la pioggia, ora divenuta più fine e meno violenta.

Le nostre risa ormai risuonano forte nel giardino.

-Jushiro, sarà meglio rientrare sul serio, adesso: il suono del temporale non c'è più e se facciamo baccano Isane si sveglierà.

-Va bene. Andiamo.

Mi riprende le mani e rientrami dalla stessa finestra da cui siamo usciti. Vado a prendere due asciugamani e due pigiami asciutti.

Gli passo anche un elastico per i capelli.

-Legateli-gli dico-altrimenti mi bagnerai tutto il tatami.

-Disse colei che ha un velo da lutto in testa...

-Se vuoi, me li taglio.

-No, sono troppo belli, per tagliarli. E poi, sennò, con cosa ti stuzzico?

-Eh già, il bambino deve giocare con qualcosa della tata, giusto?

-Che simpatica...

Ridendo e scherzando, abbiamo bagnato davvero tutto il tatami; e inizia anche ad albeggiare...

-Devo andare: fra poco Kyone verrà a svegliarmi.

-Lo so, ma hai ancora i capelli bagnati...

-Si asciugheranno nella corsa, non ti preoccupare.

-Eh sì! Così, come minimo, ti fai domani e dopodomani a letto con la febbre!

-Uffa! La vuoi smettere di farmi la paternale?! Queta*, una buona volta!

-Va bene, ma non mandare nessuno a chiedere per la novalgina*, chiaro?

-D'accordo. Vado, che sennò scoppia un casino. Ciao.

-Ciao.

Mi bacia e con lo shumpo raggiunge subito la fine del giardino, per poi saltare sul muro.

-Lo sai quanto ti amo?- gli grido.

Lui, in piedi sul muro del giardino, si gira a guardarmi col sorriso sulle labbra e l'alba alle spalle.

-E tu?

E con questo, scompare dietro il muro, lasciando che la luce del mattino illumini e scaldi la stanza, il viso, il cuore.







*queta: imperativo di quetare, che equivale al verbo quietare.


*novalgina: analgesico con funzioni antipiretiche che è usato per curare anche febbri e influenze.

   
 
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