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Autore: Lella Duke    15/12/2008    5 recensioni
Bo Duke ascolterà i consigli di qualcuno giunto apposta per lui o, fedele alla sua proverbiale testa dura, mancherà l'occasione ipotecando seriamente il futuro suo e di tutta la sua famiglia?
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bo Duke
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questo è l’ultimo capitolo. Una fic breve che spero abbiate apprezzato. Ringrazio tutti coloro che hanno letto la mia storia e in modo particolare chi mi ha recensito: Juliet, Lu, lineadiconfine, Marzia e i1976. Grazie mille ragazze!

 

Capitolo quattro: il Natale futuro

 

Con un semplice sguardo, Martha invitò Bo a seguirla per tornare nuovamente di fronte all’entrata della fattoria. Bo non oppose alcuna resistenza e andò dietro alla zia con passo svelto. Martha raggiunse la porta che dava accesso alla cucina e la aprì. Si fece da parte e lasciò entrare il nipote.

Una volta dentro, il giovane si arrestò di colpo. Gli bastò un fugace sguardo d’insieme per rendersi conto che qualcosa non andava. Quella non era la sua fattoria. Non era il luogo nel quale aveva vissuto per tutta la vita. La cucina era completamente spoglia. Era sparito il tavolo con le sedie, i mobili non erano che un vecchio ricordo. Erano rimaste solo delle tendine sdrucite attaccate alle finestre ed un paio di mensole che ormai sorreggevano solo polvere.

“Che significa zia Martha? Che cos’è questa storia?” Domandò Bo incapace di nascondere la propria ansia.

“Lo capirai. Vai nel salone e osserva.” Fu la risposta di Martha.

Bo ubbidì e si mosse nella direzione indicatagli. Ma prima ancora di cominciare a camminare, iniziò a sentire un famigliare scricchiolio. Si affrettò e si trovò di fronte una scena talmente inaspettata da togliergli il fiato. Nel camino due tozzi di legno stavano terminando di ardere, alle pareti erano stati tolti quadri e fotografie, del divano e delle poltrone non v’era traccia. Con le mani abbandonate distrattamente sulle gambe, il buon Jesse sedeva mestamente sulla sua adorata sedia a dondolo, di fronte alla finestra.

“Non mi ero sbagliato, so bene cos’è che fa cigolare così le assi del pavimento.” Affermò Bo osservando lo zio.

“Zio Jesse, sono Bo. SONO TORNATO A CASA!” Esclamò quindi a gran voce.

Martha lo afferrò per un braccio: “è inutile che urli, Bo. Non ti ricordi? Lui non ti può sentire.”

“Ma che gli è successo? Sembra così triste! E’ forse malato? E perché se ne sta qui tutto solo? Che fine hanno fatto tutte le nostre cose?”

“Abbi solo un po’ di pazienza, figliolo. Ogni tua domanda, avrà una risposta.”

 

Jesse si tolse il cappellino rosso che indossava sempre e si nascose il volto tra le mani. Un’ondata di malinconia lo investì quando ripensò ai pochi, meravigliosi anni trascorsi nella sua amata casa accanto ai suoi tre nipoti. Un nodo gli serrò la gola quando ricordò quell’evento a partire dal quale la sua famiglia non era più stata la stessa. Quando Luke era partito, Bo non ne aveva voluto sapere di riappacificarsi con lui, né aveva voluto salutarlo. Nei quattro anni in cui era stato lontano da casa, aveva scritto spesso, molto più di quanto Jesse avrebbe osato sperare, ma Bo non aveva mai risposto a nessuna delle sue lettere. Il suo comportamento tra le mura domestiche era rimasto immutato, ma non aveva mai più menzionato il nome del cugino. Agiva come se non lo avesse mai conosciuto, come se Luke per Bo non fosse mai esistito. Inizialmente Jesse pensava si trattasse solo di una fase passeggera, era capitato a volte che avesse inveito contro il nipote in quanto non sopportava l’idea di saperlo in collera con Luke senza un vero motivo. Col tempo però si era rassegnato al fatto Bo, realmente, non ne volesse più sapere niente di Luke.

Il giorno in cui Luke era tornato a casa, tutta Hazzard lo aveva accolto a braccia aperte. Tutti tranne uno, quello che a Luke stava più a cuore. I giorni successivi al suo ritorno furono molto burrascosi. Luke aveva tentato in ogni modo di riavvicinarsi al cugino, ma di fronte si era ritrovato niente altro che un muro. Per quanti sforzi facesse, Bo non voleva avere più niente a che fare con lui. Ormai aveva il suo giro di amicizie, la sua vita e il cugino non ne faceva più parte. Luke allora aveva preso la sua decisione. Era tornato in servizio. Sebbene amasse la sua famiglia e la sua terra più di ogni altra cosa al mondo, non poteva vivere in quelle condizioni. Non poteva sopportare l’idea che Bo lo avesse cancellato dalla sua vita. A meno di un mese dal suo ritorno a casa, Luke aveva rifatto le valigie ed era tornato nei Marines. E, dopo dieci anni, era ancora lì che si trovava. Aveva fatto carriera, aveva viaggiato per mezzo mondo spostandosi in continuazione di base in base. Ma aveva sempre mantenuto un filo diretto con la sua famiglia. Tornava a trovarli ogni volta che ne aveva la possibilità e telefonava quasi ogni giorno.

Daisy, per rimanere accanto allo zio, aveva rifiutato la proposta di matrimonio di Enos il quale aveva deciso di tornare a Los Angeles. Lavorava ancora al Boar’s Nest come cameriera e, quel poco che guadagnava, era tutto ciò che aveva a sua disposizione per sostentare se stessa e lo zio.

Bo aveva preso una strada sbagliata già da tempo. Aveva abbandonato la scuola ad un passo dal diploma e si era fatto sedurre da un gruppo di ragazzi noti in città per essere scansafatiche e briganti. Aveva cominciato col contrabbando di whisky e con piccoli furti. E poi erano arrivate le rapine. A niente erano serviti gli sforzi di Jesse, di Daisy, di Cooter e dello stesso Luke. Troppo orgoglioso per ammettere di aver imboccato un vicolo cieco, aveva continuato a frequentare quei balordi. Era entrato e uscito di galera tante di quelle volte che Jesse aveva ormai smesso di contarle. Aveva speso tutti i suoi risparmi per pagargli continuamente le varie cauzioni. L’ultima era stata talmente salata che Jesse aveva dovuto cedere la fattoria e tutta la sua terra a J.D. Hogg in cambio della libertà del nipote. Non appena fuori di prigione, Bo aveva salutato frettolosamente lo zio annunciandogli che sarebbe partito e che si sarebbe rifatto sentire presto.

Erano passate due settimane da allora e di Bo non se ne era saputo più niente.

Entro mezzora sarebbero arrivati Boss Hogg e lo sceriffo Rosco P. Coltrain e avrebbero ufficializzato la confisca della proprietà dei Duke.

Jesse si alzò dalla sedia e si avvicinò al camino. Ormai era rimasta solo brace. La smosse con un pezzo di ferro e cercò di scaldarsi le mani. In quel momento, dalla sua stanza comparve Daisy: “questa è l’ultima valigia. Abbiamo preso tutto.” Disse raggiungendo lo zio. “Luke sarà qui tra poco. Vedrai che vivremo bene anche lontani da questo posto.” Aggiunse tentando di convincere più se stessa che lo zio.

“Che ne sarà del mio piccolo Bo? Come faremo ad aiutarlo la prossima volta che finirà nei guai? Come farà a trovarci se avrà bisogno di noi?”

“Zio Jesse, mi dispiace dirlo, ma d’ora in poi dovrà cavarsela da solo. Abbiamo fatto di tutto per aiutarlo. Abbiamo perso la fattoria a causa sua. E lui in cambio è sparito.” Malgrado avesse cercato di mantenersi fredda e distaccata, Daisy aveva finito per ritrovarsi con gli occhi lucidi. Sarebbero andati a vivere lontani da Hazzard e non avrebbero più fatto ritorno. Ma ciò che più li faceva soffrire era la consapevolezza di aver perso Bo. Per sempre.

“Andiamocene via di qui. In questa casa siamo stati felici per così poco tempo che non me ne ricordo neanche più. Cambiare ci farà bene. Magari quest’anno riusciremo a festeggiare il Natale in modo decente.” Affermò Daisy.

Jesse sospirò. Riprese il suo cappello e lo indossò con la stessa fierezza di sempre. Si avviò verso la porta sottobraccio alla nipote. Lasciò che Daisy uscisse per prima, dopodiché diede un ultimo sguardo alla sua fattoria e si richiuse la porta alle spalle.

 

Bo si avvicinò alla sedia e ne bloccò il dondolio che non l’aveva ancora abbandonata: “che cosa ho fatto?” Disse con un filo di voce. “Tutto questo accadrà per colpa mia. Rovinerò la vita a tutta la mia famiglia. E’ questo il nostro futuro?” Chiese mentre le lacrime iniziarono ad uscire copiose.

“No, Bo. Il futuro non è stato già stabilito. Immaginalo come fosse un foglio di carta bianco sul quale dovrai scrivere giorno dopo giorno. Questo è ciò che potrebbe accadere se ti ostinerai a perseverare nelle tue assurde convinzioni. Sei in collera con Luke, ma dentro di te sai che non ne hai motivo.”

“Io… è solo che… io non voglio che Luke vada via. Non voglio che mi lasci. Ho paura per lui. Ho paura che possa succedergli qualcosa di brutto laggiù. Ho paura che non torni più a casa.” Ormai Bo aveva rotto gli argini.

Martha allargò le braccia e accolse il nipote stringendolo forte: “e allora perché non glielo hai detto invece di scappare via in quel modo?” Domandò carezzandogli dolcemente i capelli.

“Non lo so. Pensavo che se mi fossi arrabbiato con lui, mi avrebbe fatto meno male vederlo andare via. Ho sbagliato, ora lo so. Zia ti prego, dimmi che sono ancora in tempo per cambiare le cose. Non voglio vivere in un mondo in cui zio Jesse non avrà più la sua fattoria e non voglio dargli dispiaceri. Non voglio diventare un cattivo ragazzo, ma ho bisogno che Luke mi stia accanto. Tutto quello che desidero è vivere in questa fattoria insieme alla mia famiglia.”

Martha sorrise e lo baciò sulla fronte: “a quanto pare il mio compito è finito qui. Hai imparato la tua lezione e sono certa che ne farai tesoro. Torna da loro adesso. Apri il tuo cuore a Luke così come hai fatto con me e non perdere mai la speranza, bambino mio.”

 

“Bo? Svegliati, Bo. Andiamo cugino, apri gli occhi!”

“Mmmh… cinque minuti… lasciami dormire ancora cinque minuti.” Mugugnò Bo girandosi dall’altra parte.

Luke non poté fare a meno di ridere di gusto: “non staresti più comodo nel tuo letto? Coraggio andiamo a casa, lì potrai continuare a dormire quanto vorrai.”

Bo si stropicciò gli occhi e sbadigliò sfacciatamente: “non sono a casa?” Chiese tirandosi su a fatica.

“Tu che ne pensi?” Rispose Luke guardandosi di proposito attorno.

All’improvviso Bo spalancò gli occhi. D’un tratto ricordò il motivo per il quale si trovava fuori casa e soprattutto ricordò lo strano sogno che aveva fatto… sempre che di sogno si fosse trattato. Senza dire niente si buttò tra le braccia di Luke e lo strinse con quanta forza aveva in corpo: “mi dispiace, Luke. Scusa, non volevo dire quelle cose. Non è vero che non ne voglio più sapere di te. Non è vero che non ti voglio più come amico.” Disse affondando la faccia nella maglietta del cugino.

Luke ricambiò l’abbraccio. Era convinto che avrebbe dovuto lottare ancora per far valere le sue ragioni ed invece Bo lo aveva sorpreso. Come sempre. “Questo significa che non sei più arrabbiato con me?”

“No, non sono mai stato realmente arrabbiato, Luke. Ho solo tanta paura.” Bo alzò il viso e incrociò lo sguardo del cugino: “vai se devi, ma promettimi che tornerai a casa.”

Luke gli mise una mano dietro la nuca e se lo riavvicinò con forza al petto: “non ti prometto niente, ma ti assicuro che farò del mio meglio.

Rimasero a lungo avvinghiati l’uno all’altro a godere finalmente di quella pace a lungo cercata.

Fu Luke a parlare per primo: “senti Bo, lo so che manca ancora qualche giorno a Natale, ma ho un regalo per te e voglio dartelo subito.” Si frugò nelle tasche del giacchetto ed estrasse un piccolo involucro.

“Che cos’è?” Chiese Bo afferrando l’oggetto.

“Aprilo!” Fu la risposta di Luke.

Bo fece come gli era stato detto e una volta rimossa la carta che lo avvolgeva, si ritrovò ad osservare il pistone di un motore. “Che significa? Non capisco.” Disse rigirandosi quell’aggeggio tra le mani.

“Ti ho promesso che un giorno avremmo costruito la macchina dei nostri sogni. E lo faremo. Questo è il primo pezzo.”

Bo lo osservò ancora qualche istante e poi lo restituì al cugino: “allora devi tenerlo tu, non io. Portalo con te e ogni volta che lo guarderai ti ricorderai che devi tornare a casa perché hai qualcosa di importante da fare.”

Ancora una volta Luke si ritrovò spiazzato, l’imprevedibilità di Bo lo aveva colto di nuovo di sorpresa: “va bene, Bo. Farò come vuoi tu.”

Bo se ne tornò tra le braccia del cugino, chissà per quanto tempo gli sarebbero state negate. Dopo qualche minuto, Luke ruppe il silenzio: “che ne dici di tornare a casa? Zio Jesse e Daisy sono molto in pensiero per te. Non facciamoli preoccupare ulteriormente.”

Bo annuì e si alzò controvoglia: “dici che zio Jesse mi punirà per esser scappato via di casa?” Chiese leggermente turbato. “Potresti metterci una buona parola tu?”

Luke rise e passò un braccio sulle spalle del cugino: “si, stai tranquillo, ci parlo io.”

Si incamminarono attraverso il bosco, diretti finalmente verso casa: “hey, Bo. Ma che strano. Tu non senti niente?”

“Cosa dovrei sentire?” Domandò incuriosito Bo.

“Sembra come… si, sembra odore di biscotti.” Rispose Luke carezzandosi istintivamente lo stomaco.

Bo guardò il cugino e gli sorrise dolcemente senza rispondere. Alzò poi il viso al cielo e chiuse gli occhi per un istante: “grazie di tutto zia Martha. Buon Natale.” Pensò continuando a camminare con Luke al suo fianco.

 

Fine

   
 
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