Questo è
l’ultimo capitolo. Una
fic breve che spero abbiate apprezzato. Ringrazio tutti coloro che
hanno letto
la mia storia e in modo particolare chi mi ha recensito: Juliet, Lu,
lineadiconfine, Marzia e i1976. Grazie mille ragazze!
Capitolo
quattro: il Natale futuro
Con
un semplice sguardo, Martha invitò Bo a seguirla per tornare
nuovamente di
fronte all’entrata della fattoria. Bo non oppose alcuna
resistenza e andò
dietro alla zia con passo svelto. Martha raggiunse la porta che dava
accesso
alla cucina e la aprì. Si fece da parte e lasciò
entrare il nipote.
Una
volta dentro, il giovane si arrestò di colpo. Gli
bastò un fugace sguardo d’insieme
per rendersi conto che qualcosa non andava. Quella non era la sua
fattoria. Non
era il luogo nel quale aveva vissuto per tutta la vita. La cucina era
completamente spoglia. Era sparito il tavolo con le sedie, i mobili non
erano che
un vecchio ricordo. Erano rimaste solo delle tendine sdrucite attaccate
alle
finestre ed un paio di mensole che ormai sorreggevano solo polvere.
“Che
significa zia Martha? Che cos’è questa
storia?” Domandò Bo incapace di
nascondere la propria ansia.
“Lo
capirai. Vai nel salone e osserva.” Fu la risposta di Martha.
Bo
ubbidì e si mosse nella direzione indicatagli. Ma prima
ancora di cominciare a
camminare, iniziò a sentire un famigliare scricchiolio. Si
affrettò e si trovò
di fronte una scena talmente inaspettata da togliergli il fiato. Nel
camino due
tozzi di legno stavano terminando di ardere, alle pareti erano stati
tolti
quadri e fotografie, del divano e delle poltrone non v’era
traccia. Con le mani
abbandonate distrattamente sulle gambe, il buon Jesse sedeva mestamente
sulla
sua adorata sedia a dondolo, di fronte alla finestra.
“Non
mi ero sbagliato, so bene cos’è che fa cigolare
così le assi del pavimento.” Affermò
Bo osservando lo zio.
“Zio
Jesse, sono Bo. SONO TORNATO A CASA!” Esclamò
quindi a gran voce.
Martha
lo afferrò per un braccio: “è inutile
che urli, Bo. Non ti ricordi? Lui non ti
può sentire.”
“Ma
che gli è successo? Sembra così triste!
E’ forse malato? E perché se ne sta qui
tutto solo? Che fine hanno fatto tutte le nostre cose?”
“Abbi
solo un po’ di pazienza, figliolo. Ogni tua domanda,
avrà una risposta.”
Jesse
si tolse il cappellino rosso che
indossava sempre e si nascose il volto tra le mani. Un’ondata
di malinconia lo investì
quando ripensò ai pochi, meravigliosi anni trascorsi nella
sua amata casa
accanto ai suoi tre nipoti. Un nodo gli serrò la gola quando
ricordò quell’evento
a partire dal quale la sua famiglia non era più stata la
stessa. Quando Luke
era partito, Bo non ne aveva voluto sapere di riappacificarsi con lui,
né aveva
voluto salutarlo. Nei quattro anni in cui era stato lontano da casa,
aveva
scritto spesso, molto più di quanto Jesse avrebbe osato
sperare, ma Bo non
aveva mai risposto a nessuna delle sue lettere. Il suo comportamento tra le mura domestiche era rimasto immutato, ma non aveva mai più menzionato il nome del cugino.
Agiva come se non
lo avesse mai conosciuto, come se Luke per Bo non fosse mai esistito. Inizialmente Jesse pensava si trattasse solo
di una
fase passeggera, era capitato a volte che avesse inveito contro il nipote in
quanto non
sopportava l’idea di saperlo in collera con Luke senza un
vero motivo. Col
tempo però si era rassegnato al fatto Bo, realmente, non ne volesse
più sapere niente di Luke.
Il
giorno in cui Luke era tornato a
casa, tutta Hazzard lo aveva accolto a braccia aperte. Tutti tranne
uno, quello
che a Luke stava più a cuore. I giorni successivi al suo
ritorno furono molto
burrascosi. Luke aveva tentato in ogni modo di riavvicinarsi al cugino,
ma di
fronte si era ritrovato niente altro che un muro. Per quanti sforzi facesse, Bo
non voleva avere più niente a che fare con lui. Ormai aveva
il suo giro di
amicizie, la sua vita e il cugino non ne faceva più parte.
Luke allora aveva
preso la sua decisione. Era tornato in servizio. Sebbene amasse la sua
famiglia
e la sua terra più di ogni altra cosa al mondo, non poteva
vivere in quelle
condizioni. Non poteva sopportare l’idea che Bo lo avesse
cancellato dalla sua
vita. A meno di un mese dal suo ritorno a casa, Luke aveva rifatto le
valigie
ed era tornato nei Marines. E, dopo dieci anni, era ancora
lì che si trovava. Aveva
fatto carriera, aveva viaggiato per mezzo mondo spostandosi in
continuazione di
base in base. Ma aveva sempre mantenuto un filo diretto con la sua
famiglia.
Tornava a trovarli ogni volta che ne aveva la possibilità e
telefonava quasi
ogni giorno.
Daisy,
per rimanere accanto allo zio,
aveva rifiutato la proposta di matrimonio di Enos il quale aveva deciso
di
tornare a Los Angeles. Lavorava ancora al Boar’s Nest come
cameriera e, quel
poco che guadagnava, era tutto ciò che aveva a sua
disposizione per sostentare
se stessa e lo zio.
Bo
aveva preso una strada sbagliata già
da tempo. Aveva abbandonato la scuola ad un passo dal diploma e si era
fatto
sedurre da un gruppo di ragazzi noti in città per essere
scansafatiche e
briganti. Aveva cominciato col contrabbando di whisky e con piccoli
furti. E
poi erano arrivate le rapine. A niente erano serviti gli sforzi di
Jesse, di
Daisy, di Cooter e dello stesso Luke. Troppo orgoglioso per ammettere
di aver
imboccato un vicolo cieco, aveva continuato a frequentare quei
balordi. Era
entrato e uscito di galera tante di quelle volte che Jesse aveva ormai
smesso
di contarle. Aveva speso tutti i suoi risparmi per pagargli
continuamente le
varie cauzioni. L’ultima era stata talmente salata che Jesse
aveva dovuto
cedere la fattoria e tutta la sua terra a J.D. Hogg in cambio della
libertà del
nipote. Non appena fuori di prigione, Bo aveva salutato frettolosamente
lo zio
annunciandogli che sarebbe partito e che si sarebbe rifatto sentire
presto.
Erano
passate due settimane da allora e
di Bo non se ne era saputo più niente.
Entro
mezzora sarebbero arrivati Boss Hogg e lo sceriffo
Rosco P. Coltrain e avrebbero ufficializzato la confisca della proprietà
dei Duke.
Jesse
si alzò dalla sedia e si avvicinò
al camino. Ormai era rimasta solo brace. La smosse con un pezzo di
ferro e
cercò di scaldarsi le mani. In quel momento, dalla sua
stanza comparve Daisy: “questa
è l’ultima valigia. Abbiamo preso
tutto.” Disse raggiungendo lo zio. “Luke
sarà
qui tra poco. Vedrai che vivremo bene anche lontani da questo
posto.” Aggiunse
tentando di convincere più se stessa che lo zio.
“Che
ne sarà del mio piccolo Bo? Come
faremo ad aiutarlo la prossima volta che finirà nei guai?
Come farà a trovarci
se avrà bisogno di noi?”
“Zio
Jesse, mi dispiace dirlo, ma d’ora
in poi dovrà cavarsela da solo. Abbiamo fatto di tutto per
aiutarlo. Abbiamo
perso la fattoria a causa sua. E lui in cambio è
sparito.” Malgrado avesse
cercato di mantenersi fredda e distaccata, Daisy aveva finito per
ritrovarsi
con gli occhi lucidi. Sarebbero andati a vivere lontani da Hazzard e
non
avrebbero più fatto ritorno. Ma ciò che
più li faceva soffrire era la
consapevolezza di aver perso Bo. Per sempre.
“Andiamocene
via di qui. In questa casa
siamo stati felici per così poco tempo che non me ne ricordo
neanche più. Cambiare
ci farà bene. Magari quest’anno riusciremo a
festeggiare il Natale in modo
decente.” Affermò Daisy.
Jesse
sospirò. Riprese il suo cappello e
lo indossò con la stessa fierezza di sempre. Si
avviò verso la porta sottobraccio
alla nipote. Lasciò che Daisy uscisse per prima,
dopodiché diede un ultimo
sguardo alla sua fattoria e si richiuse la porta alle spalle.
Bo
si avvicinò alla sedia e ne bloccò il dondolio
che non l’aveva ancora
abbandonata: “che cosa ho fatto?” Disse con un filo
di voce. “Tutto questo
accadrà per colpa mia. Rovinerò la vita a tutta
la mia famiglia. E’ questo il
nostro futuro?” Chiese mentre le lacrime iniziarono ad uscire
copiose.
“No,
Bo. Il futuro non è stato già stabilito.
Immaginalo come fosse un foglio di
carta bianco sul quale dovrai scrivere giorno dopo giorno. Questo
è ciò che
potrebbe accadere se ti ostinerai a perseverare nelle tue assurde
convinzioni. Sei
in collera con Luke, ma dentro di te sai che non ne hai
motivo.”
“Io…
è solo che… io non voglio che Luke vada via. Non
voglio che mi lasci. Ho paura
per lui. Ho paura che possa succedergli qualcosa di brutto
laggiù. Ho paura che
non torni più a casa.” Ormai Bo aveva rotto gli
argini.
Martha
allargò le braccia e accolse il nipote stringendolo forte:
“e allora perché non
glielo hai detto invece di scappare via in quel modo?”
Domandò carezzandogli
dolcemente i capelli.
“Non
lo so. Pensavo che se mi fossi arrabbiato con lui, mi avrebbe fatto
meno male
vederlo andare via. Ho sbagliato, ora lo so. Zia ti prego, dimmi che
sono
ancora in tempo per cambiare le cose. Non voglio vivere in un mondo in
cui zio
Jesse non avrà più la sua fattoria e non voglio
dargli dispiaceri. Non voglio
diventare un cattivo ragazzo, ma ho bisogno che Luke mi stia accanto.
Tutto quello
che desidero è vivere in questa fattoria insieme alla mia
famiglia.”
Martha
sorrise e lo baciò sulla fronte: “a quanto pare il
mio compito è finito qui. Hai
imparato la tua lezione e sono certa che ne farai tesoro. Torna da loro
adesso.
Apri il tuo cuore a Luke così come hai fatto con me e non
perdere mai la speranza,
bambino mio.”
“Bo?
Svegliati, Bo. Andiamo cugino, apri gli occhi!”
“Mmmh…
cinque minuti… lasciami dormire ancora cinque
minuti.” Mugugnò Bo girandosi
dall’altra parte.
Luke
non poté fare a meno di ridere di gusto: “non
staresti più comodo nel tuo
letto? Coraggio andiamo a casa, lì potrai continuare a
dormire quanto vorrai.”
Bo
si stropicciò gli occhi e sbadigliò
sfacciatamente: “non sono a casa?” Chiese
tirandosi su a fatica.
“Tu
che ne pensi?” Rispose Luke guardandosi di proposito attorno.
All’improvviso
Bo spalancò gli occhi. D’un tratto
ricordò il motivo per il quale si trovava
fuori casa e soprattutto ricordò lo strano sogno che aveva
fatto… sempre che di
sogno si fosse trattato. Senza dire niente si buttò tra le
braccia di Luke e lo
strinse con quanta forza aveva in corpo: “mi dispiace, Luke.
Scusa, non volevo
dire quelle cose. Non è vero che non ne voglio
più sapere di te. Non è vero che
non ti voglio più come amico.” Disse affondando la
faccia nella maglietta del
cugino.
Luke
ricambiò l’abbraccio. Era convinto che avrebbe
dovuto lottare ancora per far
valere le sue ragioni ed invece Bo lo aveva sorpreso. Come sempre.
“Questo
significa che non sei più arrabbiato con me?”
“No,
non sono mai stato realmente arrabbiato, Luke. Ho solo tanta
paura.” Bo alzò il
viso e incrociò lo sguardo del cugino: “vai se
devi, ma promettimi che tornerai
a casa.”
Luke
gli mise una mano dietro la nuca e se lo riavvicinò con
forza al petto: “non ti
prometto niente, ma ti assicuro che farò del mio meglio.
Rimasero
a lungo avvinghiati l’uno all’altro a godere
finalmente di quella pace a lungo
cercata.
Fu
Luke a parlare per primo: “senti Bo, lo so che manca ancora
qualche giorno a
Natale, ma ho un regalo per te e voglio dartelo subito.” Si
frugò nelle tasche
del giacchetto ed estrasse un piccolo involucro.
“Che
cos’è?” Chiese Bo afferrando
l’oggetto.
“Aprilo!”
Fu la risposta di Luke.
Bo
fece come gli era stato detto e una volta rimossa la carta che lo
avvolgeva, si
ritrovò ad osservare il pistone di un motore. “Che
significa? Non capisco.”
Disse rigirandosi quell’aggeggio tra le mani.
“Ti
ho promesso che un giorno avremmo costruito la macchina dei nostri
sogni. E lo
faremo. Questo è il primo pezzo.”
Bo
lo osservò ancora qualche istante e poi lo
restituì al cugino: “allora devi
tenerlo tu, non io. Portalo con te e ogni volta che lo guarderai ti
ricorderai
che devi tornare a casa perché hai qualcosa di importante da
fare.”
Ancora
una volta Luke si ritrovò spiazzato,
l’imprevedibilità di Bo lo aveva colto di
nuovo di sorpresa: “va bene, Bo. Farò come vuoi
tu.”
Bo
se ne tornò tra le braccia del cugino, chissà per
quanto tempo gli sarebbero
state negate. Dopo qualche minuto, Luke ruppe il silenzio:
“che ne dici di
tornare a casa? Zio Jesse e Daisy sono molto in pensiero per te. Non
facciamoli
preoccupare ulteriormente.”
Bo
annuì e si alzò controvoglia: “dici che
zio Jesse mi punirà per esser scappato
via di casa?” Chiese leggermente turbato. “Potresti
metterci una buona parola
tu?”
Luke
rise e passò un braccio sulle spalle del cugino:
“si, stai tranquillo, ci parlo
io.”
Si
incamminarono attraverso il bosco, diretti finalmente verso casa:
“hey, Bo. Ma
che strano. Tu non senti niente?”
“Cosa
dovrei sentire?” Domandò incuriosito Bo.
“Sembra
come… si, sembra odore di biscotti.” Rispose Luke
carezzandosi istintivamente
lo stomaco.
Bo
guardò il cugino e gli sorrise dolcemente senza rispondere.
Alzò poi il viso al
cielo e chiuse gli occhi per un istante: “grazie di tutto zia
Martha. Buon
Natale.” Pensò continuando a camminare con Luke al
suo fianco.
Fine