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Autore: General_Winter    18/03/2015    3 recensioni
AU! Hunger Games.
Dal testo:
Abbandonando il suo posto, evitando i pacificatori, si era portato davanti al moro, come a proteggerlo, tenendolo al sicuro dietro alla sua ampia schiena e aveva urlato parole mai dette in quel piazzale, in quel distretto prima di allora, gridate troppo velocemente e troppo seriamente per avere rimorsi «Mi offro volontario come tributo al posto di Feliciano Vargas!»
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Genere: Azione, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO IV: AIUTAMI
 
Ludwig tratteneva il respiro. Se avesse anche solo provato ad espirare si sarebbe sgozzato. Si allontanò impercettibilmente con il capo dall’arma « Tu non vuoi uccidermi, Kiku: non ti saresti fermato a minacciarmi » se lo stava inventando. Forse l’orientale aveva semplicemente esitato perché troppo spaventato per uccidere una persona.
Intravide una scintilla di ammirazione brillare nei suoi occhi « Bravo. Ti ammiro, per questo voglio allearmi con te » ammise.

« E me lo chiedi puntandomi una lama alla gola? » domandò ironico.
Come se si fosse accorto solo in quel momento del proprio gesto, abbassò la spada, una katana, e si inchinò profondamente « Perdonami, hai perfettamente ragione »

Ludwig sgranò gli occhi per la sorpresa e l’unica cosa che gli venne da dire fu « Non dovresti fare così: ci metterei un secondo a tagliarti il collo »
« Giusto » disse, rialzandosi.

Se ne accorsero entrambi appena in tempo.
Dal di sopra della grotta, al loro fianco, una figura bionda balzò contro di loro. Si scansarono entrambi appena in tempo per evitare le lame di due spade che avrebbero aperto i loro crani a metà se non le avessero evitate.

Caddero tutti e due nella neve e Ludwig ebbe appena il tempo per raccogliere la sua spada che il loro aggressore giunse su di lui, pronto a finirlo. Parò il colpo dell’arma dell’altro con la sua spada e per un singolo istante gli occhi azzurri dei due contendenti si scontrarono in un altro duello.

In quel momento Kiku tornò alla carica, ma Alfred deviò con una facilità disarmante la katana dell’altro. I suoi movimenti erano ancora impetuosi e istintivi, ma sembrava aver affinato la tecnica: probabilmente molti tributi erano caduti per mano sua. E se non fossero cambiate immediatamente le cose, avrebbero fatto parte anche loro della lista.

Strinse l’elsa della sua spada, lanciandosi contro il nemico per salvare il neo-alleato.
Alfred si accorse di quell’assalto e, tenendo bloccato la spada dell’orientale con una sola mano, assestò una potente gomitata nello sterno di Ludwig. Questi si piegò, con le lacrime agli occhi, ma riuscì a vedere Alfred allontanarsi di
qualche metro dai due.

« Alfred F. Jones, distretto 2, non è così? Sei così incosciente da attaccarci tutti e due da solo? » domandò Kiku, alzando la propria arma di fronte a sé.

L’avversario sembrò sinceramente offeso da quelle parole « Come osi definire incoscienti le gesta di un eroe? » chiese indignato, portandosi una mano al petto nell’indicare se stesso come eroe. Ludwig pensò che il suo ego poteva essere tranquillamente paragonato a quello di Gilbert.

« In realtà » continuò, indicando Ludwig con la punta della spada « Ero venuto qui solo per il biondino. Ho impiegato così tanto tempo nel cercarlo che quando l’ho visto non ho esitato un attimo ad avvicinarmi, ma pensavo fosse solo; non avevo tenuto in conto te … beh, poco male! Vi ammazzo, cosi ci sono due minacce in meno! »
Le sue manie di protagonismo sembravano non avere limiti.

« Pensi davvero di poterci battere entrambi, Alfred? »
« Un eroe non si tira mai indietro di fronte alle sfide. E poi non penso siate un problema così grosso » ammise tranquillo, prima di lanciarsi ancora su Ludwig con una forza inaudita.

Il clangore delle armi vibrò nell’aria e il tributo del distretto 6 temette per un istante che la sua spada si spezzasse e che Jones lo uccidesse.
Un altro colpo che parò per miracolo.
La katana di Kiku intervenne e lo salvò da un terzo colpo.
Alfred la deviò, concentrandosi allora sull’orientale con l’altra spada. La sua abilità combattiva era impressionante, era capace di utilizzare due armi contemporaneamente.

Ma non era quello il momento per ammirare le capacità combattive del nemico.
Tentò di colpirlo alle spalle, ma Alfred se ne accorse.
Poi, come a rallentatore, Jones si spostò di lato, convergendo contemporaneamente le armi dei due tributi con le sue spade.

Un secondo dopo, la lama di Ludwig collise con quella di Kiku, nello stupore e nella paura di entrambi.
Come due lampi, le armi di Alfred, che stava al loro fianco, saettarono verso le loro gole.
In uno scatto adrenalina, l’orientale balzò indietro; il biondo si abbassò, ma uno strato di ghiaccio sottile lo fece scivolare e cadde con la schiena a terra.

Il pallido sole fu oscurato dalla sagoma del tributo del distretto 2 che stava per affondare la lama nel petto del biondo con misurata lentezza, come se volesse godersi ogni singolo istante dell’omicidio che stava per compiere.
Del tutto guidato dall’istinto, Ludwig calciò con forza lo stinco di Alfred, che perse l’equilibrio e cadde verso l’altro, che chiuse gli occhi, pronto a sentire la gelida lama trapassargli la carne mentre si faceva scudo con le mani.

Ma invece del freddo dell’arma che lo uccideva, avvertì il calore. Sentì un rivolo caldo accarezzargli lo zigomo e la pressione di un corpo esanime sul proprio.

Il rumore del cannone si propagò in tutta l’area.

Solo in quel momento si capì di cosa era accaduto: nel tentativo di fermare la caduta di Jones con le mani, non si era reso conto di tener ancora stretta in mano la sua spada. Poteva vederla brillare, al di sopra della spalla del’ormai defunto avversario, di sole e di cremisi, trapassando completamente la cassa toracica.

I conati di vomito tentarono prepotenti di risalire dal suo stomaco, mentre la consapevolezza prendeva possesso di lui: aveva ucciso.

Tutta Panem lo aveva visto, in diretta, diventare un assassino, sporcarsi finalmente le mani di sangue, magari esclamando pure di gioia, mentre si chiedevano perché ci aveva impiegato così tanto a fare la sua prima vittima.

Cominciò a girargli la testa, ad annebbiarsi la vista prima che il cadavere di Alfred venisse spostato dal pronto intervento di Kiku, che l’aiutò a rialzarsi « Tutto bene? Ti ha ferito? »

Il biondo scosse la testa, pallido come un cencio, mentre si teneva lo stomaco con un unico pensiero in mente: l’intero mondo lo aveva visto, anche il tenero, innocente e dolce Feliciano. Fu pervaso da un senso di disgusto, mentre continuava a ripetersi in testa frasi di scuse e richieste di perdono.
 

Altri tre giorni erano passati e non se ne era reso nemmeno conto. I ricordi dell’uccisione continuavano a farsi rivedere vividi nella sua mente in ogni secondo, chiudendolo in un innaturale mutismo. Kiku non aveva provato a spingerlo a parlare: nemmeno lui aveva provato cosa significava togliere la vita a qualcuno, quindi non poteva capire le sensazioni che agitavano l’animo del biondo.

Lo aveva però spronato a mangiare o a bere, prestandogli la propria borraccia, per recuperare le forze, poiché ne andava dell’interesse di entrambi.

Quando giunse la sera il cannone non aveva ancora suonato ed era facile intuirne il motivo: se i loro calcoli erano esatti, erano rimasti in nove e questi comprendevano loro due, Ivan, Yao, Vash, Tino, Matthias e Arthur.

Ma a Ludwig non riusciva più a pensare a nulla e Kiku se ne era accorto: un alleato con così tanti sensi di colpa per un’uccisione non sarebbe servito a molto.
Doveva distrarlo « Tu sei il fratello di Gilbert Beilschmidt, giusto? »

Quella domanda sembrò sortire l’effetto desiderato: un’espressione di sorpresa scacciò quella apatica e preoccupata che da tempo aleggiava sul volto del biondo « Sì, è proprio così » rispose, lievemente confuso.
« Allora vivi nella ricchezza »

Ludwig storse il naso: era ovviamente vero.
I soldi erano diventati fin troppi da quando Gilbert era tornato. Anche gli “amici” erano aumentati, ma era fin troppo chiaro perché si erano avvicinati, nonostante non lo avessero mai fatto. Solo Feliciano c’era sempre stato.

Kiku, non sentendolo rispondere, sospirò rassegnato « Dormi, farò io il primo turno di guardia, stanotte » avvisò, avvicinandosi al fuoco acceso, stringendo la katana.
Ludwig gli lanciò un’occhiata dubbiosa che l’orientale colse subito « Non ti preoccupare, Ludwig-san. Se volessi ucciderti lo farei quando sei rimasto tu da solo, non ora che sono rimasti in vita solo i più forti »

Annuì, sistemandosi meglio accanto alle fiamme, con le mani intirizzite dal freddo.
Scosse la testa: cosa credeva? Quelli erano gli Hunger Games! Pensava davvero di salvarsi senza sporcarsi le mani col sangue degli altri tributi? Quanto era ingenuo! Non poteva farsi prendere da tutte quelle preoccupazioni ogni volta che uccideva o non sarebbe uscito da quell’arena.

Il suo compagno ci aveva provato più volte, in quei giorni, a farlo pensare ad altro, ma aveva fallito ogni volta, poiché l’attenzione del tributo del distretto 6 era troppo concentrata sul corpo di Alfred, che, nella sua mente, ancora lo copriva.

Respirò profondamente « Sì, diciamo che i soldi non ci mancano. Però, oltre ai soldi, sono arrivate anche le amicizie indesiderate. Pochi sono gli amici fedeli … »

Nel sentire l’altro parlare, Kiku si voltò incuriosito « Tipo Feliciano? » chiese senza alcuna malizia, ma,anzi, quasi con candore infantile.
Ludwig sgranò gli occhi nel sentire quel nome e si girò verso l’alleato. Come faceva a saperlo? Poi, i ricordi dell’intervista dell’ultima serata gli affollarono la mente.

Sorrise lieve nel ricordare le parole della promessa fatta in mondovisione al moretto « Sì, come lui … »
Kiku sorrise « Deve essere una persona molto particolare »
« Lui è speciale, sorride in continuazione, vede il lato bello di ogni momento, trasforma l’arte in vit- » si bloccò all’improvviso, rendendosi conto solo in quel momento che le parole che aveva dedicato al moretto erano più per un’amante che per un amico.

Sentì di arrossire e si voltò velocemente dall’altra parte, sotto lo sguardo perplesso e sorpreso dell’altro « Potrei scrivere una storia su voi due » mormorò colpito e soprapensiero l’orientale.
Ludwig si augurò di aver capito male « Che hai detto scusa? »
Kiku scosse la testa ridacchiando composto « Nulla, pensa a dormire, ti chiamerò fra qualche ora »

Con un’ultima occhiata dubbiosa, Ludwig si sistemò meglio che poté, ringraziando che, per una notte, potesse dormire accanto al calore di un fuoco, che lo scaldava insieme al pensiero di Feliciano, nonostante le fastidiose folate di vento che arrivavano da spifferi del fondo della caverna.
 

Il calore lo opprimeva e lo coccolava insieme. Ansimava pesantemente, sdraiato sull’erba di un prato, in una notte di piena estate, con Feliciano seduto sulle sue cosce per la prima volta. Gli donava e riceveva piacere, sussurrava voluttuoso il suo nome. Ludwig lo strinse per i fianchi, andandogli incontro ancora un’ultima volta, prima di sentire il moretto raggiungere l’apice insieme a lui.
Sorrise quando sente l’amato esausto cadergli quasi letteralmente addosso. Il petto nudo di Feliciano appoggiava a quello altrettanto svestito di Ludwig. Il biondo lo abbracciò stretto, appoggiando la bocca al suo orecchio e sussurrando dolci parole. Il giorno dopo ci sarebbe stata la mietitura ed entrambi stavano pregando per se stessi e per l’altro di non venire pescati al loro penultimo anno. Non proprio allora che i loro reciproci sentimenti erano stati rivelati solo pochi mesi prima.

Sentì il moretto passargli una mano tra i capelli scompigliati « Lud, voglio restare qui, non voglio che arrivi domani, non voglio che il mio cuore si fermi per la paura che uno di noi due sia scelto » confessò con un fil di voce.
 « Anch’io ho paura » ammise. Ma purtroppo non si poteva fermare il tempo: il domani sarebbe arrivato e non si sarebbe mai potuto sapere se la fortuna avrebbe sorriso loro.
Non si poteva fare altro che attendere e pregare di non essere le vittime.
 Perché era così che funzionava: la morte di uno era la salvezza per qualcun altro e, per quanto a Ludwig dispiacesse per ogni tributo che veniva scelto, una parte di lui gioiva per essersi salvato ancora una volta.
U n ragionamento giusto e ipocrita allo stesso tempo, ma Ludwig teneva alla propria vita e temeva che, se fosse stato scelto, non avrebbe avuto la stessa fortuna che aveva avuto il fratello.
Be’… forse c’era qualcuno a cui teneva di più della sua stessa vita.
Baciò la testa a Feliciano, giocando con il suo ciuffo arricciato « Te prometto che non ti accadrà nulla, Feliciano »

L’interpellato lo guardò serio e un po’ spaventato « Ti prego, non fare pazzie, Ludwig » disse, prima di sdraiarsi di nuovo sul petto del suo amante. Rimasero immobili ancora per alcuni minuti, prima che la voce del moretto spezzasse ancora il silenzio « Lud? Ti va di farlo ancora? »
E, a quella domanda apparentemente innocente, il biondo non seppe dire di no.
 

Il tocco che lo svegliò, però, non era quello delicato e morbido di Feliciano. Era più deciso e sicuro, voleva farlo scattare in piedi e non avrebbe ammesso repliche.

Con uno scatto, afferrò la sua arma e la mosse con l’intenzione di tranciare la mano di chi lo aveva toccato, fermandosi appena in tempo quando si accorse che il braccio che voleva troncare era quello del suo alleato Kiku, il quale non aveva però spostato l’arto, quasi fosse sicuro che l’altro si sarebbe fermato.

Ludwig si girò a guardarlo: non vi era paura nei suoi occhi, solo serietà e fastidio « È il tuo turno di guardia, Ludwig-san » fece atono.

Il biondo cercò di collegare le parole al loro effettivo significato, prima di annuire e mettersi seduto compostamente.
Kiku stava per dire qualcosa, ma il biondo lo bloccò: per un secondo gli era parso di sentire qualcosa muoversi in mezzo alla neve, troppo grosso per essere un animale.

Qualcosa scintillò illuminato dal fuoco e Ludwig fece appena in tempo a spostare l’orientale dalla traiettoria di tiro che una freccia andò ad infrangersi contro le pareti della caverna.

Entrambi scattarono in piedi, evitando ancora due frecce che saettavano nella loro direzione. Strinsero le armi, mentre, nella fievole luce del fuoco, intravedevano la sagoma di Tino Väinämönen all’entrata della grotta con l’arco teso, la faretra piena e determinato a vincere.

Alle sue spalle, un’altra sagoma fece la sua comparsa « Questa volta è un addio, distretto 6 »
Una sola persona si ostinava a chiamarlo in quel modo: Vash prese la mira e il coltello volò nella direzione del volto di

Ludwig che spostò la testa di lato appena in tempo, ma la lama passò ghiacciata sulla guancia, aprendo un taglio dal quale colò il caldo liquido.

Si bloccarono tutti e quattro, guardandosi negli occhi, Vash e Tino con le armi puntate.
La realtà si palesò crudele di fronte agli occhi di entrambi i tributi nella grotta: erano in trappola; gli avversari avevano armi da lancio e loro non potevano scappare da nessuna parte.

Se fossero stati all’aperto, magari avrebbero avuto più possibilità.
Ma in quel momento era del tutto impossibile: per salvarsi avrebbero dovuto essere all’aperto e dubitava fortemente che li avrebbero lasciati uscire.

Abbassò appena lo sguardo sul fuoco: se non lo avessero acceso, nessuno si sarebbe accorto della loro presenza. Quello era l’unica luce tutt’intorno, l’unico motivo per cui potevano essere tenuti sotto tiro. Se solo avessero potuto spegnerlo avrebbero distratto abbastanza i nemici da spostarsi dalla traiettoria dei colpi e cercare di uscire dalla caverna. No, sarebbe stato troppo poco comunque, avrebbero potuto prendere di nuovo la mira facilmente.
« Qualche ultima parola, distretto 6? » domandò canzonatorio Zwingli.

Un’altra forte folata di vento soffiò dalle spalle di Ludwig, scompigliando i capelli dei presenti.
Se solo avessero … un’assurda idea catturò tutta l’attenzione di Ludwig.

Guardò ancora il fuoco e toccò la borraccia metallica che Kiku gli aveva prestato qualche ora prima.
Serviva qualcosa che li distraesse ancora qualche secondo e forse …

« Sì » affermò sicuro Ludwig, sorprendendo tutti i presenti, soprattutto Vash che lo aveva chiesto più per prassi che per reale interesse.

Beilschmidt sentì lo sguardo confuso dell’alleato su di sé, prima di parlare cauto « Posso bere un po’ d’acqua? » chiese.
« Che t’importa, distretto 6? Stai per morire! » sbottò Zwingli infastidito.
« Appunto » precisò Ludwig « Sto per morire: non vuoi soddisfare questa mia piccola richiesta? »

Con un grugno, il tributo del distretto 2 annuì.

Con studiata lentezza, Ludwig aprì la borraccia e se la portò alle labbra, attendendo il momento giusto per agire.
Sentì un’altra grossa folata di vento giungere dal fondo della caverna e chiuse gli occhi, pregando che la sua idea funzionasse nonostante le minime possibilità di riuscita.

Versò l’acqua gelida sui tizzoni ardenti e sulle fiammelle. Un denso fumo venne portato dal vento all’imbocco della caverna, entrando negli occhi dei due tributi li stanti.

Vash e Tino indietreggiarono di qualche passo, imprecando ad alta voce.
Ludwig scattò, seguito dopo qualche secondo a Kiku ed un unico rumore di metallo che si infrange si propagò tutt’intorno: Vash aveva estratto da dietro la propria schiena un machete, parando appena in tempo l’attacco di Ludwig.

Il tributo del distretto 2 digrignò i denti infastidito, osservando il ghigno compiaciuto dell’altro: non era un mistero che Zwingli fosse più bravo sulla lunga distanza. Forse Ludwig poteva farcela.

Si esibì in un affondo mirato alla gamba dell’avversario, ma questi lo deviò col machete, facendo scorrere entrambe le lame verso l’alto e ritirando la sua immediatamente per tentare di colpire Ludwig.

Il biondo ebbe abbastanza i riflessi pronti da deviarlo, tentando a sua volta di attaccare.
Vash si abbassò, evitando la spada che tentava di decapitarlo. Fece scorrere il machete con l’intenzione di tranciare la gamba dell’altro, che tentò di indietreggiare, ma non vi riuscì del tutto: avvertì la lama perforare la carne e uscire pochi istanti dopo. Un lungo squarcio si creò sulla coscia e copiosi fiotti di sangue presero a scendere, macchiando la candida neve.

Ludwig trattenne i gemiti di dolore che tentavano prepotentemente di uscire dalla sua gola.
Si piegò su se stesso, toccando la calda ferita, portando lo sguardo sul sangue che colava e distraendosi quel tanto che bastava per perdere d’occhio i movimenti dell’avversario.

Vash lanciò un coltello che Ludwig non riuscì ad evitare. Il dolore lancinante bloccò tutti i sensi, lasciando solo l’agonia.
Con la vista annebbiata vide che la lama era affondata per metà nel suo braccio.

La risata divertita e vittoriosa del nemico gli perforò le orecchie e la visione del machete che calava sulla sua faccia lo immobilizzò sul posto. La morte si faceva più vicina ogni istante. Essa parve, però, attendere, fermata dal suono di cannone nell’aria.

Zwingli commise il madornale errore di distrarsi, alzando lo sguardo verso l’altra battaglia che si combatteva a pochi metri di distanza.

Beilschmidt vide un’occasione d’oro da non sprecare: racimolò le poche forze che aveva in corpo, stringendo la spada e facendo un doloroso affondo contro l’altro. Sentì l’ovattato e raccapricciante rumore di carne recisa riempirgli le orecchie, mentre lo sguardo stupito e confuso di Vash squadrare stranito la lucida lama della spada dell’altro tributo trapassargli lo stomaco.

Il sangue colorò di scarlatto l’arma e la pelle del tributo del distretto due, che cadde a terra in sincronia con il colpo di cannone.

Ludwig non riusciva a tenersi nemmeno in piedi, era capace solo di pregare che il colpo di cannone che aveva distratto Vash fosse destinato a Tino.

Si voltò lentamente. Il grottesco spettacolo del cadavere del tributo del distretto 1 lo attese: un netto taglio rosso correva sotto la sua giugulare e Kiku si teneva in piedi ansimante, sostenuto dalla katana impiantata a terra.

Ludwig estrasse il coltello dal proprio muscolo, digrignando i denti per non far udire alcun lamento, mentre, zoppicante si avvicinava all’orientale.

Ma c’era qualcosa di strano, qualcosa che non doveva esserci e il biondo non capì finché un temerario raggio di luna, spuntato dalle nubi cariche di neve non illuminò il corpo di Kiku, delineando il profilo di una freccia scura che trapassava da parte a parte il suo fianco.

L’alleato si voltò, mostrando il viso pallido. La sua resistenza finì e crollò sul fianco ancora integro, trattenendo a stento un gemito di dolore.

Allarmato, Ludwig si chinò accanto a lui, cadendo sulle ginocchia, incerto sul da farsi. Grosse gocce di sudore imperlavano il volto stravolto di Kiku, che lo guardava con aria assente.

Provò a toccare la freccia, ma ricavò solo un gemito di dolore da parte dell’altro. La neve continuava a tingersi di vermiglio. Doveva rimuovere l’arma, ma non sapeva nemmeno da dove cominciare.

All’improvviso, uno strano ticchettio distrasse entrambi: dal cielo scese un piccolo paracadute con un contenitore metallico, che si posò ad un metro da loro.

Appena intuì cosa fosse, Ludwig ringraziò il cielo che gli sponsor si fossero degnati di aiutarlo almeno nelle fasi finali del gioco.

Il biondo la prese in mano: una borraccia d’acciaio con un biglietto legato intorno al collo. Con le mani che tremavano, Ludwig l’aprì, inalando immediatamente una zaffata dal forte odore: disinfettante.
Strappò il biglietto, ma, con la vista ancora appannata, riuscì a stento a leggere:
Spingila fuori. Ti aspetto a casa. G.

Capiva a stento le informazioni appena mandate dal fratello, ma quando lo sguardo gli cadde di nuovo sulla ferita dell’altro, intuì cosa doveva fare. Sfiorò le piume della freccia con le dita « Stringi i denti » l’orientale annuì lentamente, serrando labbra e occhi.

Un urlo riempì l’aria quando, con uno scatto, Ludwig spinse fuori la freccia, facendo passare la coda all’interno del fianco dell’alleato. Appena uscì, bagnò il taglio con abbondante liquido, cercando di ignorare gli strazianti lamenti.

Sentiva il disgusto attanagliargli le viscere. Si guardò in giro, pensando a cosa usare come benda, ma l’unica soluzione era la stoffa del piccolo paracadute. Lo tagliò con la spada, stringendolo delicatamente con le dita. Le lacrime di Kiku di confondevano con le gocce di sudore.

Avvolse al meglio le improvvisate bende sulla ferita, per poi portare il tremante corpo dell’alleato ancora dentro la caverna.


LA TANA DEL LUPO:
Ed ecco le prime battaglie, spero siano state di vostro gradimento. Comunque, giusto per dire, è vero che per togliere una freccia dal corpo, se questa ha trapassato da parte a parte, bisogna spingere e non tirare. 
Se avete domande non fatevi problemi a porle. 
A presto.
Lupus

 
  
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