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Autore: ValeDowney    19/03/2015    4 recensioni
"Storybrooke sembra una cittadina come tutte le altre, se non fosse per il fatto che non è sulle carte, nessuno sa della sua esistenza e i cittadini sembrano nascondere qualcosa. Rose, una bambina dolce ma curiosa e sempre in cerca di guai, scoprirà, insieme al suo amico Henry, che qualcosa di magico si aggira per quella città"
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Signor Gold/Tremotino, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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The Rose of true Love

 
 
 
Capitolo IX: Strani Sintomi - Prima Parte
 
Gold rimase senza parole dopo aver sentito ciò che aveva appena detto Paige. Quest’ultima lo guardò ripetendo: “Tremotino.”
Excalibur drizzò le orecchie guardando la bambina. Che lei si ricordasse veramente? Gold non volle rischiare e quindi gridò: “Dottore! Venga subito. Paige sta male.”
E, in men che non si dica, il Dottor Whale, seguito da un’infermiera, corse dentro la stanza, mettendosi subito accanto al letto della bambina, controllandone i segni vitali mentre Excalibur scendeva velocemente dal letto, ritornando da Rose, salendo sulla sedia accanto a dove dormiva.
Poi il dottore guardò Gold e gli disse: “A me sembra tutto a posto. Che cosa ha avuto?”
“Delirava. Diceva cose senza senso. È per questo che l’ho chiamata. Questa bambina potrebbe avere qualcosa di grave, visto anche che i suoi genitori non si sono presi molto cura di lei” rispose Gold guardandolo.
“È solo stanca. Niente di cui preoccuparsi. Ora le consiglio di prendere sua figlia e ritornare a casa. Di più qua non potete fare. Un’infermiera rimarrà con lei” spiegò il Dottor Whale. Gold lo guardò. Poi però uscì, raggiungendo la figlia ed Excalibur. La volpe stava leccando la faccia di Rose, cercando di svegliarla, ma invano.
“Tesoro, svegliati. Ritorniamo a casa” disse Gold, scuotendola leggermente.
“Non ho voglia. Lasciami dormire qua” disse Rose.
“Se ti svegli, il papà ti prenderà un gustoso gelato” disse sorridendo Gold. Sentendo quelle parole, Rose aprì subito gli occhi. Si sedette e poi si alzò, allungando la giacca al padre e, mentre lui se la metteva, la figlia gli chiese: “Davvero mi prenderai un gelato?”
“Ho sempre mantenuto le mie promesse, no?” disse Gold, finendo di mettersi la giacca, per poi prendere il bastone che aveva precedentemente appoggiato contro il muro. Poi si incamminò lungo il corridoio, affiancato da una parte da Rose e dall’altra da Excalibur.
“Sei il papà migliore del mondo” disse Rose
“Non mi consideravi così, quando eri in punizione” disse Gold, mentre uscirono dall’ospedale.
“Be', è normale. Nessun figlio sta bene in punizione. È come stare in prigione” disse Rose fermandosi accanto alla Cadillac.
“Credimi, la prigione è ben più diversa dallo stare rinchiusi in casa” disse Gold, guardandola. Rose lo guardò stranamente per poi domandargli: “Perché, sei stato in prigione?”
Ci fu un po’ di silenzio. Poi Gold rispose: “ No, ma ho visto qualcosa in televisione. E poi nessuno ne ha mai parlato bene.” Aprì la portiera e salì in macchina. Rose aprì la portiera dalla sua parte ma, prima di salire, fece salire Excalibur sul retro. Poi salì anche lei e Gold partì.
Poco dopo arrivarono a casa e, mentre scendevano dall’auto, Rose disse: “Credevo andassimo a prendere un gelato. Mi hai ingannata.”
“Io non ho mai detto quando ci saremmo andati” disse Gold salendo sui gradini.
“Avrei dovuto continuare a dormire” disse Rose fermandosi accanto a lui, insieme a Excalibur, mentre apriva la porta.
“E io avrei continuato a svegliarti. Su, entra e non fare storie” disse Gold aprendo la porta e mettendosi da una parte.
Rose gli passò accanto. Si fermò. Lo guardò dicendogli: “Comunque non è giusto.” E poi entrò, seguita da Excalibur. Gold alzò gli occhi al cielo ed entrò anche lui, chiudendo la porta dietro di sé.
Il mattino seguente, padre, figlia e volpe erano in cucina a fare colazione. Come sempre, Gold aveva preparato un sacco di cose per Rose. Ma quest’ultima non aveva quasi toccato nulla. Il padre ovviamente se ne accorse.
“Piccola, qualcosa non va?” le chiese. Rose alzò lo sguardo e, mentre con la forchetta faceva andare avanti e indietro una omelette sul piatto, rispose: “Sì, sto bene.” Gold le andò accanto, mettendole una mano sulla fronte.
“Non hai la febbre” iniziò col dire Gold. Poi le mise una mano sotto il mento, alzandole il viso e guardandola negli occhi, continuò: “E non hai gli occhi lucidi.”
“Papà sto bene, dico davvero” disse Rose.
“Apri la bocca” disse Gold.
“Ma papà…” ribatté Rose.
“Ho detto, apri la bocca” disse Gold. Rose sbuffò, ma poi aprì la bocca. Gold si abbassò leggermente guardando all’interno di essa, mettendo nuovamente una mano sotto il mento, per alzare il viso in modo che un po’ di luce entrasse nella bocca. Poi disse: “Hai la gola un po’ rossa, ma sicuramente è perché avrai preso del freddo” e tolse la mano. Rose richiuse la bocca per poi dire: “Ora ti sei messo pure a fare il medico?”
“Voglio solo che tu stia bene” disse Gold e camminò verso una credenza.
“Sto bene, te lo ripeto per la centesima volta. È solo che non ho molto appetito. Capita a tutti” disse Rose. Ma, quando abbassò lo sguardo, vide Excalibur finire la sua pappa nella ciotola in pochissimo tempo. “Be', quasi tutti” aggiunse. Poi riguardò il padre mentre questi, dopo aver preso un barattolo dalla credenza, diceva voltandosi verso di lei: “Sono tuo padre ed è compito mio occuparmi di te. E questo sottintende anche della tua salute.” E mise il barattolo sulla tavola.
“Quella che roba è?” domandò Rose guardando il barattolo.
“La tua cura” rispose sorridendo Gold mentre prendeva un cucchiaio. Poi aprì il barattolo versando il contenuto proprio sul cucchiaio. Quella cosa aveva un aspetto davvero orribile, almeno agli occhi di Rose che, appena il padre le avvicinò il cucchiaio, si ritrasse.
“Fa' la brava e prendi la medicina” disse Gold, ma Rose continuava a ritrarsi o spostarsi a destra e a sinistra.
“Smettila, Rose! È per il tuo bene!” replicò Gold, cercando di imboccare la figlia.
“È avvelenamento contro minore!” replicò Rose. Quando Excalibur andò dietro di lei, morsicandole i pantaloni, Rose abbassò lo sguardo, replicando: “Excalibur, smettila!” e appena la figlia aprì bocca, Gold ne approfittò per darle la medicina. Rose fece una faccia disgustata. Guardò il padre chiedendogli: “Che schifezza è?”
“È una medicina che ti farà stare bene e che prenderai due volte al giorno, finché non ti sentirai meglio” rispose Gold chiudendo il barattolo e mettendo il cucchiaio nel lavandino.
“C’è solo un problema: io sto già bene. Quindi quella medicina è solo una perdita di tempo” disse Rose e, abbassando lo sguardo, aggiunse dicendo rivolta a Excalibur: “Traditrice.”
Poi riguardò il padre quando questi disse: “Ricordati che le mie non sono mai delle perdite di tempo. Che tutto ciò che faccio, lo faccio per te e per la tua protezione.”
“È molto gentile da parte tua, papà, ma ti ripeto che non ne ho bisogno. Se dovessi sentirmi male, ti prometto che correrò subito da te e prenderò questa schifo…. Ehm… buonissima medicina. Vedrai che non dovrai preoccuparti più di nulla” disse Rose sorridendo e alzandosi dalla sedia.
“Su questo ne sono sicuro” disse sorridendo Gold.
Poco dopo, padre e figlia si trovavano davanti alla porta di casa. Solo che in Rose c’era qualcosa che non andava. Era completamente imbacuccata. Indossava due magliette. Un cappotto. Una sciarpa che la copriva fino la bocca. Guanti e cuffia.
“Ecco, ora siamo pronti per uscire e andare a trovare la tua amica. Ho telefonato al Dottor Whale e mi ha assicurato che è sveglia” disse Gold mentre prendeva le chiavi della macchina e si accingeva ad aprire la porta.
“Era proprio necessario vestirmi così? Sto crepando dal caldo” domandò Rose, guardandolo.
“È per non farti ammalare ancora di più” disse Gold guardandola e sorridendole. Rose si tolse la sciarpa dalla bocca, dicendogli: “Come sarebbe a dire, ancora di più? Sto benissimo e te l’avrò già detto un centinaio di volte come minimo.”
“È sempre meglio essere previdenti e non rischiare” disse Gold rimettendole la sciarpa sopra la bocca. Poi aprì e uscirono, lasciando Excalibur a dormire nella sua cesta in salotto.
Poco dopo si ritrovarono nella camera da letto dell’ospedale dove era stata messa Paige. Ovviamente Rose si era tolta tutta la pesante roba che le aveva fatto mettere precedentemente il padre.
“Sono contenta che ti stia riprendendo. Secondo il Dottor Whale, potrai uscire tra qualche giorno” disse Rose, mentre se ne stava accanto al letto.
“Non vedo l’ora. Capisco del perché molta gente odi gli ospedali. Qui ci si annoia” disse Paige.
“Be', se ti può rassicurare, ci si annoia di più a stare nel negozio di mio padre” disse Rose. Ma dopo aver visto lo sguardo severo di Gold, la bambina fece un finto sorriso dicendogli: “Sai che sto scherzando, papà. Adoro tantissimo stare nel tuo negozio.”
Paige guardò Gold dicendogli: “Grazie per avermi salvata. Senza di voi sarei sicuramente morta.”
“Non è stato niente di che, piccola. L’importante è che tu ti senta meglio. Ma la prossima volta, ti consiglio di non scappare e starci ad ascoltare” spiegò Gold, guardandola.
“Va bene” disse sorridendo Paige.
“E quando ti sarei ripresa del tutto, io, tu e Henry andremo a giocare insieme nel nostro castello sulla spiaggia” disse Rose.
“Davvero mi volete con voi?” chiese Paige.
“Ma certo. Dopotutto siamo amici, no?” rispose Rose e Paige sorrise. Poi guardò Gold domandandogli: “I miei genitori non sono ancora venuti a trovarmi. Potrei contattarli?”
“Non ce ne è bisogno. Sanno già tutto” rispose Gold.
“Davvero?!” disse stupita Paige.
“Davvero?!” ripeté stupita Rose, guardandolo.
“Li ho avvertiti prima. Ho detto loro di non preoccuparsi e che sei in buone mani” spiegò Gold.
“E loro si sono fidati delle sue parole?” chiese Paige.
“Ma certo. E poi, se non si fidano di me, di chi altri si dovrebbero fidare?” rispose Gold e Rose inarcò un sopracciglio. Paige abbassò lo sguardo guardandosi il dente che portava al collo. Poi riguardò Gold dicendogli: “Volevo ringraziarla.”
“Mi sembra che tu mi abbia già ringraziato prima” disse Gold.
“Non per quello. Ma per questo dente” disse Paige. Gold rimase senza parole. Allora quella bambina ricordava veramente chi fosse nella Foresta Incantata. Rose guardò prima stranamente Paige e poi, allo stesso modo, il padre. Stava per chiedere qualcosa, quando Gold disse: “Rose, rimettiti i vestiti che è ora di andare.”
“Ma perché, crepo con quei vestiti” disse Rose.
“Mettiteli e basta! E non fare storie!” replicò Gold guardandola. Rose preferì non obiettare, quindi iniziò col mettersi i tanti vestiti pesanti. Gold guardò Paige dicendole: “Scusaci, piccola, ma ora dobbiamo proprio andare. Abbiamo delle cose urgenti da fare.”
“Cose urgenti da fare? Quali cose urgenti da fare?” domandò Rose guardandolo, mentre si metteva la seconda maglia.
“Cose molto importanti. Se no, non sarebbero urgenti. Intanto continua a vestirti, che siamo già in ritardo” rispose Gold, non guardandola.
“In ritardo? Non mi sembrava che prima fossimo in ritardo” disse Rose, mentre si metteva la giacca.
“Signor Gold, ho forse detto qualcosa che non va, da farvi andar via così all’improvviso?” chiese Paige guardando l’uomo.
“Tu non hai detto niente di sbagliato. È che mi sono ricordato solo ora di un impegno che avevamo” rispose Gold sorridendole. Poi guardò Rose e, vedendola pronta, aggiunse: “Ritorneremo quando Paige sarà pronta per uscire.”
“Vuol dire che non verranno i miei genitori a prendermi?” domandò Paige. Gold la guardò rispondendole: “No, verremo noi. E poi loro hanno sempre così tanto da fare.”
“Sembrerebbe la nostra descrizione” disse Rose, mentre con una mano si teneva abbassata la sciarpa. Gold la guardò senza dire nulla. Poi riguardò Paige dicendo: “Se hai bisogno di qualcosa, chiama pure il Dottor Whale. Mi ha assicurato che è a tua completa disposizione.”
“Grazie di tutto, Signor Gold. Non è affatto vero quello che si dice in giro su di lei” disse Paige.
“Non stare a lodarlo così tanto o potrebbe “usufruire” troppo di te” disse Rose.
“Non starla ad ascoltare. Non uso persone come oggetti. Però, ad alcune di loro, do parecchie punizioni perché non fanno le brave” disse Gold e, guardando Rose, le sorrise.
“Papà, possiamo andare? Mi sto sciogliendo come un ghiacciolo al sole” disse Rose.
“Rimettiti meglio la sciarpa sulla bocca e andiamo” disse Gold. Poi guardò Paige aggiungendo: “Arrivederci, Signorina Grace” e uscì.
“Arrivederci, Signor Gold” disse Paige guardandolo. Poi seguì con lo sguardo Rose, mentre questi a fatica si muova per la stanza. Sembrava che ai piedi si trascinasse delle palle da carcerato. Era appena arrivata a metà letto quando si fermò a riprendere fiato. Si abbassò la sciarpa, ansimando.
“Scusa, ma perché sei vestita così pesante?” chiese Paige guardandola.
“Chiedilo a mio padre e alla sua nuova mania di cercare di proteggermi da un raffreddore” rispose Rose guardandola.
“Rose! Vieni!” gridò Gold dal corridoio.
“Meglio che non lo faccia aspettare o potrebbe diventare una bestia” disse Rose.
“Non credo che il Signor Gold possa diventare così cattivo” disse Paige.
“Prova ad avercelo come padre durante i giorni no e poi mi dirai” disse Rose e, dopo essersi messa la sciarpa sulla bocca, a fatica si trascinò fuori dalla stanza. Paige la guardò tristemente dicendo: “Preferisco avere un padre come il Signor Gold che come il mio adottivo.” E abbassò lo sguardo.
Poco dopo, padre e figlia stavano camminando lungo una delle strade della cittadina, quando davanti a loro comparve Regina. Gold si fermò e si voltò, camminando nella direzione dalla quale erano appena venuti. Rose, invece, non fu abbastanza veloce e, appena si voltò per seguire il padre, Regina la raggiunse, prendendola per la sciarpa e bloccandola. Gold si fermò, voltandosi verso le due.
“Gold, non mi saluti neanche? Dopotutto siamo vecchi conoscenti” disse Regina sorridendo maliziosamente.
“Perché dovrei? Sta strangolando mia figlia” disse Gold. Regina lasciò andare la sciarpa di Rose, la quale se l’abbassò e riprese fiato.
“Come mai hai conciato così tua figlia? Da chi vuoi nasconderla?” domandò Regina.
“Oh, da un sacco di persone. Soprattutto da quelle che parlano con un sacco di specchi” rispose sorridendo maliziosamente Gold, prendendo Rose e nascondendola dietro di sé.
“Sai che non potrai proteggerla da tutto e tutti. E che tu non ci sarei sempre al suo fianco” disse Regina.
“Non mi sottovaluti, Sindaco” disse Gold.
“Non l’ho mai fatto e so che, abbassando anche per poco la guardia con te, si rischia molto. È un rischio che non voglio correre” disse Regina e guardò sorridendo maliziosamente Rose, la quale la guardò con un po’ di paura, standosene ben sicura dietro al padre.
“Arrivi al sodo. Che cosa vuole? Di solito, quando mi vuole incontrare intenzionalmente, è perché vuole chiedermi qualcosa” chiese Gold.
“Ho sentito voci che tieni segregata in qualche posto, la figlia dei Grace” disse Regina.
“Non rubo bambini. Io ne ho già una e non mi interessano quelli degli altri. Non hanno nessun valore per me. Strillano. Non dormono mai. Fanno venire forti mal di testa” disse Gold.
“Ma noi non stiamo parlando di una neonata. E poi quelli per te sono storia passata. Molto passata” disse Regina.
“Ho voltato pagina con altro” disse Gold cercando di tagliare corto quella conversazione.
“A quanto pare no, visto che hai una figlia” disse Regina.
“Perché ha tanto interesse per la figlia dei Grace? Che cosa ci vuole guadagnare? La loro fiducia? Non pensi che sia così semplice” disse Gold.
“Voglio solo sapere che fine ha fatto la loro figlia. So che ce l’hai nascosta tu da qualche parte e so anche che la stai nascondendo per un motivo ben preciso. Magari per qualche tuo losco scopo” disse Regina.
“E se anche fosse come dice lei? Non dovrebbe essere di suo interesse” disse Gold.
“Ti sei dimenticato che tutto ciò che avviene in questa città è di mio interesse. Che, in quanto Sindaco, le notizie devono passare prima da me” disse Regina.
“Strano, avrei giurato che prima passassero dal suo fidato Sceriffo, ma in momenti intimi” disse Gold. Regina lo guardò malamente. Poi replicò: “Ti piace così tanto provocarmi, ma attento che, prima o poi, ogni mela cade dal suo albero.”
“E ogni albero deve cercare di fare frutti buoni o, se no rischierà di essere tagliato. Se non sbaglio, ha un bellissimo albero di mele nel vostro giardino, vero?” disse Gold.
“E questo che cosa dovrebbe voler dire?” domandò Regina.
“Niente di che. Volevo solo assicurarmi che ci fosse ancora. Con la Signorina Swan appena arrivata in città, non vorrei che accadesse qualcosa di spiacevole alle sue mele” rispose Gold.
“Lei non deve neanche avvicinarsi alle mie mele! Ci deve solo provare che la caccerò da Storybrooke!” replicò Regina.
“Però ci potrebbe essere qualcuno a incitarla nel compiere un gesto simile” disse sorridendo Gold.
“Non oserai!” replicò Regina.
“Le voglio ricordare che ho più potere di lei. Posso far accadere qualsiasi cosa dove voglio e anche convincere le persone a fare ciò che chiedo loro. Non le conviene avermi come nemico” disse Gold.
“Qual è il tuo accordo?” chiese Regina. Gold sorrise per poi rispondere: “Sapevo che prima o poi lo avrebbe chiesto. Voglio semplicemente che lei stia alla larga da mia figlia e da qualunque altro membro della mia famiglia”
“Se ne avesse” disse Regina. Gold la guardò malamente. Poi continuò: “Se solo fa loro del male, potrà dire ben presto addio al suo amato albero.” Regina guardò Rose, che la guardava a sua volta con un po’ di paura. Poi riguardò Gold dicendo: “E va bene. Non toccherò la sua preziosa marmocchia. Ma, in cambio, la Signorina Swan non deve nemmeno avvicinarsi alla mia proprietà. Non ne ha nessun diritto.”
“E nemmeno nessun potere, visto che al momento non è niente. Ma lasci che le dia un consiglio da vecchio compare: tenga sempre d’occhio chi ha di più fidato. Non è sempre bello dare troppa confidenza anche a una persona sulla quale si fa affidamento” spiegò Gold. Poi questi abbassò lo sguardo e, rivolto alla figlia, aggiunse: “Andiamo, Rose. Abbiamo un sacco di cose da fare.” E s’incamminarono, passando accanto a Regina. Quest’ultima si voltò dicendo, mentre padre e figlia voltavano l’angolo: “Scoprirò chi sei veramente, Gold. E quando arriverà quel momento, ti farò soffrire ancora di più.” E sorrise maliziosamente.
La cena passò normalmente anche se Rose dovette ancora prendere, su insistenza del padre, quella disgustosa medicina. Ma fu a letto che la bambina non riuscì a chiudere occhio. Per quasi tutta la notte le fece male la pancia. Preferì non dire nulla a suo padre, per paura che lui continuasse a farle prendere quella medicina. Sperando fosse solo un malessere passeggero, cercò di dormire anche se passò una notte insonne.
Giorni dopo, Paige venne finalmente dimessa. Stranamente la bambina non passò la convalescenza a casa sua, ma nella villa dei Gold. Secondo proprio Gold, quanto detto al Dottor Whale, i Signori Grace non erano idonei nel prendersi cura della figlia dopo l’operazione e, stranamente, il Dottor Whale aveva acconsentito al momentaneo affidamento della bambina al proprietario del Negozio dei Pegni. Non che a Rose dispiacesse avere la sua migliore amica come momentanea inquilina, ma non riusciva a capire di questa decisione del padre. Dopotutto, da quello che si ricordava, suo padre aveva fatto firmare ai Signori Grace un accordo nel quale si prevedeva che avessero dovuto trattare bene Paige fino all’arrivo del genitore biologico. Sapeva che suo padre non faceva mai le cose a caso e che era sempre un passo avanti agli altri. Gli accordi, per lui, erano un’inestimabile fonte di guadagno, ma non in senso di soldi: riusciva sempre ad averla vinta lui e tutti facevano ciò che voleva lui.
Passarono altri giorni e un giorno, Henry, Rose e Paige stavano passeggiando, dopo scuola, lungo la via principale della città.
“È bello vederti finalmente fuori dall’ospedale. Ma almeno stai bene dal Signor Gold?” domandò Henry.
“Non mi posso lamentare” rispose Paige.
“Non ti puoi lamentare?!” ripeté stupita Rose guardandola. Poi guardò Henry, continuando: “L’altra sera c’era il budino al cioccolato per dolce. A me non l’ha dato, dicendo che devo ancora guarire del tutto. A lei sì. Questo è viziare.”
“Be', dopotutto sono l’ospite, no?” disse Paige.
“Un ospite viziato” disse Rose, guardandola.
“Comunque, ora che Paige è fuori dall’ospedale, dobbiamo continuare con l’Operazione Cobra” disse Henry.
“È quella dove, secondo te, i personaggi delle fiabe sono qua, solo che non ricordano chi sono a causa della maledizione della Regina Cattiva?” chiese Paige.
Henry si fermò, facendo fermare di conseguenza le altre due. Guardò Paige e stupito domandò: “E tu come lo sai?”
“Rose me ne ha accennato” rispose Paige. Henry guardò Rose, che disse: “Mi è sfuggito di bocca. E poi, non credi che più siamo e meglio è?”
“Concordo” disse Henry. Poi guardò Paige aggiungendo: “Allora benvenuta nell’Operazione Cobra.” E ripresero a camminare.
“Grazie, ma cosa devo fare?” chiese Paige.
“Oh, è molto semplice: devi cercare di capire chi erano i vari abitanti nella Foresta Incantata e cercare di far tornare loro la memoria. Ah, e cosa più importante, dobbiamo fare in modo di far credere Emma” rispose Rose guardandola.
“La vera mamma di Henry? Perché?” domandò Paige.
“Perché lei è la Salvatrice. Sarà colei che spezzerà la maledizione e, per farlo, deve credere” rispose Henry guardandola.
“Al momento a che punto è col credere?” chiese Rose.
“Non lo so. A dire il vero è un po’ che la vedo pensare ad altro” rispose Henry.
“Altro di che tipo?” domandò Rose.
“Ho sentito dire in giro che lei e lo Sceriffo si stanno frequentando e non come amici” disse Paige. Quindi si fermarono, quando videro dall’altra parte della strada proprio Emma con Graham. I due stavano passeggiando fianco a fianco.
“Odio doverlo ammettere, ma il gossip in questa cittadina è sempre veritiero. Non fai in tempo a fare una cosa che in pochi secondi già tutti lo sanno” disse Rose. Li videro parlare tra loro e poi ridere.
“Sembrano felici” disse Henry.
“Sapete, non è cortese spiare qualcun altro” disse Paige.
“Eppure lo stiamo facendo, e anche tu” disse Rose.
“Perché sono insieme a voi, e non ditemi che questo non fa parte dell’Operazione Cobra” disse Paige.
“Spiare non fa parte dell’operazione, ma possiamo sempre includerlo” disse Rose. Quindi Emma e Graham voltarono lo sguardo verso di loro. I tre entrarono nell’edificio dietro di loro senza accorgersi minimamente di dove fossero finiti. Poi guardarono dal vetro della porta per vedere Emma e lo Sceriffo entrare da Granny’s.
“Per poco non hanno visti” disse Paige.
“Ci hanno visti, ma finché staremo lontani dai loro sguardi inquisitori non ci accadrà nulla” disse Rose allontanandosi, come gli altri due, dalla porta. Si guardarono intorno e videro che erano contornati da una miriade di fiori di ogni genere.
“Ragazzi, perché siamo in un negozio di fiori?” chiese Paige, mentre Rose si incamminò guardandosi incantata intorno.
“Ehm… perché non dovevamo farci vedere da mia madre e dallo Sceriffo?” domandò Henry. Lo sguardo di Rose si fermò su un bellissimo mazzo di rose poste dentro un vaso. Stava per avvicinarsi, quando una voce potente replicò: “Chi c’è?!” Comparve un uomo molto alto, con un cappellino e una casacca sopra alla quale era scritto Game of Thrones.
“Ci scusi, signore. Non volevamo importunarla” rispose timidamente Paige, guardandolo come gli altri due.
“Non voglio mocciosi nel mio negozio! Non c’è merce per voi!” replicò l’uomo.
“Ce ne andiamo subito, signor French” disse Henry.
“Non mi interessa se sei il figlio del Sindaco: non sei ammesso!” replicò Moe guardandolo. Poi guardò Rose aggiungendo: “Soprattutto tu!”
“Io?! Cosa ho fatto? È la prima volta che vengo qua” chiese Rose guardandolo.
“Tu sei una mocciosa viziata! Viziata a causa di tuo padre. Se sei venuta qua per conto suo, sappi che non gli darò un centesimo in più per l’affitto! E ora fuori di qua!” replicò Moe.
“Quanto vuole per quelle rose?” domandò, invece Rose, non muovendosi dalla sua posizione.
“Non sono in vendita” rispose acidamente Moe.
“Se non sono in vendita, perché allora le tiene qua in negozio?” chiese Rose.
“Non sono affari tuoi, mocciosetta!” replicò Moe facendo qualche passo avanti e facendo indietreggiare Rose, la quale disse: “La prego. Le do tutto quello che vuole. Vorrei fare un regalo.” A quel punto, Moe perse del tutto la pazienza. Prese Rose per la bambina, alzandola a mezz’aria. Henry e Paige guardarono l’amica in modo impaurito.
“Allora non mi sono spiegato, mocciosetta: quelle rose non sono in vendita, e se anche lo fossero di certo non le venderei a te! E ora sparite tutti e tre da qua, prima che chiami la polizia!” replicò Moe e mise Rose a terra non molto delicatamente. La bambina venne sorretta dai suoi amici e corsero fuori. Moe guardò la porta chiudersi per poi voltarsi e guardare le rose.
I tre bambini corsero dall’altra parte della strada per poi fermarsi e riprendere fiato.
“Ma quello è pazzo! Come si permette di trattarci così?! E poi non stavamo facendo nulla di male” disse Paige.
“Il Signor French è sempre stato così, anche se non ho ancora capito chi era nella Foresta Incantata” disse Henry.
“Ti sembra il momento di pensare all’Operazione Cobra? Non hai visto come ha trattato Rose? L’ha quasi picchiata” disse Paige, guardando Henry non accorgendosi che la loro amica stava ansimando e si era portata una mano sul lato destro della pancia.
“Non lo avrebbe mai fatto. Il Signor French sa che andare oltre il limite può portare a gravi conseguenze. Soprattutto se avesse fatto del male a Rose. Sa che il Signor Gold gli avrebbe di sicuro fatto chiudere il negozio” spiegò Henry.
“Anche se sono sicura che il Signor French avrebbe detto che lui non ha fatto male a Rose” disse Paige.
“Non lo puoi sapere” disse Henry.
“Credimi, mi è bastato stare in quel negozio per pochi minuti per rendermi che tipo di persona è il Signor French. Posso paragonarlo ai miei genitori adottivi” disse Paige.
“E tu cosa ne pensi, Rose?” domandò Henry, ma appena lui e Paige voltarono lo sguardo verso Rose, quest'ultima cadde a terra. Subito i due si inginocchiarono al suo fianco.
“Rose! Cosa ti prende? Avanti, riprenditi!” replicò Henry.
“È molto pallida. Dobbiamo andare a chiedere aiuto” disse Paige.
“Tu rimani qua con lei. Vado io” disse Henry e, rialzandosi, corse a cercare aiuto, entrando da Granny’s. I presenti voltarono lo sguardo verso di lui, ma il bambino corse da Graham ed Emma. Quest’ultima non fece nemmeno in tempo a chiedere cosa fosse successo che Henry disse: “Presto, venite con me. Rose sta male ed è svenuta a terra qua vicino.” I tre corsero fuori, raggiungendo le due bambine.
“Che cosa le è successo?” chiese Emma, mentre le metteva le mani sulle guance.
“Vorremmo saperlo anche noi” rispose preoccupata Paige. Rose riprese i sensi, dicendo: “Mi fa tanto male la pancia.”
“Dobbiamo portarla subito all’ospedale” disse Graham.
“E avvertire il padre” aggiunse dicendo Emma, alzando lo sguardo guardandolo.
“Va bene. Ci penso io. Tu porta la bambina in ospedale” disse Graham, e stava per andare verso il Negozio dei Pegni quando Emma, alzandosi, lo fermò dicendogli: “No. Vado io ad avvertirlo. Tu porta Rose all’ospedale. Con la tua macchina farete più alla svelta e non avrete problemi nel passare.”
“Possiamo venire con voi?” domandò Henry guardando gli adulti.
“Vi prego. Vorremmo stare accanto alla nostra amica” aggiunse Paige.
“Va bene. Potete venire. Ma mi dovete promettere di fare i bravi” disse Graham e, abbassandosi, prese in braccio Rose, dicendole: “Tranquilla. Ora ti porteremo in un posto dove ti faranno stare bene.”
“Voglio il mio papà” disse Rose.
“Ci raggiungerà in ospedale. Non temere” disse Graham e, voltandosi verso Henry e Paige aggiunse dicendo loro: “Aiutatemi nel metterla in macchina” e Henry aprì la portiera sul dietro. Delicatamente Graham distese Rose sul sedile, mentre Henry si sedeva accanto a lei. Paige, invece, andò a sedersi nel sedile del passeggero. Graham guardò Emma chiedendole: “Sicura che vuoi andarci tu, da Gold? Guarda che sarà una dura impresa.”
“Ho passato di peggio. Tu va', prima che sia troppo tardi” disse Emma. Graham andò verso la macchina, aprendo la portiera dalla parte del conducente. Poi guardò Emma dicendole: “Mi dispiace per il nostro piccolo appuntamento.”
“Sarà per la prossima volta” disse Emma. Graham sorrise. Salì in macchina e partì. Emma li guardò andarsene. Poi corse al Negozio dei Pegni, entrandovi e sbattendo la porta.
Gold, che stava dietro al bancone, alzò lo sguardo dicendole: “Signorina Swan, se continua a entrare così nel mio negozio, dovrò ben presto cambiare quella porta. Ma dubito che mi dia lei i soldi per sostituirla.”
“Le darò tutto quello che vuole, basta solo che ora stia zitto e mi ascolti” replicò Emma.
“È da poco che si trova in questa cittadina, eppure inizia già a dettar legge. Se non la conoscessi, direi che è imparentata con il Sindaco” disse sorridendo Gold.
“Invece non mi conosce. Ora ascolti. Sua figlia si è sentita male e ora lo Sceriffo la sta portando d’urgenza in ospedale. Quindi chiuda tutto e mi segua” replicò Emma.
Gold rimase senza parole. In quei pochi secondi, fu come se il mondo gli fosse crollato addosso. Andò verso la porta, mettendo il cartello da APERTO a CHIUSO. Poi l’aprì.
Emma gli passò accanto guardandolo e uscendo per poi essere seguita da lui. Chiuse la porta a chiave. Stava per dirigersi verso la sua Cadillac, quando Emma gli disse: “Andremo con la mia. E poi lei è troppo scosso per guidare. Potremmo fare qualche indicente.”  Avvicinandosi al maggiolone giallo, aprì la portiera del conducente, per poi salire. Gold la guardò per poi aprire la portiera dalla parte del passeggero e salire. Emma quindi partì.
Il viaggio fu piuttosto silenzioso. Gold non aveva aperto bocca da quando Emma gli aveva detto che la figlia stava male. Quindi fu la stessa Emma a rompere il ghiaccio: “Senta, ancora non la conosco bene, ma ho conosciuto Rose tramite le parole di Henry. Sua figlia ce la farà. È forte. Vedrà che andrà tutto bene. E poi non poteva sapere. I bambini si ammalano di continuo e gli adulti non possono sempre proteggerli da tutto. L’unica cosa che deve fare è restare calmo. Sua figlia non ha bisogno di un padre agitato al suo fianco.”
Ci fu silenzio. Poi Gold disse: “Non ha gusto nel scegliere le macchine. Questo coso è un obbrobrio e assomiglia a una grossa coccinella, solo senza puntini.”
“Non l’ho scelta io. Sono stata costretta a prenderla. E poi cosa c'entra la mia macchina? Dovrebbe pensare a sua figlia” disse Emma.
“Non voglio pensare a che schifo di padre sono. Dovevo proteggerla e non l’ho fatto. È colpa mia se sta male e si trova in ospedale. Non sono un buon padre. Non sono un buon padre” disse Gold continuando a ripetere più volte di non essere un buon padre.
Emma alzò per un attimo gli occhi al cielo per poi dire, riguardando la strada: “Sarà un viaggio molto, molto lungo.”




Note dell'autrice: Buongiorno a tutti ed eccomi qua con la prima parte del nuovo capitolo. Dunque, mentre la 4 sta andando avanti distruggendo sempre di più i nostri cuoricini mentre vediamo Rumple guardare la sua Belle non facendosi vedere (nn almeno nel suo aspetto e chi ha visto la puntata di domenica scorsa mi capisce), qua vediamo un Rumple alle prese nel ruolo di un papà super protettivo ( e oggi, colgo l'occasione di fare gli auguri a Rob per la festa del papà e a tutti gli altri papà) per paura che la figlia si ammali. Ma anche se Rumple è (era) lo stregone più potente di tutti, non può proteggere l'amata figlioletta dalle malattie. Vediamo se la piccolina se la caverà (speriamo dai).

Volevo ringraziare tutti/e coloro che seguono, recensiscono o seguono in silenzio la storia. Grazie ancora alla mia beta reader Lucia. Allora al prossimo aggiornamento miei cari Oncers
 
 

  
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