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Autore: malabami    21/03/2015    3 recensioni
Cose imparate lavorando nella I.E.A:
1. Chiunque può essere una spia. Chi si accorge prima di essere spiato dall'altro, vince.
2. Anche se sbagli una missione il mondo non finisce, ma potresti finire tu.
3. La pistola è una benedizione.
4. Non puoi essere vulnerabile.
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Calum Hood, Luke Hemmings
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"As humans we ruin everything we touch,
including each other"

 
2.
 
Aveva avuto un piccolo assaggio di quel mondo per una trentina di minuti quel giovedì mattina e aveva già compreso che la vita sarebbe stata tutt’altro che facile da quel momento in poi.
La partenza sarebbe stata alle quattordici, il che significava essere all’aeroporto almeno per le dodici, considerando il fatto che Luke era uscito dal palazzo alle nove di mattina il suo tempo stava scorrendo troppo velocemente.
In tre ore sarebbe dovuto tornare al suo appartamento, preparare tutto il necessario e avviarsi verso Heathrow. Si sentiva stanco ancora prima di cominciare.
Si mosse più veloce della luce e, nonostante fosse stupito di se stesso, ancora non si fidava della sua testa, tanto che si mise a ricontrollare una decina di volte se aveva con sé i documenti di viaggio.
Fortunatamente arrivò con solo due minuti di ritardo ma del suo team nemmeno l’ombra. Si mise a guardare a sinistra e a destra mentre il panico si impossessava velocemente del suo corpo. Fu solo quando vide arrivare uno dei due agenti che il suo cuore riprese  a battere ad un ritmo regolare.
“Ciao, io sono Calum, di solito mi chiamano agente Hood ma tu puoi benissimo chiamarmi per nome” disse l’altro quando fu abbastanza vicino per potergli stringere la mano.
“Piacere, io sono Luke”
“E’ la tua prima volta?”
“Già..” rispose lui sospirando.
“Wow, cosa facevi prima?”
“Tre anni in laboratorio a studiare i casi che arrivavano dalla sede centrale, tu?”
“Meccanica, sai, tutte quelle parti con le macchine e i motori”
“Ah, io non ci capisco nulla di quella roba”
“Beh allora siamo pari dato che io non so nulla di chimica” disse ed entrambi si misero a ridere. Fecero amicizia in due frasi di una conversazione, Calum sembrava piuttosto aperto e il tipo di persona che rimane sempre allegra, Luke avrebbe voluto essere così ma la sua timidezza gli impediva di aprirsi facilmente.
“Non vedo l’ora di tornare a New York” disse Calum entusiasta.
“Ci sei già stato?”
“Si, io e Dunn siamo stati mandati lì due anni fa, credo che il gruppo laggiù sia rimasto lo stesso, oddio erano pochi ma sempre più di noi. Siamo sempre stati in due, ma ora ci sei anche tu!”
“Dunn sarebbe la ragazza di stamattina?” chiese Luke perplesso.
“Esatto, l’agente Dunn è sempre a rapporto, se dovesse mai mancare ad un appello ci sarebbe un’unica spiegazione plausibile: sarebbe morta. Oh guarda, parli del diavolo e spuntano le corna” disse ad alta voce verso una figura che si avvicinava. Luke la riconobbe: capelli neri legati, frangia leggermente spettinata e passo deciso. Quelle erano le caratteristiche che saltavano subito all’occhio.
“Beh devo avere un gran bel paio di corna allora dato che parli sempre di me!” disse la ragazza avvicinandosi a loro.
“Ti presento Luke, è il ragazzo nuovo che lavorerà con noi” disse Calum alla collega e Luke le porse la mano.
“Piacere, Chloe” rispose lei con un mezzo sorriso. Luke pensò che fosse un nome troppo dolce per una persona così determinata come sembrava, non le si addiceva.
“Senti sto morendo di fame, faccio un salto al bar puoi guardarmi la valigia?” disse la ragazza al moro e poi sparì nella folla.
“Già, riconosco quell’espressione” disse Calum a Luke, riferendosi all’impercettibile movimento delle sopracciglia che aveva fatto poco prima, ricordandosi del modo scortese in cui quella mattina la ragazza non lo aveva nemmeno degnato di uno sguardo.
“Che cosa?”
“Quella faccia che hai fatto prima, è sempre così per tutti quelli che ci lavorano insieme. La conosco da due anni e siamo molto amici, ma te lo devo dire in confidenza: è una stronza epocale e sa di esserlo”
“Si, credo di averlo già capito” rispose Luke accompagnando quelle parole ad un altro movimento della fronte.
“Io intendo sul posto di lavoro, al di fuori è totalmente diversa, ma qui è un tiranno. Sa esattamente ciò che vuole e non si fa problemi a passarti sopra. Se poi la prendi sul piano personale è buona come il pane, fidati, non farti ingannare”
“Fatico a crederlo, ma se lo dici tu” rispose lui e in quel momento ritornò Chloe con in mano un pacchetto di patatine mezzo vuoto.

Rimasero a parlare circondati dalle persone che andavano e venivano per tutti i corridoi, finché non videro la figura di Connell avvicinarsi. Ci mancava poco che Luke si mettesse sull’attenti, ma fu frenato dal modo pacato e disinvolto in cui i suoi colleghi salutarono il capo. Per un secondo gli sembrò un loro pari e non un superiore.
Si scambiarono poche parole e iniziarono a camminare, senza però inserirsi in nessuna delle code dei check-in. Luke si guardò intorno leggermente confuso ma non smise di seguire il suo gruppo. Arrivarono davanti ad una porta presidiata da una guardia, Connell fece vedere un documento e gli bastò dire “quattro” per far si che la guardia si scostasse e li lasciasse passare, il che rese la mente di Luke ancora più annebbiata. Seguì il capo per tutto il tragitto senza fiatare e copiò esattamente ogni suo movimento.
Passarono attraverso delle stanze vuote e fin troppo silenziose che li condussero in un’unica sala con due metal detector. A turno fecero vedere i documenti e si lasciarono perquisire dai controllori dell’aeroporto, che poi si misero ad ispezionare le loro valigie. Il tutto finì in una ventina di minuti e dopo aver richiuso i bagagli ripresero a camminare attraverso un corridoio esterno. Quando uscirono si ritrovarono immersi in un rumore assordante causato dai motori accesi e gli spostamenti delle vetture per i carichi. Incontrarono un signore piuttosto giovane che indossava una cravatta nonostante l’ambiente in cui era immerso e quando Connell gli mostrò altri documenti quello si illuminò.
“Venite signori, vi porto al vostro aereo privato” disse e Luke spalancò la bocca. Privato? Aveva davvero sentito bene? Un unico aereo solamente per loro?
“Chiudi la bocca novellino che ti entrano le mosche” disse la sua collega passandogli vicino e superandolo. Luke seguì il consiglio e riprese a camminare. Purtroppo la sua mandibola cedette di nuovo quando si ritrovò davanti al loro mezzo di trasporto. Un aereo più piccolo di quelli di linea ma comunque estremamente grande per contenere solo quattro persone, due assistenti si occuparono delle loro valigie mentre il pilota e l’assistente di volo davano loro il benvenuto. Luke si sentiva estremamente imbarazzato ed emozionato allo stesso tempo, non aveva viaggiato per tre anni e l’unico volo che aveva preso era stato quello dall’Australia all’Inghilterra, e in quel momento si ritrovava insieme ad altre tre persone su un aereo che avrebbe potuto contenerne almeno cinquanta, con interni in pelle e una moquette intonata alle cassettiere. Non sapeva se sentirsi male per tutto quel denaro sprecato o infinitamente bene per la sua situazione. Rimase a ispezionare ogni angolo per una decina di minuti, poi si sedette in uno dei divanetti con l’espressione di un bambino al parco giochi.
Dopo avergli dato tutte le informazioni sul viaggio i piloti si chiusero nella loro cabina e azionarono i motori. Un senso di nausea ed eccitazione pervase lo stomaco di tutti i presenti, l’unica differenza era che, mentre Connell, l’agente Dunn e l’agente Hood non lo davano a vedere e si limitavano a stringere un po’ di più la presa sui braccioli delle poltrone, Luke sembrava in procinto di esplodere come una bomba, tanto che dovette prendersi un bicchiere d’acqua per calmarsi.
Alla fine, dopo aver consumato tutte le sue energie in quei tre minuti di partenza, si abbandonò alla comodità di quel mezzo e si lasciò trasportare dal sonno arretrato, crollando addormentato sulla sua poltrona.

 
***

“Cosa ne pensi di lui?” chiese Connell indicando Luke quando fu abbastanza sicuro che il ragazzo fosse troppo addormentato per sentire la loro conversazione.
“Non l’ho ancora inquadrato bene, sembra a posto” rispose Chloe senza smettere di sfogliare il suo giornale.
“Ha iniziato da noi a diciotto anni, un po’ come te”
“Mh.. io ero due anni più giovane quando mi avete trovata quindi no, non è come me”
“Non essere così crudele”
“Non sono crudele, sono sincera” disse chiudendo la rivista e guardando il capo.
“Voglio che tra di voi scorra buon sangue, questo vuol dire che dovete essere alla pari, capito?”
“Ma per favore, Chloe detesta sapere che qualcuno è alla pari con lei. Ancora non riesce ad accettare che l’immagine nello specchio sia la sua copia, figurati se sarà pari a lui!” intervenne Calum appoggiandosi ad uno dei muri che dividevano il loro scompartimento da quello in cui Luke dormiva beatamente.
“Non è assolutamente vero!”
“E’ tutta la mattina che stai cercando un soprannome con cui etichettarlo per mostrare la tua superiorità!”
“Esattamente, tutta la mattina. Ti rendi conto di quanto tempo ho perso? È meglio che inizi ad aiutarmi oppure non troverò nessun soprannome adatto a lui”
“E il mio soprannome qual è?”
“Che ne dici di testa di cazzo, ti piace?” rispose Chloe sarcastica mentre i suoi occhi si riducevano ad una fessura e il suo sorriso cresceva.
“Si, può andare. Ma per lui?” chiese Calum ridendo e indicò di nuovo il collega.
“Non lo so, ne troverò uno prima o poi, non ho voglia di pensarci” disse Chloe tornando alla sua rivista.

 
***

Passarono le ore e il silenzio era interrotto solamente dal rumore dei motori, i tre agenti erano addormentati come bambini dopo una lunga giornata al parco, Connell leggeva documenti da varie cartelle ma i fogli non creavano nemmeno un minimo suono quando sfogliava le pagine e i piloti erano chiusi nella cabina di comando. Sembrava che il mondo non esistesse più. Il sole entrava dai vetri spessi e creava piccoli fasci di luce che si riflettevano sulla moquette e sui sedili, dando, se possibile, un tocco ancora più elegante e pacifico a quel posto.
Luke aprì prima un occhio e poi lentamente anche il secondo e si ritrovò accovacciato su un divanetto con la testa su uno dei cuscini più duri che avesse mai provato, il collo leggermente dolorante ma era decisamente più energico e rilassato di quando era partito. Si guardò intorno e fu invaso da tutta quella tranquillità, gli ricordava una di quelle domeniche mattina in cui si svegliava e trovava la casa vuota, riempita solo dai granelli di polvere che svolazzavano in controluce. Si alzò facendo attenzione a non disturbare nessuno e camminò verso l’altro scompartimento, diviso dal primo solo da due pezzi di muro ai lati che creavano un enorme open space. Pensò che avrebbe potuto viverci su quell’aereo.
“Dormito bene?” sentì dire e quando alzò lo sguardo si ritrovò Connell seduto ad un tavolo che lo guardava. Il cuore gli saltò di nuovo un battito e non poté fare a meno di chiedersi per quanto sarebbe andata avanti così. Rispose annuendo e si sedette di fronte a lui.
“Come ti trovi per ora?” continuò l’altro incurante della sua reazione.
“Bene, ho parlato poco con gli altri agenti ma sembrano brave persone”
“Qui nessuno è una brava persona”
“Che intende?” chiese Luke perplesso ma molto interessato a quell’argomento.
“In realtà ho sbagliato a formulare la frase, sono persone fantastiche, ma le loro storie non lo sono. La metà delle nostre spie ha alle spalle accuse per furto, alcuni per traffico di droga, altri per atti di vandalismo o violenze varie, pochissimi sono completamente innocenti. Questo perché non sempre le persone più adatte ad un lavoro del genere sono anche quelle più giuste, è quasi sempre il contrario. Tu non hai nessun precedente, nessuna accusa, non hai mai infranto la legge e scommetto che non ci sei neanche mai andato vicino, eppure sei qui. Sapresti dirmi come mai?”
“Sono bravo con la chimica?” provò a indovinare Luke.
“Beh è ovvio che lo sei, ma come mai sei qui su questo aereo, se in questo momento la chimica non ci serve?”
“Non lo so” rispose confuso.
“Perché avevamo bisogno di te. La tua storia smorza quelle degli altri due agenti e il tuo posto non era il quel laboratorio. Sei bravo con la chimica, è vero, ma non ti piace; quello che hai detto all’aeroporto all’agente Hood, sull’essere stato tre anni in laboratorio, gli ho detto io di chiedertelo. Come ti avevo già preannunciato: non stupirti, sei un ragazzo in mezzo a delle spie, non puoi essere vulnerabile. Noi avevamo bisogno di qualcuno nuovo, con poca esperienza di modo che gli altri due agenti insegnassero le loro conoscenze e diventassero delle guide”
“Quindi sono qui solo per fare da burattino per gli altri due?”
“Sapevo che me l’avresti chiesto, la risposta è no. Io credo nelle tue capacità, puoi diventare un’ottima spia, hai solo bisogno di insegnamento” rispose Connell e Luke lasciò passare qualche minuto prima di ricominciare la conversazione. I modi freddi e distaccati di quell’uomo non lo entusiasmavano, ma ne era ammirato.
“Come avete reclutato l’agente Hood?” chiese curioso.
“Tre anni fa, aveva diciannove anni e rubava in media cinque macchine al giorno, le portava da quello che ha sempre descritto come un suo “socio” che le rivendeva e Hood guadagnava una percentuale del ricavato. Non era l’unico al mondo a farlo, ma quello che ci ha colpiti era il suo modo di agire. Rubava con una tale scelleratezza e menefreghismo che a vederlo rimanevi estasiato, non gli importava essere di notte oppure in pieno giorno, lui apriva la macchina, ci saltava dentro e guidava a tutta velocità incurante dei pericoli. Una volta è stato fermato da un poliziotto, la sera stessa gli ha rubato la macchina e l’ha rivenduta. Poteva sembrare un semplice ragazzo determinato, ma è perfetto come spia”
“Wow. E lei?” furono le uniche cose che riuscì a dire Luke. La sua ammirazione verso il collega crebbe a livelli esagerati dopo quel racconto.
“Ha compiuto sei rapine in una settimana, di cui due nello stesso giorno, poi si è iscritta ad una scuola con tanto di carta d’identità falsa sotto il nome di Maggie Lasley. Ha frequentato i corsi e quando la scuola si è accorta dell’inganno lei era già sparita. L’hanno cercata per settimane per la truffa alla scuola ma nessuno l’ha mai seguita per le rapine, era come se lei in quei posti non ci fosse mai stata. Dopo un mese di ricerca la polizia ha definitivamente perso le tracce di Maggie, e contemporaneamente Chloe si è unita a noi”
“Perchè l’ha fatto?”
“Non sono io a dovertelo spiegare, chiedilo a lei, avrai tutto il tempo per farlo”
“Fare cosa?” chiese Chloe spuntando improvvisamente nello scompartimento in cui i due stavano parlando.
“Niente che ti riguardi” le rispose Connell e la ragazza ritornò sbuffando al suo posto.
Luke rimase a guardarla per qualche secondo prima di distogliere lo sguardo e immergerlo nel blu del cielo fuori dal finestrino, mentre la sua testa vagava ancora su quell’argomento. Non l’avrebbe abbandonato facilmente, non si sarebbe fermato finché non avesse conosciuto tutta la verità.




SPAZIO AUTORE:
Holaaa! Salve a tutti sono tornataa! Scusatemi per questa assenza di venti giorni ma ho avuto delle settimane molto impegnate e n più sono appena tornata dalla Grecia perciò non sono proprio riuscita a passare.
Vi ho lasciato un capitolo abbastanza lungo in cui vediamo Luke immergersi un pochino nell'atmosfera di questo nuovo lavoro, ma prossimamente lo vedremo completamente travolto da tutto.
Sono felice che per ora la storia vi intrighi e vi piaccia e spero di essere all'altezza delle vostre aspettative.
Grazie ancora a tutti, cercherò di pubblicare più spesso, ve lo prometto.
A presto,
Caro :)
  
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