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Autore: Keru    16/12/2008    0 recensioni
Saaalve! Eccomi qui con una nuova storia tutta per voi! (tutta per te semmai, come scrittrice sei un disastro! ndTutti)(ç_ç cattivi ndIo)...la mia nuova creazione parla di una ragazza,delle sue flebili illusioni e della sua storia,fatta d'amore e tragedia,potente come il mare. "i miei occhi non hanno un colore naturale: sono viola come i giaggioli che crescono sul greto del fiume.I miei capelli corvini sono cresciuti troppo e sono così ingarbugliati che ormai è quasi impossibile pettinarli. Sono tutta occhi e capelli. Il resto di me è solo acqua. [tratto dal romanzo Selina Penaluna]
Genere: Romantico, Malinconico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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                               ‘’ I miei occhi non hanno un colore naturale:

                                                              sono viola come i giaggioli

                                                        che crescono sul greto del fiume

                                                 I miei capelli corvini sono cresciuti troppo

                                                      E sono così ingarbugliati che ormai

                                                            È quasi impossibile pettinarli.

                                                                Sono tutta occhi e capelli.

                                                                 Il resto di me è solo acqua.’’

 

 

                                                          La  nascita

 

Sono emersa da una pozza d’acqua di cui nessun uomo ha mai toccato il fondo. E’ questa la storia che mi raccontava la donna che chiamavo mamma. Se mi avesse sentito mio padre, avrebbe battuto il pugno sul tavolo e giurato che quella storia era tutta una fandonia. Ma me l’ha raccontata Morva,  per filo e per segno, ed è così che me la ricordo.

E’ un afosa sera d’estate e lei passeggia con la primogenita in braccio, una bambina morbida e rosea di soli pochi mesi.  Morva guarda la piccola baia rocciosa che è sotto lo strapiombo e viene sopraffatta dall’ incontrollabile desiderio di sentire il freddo del mare sulla pelle.

Con lo scialle forma una specie di culla, se lo lega intorno al collo e ci mette dentro la bambina. Inizia dunque a calarsi giù per il ripido sentiero, trascinandosi sul sedere sopra le rocce aguzze, con la creatura che si contorce come uno scoiattolo.

Adesso è sulla spiaggia, la marea è calante, l’ardesia nera sbiadisce sotto il sole a mano a mano che si asciuga, e Morva procede cautamente in mezzo agli scogli con la bambina che le ballonzola sul petto, frignando e scalciando con i piedini nudi. Arriva a una pozza nera e profonda, a forma di cerchio, contornato da gigli. Si siede sul bordo e immerge la punta dei piedi. L’acqua è talmente gelida da formicolarle le dita e togliere il respiro, ma non è ancora sazia. A parte lei, sulla spiaggia non c’è nessuno, così si solleva il vestito e se lo infila nelle mutande, si sposta in avanti e immerge le gambe fino alle cosce bianche.  Ma il bordo della pozza è viscido a causa dell’umidità, e Morva perde la presa.  Slitta, non riesce a frenarsi, e la piccina che si agita come un pesciolino scivola fuori dallo scialle e schizza nell’acqua; affonda senza nemmeno un grido e uno spruzzo. La bambina è scomparsa e in superficie non affiora nemmeno una bollicina d’aria.

Morva dimena le braccia e le gambe , ingurgita l’acqua di mare, urla e strepita verso il cielo invocando aiuto perché non sa nuotare, ma solo i gabbiani possono sentirla.

Si aggrappa a un ciuffo di alghe e si risolleva sugli scogli, dove rimane in ginocchio, tremante e sconvolta; ha il vestito fradicio, i capelli freddi e incollati sul viso, non ha più le scarpe.

Fissa lo sguardo in quell’anello nero e profondo-la superficie adesso è piatta, senza neanche un increspatura- e in quell’istante capisce di aver perso per sempre la sua bambina. Lancia un grido di dolore ed è pronta a ributtarsi in acqua e annegare quando di colpo accade una cosa stranissima.

Davanti ai suoi occhi affiora un bebè, che sorride, ride e gorgoglia, nuotando come una foca.

Il pensiero che sia la sua bambina fa gridare Morva di gioia; la afferra e la stringe al petto, e ringrazia Dio per quel miracolo. Quando la libera dall’abbraccio e smette di piangere e di baciarla, la mette giù sulla calda ardesia e la osserva più attentamente. E’ solo allora che si accorge che non è la sua bambina, ma una che non ha mai visto prima! Perché sua figlia aveva la carnagione rosea, e questa è bianca come il marmo; i suoi occhi erano color nocciola e questi sono azzurri con sfumature viola e gialle verso l’interno, principalmente viola; i capelli erano biondi e mossi e questi sono lisci e corvini.

Morva si prende uno spavento tale che per poco non mi ributta in acqua. Ma io sono lì che rido e sorrido, e guardo il sole come se fosse un oggetto di meraviglia, e sono un esserino così strano che non trova il coraggio di farlo. E’ talmente sconvolta che rimane sulla spiaggia fino a sera inoltrata, dove ne ciel splendeva una luna abbagliante , singhiozzando nell’oscurità per la perdita della sua bambina e chiedendosi ch razza di creatura io sia. Ma per paura di essere responsabile dell’ annegamento della sua piccola, decide di tenermi con sé; mi avvolge nel suo scialle e mi porta a casa dal marito. E lui,che di bambini non ne capisce niente, non si accorgerà mai della differenza.

  
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