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I miei occhi non hanno un colore naturale:
sono viola come i giaggioli
che crescono sul greto del fiume
I miei capelli corvini sono cresciuti troppo
E sono così ingarbugliati che ormai
È quasi impossibile pettinarli.
Sono tutta occhi e capelli.
Il
resto di me è solo
acqua.’’
La nascita
Sono emersa da una
pozza d’acqua di cui nessun uomo ha mai toccato il fondo.
E’ questa la storia
che mi raccontava la donna che chiamavo mamma. Se mi avesse sentito mio
padre,
avrebbe battuto il pugno sul tavolo e giurato che quella storia era
tutta una
fandonia. Ma me l’ha raccontata Morva,
per filo e per segno, ed è così che
me la ricordo.
E’ un afosa
sera
d’estate e lei passeggia con la primogenita in braccio, una
bambina morbida e
rosea di soli pochi mesi. Morva
guarda
la piccola baia rocciosa che è sotto lo strapiombo e viene
sopraffatta dall’
incontrollabile desiderio di sentire il freddo del mare sulla pelle.
Con lo scialle
forma una specie di culla, se lo lega intorno al collo e ci mette
dentro la
bambina. Inizia dunque a calarsi giù per il ripido sentiero,
trascinandosi sul
sedere sopra le rocce aguzze, con la creatura che si contorce come uno
scoiattolo.
Adesso è
sulla
spiaggia, la marea è calante, l’ardesia nera
sbiadisce sotto il sole a mano a
mano che si asciuga, e Morva procede cautamente in mezzo agli scogli
con la
bambina che le ballonzola sul petto, frignando e scalciando con i
piedini nudi.
Arriva a una pozza nera e profonda, a forma di cerchio, contornato da
gigli. Si
siede sul bordo e immerge la punta dei piedi. L’acqua
è talmente gelida da
formicolarle le dita e togliere il respiro, ma non è ancora
sazia. A parte lei,
sulla spiaggia non c’è nessuno, così si
solleva il vestito e se lo infila nelle
mutande, si sposta in avanti e immerge le gambe fino alle cosce bianche. Ma il bordo della pozza
è viscido a causa
dell’umidità, e Morva perde la presa.
Slitta, non riesce a frenarsi, e la piccina che si agita
come un
pesciolino scivola fuori dallo scialle e schizza nell’acqua;
affonda senza
nemmeno un grido e uno spruzzo. La bambina è scomparsa e in
superficie non
affiora nemmeno una bollicina d’aria.
Morva dimena le
braccia e le gambe , ingurgita l’acqua di mare, urla e
strepita verso il cielo
invocando aiuto perché non sa nuotare, ma solo i gabbiani
possono sentirla.
Si aggrappa a un
ciuffo di alghe e si risolleva sugli scogli, dove rimane in ginocchio,
tremante
e sconvolta; ha il vestito fradicio, i capelli freddi e incollati sul
viso, non
ha più le scarpe.
Fissa lo sguardo
in quell’anello nero e profondo-la superficie adesso
è piatta, senza neanche un
increspatura- e in quell’istante capisce di aver perso per
sempre la sua
bambina. Lancia un grido di dolore ed è pronta a ributtarsi
in acqua e annegare
quando di colpo accade una cosa stranissima.
Davanti ai suoi
occhi affiora un bebè, che sorride, ride e gorgoglia,
nuotando come una foca.
Il pensiero che
sia la sua bambina fa gridare Morva di gioia; la afferra e la stringe
al petto,
e ringrazia Dio per quel miracolo. Quando la libera
dall’abbraccio e smette di
piangere e di baciarla, la mette giù sulla calda ardesia e
la osserva più
attentamente. E’ solo allora che si accorge che non
è la sua bambina, ma una
che non ha mai visto prima! Perché sua figlia aveva la
carnagione rosea, e
questa è bianca come il marmo; i suoi occhi erano color
nocciola e questi sono
azzurri con sfumature viola e gialle verso l’interno,
principalmente viola; i
capelli erano biondi e mossi e questi sono lisci e corvini.
Morva si prende
uno spavento tale che per poco non mi ributta in acqua. Ma io sono
lì che rido
e sorrido, e guardo il sole come se fosse un oggetto di meraviglia, e
sono un
esserino così strano che non trova il coraggio di farlo.
E’ talmente sconvolta
che rimane sulla spiaggia fino a sera inoltrata, dove ne ciel splendeva
una
luna abbagliante , singhiozzando nell’oscurità per
la perdita della sua bambina
e chiedendosi ch razza di creatura io sia. Ma per paura di essere
responsabile
dell’ annegamento della sua piccola, decide di tenermi con
sé; mi avvolge nel
suo scialle e mi porta a casa dal marito. E lui,che di bambini non ne
capisce
niente, non si accorgerà mai della differenza.