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Autore: ErinJS    21/03/2015    6 recensioni
Dopo l'addio ad Elsa, Anna e Kristoff, a Storybrooke tutto sembra essere tornato alla normalità. La quiete, però, non può durare per sempre e l’improvviso arrivo di una giovane ragazza di circa 17 anni porta con sè un'ondata di misteri e problemi. Nessuno sa da dove venga o chi sia, o perché quegli occhi verdi sembrino tanto familiari; quello che però è chiaro alla Salvatrice è che nasconde qualcosa e prima o poi riuscirà a scoprirlo. Ma se non fosse tanto importante il luogo da cui proviene la giovane, ma il…quando?!
Una nuova minaccia aleggia nella vita dei nostri eroi e questa volta il domani sembra proprio dietro l’angolo.
La ff presenta degli spoiler sulla quinta stagione.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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“Terzo giorno di assenza in una settimana…” esclamò Emma con voce sconcertata, camminando avanti e indietro sopra al pavimento immacolato dell’ufficio di Regina “…e senza dirci niente. Che ti succede Henry?!”
Il giovane Mills non riuscì a rispondere, limitandosi a serrare le labbra sottili, impallidite di fronte a quel silenzio. In fin dei conti, cosa avrebbe potuto dire: mi dispiace mamma, ma sai com’è…Jean mi ha strappato il cuore dal petto usandomi come suo braccio destro e non ho avuto il tempo di chiamarti?
No, di certo non avrebbe capito. E come avrebbe potuto? Nemmeno lui riusciva a capacitarsi di quello che era successo.
In un primo momento, quando le dita sottili della ragazza erano entrate dentro al suo petto, la paura e lo shock avevano lasciato spazio alla sicurezza e alla speranza; ricordava bene le parole di Regina durante il ritorno a casa dall’Isola che non C’è e sapeva che nessuno avrebbe più potuto osare rubargli il cuore grazie al suo incantesimo di protezione. Ma allora perché la mano di lei continuava ad immergersi dentro al suo petto? Perché nessuna luce l’allontanava da lui? Perché non si era creata la stessa barriera che aveva allontanato Peter Pan? Bè, semplice…non c’era, era svanita, nel nulla e, con una tristezza impossibile da non notare, Jean aveva finito con lo stringere tra le mani il suo cuore quasi dorato.
Ed ora era lì, a sorbirsi l’ennesima paternale per un comportamento di cui, purtroppo, non aveva avuto il minimo controllo.
Da quella famosa mattina, Jean aveva iniziato a volerlo accanto, soprattutto quando si trattava di infrangere qualche regola; spesso gli “chiedeva”, sempre se si poteva parlare di richiesta quando a farlo era il possessore del tuo cuore, di prendere qualche libro di incantesimi dalla cripta di Regina o, raramente, dal negozio di Gold, ora completamente gestito da Belle.
Purtroppo non sapeva cosa tramava la ragazza, la fiducia non era di certo aumentata con il trascorrere dei giorni; al contrario, pareva quasi che il senso di colpa per l’avergli strappato il cuore avesse soppresso completamente qualsiasi impulso alla parola.
Jean si era chiusa in un silenzio ostinato, limitandosi a leggere e rileggere quello strano foglietto, da tempo custodito all’interno di quella singolare boccetta di vetro, non parlava, non rideva, non lo stracciava a qualche insolito gioco di carte. Se ne stava lì, seduta sopra al pavimento della stanza dove l’aveva incontrata la prima volta, in attesa di qualcosa, qualcosa di cui doveva assolutamente riuscire a scoprire qualcosa.
“Henry…che ti succede?”
La voce e le mani di Emma sul suo viso, lo riportarono alla sedia su cui era seduto da più di un’ora. Gli occhi di sua madre erano davvero verdi, non se ne era mai reso conto. O meglio, se ne era reso conto, ma in quel momento, con quella preoccupazione dipinta in volto, parevano illuminarsi ancora di più. Era preoccupata, era davvero preoccupata per lui e questo lo uccideva.
Quanto avrebbe voluto dirle cosa stava succedendo, dirle che aveva bisogno del suo aiuto, bisogno che si accorgesse che qualcosa non andava.
-Aiutami mamma….- pensò il giovane, urlando a gran voce dentro la sua testa.
“Non ho niente….sono solo un po’ stanco. Questa storia dell’Autore mi ha un po’ stancato…e avevo bisogno di svagare un po’…scusa se non te ne ho parlato….”
Henry interruppe velocemente il contatto visivo con la madre, ferendo non poco il cuore di quest’ultima.
Emma si allontanò di qualche centimetro da Henry, cercando in quello sguardo un qualcosa che confermasse i suoi sospetti. Negli ultimi tre giorni, suo figlio si stava comportando in modo strano, il suo sesto senso non sapeva più in che modo farglielo capire. Saltare la scuola, non chiamare nessuno della sua famiglia, apparire freddo e distaccato. Quello non era Henry, lo sapeva e non aveva di certo bisogno che fosse lui stesso a dirglielo.
Dall’altra parte, però, non sapeva cosa potesse essere successo.
In un primo momento aveva pensato che qualcuno, o meglio una persona in particolare, avesse osato rubare il cuore al ragazzino, com’era successo a Killian poco tempo prima con Tremotino; ma Regina aveva subito scartato quella possibilità ricordandole che, dopo la disavventura con Peter Pan, nessuno, a parte lei, avrebbe potuto prendere il cuore di Henry.
Ma allora cosa gli stava succedendo?
Biancaneve, sua madre, aveva optato per una cotta, descrizione accolta perfino da Uncino che, a quanto pareva, pensava saperne qualcosa di fascino femminile. Suo padre le aveva detto che forse era davvero affaticato da quel continuo susseguirsi di eventi.
E lei? Lei continuava a non esserne del tutto convinta. Henry era un ragazzo sveglio, non di certo il tipo che si lasciava abbindolare da una ragazzina arrivata da chissà dove.
“Posso andare?...direi che Regina non ci raggiungerà…” esclamò con voce stanca il ragazzo.
“O…ok, andiamo! Ti accompagno da lei…” gli rispose con voce altrettanto demotivata la Salvatrice.
Henry aveva ragione; stavano aspettando Regina da più di un’ora e né i messaggi né le telefonate avevano incontrato un qualche tipo di risposta da parte dell’ex Cattiva della Foresta Incantata; un atteggiamento decisamente poco tipico di lei, soprattutto se si trattava di Henry.
L’improvviso suono dell’arrivo di un messaggio spezzò il pesante silenzio che, opprimente, regnava da qualche minuto tra madre e figlio.
 
HO AVUTO UN IMPREVISTO. VEDIAMOCI DOMANI MATTINA ALLA CRIPTA.
 
Concisa, misteriosa e poco chiara: ecco un tipico messaggio di Regina.
E se fosse successo qualcosa?
-Ok…direi che sto entrando nella paranoia…- si auto ammonì la bionda, cingendo dolcemente le spalle del figlio e dirigendosi verso il suo amato mezzo di trasporto.
Il viaggio verso la casa di Regina fu immerso in un costante silenzio e la cosa finì col mettere maggiormente in allarme Emma; Henry che non la tempestava di pazze teorie riguardanti il libro, l’Autore o qualsiasi altra cosa riguardasse loro e quella città? No, no e poi no. Il ragazzo nascondeva qualcosa e se con Killian aveva fatto un errore non fidandosi ciecamente del suo istinto, questa volta avrebbe fatto qualcosa di concreto, aiutando Henry senza il bisogno che questi avvalorasse i suoi sospetti.
Una volta arrivata a destinazione, la giovane Swan accostò accanto al marciapiede, a poca distanza dalla maestosa abitazione del Sindaco.
La luce della camera da letto di Regina era accesa; chissà cos’era riuscita a trattenerla da una ramanzina ad Henry. Quella mattina, quando aveva scoperto dell’ennesima assenza da scuola, era sembrata decisamente preoccupata e arrabbiata; sembrava fremere dalla voglia di qualche chiarimento, soprattutto vista la sua antipatia verso Jean. Non a caso, Regina aveva più volte proposto di riservarle lo stesso trattamento offerto al Signore Oscuro, esiliandola da Storybrooke, ma nemmeno lei si era mostrata molto d’accordo in proposito, o almeno non prima di aver scoperto chi diavolo fosse.
“Buonanotte….” esclamò Henry, lanciando una veloce occhiata in direzione della madre per poi scendere velocemente dall’abitacolo.
“Buonanotte ragazzino….”
Il giovane Mills raggiunse di fretta il portone d’ingresso, per poi sparire dietro di esso senza mai voltarsi indietro.
Emma rimase ferma in quella posizione qualche altro minuto, come se una sorta di rivelazione universale potesse pioverle dal cielo. Cosa che, ovviamente, non accadde; perché a Storybrooke piovevano ragazze, maledizioni, cristalli di specchio…qualunque cosa, ma non rivelazioni di qualche genere.
Distrattamente guardò l’orologio, accorgendosi di quanto tempo fosse trascorso da quando aveva trovato Henry vagare da solo lungo la strada: erano quasi le 10.10 di sera, tardi per andare in giro e presto per rientrare a casa con i suoi genitori che, sicuramente, anelavano a qualche ora insieme senza la presenza di entrambi i loro figli.
Ennesima occhiata all’orologio. 10.12.
Senza pensarci troppo su, la Salvatrice mise in moto il motore del maggiolone giallo, per poi sgommare lungo la strada principale della città.
 
 
***
 
Terza bussata.
Nulla.
Forse stava dormendo.
Alle 10.20 di sera? A quell’ora? No, non ci avrebbe creduto neanche se l’avesse visto con i suoi occhi.
Quarta bussata; se non avesse risposto nemmeno a quella se ne sarebbe andata.
E come immaginava, anche questa volta nessuna risposta, nessun rumore di stivali. Chi l’avrebbe mai detto, stava davvero dormendo; o, con più probabilità, era in giro a fare chissà cosa, eventualità molto più prevedibile.
Proprio nel momento in cui Emma stava per voltare le spalle alla porta in legno di quercia, questa si spalancò, rivelando la figura di un giovane uomo vestito in maniera informale: maglietta a maniche corte di un tenue grigio scuro, pantaloni di cotone neri, piedi scalzi e capelli, come al solito, ribelli e assolutamente perfetti.
Emma non riuscì ad emettere un solo fiato di fronte a quella vista.
“Swan…è successo qualcosa?” chiese allarmato l’uomo, avvicinandosi di un passo a lei.
Emma rimase con la bocca semiaperta, non riuscendo a distogliere lo sguardo da chi che aveva di fronte.
“Emma…” la esortò.
“I…i tuoi jeans…il giubbotto di pelle…che fine hanno fatto?” esclamò Emma, non forzandosi di trattenere il tono stupito.
Killian, da parte sua, non tentò minimamente di trattenere il sorriso che, spontaneo cominciò a prendere vita sul suo viso. Quanto amava il modo di fare di quella donna; così diretto e sincero da lasciare senza alcuna via di scampo, anche quando si trattava di prenderlo in giro.
“Nonostante la tua famiglia pensi che non mi lavi abbastanza spesso...non porto sempre gli stessi abiti Swan…soprattutto quando vado a dormire…”
“Pensa che nutrivo perfino qualche dubbio sul fatto che ci andassi a dormire…” incalzò Emma, sorridendo a sua volta,
Killian sorrise di nuovo, alzando gli occhi al cielo di fronte a tutta quella sfrontatezza; lo provocava, lo provocava di continuo e lei non aveva idea dell’effetto che avevano su di lui simili provocazioni.
“Allora…stavi dormendo?”
“No…stavo leggendo…”
“Oh…è la serata delle rivelazioni!” esclamò divertita Emma.
“Sei venuta qui solo per prendermi in giro tesoro?”
“Non ti sto prendendo in giro….”
“Mmm già, ragione…da quando ho aperto la porta non mi stacchi gli occhi di dosso!” la provocò il pirata, appoggiandosi allo stipite della porta con le braccia incrociate, divertito dalla piega che stava prendendo quella conversazione.
Emma si limitò a buttare fuori l’aria, deviando solo per un attimo lo sguardo da quell’uomo decisamente troppo sicuro di sé.
Perché non perdeva mai occasioni per tentare di metterla in imbarazzo? Riuscendoci ben poche volte per giunta. E perché non la smetteva mai di essere così maledettamente….affascinante?
-Che diavolo vado a pensare….- si ammonì Emma, per la seconda volta quella sera, schiarendosi la gola con fare distratto. Probabilmente, però, si ritrovava ad ammettere quello che pensava dalla prima volta che i suoi occhi si erano posati sulla figura misteriosa di quel famoso pirata.
“Vuoi entrare?!”
La voce, ora meno sarcastica, di Killian interruppe i pensieri della giovane Swan, ritrovandosi ad accettare l’invito senza quasi rendersene conto.
La stanza appariva tale e quale a come l’aveva vista la prima volta, con l’unica differenza di un libro aperto sopra le lenzuola semi sfatte.
“Capitan Uncino che legge un libro….direi che l’influenza di Belle comincia a farsi sentire!” esclamò Emma, voltandosi in direzione del giovane Jones.
“E’ un libro sulla navigazione…non si discosta così tanto dalla mia vita dopotutto!” le rispose divertito, avvicinandosi di qualche passo alla donna “…e poi non c’è molto da fare da queste parti!”
“Attento a quello che speri..” esclamò leggermente cupa la bionda “….Immagino tu non sappia usare la tv!”
“Parli di quell’affare da cui si può vedere la vita degli altri?.....non sono un ficcanaso Swan!”
Killian Jones e la tecnologia, uno spasso per chiunque.
Ovviamente il Capitano aveva finito con lo scambiare il televisore per una sorta di oggetto magico da utilizzare per guardare di nascosto gli altri; idea non del tutto stupida se la si guardava dal punto di vista di chi proviene da un mondo prettamente magico e privo di alcuna tecnologia.
“Killian…la tv non è magica...”
“Credimi…l’altro sera c’erano due che, sicuramente, non avevano idea di essere guardati…”
“Sarà stato un film Killian…e un film è finto. Serve solo a….ad intrattenere la gente ecco!”
“E la gente si intrattiene guardando lì dentro?...”chiese incerto Killian, indicando l’elettrodomestico posato sopra ad un mobile di fronte al letto.
“sì….di solito sì!”
“E tu lo fai?”
“Ultimamente non ho mai avuto molto tempo per…rilassarmi! Però…a volte sì, lo faccio” rispose Emma, rendendosi conto solo in quel momento che, per l’ennesima volta, gli eventi di Storybrooke, avevano finito con influenzare del tutto la sua vita.
Killian corrugò leggermente la fronte, spostando lo sguardo dalla bionda al televisore alla sua sinistra. Senza dire una parola, il giovane Jones lanciò un sorriso ad Emma, che sembrava voler dirle tutto e niente allo stesso tempo.
“Ho un’idea….Se non ricordo male Swan…un giorno mi hai chiesto di essere paziente…”
“Sì…ricordo…”
Senza alcun preavviso, i battiti del cuore di Emma presero un’improvvisa impennata, accelerando in maniera indiscutibilmente rilevante; forse venire di sera tardi nella camera di un pirata non era stata una delle sue trovate più geniali. O forse sì…
Dopotutto era da tanto che Killian le dimostrava le sue intenzioni, probabilmente l’unico uomo che per più di un anno non aveva fatto altro che pensare a lei, nonostante le possibilità di riuscita sembrassero pari a zero. L’aveva corteggiata, aiutata, seguita in un viaggio nel passato, aveva abbandonato la sua nave per lei…e ora stavano ufficialmente insieme; ed erano lì, nella sua camera da Granny.
Oh ma da Granny…
“…e quella volta mi hai promesso che avremmo visto insieme…ne…netflok!”
“Netflix!...”
“Quello che è…”
“V…vuoi vedere Netflix?...un…un film on demand?” esclamò, emettendo un sospiro a dir poco trattenuto.
E cos’era quella, delusione?
“Usi parole troppo strane Swan…” l’ammonì il pirata, avvicinandosi al letto e chiudendo il libro ormai messo da parte “…allora? Lo facciamo?” le chiese di getto, guardandola con quel suo penetrante sguardo blu.
Emma spalancò gli occhi, conscia che questa volta il cuore aveva letteralmente smesso di battere.
“C…cosa?!”
“Guardiamo un film…” le disse, lanciandole un sorriso alquanto furbo; sapeva bene che a che gioco stava giocando, la stava provocando come al solito, divertendosi come un matto dietro a quelle sue labbra maledettamente affascinanti. “…a che pensavi Emma?”
“A niente…”
Si limitò a rispondere la giovane Swan, voltandosi dall’altra parte e togliendosi il cappotto, troppo pesante con tutto quel caldo; qualcuno doveva improvvisamente aver aumentato il riscaldamento.
Conscia del lieve rossore che le imperlava il volto, Emma appoggiò il cappotto sopra la sedia, vicino al fedele indumento da pirata di Killian. Senza dire una parola si avvicinò al letto matrimoniale, sopra cui il giovane Jones si era già comodamente steso, con i cuscini sistemati vicino alla spalliera fungendo come una sorta di schienale. Il pirata le lanciò l’ennesimo sorriso, per poi tirarla dolcemente per un braccio ed obbligandola a prendere posto accanto a lui.
“Allora…come funziona questo affare?” esclamò Killian, armeggiando irritato con il telecomando.
Stava cercando di smorzare la tensione, lo vedeva; e questo lo rendeva ancora più dolce e affascinante agli occhi di Emma. Anche in un’occasione così sciocca si preoccupava dei suoi sentimenti, del modo in cui si sentiva, arrivando a fare qualcosa che probabilmente nemmeno gli interessava, come guardare qualche stupido film alla tv. In fin dei conti, però, stare insieme significava anche quello no? Fare cose per il solo scopo di far piacere all’altro. Ma lei cosa faceva per lui? Non capiva un granché di navigazione e non si metteva di certo a saccheggiare o depredare, anche se quelli erano comportamenti più vicini al vecchio Capitano Jones. Forse, però, avrebbe potuto iniziare a fare anche lei qualcosa di piacevole per lui, qualcosa di tanto superficiale quanto normale, come facevano le coppie del mondo reale. Tipo andare a fare un giro in barca insieme, come faceva spesso Killian insieme ad Henry.
Sì glielo avrebbe proposto, senza dover per forza aspettare che le cose in città si sistemassero.
“Dammi…” esclamò sorridendo la Salvatrice, afferrando il telecomando e impostando qualcosa da vedere.
Non c’era che dire, la Vedova Lucas non si faceva mancare nulla, neppure l’abbonamento a Netflix.
Senza badare troppo alla scelta, Emma selezionò uno dei film proposti, per poi appoggiare la testa sulla spalla di Killian, lasciando che i lunghi capelli biondi cadessero lungo il braccio del pirata. Questi rimase immobile, godendosi quel momento con ogni fibra del suo essere. Lei era lì, insieme a lui; aveva scelto di stare con lui per trovare un po’ di tranquillità, per sentirsi bene; e questo valeva decisamente più di mille occhiate languide o provocanti.
Istintivamente, Killian cinse la vita di Emma con il braccio destro, appoggiando a sua volta la testa sul capo biondo della donna.
E rimasero così, felici, rilassati, a guardare un film di cui, probabilmente, non avrebbero ricordato neppure la trama.
 
***
 
Non seppe dirlo con esattezza, ma si era addormentata; sicuramente durante un momento cruciale del film, appisolata sulla spalla di Killian che per tutta la sera non aveva mai dato cenno di essere infastidito da quella posizione
Ed ora era lì, nel bel mezzo di quello che avrebbe potuto essere il cimitero di Storybrooke, se non si fosse trattato di un sogno.
Perché nulla di ciò che vedeva era reale, ne era certa; primo segnale fra tutti, indossava il suo amato giubbotto di pelle rosso che, ne era certa, si trovasse dentro all’armadio di sua madre. In secondo luogo, era sicura di non essere mai uscita dalla stanza di Killian, almeno credeva di esserne certa.
Poco importava, perché quello era un sogno, un sogno di cui sentiva non avere il minimo controllo.
Senza lasciarsi sopraffare dal panico, la giovane Swan iniziò a camminare, accompagnata dal crepitio emesso dai suoi stivali a contatto con il terreno.
Il cimitero non era mai stato così perfetto. L’erba appariva così verde che neanche l’estate poteva vantare un simile effetto; gli uccelli cinguettavano e i raggi del sole illuminavano ogni cosa. La perfezione, se non fosse stato per il luogo in sé. Nel cimitero vi erano pochissime lapidi, una decina, forse anche meno; tutte assolutamente pulite e per nulla intaccate dal tempo; perfino la cripta di Regina pareva aver subito un rinnovamento.
E poi c’era lei, di nuovo: la bambina dall’abito blu. Se ne stava ferma, di spalle, di fronte ad una pietra tombale apparentemente più vecchia e sporca rispetto alle altre. I capelli questa volta cadevano sciolti, in lunghe ciocche di un intenso castano scuro, nonostante i riflessi offerti dal sole.
Emma stette immobile nella sua posizione, pensando a quale fosse la mossa più intelligente da fare; avrebbe voluto avvicinarsi, ma qualcosa le diceva che, nel momento in cui avesse osato farlo, tutta quella perfezione avrebbe cessato di esistere.
“Sei ancora qui….” la voce candida della bambina riecheggiò nel luogo silenzioso, scuotendo la Salvatrice.
“Questa volta però potremmo dire che è casa mia...”
“Lo so…” esclamò rattristata la bambina, voltando lievemente il capo in direzione di Emma “…volevo salutarti…”
Quelle parole riuscirono a far sciogliere un po’ della tensione creatasi nel cuore della giovane donna, tanto che non provò alcun timore nel vedere la bambina voltarsi del tutto e avvicinarsi a lei, con quei piedini ancora scalzi e sporchi.
“…perché appari nei miei sogni?!” chiese Emma, inginocchiandosi vicino alla bambina.
“Sei tu che vieni nei miei…”
Lo sguardo di Emma divenne più nervoso, lasciando trasparire tutta la confusione che provava dal verde intenso dei suoi occhi. Quella bambina l’aveva già vista, ne era certa, e qualcosa le diceva che non doveva sforzarsi poi molto per capire chi fosse.
“Tu…sei la ragazza appena arrivata in città vero?...sei Jean?!”
“Jean…? No…non ho un nome così strano…” rispose lievemente divertita la bambina, concedendosi di fare un leggero sorriso, così dolce e familiare da togliere il fiato.
“Già…anch’io ho la sensazione che quello non sia il suo vero nome!”
“…non si deve mentire. Io non mentirei mai...i miei genitori non vogliono che dica le bugie. È…sbagliato…”
“E hanno ragione...” disse Emma, ricordandosi solo in quel momento che stava parlando con una bambina di neanche sei anni “…e tu…hai un nome più bello?”
“Mmmm…sì…ma...” cominciò a parlare la piccola, guardandosi intorno con fare preoccupato ed arrivando a sussurrarle all’orecchio le successive parole, come se temesse di venire ascoltata da qualcuno di invisibile agli occhi “…ma non posso dirtelo, altrimenti Lei scopre dove sono…”
“Oh…lei…chi?”
L’improvvisa immagine della donna incappucciata, avvolta dalle fiamme, invase la mente di Emma; non seppe spiegarsene il motivo, ma qualcosa le diceva che era quella Lei di cui parlava la bambina.
“Parli della donna che mi hai fatto vedere l’altra volta?...insieme a quelle creature...quella era la Foresta Incantata vero?Tu…tu vieni da lì…è successo qualcosa?” la giovane Swan non riuscì a controllarsi, ponendo alla bambina domande di cui, probabilmente non avrebbe potuto darle alcuna risposta.
“Io...io non….”
Gli occhi della bambina si fecero improvvisamente lucidi, velati da lacrime che non tardarono molto prima di rigare completamente quel volto pallido e candido.
Emma si rimproverò per il suo modo di fare, alle volte decisamente privo di tatto. Era una bambina, la bambina di un sogno certo, ma pur sempre un essere indifeso, al di là di quella che avrebbe potuto nascondere una prima apparenza.
Attenta a non aggravare ulteriormente la situazione, Emma si ritrovò ad abbracciare quell’esserino così piccolo e magro; i lunghi capelli biondi si mescolarono alle folte ciocche castane, divenendo quasi un tutt’uno di due colori.
 Si sentiva vicina a lei, nonostante non riuscisse a capire chi fosse o da dove provenisse, sapeva che doveva aiutarla, in qualche modo.
“Scusami...non volevo spaventarti…”
“Io volevo solo salutarti…” disse, con la voce interrotta dal pianto e con lo sguardo nascosto nel petto della Salvatrice.
“Lo so…mi dispiace…”
“Ma…sono arrivata tardi…”
“T…tardi?!” chiese Emma, allontanando leggermente il volto della piccola dal petto “…tardi in che senso…”
“Lei è già stata qui…”
La bambina si allontanò leggermente dalla figlia di Biancaneve e il Principe Azzurro, volgendo nuovamente lo sguardo verso la lapide solitaria che, poco prima, stava osservando.
Con il cuore in gola, Emma si alzò nuovamente in piedi, facendo un passo verso quella pietra tombale così fuori luogo rispetto al resto delle lapidi, bianche e perfette, che la circondavano. Un’improvvisa brezza cominciò a smuoverle i capelli e far alzare in volo gli uccelli, ora stranamente silenziosi.
Tutto sembrava mutare, quasi rispecchiando l’angoscia e il timore presenti nell’animo della Salvatrice.
Ad ogni passo, tutto cambiava, compreso il cielo, ora ricoperto da fitte nubi nere.
A due metri dalla lapide, il cuore di Emma si fermò, gelando completamente il sangue che, involontario, continuava a scorrerle lungo le vene.
Quello era un sogno. Quello era un sogno. Nulla di quello che vedeva era reale.
Come un mantra, Emma continuava a ripetersi nella mente quelle parole.
Il suo giubbetto rosso era a casa, il cimitero di Storybrooke non era così e lei…lei era nella camera di Killian, incapace di risvegliarsi da quel maledetto sogno.
Perché di quello si trattava.
E quelle lettere intaccate dal tempo non erano assolutamente vere.
Già…ma allora perché, ad ogni minuto trascorso a fissarle, parevano sempre più reali?
 
EMMA SWA….
AMATA  MADRE,  M…
“La Salvatrice….”
 
Non tutte le lettere erano visibili, ma poco importava; quelle presenti lasciano ben poco spazio alla fantasia.
Stava guardando la sua tomba.
Lei era...morta.
“No…non è possibile…”
Di scatto Emma si voltò, cercando conferma da quella bambina che, per la seconda volta, aveva finito per intaccare ogni sua certezza. Purtroppo, però, non vi era nessuno dietro di lei; la bambina era scomparsa e con lei il sole e la pace che fino a poco prima regnavano incontrastati in quel posto.
Emma si guardò intorno con fare nervoso, stringendo con tutte le sue forze le mani a pugno.
Lei. Non. Era. Morta.
 “TORNA QUI?” urlò con voce quasi sgomenta la Salvatrice, camminando lungo l’erba ora incolta del cimitero “ Non puoi farmi vedere una cosa del genere  e poi andartene maledizione!”
Emma si portò i capelli dietro la testa, impegnando tutta se stessa per non perdere il controllo. E ora? Cosa avrebbe dovuto fare? Doveva voltarsi, doveva guardare un’altra volta quella tomba? Sì e probabilmente avrebbe visto che si trattava di un’allucinazione, di uno stupido sogno privo di senso.
Di scatto la Salvatrice puntò nuovamente lo sguardo verso la lapide, accorgendosi di quanto si fosse allontanata da lei; ed ora, davanti a quella pietra tombale, vi era qualcuno.
Seduto e con la testa nascosta dietro le mani c’era...Killian.
“Killian!” urlò Emma, sentendo un’improvvisa speranza crescerle nel petto “Ehi…Uncino!”
Il pirata, però, non si mosse, rimanendo in quella posizione così carica di disperazione.
Stava…lui stava piangendo, davanti alla sua tomba. Perché? Lei era viva, stava bene, avevano trascorso la serata insieme, avevano scherzato, riso…
E se non si trattasse di un sogno? Se fosse realmente…morta.
“Oh…” non riuscendo a trovare le parole, Emma si bloccò sul posto, con le braccia stese lungo i fianchi.
Per la prima volta non sapeva cosa fare. Lentamente si lasciò cadere a terra, nella stessa posizione assunta da Killian.
Non sapeva come, non sapeva quando. Lei, però…era morta. Ma non poteva morire proprio ora; ora che aveva Henry, la sua famiglia; ora che aveva Killian.
“Adesso dovresti andare via…”
Un’improvvisa voce accanto a lei la obbligò ad alzare il capo di scatto, mettendola faccia a faccia con un volto già conosciuto.
Capelli scuri, viso ovale, occhi di un intenso verde chiaro.
Jean. Con lo stesso abito blu della bambina.
“Tu…”
“Vattene…sta arrivando…e io non sono pronta!”
E tutto divenne nero. Come la prima volta.
 
 
***
 
Di scatto Emma si mise a sedere, inspirando aria come se ne fosse stata priva per un lungo periodo di tempo.
La stanza di Killian.
Era lì, nella camera d’albergo come la sera prima.
Era….era stato un sogno. O meglio, un incubo.
Con il volto sudato, la Salvatrice si voltò alla sua destra, vedendo il proprietario della stanza immerso in un sonno a dir poco profondo. Aveva tolto l’uncino, probabilmente per evitare di ferirla durante la notte.
Un attimo. Durante cosa? Lei non avrebbe dovuto trascorrere la notte lì, ma limitarsi a guardare un film e poi tornarsene a casa.
I raggi del sole che filtravano dalle finestre, però, sembravano voler dire l’esatto contrario.
Era mattino e lei aveva dormito insieme a Killian Jones. Avrebbe dato qualsiasi cosa pur di vedere la faccia di suo padre in quel momento; o forse no.
Facendo attenzione a non svegliare il pirata, Emma scese dal letto, infilando velocemente il cappotto e sistemando i capelli in una stretta coda alta. Aveva appuntamento con Regina e quest’ultima non sembrava aver apprezzato molto il suo ritardo viste le chiamate sul cellulare.
“Lo sai…di solito sono io ad andarmene...”
La voce di Killian bloccò la fuga di soppiatto della Swan, facendola arrossire non poco.
“Mi dispiace…non…non volevo svegliarti…”
“Ma volevi andartene!” incalzò il pirata avvicinandosi alla donna e smorzando il sorriso nel vedere lo sguardo stanco di Emma “…tutto bene?” aggiunse, accarezzandole il volto.
“…tutto bene.”
Killian rimase in silenzio per qualche istante, sapendo che vi era qualcosa in quegli occhi così stanchi e preoccupati.
“Se ti può far sentire meglio ho sognato che tuo padre ordinava di farmi tagliare la testa!...speriamo non fosse premonitore!” esclamò, alzando divertito un sopracciglio, come soltanto lui sapeva fare.
“Già…speriamo…” rispose Emma con voce cupa, non riuscendo a fare a meno di collegare quella frase con quanto aveva sognato.
Stava succedendo qualcosa. Ne era certa.
“Scappo, prima che Regina tagli la testa a me!” si affrettò ad uscire Emma, tirando fuori i capelli rimasti incastrati dentro al cappotto.
“Ok…ci sentiamo dopo” e con lieve bacio Killian la guardò allontanarsi lungo il corridoio che portava verso l’uscita.
Mentre guidava lungo le strade già sveglie della città. Emma non riuscì a fare a meno di ammettere quanto fosse stata bella la serata insieme a Killian. Era stato bello fare le persone normali, davanti alla tv, ridendo e scherzando, come una coppia….felice.
Già e se non fosse stato per quel sogno che aveva velocemente spazzato via ogni traccia di normalità, avrebbe potuto dire che era stato tutto…perfetto.
Quel sogno, però c’era stato ed era sicura che quella bambina fosse Jean; l’averla vista al termine di quel sogno gliene aveva dato la conferma. Era giunto il momento di finirla con le maniera dolci e delicate; doveva parlare con lei, senza troppi giri di parole.
Altrimenti, un altro sogno di quel tipo e avrebbe finito col confondere la realtà dal sogno.
 
 
“Sai che ore sono Swan?” esclamò seccata Regina, nervosa dentro i suoi eleganti pantaloni neri, in tinta con il cappotto dello stesso colore.
“Scusami Regina…ma dopo la buca di ieri sera non penso tu abbia molta voce in capitolo!”
Stancamente Emma si appoggiò ad una delle colonne presenti nella parte inferiore della cripta del sindaco di Storybrooke. Aveva corso decisamente oltre i limiti di velocità pur di raggiungere il prima possibile Regina ed ora non le andava di certo di sentirsi rimproverare. Soprattutto dopo una nottata tanto burrascosa e l’assenza di una buona colazione.
“Allora…che succede?...ieri ti ho aspettato al tuo ufficio per tutta la sera!” le ricordò Emma “…il ragazzino ha saltato un altro giorno di scuola e…”
“Noti niente di strano?” la interruppe Regina.
“Di…strano in che senso?” chiese Emma, sbigottita di fronte a quel modo di fare frettoloso, quando l’oggetto in questione era il figlio Henry.
“Di strano…in me?”
“…forse un po’ più nervosa del solito!” tentò la Salvatrice, non riuscendo a trattenere uno sbadiglio “…ma nulla di strano! Perché?”
“Bene…mi fa piacere” cominciò Regina, allargando le braccia con fare sconvolto “Perché qualcuno mi ha portato via la magia!”
 
 
 
 
 
Fiiiiiiiiiiinito!!!!
Sì ho dovuto mettere un punto altrimenti continuavo a scrivere senza controllo, invece un po’ di suspense non guasta mai…ed è toccata a Regina la battuta finale :P
Vi dirò…io non ce la faccio più a tenere segrete tante cose, non so come facciano i cari Adam e Edward a farlo di continuo (se ogni tanto volessero sfogarsi e darmi qualche anticipazione mi sacrificherei volentieri :P )!!!! Mi verrebbe da scrivere tutto, chi è questo, chi è quello, cosa vuole fare……ma non possoooooooooooo!
Ok, finito lo sclero improvviso…torniamo a noi!!!!! :))))
Grazie di cuore per essere arrivati a leggere fino a qui…non avete idea di quanto mi renda felice sapere che vi piaccia questa ff e che siate un po’ incuriositi.
Quindi grazie di cuore, a chi legge e, soprattutto, a chi legge e commenta (un ringraziamento speciale alle mie fedelissime che non mi abbandonano mai, questo capitolo è tutto vostro ).
Spero di non essere andata troppo OOC con questo capitolo, volevo che i nostri Captain Swan avessero un momento tutto loro…ma mi rendo conto che è una faticaccia non lasciarsi prendere la mano e far succedere quello che tutti vorremmo succedesse *_* Spero di essermela cavata….casomai ditemi che la prossima volta miglioro :)
So che non è successo molto in questo cap…ma spero di rifarmi la prossima volta; e scusate i possibili errori ma purtroppo non ho avuto l’occasione di rileggere.
Ok ho finito.
Lasciate un piccolo commento se ne avete la possibilità, mi fa davvero davvero davvero piacere leggere cosa ne pensate…:)
Un fortissimo abbraccio
A presto
Erin
 
   
 
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