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Autore: ErinJS    16/03/2015    4 recensioni
Dopo l'addio ad Elsa, Anna e Kristoff, a Storybrooke tutto sembra essere tornato alla normalità. La quiete, però, non può durare per sempre e l’improvviso arrivo di una giovane ragazza di circa 17 anni porta con sè un'ondata di misteri e problemi. Nessuno sa da dove venga o chi sia, o perché quegli occhi verdi sembrino tanto familiari; quello che però è chiaro alla Salvatrice è che nasconde qualcosa e prima o poi riuscirà a scoprirlo. Ma se non fosse tanto importante il luogo da cui proviene la giovane, ma il…quando?!
Una nuova minaccia aleggia nella vita dei nostri eroi e questa volta il domani sembra proprio dietro l’angolo.
La ff presenta degli spoiler sulla quinta stagione.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Incessante e incontrollata, la pioggia cadeva lungo le strade deserte della città, impedendo al sole del mattino di illuminare l’inizio di quella nuova settimana.
Era uno dei rari giorni di pioggia a Storybrooke e aveva deciso di arrivare proprio di lunedì, un giorno già di per se difficile e complicato da sopportare, vuoi per la fine del riposo settimanale vuoi per il semplice fatto di chiamarsi in quel modo: lunedì, suonava faticoso, stancante e problematico, punto e a basta.
Non era, però, la pioggia o l’inizio della nuova settimana, ad indurire lo sguardo della bionda, seduta ad uno dei tavoli della caffetteria di Granny, bensì quella ragazzina, seduta a due tavoli di distanza, vicino al ragazzo dal sorriso sincero che rispondeva al nome di Henry Mills, suo figlio.
Erano trascorsi quattro giorni dal ritrovamento di Jean e quasi tutti, più o meno, sembravano aver accettato la sua presenza con un’innata naturalezza, probabilmente aiutati da quello sguardo giovane e indifeso.
Per quale motivo solo lei, la Salvatrice, ci vedeva una ragazza scaltra con un’infinità di segreti che non voleva rivelare? No, effettivamente non era la sola, anche Regina non vedeva di buon occhio quella ragazzina dai lunghi capelli castani, presumibilmente a causa del rapporto instauratosi con Henry.
Tra i due era nata una bella amicizia, forse dovuta al fatto che era stato proprio Henry a ritrovarla in quella casa abbandonata. Vi era una visibile differenza di età;  lei appariva più grande, non solo dal punto di vista fisico, anche il portamento, il modo di fare, la classificavano sicuramente al di sopra dei dodici anni del figlio; e in modo particolare quello sguardo, che nonostante la fatica che Jean ci metteva, continuava a mostrare una sorta di maturità e tristezza che solo una donna avrebbe dovuto possedere. E la giovane Swan non riuscì a fare a meno di collegare quello sguardo a quello che aveva avuto lei a quattordici anni, quindici, sedici anni. Lo sguardo di un’orfana.
E ora Henry si stava affezionando a lei.
Non che ci fosse qualcosa di male nel fatto che i due parlassero e scherzassero insieme, dopotutto erano ragazzi, ma quella Jean era sbucata dal nulla e se c’era una cosa che Ingrid, Zelena e la grande maggioranza dei forestieri venuti a Storybrooke le avevano insegnato era proprio di non fidarsi di chi aveva dei segreti. Bastava guardare che fine avesse fatto Tremotino con tutti i suoi machiavellici movimenti; aveva perso Belle e con lei qualsiasi speranza di redimersi.
“Ecco i vostri caffè…e i pancakes”
La cameriera, posò l’ordinazione davanti ad Emma e Uncino, il quale non riusciva a fare a meno di sorridere di fronte a quel viso corrucciato di fronte a lui.
“Se vai avanti di questo passo ti verranno le rughe Swan…” le disse, sorseggiando il suo caffè amaro.
“Non pensavo ti preoccupassi del mio viso…Killian!” rispose Emma marcando il nome del pirata e reprimendo a stento un sorriso.
“E ovvio che mi preoccupi…lo rimiro tutto il giorno!”
Ed eccolo lì, con la battuta sempre pronta che non le lasciava mai l’occasione di ribattere. Come ci riusciva non sapeva davvero spiegarlo e forse, dopotutto, non le andava neanche di farlo. Era bello starsene lì, di lunedì mattina, poco prima di andare a lavoro, insieme all’unica persona in grado di farla sorridere, nonostante i mille pensieri e preoccupazioni che le invadono la mente.
Era rilassante e piacevolmente…normale.
E forse lo stesso poteva pensarlo il giovane Mills, a poca distanza dai due adulti, mentre si faceva battere per la decima volta ad un gioco di carte dalla ragazza davanti a lui, il cui sorriso espansivo metteva in risalto la sua dentatura perfetta.
“Ma dico…come fai?
“Esercizio. Fortuna. Genetica….vedi un po’ tu!” gli rispose raggiante Jean, sistemandosi meccanicamente una ciocca dietro all’orecchio.
“Chi te l’ha insegnato?”
“Mio pa…”
La giovane si bloccò di scatto, mordendosi la lingua, come se avesse parlato decisamente più del dovuto, cosa che ovviamente non sfuggì al giovane di fronte a lei.
“T…te l’ha insegnato tuo padre?” tentò di spronarla il ragazzino, ammucchiando il mazzo di carte in modo ordinato.
Ma la ragazza non rispose, serrando la mascella con fare nervoso. La spontaneità e serenità di poco prima sembravano essere svaniti come neve al sola, lasciando spazio ad una tesa atmosfera di imbarazzo.
“Hei Jean…non c’è niente di male se inizi a ricordare qualcosa del tuo passato. Lo sai che di me ti puoi fidare!”
“Lo so…” rispose la ragazza, porgendo ad Henry un sorriso decisamente forzato rispetto poco prima.
Ma nonostante continuasse a rispondere a quel modo, Henry sapeva che quella ragazza non si fidava di nessuno e continuava a mentire a tutti su ogni aspetto la riguardasse.
Lui e sua madre avevano capito che il suo nome non era decisamente Jean, ma la cosa che li aveva maggiormente insospettiti era stata proprio la scelta di quel nome. Anche che quella ragazza avesse intravisto il suo fumetto nello zaino, come faceva a sapere il nome di quel determinato personaggio? Aveva la super vista? Noooo, da escludere; almeno sperava. Esistevano gli X-Men nella Foresta Incantata? Ancora meno probabile.
Ma allora come aveva fatto?
C’era qualcosa di strano in lei. Tutti ci avevano messo un po’ ad abituarsi ad i confort e alle diversità del mondo “reale”, se così lo si voleva chiamare; bastava guardare Hook che ancora oggi si ostinava a chiamare il cellulare “parlofono”.  E Jean, invece, fin dal loro primo incontro aveva parlato con tranquillità di ospedali e riconosciuto un personaggio dei fumetti come nulla fosse; per non parlare della faccia che aveva fatto quando aveva visto il locale di Granny. Tutto sembrava, come dire, familiare; e al giovane Mills non era di certo sfuggito.
“Ora devi a scuola giusto?!” la voce di Jean lo riportò alla realtà, chiudendo definitivamente il discorso riguardante il suo ipotetico passato.
“Sì…e tu che farai?”
“Mi troverà qualcosa da fare. Quale delle tue madri ti accompagneranno?” chiese divertita la ragazza, finendo di bere la sua spremuta.
“Oh nessuna delle due…passa il pulmino della scuola qui davanti. Emma andrà alla Stazione di Polizia insieme a mio nonno e Regina immagino andrà in ufficio visto che è di nuovo il sindaco di Storybrooke!”
“Regina…è il Sindaco?”
“Eh già…per un breve periodo lo è stata Biancaneve, ma mia madre non ha visto di buon occhio il suo gusto in fatto di arredamento e…ci ha ripensato” scherzò a sua volta Henry, felice di assaporare nuovamente quel clima tranquillo e spontaneo.
“Wow…un ruolo importante. Ed è bello vedere che le è stato affidato nonostante i…trascorsi!”
“Di che trascorsi parli?” chiese sospettoso Henry.
“Oh…mi riferivo a quando era…la Regina Cattiva….”
“E tu come lo sai?...ricordi qualcos’altro del tuo passato?” chiese il ragazzo, sempre più insospettito.
“No no…” si affrettò a negare la ragazza, sorridendo con fare decisamente più meccanico “…l’ho sentito dire da un nano, l’altra mattina. Era solo un complimento il mio…non è da tutti perdonare chi è stato tanto…cattivo!”
“Sì mia madre ha commesso degli errori…ma ora è cambiata!” disse cupo Henry, lanciando un’occhiata ai resti della sua colazione.
“E si vede!” esclamò Jean, con il suo sguardo verde e acceso “…ma dimmi...usa ancora la magia?”
“Quante domande!”
“Hai ragione…scusami…non volevo impicciarmi. È solo che…ho pensato…se Regina sa usare ancora la magia….potrebbe aiutarmi a recuperare la memoria. Con qualche incantesimo…non credi?”
“Bè si…potrebbe provarci…”
“Potrei andare nel suo studio questa mattina e chiederle cosa ne pensa...immagino tenga lì con se le pozioni giusto?”
“Oh no no….tutte le sue pozioni sono nella sua cripta!”
“Cripta…oh…suona così macabro!” scherzò Jean, non riuscendo a trattenere il tono incuriosito.
“Facciamo così…oggi finita la scuola andiamo insieme da mia madre e sentiamo se c’è qualcosa che può fare, ok? Nel caso ci andiamo insieme…”
“Direi che è…perfetto!”
 
 
“Davvero Emma…non puoi continuare a stare con i nervi tesi. Dalle una possibilità!” esclamò il pirata, accompagnando la frase con un gesto del suo fedele uncino.
“….quella ragazza nasconde qualcosa. E sono quasi sicura sappia usare la magia…”
“Lo penso anch’io…visti i trascorsi. Ma vedrai che troveremo il modo per saperne di più!”
“Non mi fido di lei!” sentenziò, lanciando l’ennesima occhiata verso la diretta interessata.
“Oh e questo lo abbiamo capito tutti tesoro…fidati...ma non toglie il fatto che non puoi starle addosso come un cane dalla mattina alla sera!”
Emma corrugò la fronte, lievemente ferita da quelle parole.
“Dovrei aspettare che succeda qualcosa come le ultime volte?!” esclamò risentita.
“Sto dicendo che è una ragazzina…sola…e se non vuole dire a tutti quello che le è successo…bè…la capisco!”
E quello, lo sapeva bene, era il tono di voce di Killian appartenente ad un qualche ricordo della sua vita, del suo passato. Accadeva raramente, ma vi erano dei momenti in cui l’uomo di fronte a lei ricordava qualcosa che lo riguardava e il suo tono di voce, lo sguardo, cambiavano in maniera quasi impercettibile, divenendo più oscuri e tristi. Lei si era aperta con lui, gli aveva mostrato la scatola contenente i suoi ricordi, si era lasciata confortare, ma lui non le aveva mai detto molto di sè, tranne qualche cenno in momenti in cui gli eventi avevano sempre finito col prendere il sopravvento.
Perché…-le ferite più precoci a volte non guariscono- giusto?!‘” disse Emma, seria, riportando una frase detta dallo stesso pirata qualche tempo prima.
“Esatto!”
Silenzio. Killian si limitò a finire il suo caffè, spostando lo sguardo verso la vetrata alla loro destra. Non le avrebbe detto più nulla a riguardo, ne era certa, e forse in quel momento era meglio così.
Voleva sapere tutto di lui, voleva riuscire ad aiutarlo, a fargli sentire la sua presenza, ma Granny non era di certo il luogo più adatto, soprattutto con il pensiero di quella ragazza che gli alitava sul collo.
“Mamma…io dovrei andare…”
La voce di Henry interruppe il momento di tensione improvvisamente creatosi tra i due, obbligando Emma a spostare l’attenzione sui due ragazzi.
Accanto ad Henry vi era ovviamente Jean, la quale indossava finalmente abiti intatti e, soprattutto, della sua taglia.
“Vado anch’io…” disse Killian, alzandosi dal suo posto e lanciando un sorriso alla giovane accanto a lui che, in risposta, sgranò gli occhi e deviò velocemente lo sguardo.
Alle volte si comportava davvero in maniera strana.
“Con chi rimarrà Jean?” chiese Henry.
“Bè…potresti venire con me a lavoro…” le propose Emma, con la speranza che accettasse.
“Oh…non preoccuparti, farò un giro della città…non ho avuto molte occasioni di concedermi una passeggiata solitaria!”
Velocemente Jean indossò il cappotto di lana blu navy con chiusura doppiopetto, presumibilmente appartenuto alla figlia di qualche abitante di Storybrooke; le stava bene, le donava un aria quasi normale, così come gli stretti pantaloni neri e il maglioncino verde bottiglia; una ragazza moderna a tutti gli effetti.
“Ok…se hai bisogno chiamaci!” le disse Emma, indossando a sua volta il suo cappotto grigio.
Evidentemente la simpatia tra le due era reciproca, non c’era che dire. E la cosa, a dispetto dei suoi sentimenti, lasciava un profondo senso di amarezza nella giovane Swan. Perché, per quanto non si fidasse di lei, per quanto sentisse che le stava nascondendo qualcosa, Emma non riusciva a fare a meno di rivedersi in quello sguardo, così triste, così enigmatico, così privo della speranza che ogni giovane adolescente avrebbe dovuto avere.
Forse avrebbe dovuto seguire il consiglio di Killian e darle una possibilità, nonostante tutto.
 
 
 
***
 
 
Jean buttò fuori l’aria trattenuta fino a quel momento.
Emma era finalmente entrata alla Stazione di Polizia, seguita a ruota dal Principe. Padre e figlia protettori della città, adorava questo genere di complicità.
Killian era in biblioteca, insieme a Belle; che ci facevano quei due insieme non riusciva proprio a capirlo. Meno dieci punti per la bibliotecaria.
Henry era salito nel pulmino, diretto a scuola e, un fulmine la incenerisse se non lo avesse ammesso, questa cosa la faceva tremendamente divertire; doveva assolutamente chiedergli come andava, anche se aveva indiscutibilmente l’aria dello studente modello.
E dulcis sin fundo, Regina era a lavoro nel suo elegantissimo studio.
Tutti erano dove voleva che fossero, ovvero fuori dai piedi, lasciandola libera di andare alla cripta della Sovrana della Foresta Incantata.
Non pensava sarebbe stato così facile farsi dire il luogo in cui Regina teneva tutte le sue cianfrusaglie; aveva già pensato ad un paio di idee per farsi dire qualcosa dal giovane Mills o al massimo da qualche altro abitante di Storybrooke, ma ecco che al primo tentativo il suo “amico” le aveva spifferato tutto; ci mancava poco che le dicesse pure come entrare.
A prima vista lo aveva fatto più sveglio e sospettoso il caro vecchio Henry. Dopotutto, però, come biasimarlo. Resistere ad un viso tanto dolce e affascinante come il suo? Impossibile.
Era la persona perfetta di cui fidarsi. Giovane, sola, impaurita. Persino lei stessa stava cominciando a credere a tutta quella farsa della povera ragazza soggetta ad un’improvvisa perdita di memoria.
Quello, però, non era di certo il momento di compiacersi. Doveva andare alla cripta, prendere l’occorrente necessario e dare il via a tutto senza perdere altro tempo. Prima si sarebbe messa all’opera e prima avrebbe risolto la faccenda.
-Lo sai...è sbagliato…-
Imperterrita la voce della coscienza si fece largo nella sua mente, schiacciata dall’ossessione e il bisogno di riuscire nei suoi intenti. Ma il senso di colpa non l’avrebbe fermata, no, non ora; era decisamente troppo tardi ormai per lasciarsi andare a simili sentimentalismi.
Si stava comportando male? Sì.
Stava facendo qualcosa di sbagliato? Forse.
Era dalla parte dei cattivi?
Ah…i cattivi. Quante volte aveva sentito pronunciare quella parola, con così tanto odio e ostilità da provare una sorta di nausea nei confronti di quegli sciocchi che persistevano a comportarsi come tali. Ma se aveva imparato una cosa dal susseguirsi degli eventi era che nessuno aveva il diritto di classificare qualcuno come buono o cattivo.
Era tutto così profondamente sciocco e riduttivo. Chi era buono? Chi aveva il diritto di definirti o meno dalla parte giusta? Sulla base di quali considerazioni?
-I buoni sono gli eroi-
Già gli eroi.  E gli eroi chi erano? Quelli che combattevano per gli ideali più valorosi?
La sua famiglia era piena di eroi e che fine avevano fatto?! Morti. Tutti. Dal primo all’ultimo.
E a lei cosa era rimasto? L’idea che gli eroi, la sua famiglia, avevano fatto la cosa giusta, o meglio, morendo nel tentativo di farla. Bella consolazione.
E lei, in fin dei conti, stava facendo quello che le era stato chiesto; e non avrebbe guardato in faccia nessuno pur di riuscirci.
No, non esistevano più gli eroi, i buoni o i cattivi, vi erano solo due fazioni: gli alleati e i nemici. E lì a Storybrooke non vi erano alleati.
Quindi, se doveva vederla dal punto di vista di quella città, dove i cattivi erano coloro che interferivano negativamente nella vita e nel lieto fine dei suoi abitanti, bè….a quel punto la risposta da dare non era così complicata dopotutto.
Era dalla parte dei cattivi?
Sì. E avrebbe vinto.
 
 
***
 
 
“Pensi che sia troppo dura con lei?”
Il tono insicuro di Emma, proveniente dal suo ufficio a pochi metri di distanza, bastò per distrarre il genitore dalla montagna di scartoffie in cui era immerso; non che vi fosse un gran daffare lì a Storybrooke, ma di certo gli abitanti della Foresta Incantata non rappresentavano una categoria di individui immacolati.
“Parli di Jean?”
“Già…”
“Diciamo che è naturale essere diffidenti nei suoi confronti…” cercò di giustificarla David, appoggiando la schiena sullo schienale della sedia.
“Ma…” lo esortò a continuare la figlia.
“Ma…è pur sempre una ragazzina di sì e no 16 anni…” proseguì il Principe, alzandosi dalla sedia e avvicinandosi alla scrivania di Emma “...e forse ha bisogno di conoscerci un po’ prima di…lasciarsi andare! In fin dei conti…anche tu hai qualche difficoltà nell’esporti no?”
Con i gomiti appoggiati alla scrivania, Emma posò il mento sul dorso delle mani, digerendo con difficoltà le ultime parole espresse dal padre.
Dopotutto, però, come dargli torto.  I suoi genitori, Killian e lo stesso Henry, avevano dovuto sudare più delle fantomatiche sette camice prima che lei iniziasse a lasciarli entrare nel suo cuore; perché allora giudicava con tanta facilità una ragazzina sola e introversa che non se la sentiva di sbandierare ai quattro venti la sua storia?
Forse perché era arrivata non si sa come a Storybrooke senza lasciare il minimo indizio?! Incalzò il suo spirito da cacciatrice di taglie.
“Sento che sta nascondendo qualcosa...e gli ultimi eventi mi hanno insegnato a guardarmi bene da chi mente. Per non parlare del mio sesto senso….”
“Forse dovresti iniziare a darle un motivo per non mentire!” le disse il genitore, con il suo consueto tono di voce rassicurante.
“…tipo?”
“Tipo…falla sentire parte di qualcosa…falle vedere che la capisci” le consigliò.
“E cosa faccio…la invito a cena da Granny facendo finta di niente?” chiese, quasi divertita, la bionda, appoggiando la schiena alla sedia come aveva fatto poco prima l’uomo di fronte a lei.
“Perché no?! Non sarebbe una cattiva idea...” le rispose di rimando “…per una volta potresti provare ad essere solo Emma e non…la Salvatrice!”
Essere solo Emma. Che fosse davvero quello il problema?
Forse suo padre aveva ragione; da quando Elsa, Anna e Kristoff se ne erano andati era stata completamente assorbita dagli eventi, non aveva goduto appieno di nessun momento di tranquillità, ossessionata dall’idea di proteggere l’intera città e di non lasciarsi sfuggire le cose com’era accaduto con Ingrid. E ora che era arrivata Jean la preoccupazione era salita alle stelle, rendendola un “cane da caccia dal viso imbronciato”, parafrasando quanto le aveva detto Killian qualche ora prima.
“Ci proverò…” concluse la figlia, sorridendo al genitore “Grazie!”
“Non c’è di che. E per immortalare il momento direi di fare una pausa caffè”
Emma stava per accettare di buon grado la proposta del padre, annebbiata da quei continui pensieri e preoccupazioni, quando il telefono, posato sopra alla scrivania, cominciò a vibrare in maniera insistente.
“Vai avanti papà…ti raggiungo!”
David sorrise in risposta alla figlia e, senza attendere che questa rispondesse al telefono, uscì dalla stanza.
Non appena le ampie spalle del genitore varcarono la soglia, Emma si accorse che a chiamarla era proprio Mary Margaret, così d’istinto si alzò dalla sedia, tentando di rispondere al telefono e indossare il cappotto grigio, non senza difficoltà.
“M…mamma…papà è appena uscito, ma se mi dai un secondo lo raggiungo!”
- No Emma…non ho bisogno di David, volevo parlare con te…-
“Oh…certo, dimmi!” disse la bionda, bloccandosi sul posto e passando il telefono nell’altro orecchio.
-Hai visto Henry stamattina?-
“Sì…eravamo insieme dalla Nonna a fare colazione prima che arrivasse a scuola. Perché…è successo qualcosa?” chiese, non riuscendo a controllare il tono allarmato nella voce.
-No…o meglio, credo di no. Ho preferito avvisare solo te Emma, per non caricare ulteriormente Regina visto il momento che sta passando…-
“O..ok hai fatto bene…ma cos’è successo?” la incalzò.
-Henry non si è presentato a scuola stamattina!-
 
 
***
 
Una volta arrivata di fronte all’ingresso della cripta, la ragazza dai capelli castani si fermò a pochi passi dall’ingresso, osservando con attenzione quella macabra ambientazione medioevale.  La pioggia non dava segni di voler cessare, ma per fortuna Mary Margaret, alias Biancaneve nel mondo delle fiabe, aveva ben pensato di offrirle uno dei suoi bizzarri ombrelli colorati. Ma davvero c’erano ancora persone al mondo che amavano i pois?! Incredibile.
Una cripta. Non c’era che dire, era proprio nello stile di Regina Mills avere il suo piccolo orticello in mezzo ad un cimitero, lugubre e solitario; tutte quelle lapidi e statue tombali facevano davvero venire i brividi. Fortunatamente era giorno e un po’ di quell’effetto raccapricciante lasciava spazio all’intraprendenza di qualche audace visitatore.
Senza perdere altro tempo prezioso, la visitatrice in questione eliminò i metri che la separavano dalla cripta, salendo uno ad uno i gradini in marmo.
Con un semplice gesto della mano la porta si aprì, accogliendo a braccia aperte la giovane intrusa; neppure la tomba del padre di Regina oppose la minima resistenza a quella diafana figura dal cappotto scuro, il cui potere sembrava andare ben al di là dell’innocente aspetto.
Tutto era così facile. Troppo facile.
Una volta scesa la scalinata che la separava dalla sala sotterranea, Jean si fermò sotto un piccolo arco in roccia, scrutando la sua immagine riflessa su enorme specchio nero, il quale faceva da padrone al centro della stanza, con rifiniture simili a piume o a longilinei tentacoli, a seconda del punto di vista.
La sua immagine era cambiata, era cambiata così tanto che quasi stentava a riconoscersi.
Aveva sempre avuto un viso tanto spento e inespressivo? Le labbra pallide e screpolate; lo sguardo vuoto, quasi assente. Gli occhi …Allora era vero, gli occhi erano davvero lo specchio dell’anima e la sua, oramai, non era più quella di un tempo.
Non era più l’anima di quella bambina che si divertiva a svegliarsi presto la mattina per fare colazione insieme a sua madre prima che questa andasse a lavoro; la bambina che aspettava il ritorno a casa del padre, lanciandosi addosso a lui con la consapevolezza che l’avrebbe sempre presa al volo. Quanto adorava quelle mattina piene di attesa e aspettativa. I pranzi insieme alla famiglia, suo fratello che le raccontava ogni genere di avventura, facendola sentire sempre al centro della storia.
Ed ora…ora eccola lì, da sola, con lo sguardo spento e tutt’altro che felice.
Velocemente la ragazza serrò la mascella, ricacciando indietro le lacrime che, ostinate, aveva iniziato a velarle lo sguardo. Non avrebbe pianto, non ora che stava iniziando ad ottenere dei risultati.
Sistemandosi i capelli dietro alle orecchie,  Jean iniziò a vagare per la cripta, osservando attentamente tutto ciò che la circondava.
Libri, candele, ampolle, l’interno di quel posto era tale e quale a come le era stato descritto; come si potesse mantenere una simile memoria di un posto restava un mistero. Ed eccolo lì, ciò che stava cercando: il grosso e vecchio baule di Regina.
Senza indugiare un secondo di più, Jean aprì la cassapanca di materiale sicuramente pregiato e, senza fare troppa attenzione, cominciò a svuotarla di ogni suo componente. Quanta roba poteva contenere quell’affare?
“No, no, no, decisamente…no…” esclamava ad ogni oggetto estratto, con tono sempre più seccato “…ma dove diav….Ah….eccoti!”
Con lo sguardo brillante come uno smeraldo, la giovane sollevò una piccola boccetta squadrata, il cui tappo in sughero pareva avere una circonferenza quasi maggiore dell’oggetto stesso; all’interno della bottiglietta vi era una vecchia pergamena, piegata più e più volte su se stessa, fino a formare un piccolo quadrato.
Eccolo, l’incantesimo. Ce l’aveva fatta e senza troppa fatica.
Con un sorriso soddisfatto stampato sulle labbra, Jean si preparò a soffiare via lo spesso strato di polvere dalla boccetta, in modo da mirare con più attenzione ciò che avrebbe estratto di lì a poco.
“Avevo capito che eri una bugiarda...ma non pensavo anche una ladra!”
L’improvvisa voce di Henry fece andare l’aria di traverso alla ragazza che, per poco, non finì col soffocarsi.
“Oh maledizione Henry…mi hai fatto morire!” esclamò stizzita, una volta ripreso il controllo.
“Si può sapere che stai facendo…Jean o come cavolo ti chiami?” continuò risentito il ragazzino a braccia incrociate, dal cui tono si evinceva tutta la delusione nei confronti della giovane.
“Mmmm…sto cercando un modo per recuperare la memoria?!” tentò Jean.
“Direi che non abbocco…”
“Già…immaginavo…”
Fattasi improvvisamente seria, Jean mise la boccetta dentro la tasca del cappotto, avvicinandosi di qualche passo a Henry.
“Non dovresti essere a scuola?”
“A scuola?...Dopo che l’ultima arrivata mi ha fatto il terzo grado su mia madre e la sua cripta? Forse mi hai preso per uno stupido ma non lo sono!” rispose Henry, stringendo con rabbia la cinghia del suo zaino.
Si era fidato di lei, l’aveva aiutata quando nessuno, compresa Emma, non facevano altro che guardarla con sospetto e rabbia; e lei come lo aveva ripagato? Tradendolo alla prima occasione.
“Direi che è stato un bene saltare la scuola…” continuò Henry, con il consueto coraggio che contraddistingueva la sua famiglia.
“Non direi che è stato un bene…” rispose con tono sommesso Jean.
“Io dico di sì…e adesso dammi quello che hai messo nella t…”
Henry non fece in tempo a terminare la frase che Jean, con un semplice gesto della mano lo fece sbattere addosso alla parete, facendo finire a terra lo zaino e lasciando il ragazzo sospeso in aria.
Era forte. Molto forte. Non sembrava risentire minimamente dell’uso della magia.
Decisamente non un tipo alle prime armi.
“V…vuoi uccidermi?!”
“No…ma che dici?!” sbottò sconcertata la ragazza, rimanendo ferma al suo posto “…ti ho appeso lì sopra solo perché avevi cattive intenzioni…tutto qua!”
“Disse la profanatrice di cripte!....” non riuscì a trattenersi il giovane Mills “…e comunque non avevo cattive intenzioni!”
“Ohhh sì che le avevi Henry….te lo si leggeva negli occhi. E credimi…non sbaglio mai!” sottolineò la ragazza, accompagnando l’ultima parte con un sorriso che le illuminò lo sguardo.
“Quindi…non vuoi uccidermi?!”
“No…”
“Bene…”
“Bene!” ripeté Jean, non staccando mai lo sguardo dal ragazzo appeso alla parete.
“Quindi puoi lasciarmi andare?”
“Direi di no!”
“…non puoi tenermi qui per sempre. Si accorgeranno della mia assenza e…Regina verrà qui, prima o poi!”
“Lo so…lo so maledizione…lo so!” cominciò ad innervosirsi la ragazza, ricominciando a camminare su e giù per la cripta, scrollando le mani come se ciò bastasse a farle venire un’idea. Un gesto insolito, che la mente di Henry si ostinava a voler collegare a qualcosa.
“Non avevi pensato all’eventualità di venire scoperta?” le chiese il giovane Mills, dopo qualche minuto di silenzio.
“Certo che no!...mi dico mi hai vista? Ho una perspicacia invidiabile…era tutto sotto controllo!”
“Wow…non si può certo dire che non ti manchi l’autostima!” esclamò Henry, stupito da quel comportamento tanto sicuro di sé.
“Dono di famiglia”
“E la tua famiglia è felice del modo in cui ti stai comportando adesso?! Mentire, rubare…”
“Tu. Non. Sai. Niente. Della. Mia. Famiglia!”
Nel momento in cui la parola “famiglia” fuoriuscì dalle labbra di Henry, il tono e lo sguardo di Jean divennero improvvisamente tesi e nervosi. Evidentemente non era stata una buona idea parlare di legami parentali con la ragazza, cosa che probabilmente accomunava tutti i cattivi del mondo delle favole.
Possibile che anche lei fosse una di loro? Una cattiva arrivata non so come a Storybrooke?
Ma chi, tra i personaggi fantastici, appariva come una ragazza giovane, bella e scaltra? Non rimanevano poi molte persone da incontrare; era pur vero, però, che affidarsi unicamente alle favole come le conosceva lui era altamente riduttivo. Dopotutto Peter Pan non era decisamente il ragazzo spiritoso e sognatore di cui tanto aveva letto e Uncino…bè Uncino non aveva la permanente e già questa era una bella differenza.
Ma allora, Lei, chi era?
“No…non so nulla sulla tua famiglia...ma potresti parlarmene tu….potresti…sentirti meglio se raccontassi a qualcuno cosa ti è successo…” tentò Henry, irrigidito in quella scomoda posizione.
“Parlarne…”
“Sì…con….con me! Prova a fidarti…”
“Fidarmi…” disse la ragazza, improvvisamente distratta da qualcosa di invisibile agli occhi.
Poter parlare con qualcuno. Henry aveva ragione. Lei aveva decisamente bisogno di qualcuno, qualcuno con cui non dover fingere per tutto il tempo; qualcuno che potesse aiutarla ad ottenere ciò che le serviva. Qualcuno di cui potersi fidare.
E l’unico modo per ottenere tutto ciò con Henry era solo….era solo….
-…se lo fai non tornerai più indietro. Diventerai come Lei…-
No. No, non sarebbe mai diventata come lei. Tutto quello che stava facendo era perché Lei smettesse di esistere. Era obbligata a fare determinate scelte.
Non era colpa sua. Non del tutto.
Ma fare una cosa del genere…ne era davvero sicura? Non sarebbe più potuta tornare indietro; lui avrebbe iniziato ad odiarla, a considerarla…cattiva.
Cattiva. Era tutto il giorno che si ripeteva che non esistevano queste stupide fazioni ed ecco che alla prima occasione se ne dimenticava, iniziando a comportarsi come una stupida ragazzina alle prime armi.
Con fare nervoso la giovane si avvicinò ad Henry, faticando non poco per guardarlo dritto in faccia.
“Mi…dispiace Henry…”
“Hei…che…che vuoi fare?” le chiese il ragazzo, preoccupato e sempre più impossibilitato a muovere un solo muscolo.
“…dovevi rimanertene a scuola...”
Con un semplice gesto delle dita, la ragazza fece scendere di qualche centimetro Henry, in modo che questi sfiorasse il pavimento con la punta delle scarpe.
La gola del ragazzo si era improvvisamente fatta così secca da rendergli impossibile persino il semplice deglutire. Gli occhi di Jean parevano velati da un sottile strato di lacrime, il quale riusciva a rendere ancora più chiari quegli occhi tanto verdi; ma la cosa, invece di intenerirlo, lo agghiacciava fino alle punta delle dita.
Cosa stava per fare? Perché le tramavano le mani?
“Sarò veloce…”
E con un gesto secco, la nivea mano della giovane finì dentro al petto di Henry.
 
 
 
*Frase detta da Killian ad Emma nell’episodio 4x06
 
 
Eccoci di nuovo qui...il quarto capitolo!!!!!
Cavolo non pensavo davvero sarei arrivata fin qui; certo, so bene sono state pubblicate storie molto più lunghe e corpose, ma per essere un primo tentativo di scrittura...sono piacevolmente stupita :P Soprattutto perché vedo che le idee che avevo in testa trovano una loro collocazione….e spero continui così!!!!!
Allora….comincio come sempre con il ringraziare chi ha spento un po’ del suo tempo per leggere questa fan fiction, a chi l’ha messa tra le seguite, le ricordate e le preferite. Credetemi….è una soddisfazione indescrivibile!!!!!! Grazie di cuore!!!!!!
Ringrazio ancora chi ha commentato…(in ordine di recensione: pandina, Kerri, captainswan girl e Sere2897 ♥)...so che lo dico sempre, ma davvero….ogni volta che leggo i vostri commenti mi si dipinge un mega sorriso in faccia.  Per questo me li rileggo sempre quando devo scrivere…un toccasana per l’ispirazione :P

Spero vi sia piaciuto questo capitolo….e di non aver fatto troppi errori!!!!!
Fatemi sapere cosa ne pensate!!!!
Un abbraccio
Erin
 
   
 
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