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Autore: DreamWings    21/03/2015    0 recensioni
Tra le misteriose aule della Roswath, una scuola apparentemente normale, due potenti forze celesti stanno per riscrivere la storia e salvare così il mondo dall'oscurità.
Genere: Fantasy, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way, Mikey Way, Ray Toro | Coppie: Frank/Gerard
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Angels

Angelo custode

5.



Frank si alzò più presto del solito quella mattina. 
Già, la punizione.

Era stata dura rimettersi in piedi dopo la sequenza di eventi spossanti che gli avevano scombussolato il suo primo giorno fino all’ultimo. Ma aveva dovuto.
Sentì la sveglia rimbombargli insistente nella testa, mentre era ancora preda del sonno profondo, rannicchiato comodamente nel suo letto caldo.
Entrò in bagno sentendosi ancora stordito. Lo specchio non rifletteva esattamente l’immagine riposata che avrebbe voluto. Aveva un viso pallido. Così si mise all’opera per ricomporsi come meglio poteva. Dopo essersi lavato e aver apportato qualche aggiustata ai capelli per renderli meno confusi, riuscì anche a districarsi completamente del sonno, liberandosi inoltre del mal di testa martellante di qualche ora prima, e oltrepassò la porta proseguendo lungo il corridoio.
L’aria che si respirava si addentrava fresca dalle finestre aperte. Il cielo era ancora oscurato per via dell’orario, ma mancava davvero poco all’alba, pensò.
Riflettè su quello che era stato il suo primo giorno alla Roswath.
Non era andato poi così male.
Se si considerava il numero di amici che aveva ricavato nell’arco di una mattinata. 
Certo, c’erano anche i nemici. 
Bert. Forse anche Lynz. 
Ma Lynz non era stata-almeno finora-un grosso problema, a parte civettare a destra e manca e infastidirlo con i suoi atteggiamenti da persona alquanto squallida e altamente falsa. Non la conosceva bene, ma poteva giurare di aver colto ogni sfumatura della sua personalità alla perfezione.
Per non dimenticarsi di tutta ‘la questione Gerard’ che lo ossessionava fino al midollo, e il fatto che Lynz gli si trovasse sempre appiccicata come un’irritante cozza.
Gerard poteva definirsi..un conoscente? Amico non lo era di sicuro. Nemico.. Nemmeno. Eppure Frank voleva comprenderlo in una di queste categorie. Voleva che fosse qualcuno. Perchè per lui, forse lo era già.

Ad interrompere i suoi pensieri fu di nuovo il paesaggio mattutino che ora gli era apparso completamente manifesto nell’immensa caffetteria deserta. L’affollata massa di studenti, il giorno prima, gli aveva sottratto alla vista quello sconfinato vetro che ricopriva il muro che si affacciava sul giardino. Adesso era lì, tutto per lui. E poteva osservare benissimo, nei minimi dettagli, il sole sorgere all’orizzonte. 
Subito un particolare gli corse alla mente. 
Era solo. Ancora non era arrivato nessuno. Nemmeno Jamia era lì a fargli compagnia. Guardò l’orologio. Indicava le 5 e venti minuti.

"È gratificante sapere che in questa scuola ci sia ancora qualcuno che rispetta gli orari." osservò sarcastico Schechter guardando Frank, dall’altra parte della sala, mentre si avvicinava senza perdere tempo. "Prendete esempio." disse.
Frank si voltò di scatto e rimase in silenzio per un istante. 
Dietro la figura del professore, emersero, in una passeggiata fiacca, Jamia, Mikey Way e altri due ragazzi sconosciuti.
Ma non erano tutti.
Infondo alla fila scorse un’ennesima anima infelice di quel mattino così giovane.
Gerard.
Era bellissimo nonostante avesse proprio l’aria di uno che è stato appena trascinato via dal letto con la forza.
Per tutto il corpo gli corse un brivido, accompagnato da un’imprevista esaltazione inspiegabile.
Gerard, però, camminava dritto a testa alta e senza degnare di uno straccio di attenzione i pochi presenti.
In quell’istante, Frank volle ferirlo, farlo stare tanto male quanto lo era stato lui da quando si erano incontrati.
Eppure sapeva, nel profondo, che non era così.
Era stanco di leggere nei suoi occhi un odio profondo nei suoi confronti.
Ma allo stesso tempo voleva stargli vicino. Pensare a lui.
Riusciva a malapena ad immaginare quale reato avesse potuto commettere per essere finito fra i puniti. Ed era curioso, si.
Schechter gli indicò il pavimento ai loro piedi. “Tu. Thomas. Inizia dal pavimento, fa schifo.” La gentilezza raffiorata in quell’uomo la sera precedente, ora si era nuovamente eclissata. 
Il ragazzo a cui aveva ordinato di ripulire il pavimento annuì e si mise all’opera, in cerca di uno straccio pulito e uno spazzolone utilizzabile. “E tu, Clark. Aiutalo.”si rivolse ad un altro. E quello fece come gli era stato detto.
Frank era ancora in coda, in attesa che gli venisse attribuita una noiosa mansione sperando non si trattasse di qualcosa di troppo faticoso-non aveva dormito molto e le forze in lui scarseggiavano-, e guardò con attenzione intorno a se per provare a ipotizzare da solo cosa aspettarsi.
“Per quanto riguarda voi” disse Schechter, lasciando scorrere lo sguardo rigido su ognuno di quelli che ancora erano senza un compito da svolgere. Indicò Jamia e Mikey.
“Nestor e Way Junior, voi pulirete i tavoli.” e poi aggiunse:
“Voi ultimi.”si riferì a Gerard e Frank.”Vi occuperete della cucina. Detto ciò, vi auguro buon lavoro.” disse, e avanzò a passi frettolosi verso l’uscita mentre digitava sullo schermo del suo iphone.
Gerard sbuffò seccato.
Jamia, invece, regalò a Frank uno dei suoi sorrisi accompagnato da un occhiolino. Allo stesso tempo, però, era anche delusa per non essere capitata in coppia con lui e gli mimò un “mi dispiace.”
“Invece di provarci con il nuovo arrivato, ti sarei grato se mi dessi una mano con questi.” borbottò Mikey, tirandole uno straccio addosso con poca eleganza.
“Voi Way siete tutti così stronzi o è un gene particolare che riguarda solo te e quella testa calda di tuo fratello?” domandò Jamia in tono provocatorio.
Mikey sorrise.”E tu, invece, ti cedi così facilmente a tutti i novellini o” indicò in un cenno della testa Frank con smorfia disprezzante.” Lui è un caso speciale?”
“Non sei divertente.” sbottò lei collerica. “E comunque Frank è davvero speciale.”
“Non era mia intenzione offenderlo milady.” Mikey si portò sfottente una mano sul petto come in segno di dispiacere. “Ora però, muovi quel bel culetto e aiutami qui.” e si affacciò per osservarle meglio il fondoschiena. Jamia se ne accorse e arrossì. “Piantala e iniziamo a lavorare perchè non ho tutto il giorno.”
“Agli ordini capo.”

Frank entrò in cucina e trovò Gerard già a lavoro.
“Oh sei arrivato finalmente.” si era accorto della sua presenza nonostante fosse voltato di spalle. “Io pulirò questa parte della cucina e tu la restante, così sarà più facile per entrambi e inoltre finiremo prima.”
Frank indugiò. “Hum, si okay.” rispose continuando a fissarlo.
Gerard, che si sentiva ancora lo sguardo di Frank puntatogli addosso, si girò verso di lui. “Hai intenzione di fare qualcosa, o resterai lì immobile fino alla fine della punizione?” domandò imperterrito.
“Il punto è che non so cosa devo fare. Non ho mai pulito una cucina e..” si interruppe. Gerard stava ridendo. Lo aveva fatto ridere. Lui era la causa di quella risata destabilizzante.
Per Frank fu un istinto puramente spontaneo, quello di rispondere con un sorriso compiaciuto.
“Non è un problema mio.” rispose infine Gerard rimettendosi a lavoro.
E ancora una volta, Gerard Way lo aveva spiazzato con il suo astio irruente.
Si morse il labbro e si avvicinò, marchiato della solita vergogna che lo attanagliava ogni qualvolta avesse a che fare con lui, al lavandino carico di piatti e bicchieri sporchi dalla sera precedente.
Trovò una spugna e del detersivo lì vicini. Un po’ impacciato all’inizio, lì utilizzò per insaponare e infine risciacquò il tutto.
Lo scroscio potente dell’acqua, che fuoriusciva dal rubinetto, risuonava come la cosa più interessante all’interno della cucina della Roswath.
Avevano raggiunto il limite. Quello che precede la pazzia. Frank era stanco. E la situazione era ridicola. Perchè doveva stare così male per lui? 
Era estenuante tutto quel desiderio ardente di arrivare a capire i suoi pensieri e i suoi comportamenti da maniaco dell’antipatia assoluta. All’inizio se ne pentì, ma subito dopo aver pronunciato quelle parole, gli rimase solo un meraviglioso senso di sollievo.
“Perchè mi odi?”

Gerard si fermò. Tornò a fissarlo. Passò un attimo prima che lui rispondesse. “Non ti odio.”
“Spiegami com’è possibile.” insistette Frank sull’orlo dell’esasperazione.
“Se ti odiassi, significherebbe che, di te, qualcosa me ne importa. Ma la verità è che io non provo assolutamente nulla.” rispose, puntando lo sguardo fermo sulle mattonelle sotto di loro.”Che si tratti di odio o qualsiasi altro sentimento.” e solo quando ebbe finito di parlare, lo rivolse, rigido, verso Frank. “E te lo dico perchè mi sembri un ragazzo sveglio: stai lontano da me.”
Quelle parole furono lama tagliente per il suo ventre infuocato dalla delusione.
Frank avrebbe preferito di gran lunga che il pavimento lo risucchiasse nel buio, che gli alieni arrivassero a prenderlo.. Di tutto, piuttosto che affrontare quegli occhi letali e quelle parole disprezzanti.
Dovette lottare raccogliendo quel poco che ne rimaneva della sua dignità-perchè Gerard gliel’aveva spazzata quasi tutta via, in meno di un giorno.
Così trattenne le lacrime che bruciavano sull’orlo dei suoi occhi e continuò a lavorare atteggiandosi a indifferente pur provando soltanto una cosa: dolore.

Passarono trenta minuti.
“Okay, io ho finito.” disse rapidamente Frank, sperando che lui potesse avvertire tutta l’acidità nel suo tono di voce. Come se avesse potuto ferirlo in qualche modo.
Ma ovviamente non ci fu nessuna risposta.

Ad un tratto, uno strano rumore improvviso proveniente da sopra le loro teste, echeggiò attirando così l’attenzione di entrambi.
Frank sollevò lentamente gli occhi.
In quel breve lasso di tempo non ebbe nemmeno la lucidità di coordinare i propri movimenti per indietreggiare, che il grosso lampadario della cucina aveva preso ad ondeggiare sopra di lui con più veemenza, quasi come fosse stato mosso dal vento ciclonico. 
Finchè anche l’ultima parte rimasta ancorata al tetto, non si staccò per precipitare in maniera gravosa.
Sentì delle braccia salde cingergli la vita e in quel momento capì di essere al sicuro. Perchè quelle braccia se lo portarono dietro attirandolo verso un altro corpo. Quelle braccia, quel corpo studiato alla perfezione ogni qualvolta ce lo avesse davanti, lo toccarono, lo strinsero delicatamente e soprattutto, gli salvarono la vita. 
Si sentì il rimbombo pesante di uno schianto e pezzi di vetro schizzare in frantumi. Mentre il cuore di Frank si ricomponeva lentamente e riprendeva a martellare come una furia. 
Quell’incidente sarebbe potuto essergli fatale, ma in quel caso Gerard fu per lui come un angelo custode.

Ansimavano entrambi affannosamente, l’uno incollato all’altro.
Il moro rallentò la presa fino a renderla inesistente.
Frank respirò ancora una volta ad occhi chiusi, deglutì e si voltò impulsivamente per incrociare ancora quelle iridi verdi e risolute.
Gerard palesava per la prima volta un’emozione che non fosse la totale assenza di umanità. Era spaventato. 
Si guardarono come non lo avevano mai fatto nelle ultime ventiquattro ore. Adesso, tra la quiete del silenzio, entrambi cercavano nell’altro una rassicurazione.
“Frank! Che diavolo è successo?” 
Jamia stava correndo verso di lui. “Ho sentito un rumore assordante e..” si interruppe nell’accorgersi dei cocci del lampadario scagliati per terra. “Oh mio dio.” si portò una mano sulla bocca spalancata.”State bene?”
Gerard distolse lo sguardo da quello di Frank. “Nessuna ferita, tranquilla.” 
Dopodiché se ne andò senza dire altro.
Frank rimase ad osservare la sua figura mentre si allontanava di schiena. 
Poi sentì delle nuove braccia, più esili, avvolgerlo.
“Sto bene.” la rassicurò tentando un sorriso forzato, mentre il suo stato d’animo era ancora sottosopra come l’aria che si respirava in quella stanza.
“Dio, mi sono così preoccupata quando ho visto quel maledetto affare per terra.” poggiò la sua fronte su quella di Frank e lui potè sentire il suo respiro caldo sfiorargli il viso delicatamente.
“Ma non mi sono fatto niente.” disse. Poi ripensò al suo angelo custode. “Per fortuna non ero solo.”
Si abbracciarono ancora.
Frank, con il mento sprofondato nell’incavo accogliente del collo di Jamia, scorse qualcuno sulla soglia della porta con un ghigno divertito e silenzioso disegnatogli sul volto.
Bert.







 

   
 
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