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Autore: General_Winter    21/03/2015    3 recensioni
AU! Hunger Games.
Dal testo:
Abbandonando il suo posto, evitando i pacificatori, si era portato davanti al moro, come a proteggerlo, tenendolo al sicuro dietro alla sua ampia schiena e aveva urlato parole mai dette in quel piazzale, in quel distretto prima di allora, gridate troppo velocemente e troppo seriamente per avere rimorsi «Mi offro volontario come tributo al posto di Feliciano Vargas!»
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Genere: Azione, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Ultimo capitolo, domani carico l'epilogo! 

CAPITOLO V: MANCA POCO
 
Passarono alcuni giorni. Le ferite di Ludwig avevano cominciato a fare meno male e il ragazzo aveva accudito l’orientale, cambiandogli e lavandogli più volte le rudimentali bende e facendogli impacchi con la neve per abbassare e fermare i deliri.

Al ventesimo giorno degli Hunger Games, Ludwig era pronto ad uscire di nuovo. Quel liquido era più di un semplice disinfettante. Le sue ferite si erano richiuse e quella dell’orientale era parecchio migliorata.

Strinse la sua spada, dirigendosi all’entrata della caverna, quando le flebili parole di un ancora debole alleato giunsero al suo orecchio « Perché tieni in vita un alleato ormai inutile? »

Le parole bloccarono il biondo. Era vero: se l’avesse ucciso, sarebbe stato uno di meno e ormai Kiku non sembrava più in grado di reggersi in piedi, non sarebbe stato molto d’aiuto.

Sorrise, nonostante i pensieri. Era da tempo che non considerava più la loro solo un’alleanza « Perché sei mio amico »
Solo quando se ne andò da solo si rese conto di quanto quella parola potesse risultare pesante e forzata in un luogo come quello.

Ludwig fece mente locale: erano rimasti in sei.

Dovette rifare i calcoli proprio in quell’istante. Il cannone tuonò ancora e la paura bloccò il tributo del distretto 6. Non potevano aver trovato Kiku. O forse si erano appostati poco distanti dalla grotta e avevano atteso che lui uscisse come ogni giorno per cercare del cibo.

Teorie sempre più allarmanti si accavallarono nella sua mente, che, però, furono bruscamente interrotte dall’arrancare di passi umani nella neve.

Si voltò, pronto e spaventato assieme, brandendo la sua spada, stringendone talmente forte l’elsa che il taglio sul braccio pulsò.

Lentamente, dalla boscaglia innevata si fece avanti una testa bionda, striata di rosso a causa del sangue raggrumato tra i capelli. Si fece avanti con una mano alzata, tenendo l’altra, la destra sul costato, ben intenzionato a mostrarsi innocuo.

Si accasciò al tronco di un albero, sempre sotto lo sguardo vigile del tributo del distretto 6.
Alzò il viso, mostrandogli due profondi occhi blu, una volta così vispi e attivi, ora così esausti e vuoti.
Matthias Kølher, distretto 4 « Tranquillo, non ti voglio uccidere … non riesco neanche a stare dritto … figurati, il prossimo colpo sarà il mio » ansimò stremato e privo di speranze.

Ludwig non disse nulla, continuando a non abbassare la guardia.
L’altro sembrò notarlo, poiché fece un sorriso tirato e riprese a parlare, nonostante ogni parola pronunciata sembrasse un’agonia « Sai, non avrei mai immaginato di essere scelto al penultimo anno, ma mi sentivo pronto … Pensavo che sarei tornato a casa … coperto di gloria. Ma ho smesso di sognare quando … quando hanno scelto come secondo tributo Lukas … ho smesso di pensare su tutto ciò che mi accadeva attorno e ho promesso a me stesso che lui avrebbe vissuto, al posto mio, che lo avrei protetto fino alla fine … io sono morto già dal primo giorno, quando l’ho visto cadere per colpa di quel … quel bastardo orientale col tridente … l’ho visto, mentre lo piantava nella sua schiena … »

Beilschmidt restò serio, abbassando però l’arma « Eravate molto amici? » chiese, giusto per riempire il silenzio che si era creato poiché Matthias sembrava aspettarsi un commento dopo il suo monologo.

Kølher rise sommessamente, scuotendo piano la testa « No, lui era il mio compagno, la mia ragione di vita … ed io ero la sua, credo … ma, a quanto pare, non ero abbastanza forte per … spronarlo a combattere fino alla fine … »

Ludwig sembrò abbassare del tutto la guardia « Perché mi dici tutto questo? » domandò sinceramente curioso.

L’altro sorrise, ma la curva delle labbra era più flebile di prima « Oh … non lo sto dicendo solo a te … tutta Panem mi sta ascoltando! … e poi … anche tu, mi sembra, hai una storia come la mia … »

Non si sorprese più di tanto, ma prontamente mentì, negando subito la relazione col suo amato Feliciano.
Matthias rise per quanto la sua ferita al costato gli permise « Puoi mentire al mondo … non a me … io ho capito subito! Se la mia situazione fosse stata … come la tua, avrei agito … anch’io così … solo per … amore si rischia la vita … quindi, non prendermi … per il culo … e non negare ciò che sei o … vivrai col rimpianto … torna a casa, Beilschmidt … tu hai un motivo per farlo … non far vincere uno di … quegli stronzi che … mi hanno fatto questo! » mormorò, indicandosi la ferita, che non smetteva di sanguinare « … se potessi scommettere, punterei tutto … su di te … ma fa attenzione! Sono parecchio forti … »

Ludwig annuì, pronto a partire di nuovo per porre fine a tutto, quando la fioca voce dell’altro tributo non lo fermò « Aspetta …! Non mi faresti compagnia fino … al mio rimbombo di … cannone? Non dovrebbe … mancarci … molto e … se parlo, non penso al … dolore »

Il biondo, all’inizio sorpreso, accettò quell’accorata e straziante richiesta.
Il cannone rimbombò qualche ora dopo.
 

Era stanco. Avrebbe concluso tutto quello e sarebbe tornato a casa. Aveva troppe vite sulle spalle e troppe promesse da mantenere per morire.

Seguì le indicazioni che, l’ormai morente, Matthias gli aveva dato: lo aveva informato che Ivan, Yao e Alfred, sin dall’inizio, non si erano mossi dalla Cornucopia, spostandosi da soli per eliminare i tributi.

Dopo ore di cammino, la dorata sagoma si stagliò nella neve.
Continuò a camminare in quella direzione, guidato dall’istinto.

Ludwig non sapeva nemmeno cosa stava facendo. La ragione prese il sopravvento nella sua mente troppo tardi. Era da solo, parzialmente ferito e i suoi avversari avevano dimostrato un’eccelsa abilità di combattimento. Si rese conto solo in quel momento della stupidità del proprio gesto, ma venne poi distratto da alcuni particolari che subito non aveva notato.

Il cielo aveva cominciato ad oscurarsi, non sapeva se per fatto naturale o volontà del primo stratega Octavianus.
Quindici indistinte sagome giacevano sdraiate sulla candida neve, disposte come raggi alquanto distanti dalla Cornucopia. Un orribile presentimento prese il biondo, che si avvicinò ancora.

Da distanza più ravvicinata, riconobbe i cadaveri dei giovani caduti, tutti probabilmente uccisi dalle implacabili armi di Alfred, Yao e Ivan, lasciati lì come monito per chiunque.

Si mise una mano davanti alla bocca per trattenere i conati, causati dal tanfo, che minacciavano di salire lungo la gola, chiedendosi il perché di quella esibizionistica violenza e rispondendosi subito: il pubblico amava quel genere di grottesco spettacolo.

Fece per allontanarsi, ma un lampo lo raggiunse. Indietreggiò appena in tempo quando un lungo tridente si conficcò nella neve nello stesso punto in cui era lui pochi istanti prima.

Yao balzò sulla sua arma, usandola come base d’appoggio, ruotando sull’asta del tridente per sferrare un poderoso calcio nel petto del biondo.

Ludwig cadde all’indietro, sentendo qualcosa ammorbidirgli la caduta, ma non fu la neve ma il congelato cadavere dagli occhi sbarrati di Arthur Kirkland.

Il biondo non fece in tempo ad inorridire  che la voce dell’orientale lo raggiunse « Beilschmidt!Tanto coraggioso quanto stupido-aru! »

Si alzò in fretta, riuscendo ad evitare per un soffio le tre lame che invece si piantarono nella carne del defunto Kirkland.

« È da un po’ che Ivan ti cerca-aru … è andato anche adesso » a quella notizia, internamente il biondo sospirò di sollievo: uno in meno a cui pensare.

Non riuscì nemmeno a formulare quella frase che avvertì un’enorme presenza alle proprie spalle « Kol kol kol » la profonda, baritonale voce di Ivan lo colse di sorpresa.

Sgusciò fuori dalla sua portata giusto in tempo per vedere l’immensa ascia fendere l’aria e spaccare la gelata terra. Non ebbe il tempo di riflettere sul possibile danno che il colpo avrebbe potuto causargli che l’insidiosa presenza dell’orientale si fece sentire alle sue spalle. Ludwig si maledì per aver essersi gettato di sua spontanea volontà nella tana di un lupo e una tigre che altro non volevano che banchettare con le sue carni.

« Pronto a morire, Beilschmidt? » domandò con fare quasi tranquillo, prima di scattare contro di lui brandendo la sua grossa arma.

Ludwig evitò un paio di affondi, ma un rapido sgambetto di Yao lo fece cadere. Prima che la lama di trovasse a pochi centimetri da proprio volto, il biondo rotolò di lato, mandando a vuoto l’ennesimo colpo.

Mentre era ancora a terra, un altro calcio del nemico orientale tirato sotto il mento lo fece contorcere dal dolore, mentre si domandava perché avesse fatto una cosa così stupida, perché avesse deciso all’improvviso di fare l’eroe.

La verità era che, dopo il dialogo avuto con Kølher, aveva solo voglia di uscire da quella dannata arena, tornare dal suo Feliciano, stringerlo tra le braccia e baciarlo teneramente, promettendogli che non l’avrebbe più lasciato.

Un’inaspettata forza nacque dal pensiero del sorriso del suo amato.
Con una promessa a sorreggerlo sulle sue malferme gambe, si rimise in piedi velocemente, evitando per un soffio l’ennesimo affondo dell’ascia di Ivan.

Aveva capito come uscirne vincitore, doveva solo prestare attenzione ai movimenti dell’orientale poco distante da lui.

Attese l’ennesimo affondo del tributo del distretto 10. Ed eccolo lì, il suo petto completamente scoperto da qualsiasi protezione mentre si apprestava a colpire.

Agì velocemente, Ludwig, facendo scorrere immediatamente scorrere l’affilata lama sulla tenera pelle del torace del nemico, aprendone una scia scarlatta.

L’avversario squadrò prima il ragazzo, poi la ferita sulle sue membra, prima di fare un sorriso sorpreso e inquietante, cadendo all’indietro.

Non c’era tempo per distrarsi, non c’era …
Troppo tardi. La carica di Yao era troppo serrata e il tributo troppo vicino per essere fermato.

Ludwig vide la sua vita scorrere davanti agli occhi e la morte venirgli incontro con la forza di una tigre e la velocità di un serpente …
 
Non lo salvò un miracolo, bensì la piatta e lucente lama di una katana piantata nel fianco dell’orientale arrivata al momento giusto.

Wang si fermò incredulo e spaesato a fissare la spada che lo trafiggeva da parte a parte allontanarsi stancamente dal suo corpo.

Con le poche energie che gli erano rimaste e lo sguardo colmo di rabbia, si voltò per conoscere il viso di ci aveva osato fargli un simile affronto, per poi stupirsi nello scoprire che era un orientale proprio come lui.

Ludwig fissò a bocca aperta un sorridente Kiku, un alleato ferito e contento di aver potuto aiutare colui che lo aveva chiamato amico. I suoi occhi scuri si posarono per un attimo in quelli celesti e, negli ultimi secondi di vita, con l’unico fiato rimanente in corpo, sussurrò all’alleato « Torna a casa » prima di perire, trafitto alla gola dalla triplice lama del tridente e scomparso nell’aria insieme al colpo di cannone.

La visione del suo collo insanguinato non fece nemmeno rendere conto a Ludwig delle sue azione.

Non si era accorto di aver stretto di più tra le falangi l’elsa della spada, né di essere corso in direzione di Yao e nemmeno di averlo bloccato per le spalle, mentre piantava la lama tra le sue scapole, il suo grido di dolore coperto dal secondo rimbombo di cannone.

Non se ne rese conto. Non lo fece e basta.
Come non realizzò immediatamente di aver vinto.
Di essere sopravvissuto alla prima edizione della memoria degli Hunger Games.

La gioia esplose nel petto per effimeri secondi di felicità, prima di essere coperta, soffocata dall’amara consapevolezza.
Aveva assaporato la vittoria per alcuni istanti.
Poi era arrivato il caldo.
Poi l’incubo.
Infine il tuono.

 
  
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