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Autore: The Ghostface    22/03/2015    1 recensioni
Sono passati tredici anni…tredici lunghissimi anni da quando Ghostface è stato rinchiuso nel Tartaro.
Di lui non resta che un vago ricordo, voci, leggende urbane…tutto sbiadito dal tempo…dalla magia…
Sulla Terra le cose sono cambiate, nonostante il tempo trascorso i Titans sono rimasti uniti…e con un membro in più, un vecchio rivale pentito…
Alcuni si sono sposati, alcuni hanno avuto dei figli…alcuni nascondo terribili segreti nel profondo del loro animo che mai mai e poi mai dovranno essere svelati.
Il ritorno in circolazione di un noto avversario da un occhio solo terrà alta la guardia dei nostri eroi.
Ma quello che tutti loro non sanno…e che sono finiti tutti nel mirino dell’ormai leggendario…Ghostface.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Ghostface, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Rigor Mortis'
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CAPITOLO 7
 
-Sei uno stupido-
Slade guardava impassibile, sotto la pioggia, l’amico che accendeva i motori dell’auto.
-Me lo diceva sempre anche mia madre-
-Se lo fai te ne pentirai primo o poi-
-Smettila di preoccuparti, ho un piano. Sarà lei a venire da me…prima o poi- rispose Ghostface azionando i tergicristallo sul parabrezza costellato di gocce d’acqua.
-Perché rischiare? Lei è già qui e i Titans brancolano nel buio-
Aggiustando lo specchietto retrovisore Ghostface inquadrò la sua passeggera, rannicchiata su se stessa April dormiva nel sedile posteriore, coperta dal bianco costume di Midnight, ritrovato casualmente da Slade; la poveretta era svenuta poco dopo il bagno di sangue a cui aveva assistito.
Era così indifesa in quel momento…ma anziché farle del male, il vecchio fantasma trovò in sé un sentimento strano per quella ragazza, come la lupa coi gemelli del Tevere, Ghostface ebbe pietà di lei
Ora intendeva riportarla a casa.
-Credimi John, questa è una cattiva idea- insistette Slade, ma senza più che un ammonimento suonava come una frase svogliata, pronunciata da chi sa già che non riuscirà a far cambiare idea al suo interlocutore, ma almeno avrebbe potuto dirgli “te lo avevo detto”.
-So quello che faccio. Si ottengono più mosche con il miele che con l’aceto…se rubi qualcosa possono riprendersela…ma se è lei a venire da te cambia tutto. Tranquillo, funzionerà-
Detto questo mise in moto e partì.
Il guercio restò immobile ad osservarlo scomparire dietro la curva, mentre sottili rivoli d’acqua alimentati dalla pioggia battente disegnavano il suo profilo sotto il cielo gonfio e terso.
Quello era un autunno particolarmente piovoso.
 
-Svegliati piccola- disse Ghostface con non curanza, voltosi all’indietro dal sedile del pilota scosse la spalla di April che si svegliò di soprassalto.
Subito la ragazza arretrò davanti a quel viso scavato e sconosciuto ma decisamente poco rassicurante.
-D-dove sono?- chiese con voce tremante la ragazzina, temendo il peggio.
Era sola in un’auto con l’autore di una strage, non sapeva chi fossa ma doveva essere qualcuno di veramente particolare se persino i peggiori criminali di Jump city lo temevano.
-Ma come dove?- sorrise il vecchio mostrando la prima fila di denti scintillanti come avorio, perfetti.
Indicò il finestrino di fianco a lei –Non riconosci la T-Tower?-
April spiaccicò il viso contro il vetro, incantata davanti a quella visione.
Imponente davanti a lei si erigeva l’enorme mastio di vetro, cemento e acciaio raffigurante l’immensa T che proteggeva la città.
L’edifico mastodontico era illuminato a giorno, April poteva percepire le emozioni delle persone al suo interno…emozioni poco piacevoli ma comunque testimoniavano la presenza di qualcuno nella Torre: Cyborg, Bruce e Robin per la precisione.
E tuto quello che la separava da loro era lo stretto tratto di mare che divideva l’isola dei Titani dalla costa.
Osservando rapita quella costruzione April non poté che sussurrare una parola –Casa…-
Casa…finalmente sarebbe tornata, avrebbe rivisto suo padre, riabbracciato i gemelli fatto pace con sua madre, e giurò a se stessa che mai più avrebbe litigato con lei, che nulla le avrebbe più divise, una volta a casa sarebbe stata coi suoi amici, al sicuro…sarebbe stata salva.
E avrebbe infine potuto mettere qualcosa sotto i denti, erano gironi che non mangiava e sentiva i crampi allo stomaco.
-Allora scendi qui?- la domanda chiara e limpida del suo accompagnatore la riscosse rimandandola al presente.
-Cosa?- chiese incerta di aver capito bene: la lasciava andare così?
-Vedi questo non è un taxi- continuò l’uomo al volante –Né un motoscafo quindi più avanti di così non si va. O scendi o scendi-
April lo guardò attentamente, cercando di leggere dietro quelle lenti affumicate, inutilmente, persino le emozioni di quell’uomo sembravano criptate, non riusciva a capirle a pieno.
Chiunque fosse era la persona più misteriosa che avesse mai visto, persino più dello zio Rob.
-Chi sei tu?- le chiese avvicinando la mano alla maniglia della porta, per fargli capire che intendeva scendere lì ma non prima di aver saputo chi si trovava davanti.
-Un eroe- rispose quello sempre sorridente.
-Ma sei vecchio- replicò lei ricevendo come saccente risposta che solo perché lei era dei Teen Titans questo non impediva agli “Old” di andare a salvare la gente.
-Non sono nei Teen Titans…mia madre non mi vuole- precisò lei con un tono leggermente afflitto –Ma se sei un eroe perché sembri una persona normale?-
-Non tutti gli eroi indossano costumi- rispose Ghosface voltandosi in avanti, dando le spalle alla ragazza.
-Ma tu uccidi…- disse April che continuava a essere dubbiosa nei confronti del pallido sconosciuto –E non tutti gli eroi sono brave persone- sospirò il vecchio e poi aggiunse con un tono mascherato da allegro –Ma tu hai la stoffa di chi diventerà una di quelli buoni e bravi. Qual è il tuo nome ragazza? Quello di battaglia intendo-
-Midnight- rispose April ancora furtiva nelle risposte che dava –Come sapevi che ero lì, in quell’asta, e come sai che “appartengo” a questa squadra?-
Ghostface continuava a non guardarla in viso, ma al voce usciva chiara e calda dalle sue labbra.
-Tua madre si è data un gran da fare a cercarti, così ho deciso di darle una mano. E mi sembra anche un gesto molto villano farla attendere oltre. Su, va da lei-
Allora, leggermente imbarazzata per la predica ricevuta, April aprì la portiera dell’auto, restando tuttavia ancora sul sedile.
-Non mi hai ancora detto come ti chiami…-
-Jonathan- fece quello secco e schietto, leggermente turbato dalla permanenza prolungata di April.
-Beh, grazie Jonathan…grazie per avermi salvata- sorrise la ragazza tirandosi dietro le orecchie i lunghi capelli violetti.
-Dovere, è stato un gioco da ragazzi. Ora scendi-
L’eroina dilettante obbedì, scese chiudendo lo sportello ma, incurante della pioggia, si affacciò al finestrino calato di Ghosface, il quale continuava a fissare dritto davanti a se, come una statua di ghiaccio.
-Volevo solo dirti che prima…sei stato incredibile! Erano in sessanta contro di te e tu hai vinto ugualmente…io non ho mai visto nessuno combattere così e volevo chiederti se potevi…insomma se potevi insegnarmi?-
Il vecchi criminale rimase in silenzio per qualche istante poi un sorrisetto di chi sa di averla fatta franca di nuovo si dipinse su quel suo viso gelido di cadavere –Va bene, scricciolo. Ti insegnerò come cavartela in questo lavoro-
La ragazza non credeva alle sue orecchie, le si allargò un viso un sorriso che andava da un orecchio all’altro.
Finalmente il suo sogno si realizzava! Sarebbe diventata un vera supereroina, quel vecchio poteva insegnarle come fare, le tornò in mente il suo desiderio espresso alla stella cadente…ci pensò  e sorrise.
-Ma solo alle mie condizioni.
Prima condizione: non dovrai fare parola con nessuno di me, sei una ragazza sveglia sono certo che ti inventerai una scusa per le tue assenze e il tuo ritorno.
Seconda condizione: ci incontreremo nel bosco fuori città, non voglio essere notato. E lo fare una volta a settimana per tenerti allenata. Dovrai obbedirmi e fare tutto ciò che ti ordino perché se ce una cosa che non sopporto sono gli allievi indisciplinati.
Questo è quanto. Ci stai?-
-Eccome!- esclamò immediatamente April emozionatissima.
Quella giornata si stava rivelando incredibile, da prigioniera e schiava era passata ad apprendista eroina in meno di due ore.
Era sommersa da diverse emozioni e sensazioni, spesso in contrasto tra loro, e sentiva una gran confusione dentro sé, le sue emozioni parzialmente autonome si stavano dando da fare, ma una cosa era certa…Curiosità, Eccitazione e Felicità stavano avendo la meglio.
-Bene. ti aspetto venerdì venturo al tramonto alla Roccia del Gufo. Si puntuale e goditi questa settimana sabbatica perché non te ne concederò altre. Sono uno piuttosto zelante io-
April stava per aggiungere qualcosa, specie riguardo i modi rudi e sgraziati del suo nuovo istruttore ma quello, privo di ogni tatto, premette sull’acceleratore, la macchina partì con un rombo soffuso lasciando là, sulla banchina notturna la ragazza con ancora le sue parole in bocca. 
-Grazie comunque…- mormorò un po’ delusa April per essere stata piantata in asso così, ma bastò volgere lo sguardo verso la titanica torre che si stagliava contro il cielo minaccioso di tempesta per ritrovare subito il sorriso e il buon umore…quella brutta avventura era finita.
 
-Dobbiamo trovarla, Cyborg!- non faceva che ripetere in continuazione il leder dei Titans che camminava avanti e indietro per la Ops Mains Room, con lui c’era solo il figlio e l’amico bionico, chino sul monitor del computer, cercava tramite il satellite la traccia di DNA di Corvina ma con scarsi risultati…nell’arco del tempo, a forza di missioni e scontri, la maga aveva disseminato capelli e gocce i sangue e sudore un po’ su tutta Jump City.
-Faccio del mio meglio, Robin! Ma il cerca-tracce del computer non è come la lampada magica, è un lavoro lento è complesso, non basta dire “voglio vedere April” perché accada!!-
In quel momento la porta d’ingresso si spalancò.
-Sono qui!- trillò la vocetta allegra della streghetta vestita di bianco.
Tutti e tre gli eroi si volsero increduli verso di lei….non era possibile eppure davanti a loro era appena apparsa April!!
Era un po’ smagrita, forse più pallida del solito, i capelli viola erano gocciolanti e raccolti a ciocche, il costume tutto stropicciato e sporco in più punti, ed era bagnata fradicia dalla testa ai piedi, come un pulcino, ma aveva i due grandi occhioni neri scintillanti per la gioia, sfavillanti d’emozione,  leggermente vitrei per essere tornata sana e salva a casa dai suoi cari, occhi che raccontavano in modo indescrivibile quanto avesse avuto paura e quanto tenesse a tutti coloro che sempre le avevano voluto bene, uno sguardo allegro che poteva, ai più inesperti, quasi sembrare spensierato.
Sul viso le era comparso quel suo timido sorriso sincero che le si dipingeva sempre sul viso quando le passava la paura, quando si sentiva rassicurata e felice…quando stava con Bruce.
-Tu…qui…- balbettò Robin incredulo.
-Saperlo prima che bastava chiedere!- esclamò Cyborg ancora più stupito dell’amico.
-APRIL!- Bruce le corse incontro abbracciandola con quanta forza aveva.
-Prestò papà! Chiama Corvina, e BB e tutti gli altri April è tornata!-
 
Ghostface calò il binocolo a infrarossi dal viso.
Aveva assistito al rientro di April d un tetto quasi parallelo alla Torre, un’ottima postazione per spiare e chissà…magari in futuro anche per dimostrare le sue eccellenti doti di cecchino.
-Ho visto abbastanza…- commentò a se stesso pulendo gli occhiali scuri dalle gocce ci pioggia con un fazzoletto e risistemandoseli sul naso.
Un’ombra nera piombò alle sue spalle.
-Così ti perdi la scena della riconciliazione familiare-
-Il romanticismo non fa per me né tantomeno i quadretti familiari- replicò il vecchio senza voltarsi, il vento violento li scompigliava i lunghi capelli verso destra, sferzavano come migliaia di fruste bianche.
Slade camminò adagio al suo fianco.
-Perché sei tornato, Ghostface?- domandò quello pacato.
-Cazzi miei!- fu la fredda risposta che ricevette –E non chiamarmi Ghostface, almeno tu- precisò il vecchio mettendosi a sedere con le gambe a penzoloni sul vuoto, l’ex-allievo lo raggiunse sedendo assieme a lui.
-Piuttosto, che ci facevi tu lì, in quell’asta con quella feccia, Willy? Noi siamo gente di classe non come quei quattro disperati- domandò Ghostface fissando ancora in lontananza la vetrata illuminata della Torre, ormai i genitori di April si saranno già precipitati là dentro, pensò.
-Che ci facevo lì? Ti aspettavo-
-Non sapevi nemmeno che ero in città. Ti ho cercato sai?-
Slade si mostrò ancor più indifferente di Ghostface, non era più l’allievo alle prime armi di un tempo, era cresciuto e aveva imparato a sue spese molte dure lezioni, ora sapeva come muoversi, non si sarebbe fatto più fregare da nessuno, neppure dal suo vecchio maestro…tuttavia Ghostface gli serviva per i suo scopi.
E lui serviva a Ghostface.
-Lo so che mi hai cercato, solo che non mi sono fatto trovare. Sai dovevo scoprire a cosa miravi. Così come sapevo che eri entrato in possesso di uno di quei volantini, io stesso lo consegnato al Rancido…figurarsi se invitavano un teppista di serie H come lui a una cosa del genere…tuttavia lui è un’attaccabrighe e tu sei piuttosto irascibile e adori i bar i periferia dove stare per conto tuo…facciamo due più due-
-Cosa ti faceva pensare che sarei venuto?-
- Ti conosco-
Ghostface trasse un grande sospiro, prendendosi la fronte nella mano ancora integra -Da cosa l’hai capito?-
-Dagli occhi. Mi mostrasti quella foto di quando eri partigiano, prima che i crucchi ti rendessero ciò che sei. Non l’ho mai scordato…sono identici-
Il vecchio sorrise alzandosi.
-Mi hai beccato. Ricordi quando ho parlato dei “cazzi miei”? diciamo che potrebbero diventare “nostri”. L’ultima volta l’ho combinata grossa Willy-
Slade rimase immobile a fissare il quartier generale dei suoi odiati rivali…da tempo aspettava un’occasione come quella per distruggerli…e finalmente tutto pareva quadrare nel suo disegno.
-Puoi dirlo forte, hai quasi risvegliato la Morte Eterna-
Jonathan ridacchiò soffusamente di tale ricordo…-Ammetto che quella volta ho un po’ esagerato, ma non mi riferivo a quello. Intendevo un’azione troppo avventata, una di quelle che non si raccontano in giro. Stanno per accadere cose terribili in questa città Willy…cose veramente terribili. E io ho bisogno del tuo aiuto-
Slade si alzò fissandolo dritto nelle lenti, col suo unico occhio indagatore –Per evitarle…o per attuarle?-
Ghostface rispose con un sorriso beffardo –Devo ancora decidere…-
-Cosa ti serve?-
-Soldi. Ho bisogno di parecchi soldi.
Inoltre mi risulta che tu abbia amici nel governo…-
Stavolta fu Slade a sghignazzare –John io ho molti amici in vari governi…puoi essere più preciso?-
Si fisarono a vicenda, ma mai direttamente, chi protetto da una maschera chi da occhiali neri…chissà se avrebbero sostenuto il reciproco sguardo?
-Dipartimento della difesa- iniziò Ghostface spezzando la tensione –Colonnello William Stryker-
Il guercio lo interruppe bruscamente.
-Credo sia il caso di parlare di ciò in posto più riservato. Vieni con me-
 
Con gli anni Slade aveva cambiato covo, il suo vecchio ormai era ridotto a un museo per turisti, il nuovo era costruito sempre sotto terra, per la precisione in un luogo dove nessuno sarebbe mai andato a controllare: sotto un reattore nucleare.
Circa sette anni orsono si era pensato di costruire una centrale nucleare a Jump City, la struttura conica dei reattori era già pronta, tuttavia, a causa di una protesta popolare l’idea fu abbandonata sul nascere era tuttavia rimasta la prima imponente ciminiera che nessuno si era preso la briga di smantellare a causa del costo elevato.
Le scorie e gli elementi radioattivi non erano mai giunti in città, ma la gente continuava a guardar storto quella struttura, sospettavano che in fondo, qualche residuo radioattivo ci fosse e se ne stavano alla larga.
Per uno come Slade, che non perdeva il suo tempo in inutili dicerie ma si basava sui fatti, si era rivelata una manna dal cielo.
-Stryker….- borbottò Slade sorseggiando il suo infuso di erbe con innata delicatezza nei movimenti – Perché diavolo Stryker? Non è qualcuno con cui scherzare. Lo sai cosa fa a quelli come te?-
Ghostface non era minimamente impressionato dal tono del vecchio amico, sapeva tutto ciò che c’era da sapere sul colonnello –Lo so benissimo che fa esperimenti sui mutanti, e so che ora ha fatto incazzare un mutante veramente molto molto cazzuto, non credo che sopravvivrà all’anno con Wolverine che gli dà la caccia, per questo devi sbrigarti a contattarlo. Dì, non è che hai una birra? Ho la secchezza delle fauci-
L’uomo dalla maschera nera e ramata sbuffò per questo continuo divagare del suo interlocutore -Guinness o Duff?-
-Dammi ‘nà Guinness, và-
-Primo: evita di storpiare la mia lingua coi tuoi dialetti. Secondo: cosa vuoi da Strykers?-  
Ghostface si sistemò un’ultima volta gli occhiali sul viso, nascondendo quanto più possibile di sé dietro di essi –Voglio l’adamantio-
-L’adamantio?-
-L’adamantio: una lega metallica praticamente inesistente in natura, indistruttibile, infrangibile, inattaccabile, si può fondere una volta sola. Mi serve una spada di questo metallo, la miglior spada che abbia mai brillato al sole- disse Ghostface più serio che mai, le sue stesse labbra parevano essere di ferro mentre pronunciava queste parole.
Slade prese girargli intorno, studiando ogni suo impercettibile movimento, anche il tremito più piccolo delle dita poteva rivelargli qualcosa –Che te ne fai di un’arma del genere?-
-Te l’ho detto Willy: stanno per succedere cose terribili in questa città. Voglio essere preparato-
Da dietro la maschera il geniale assassino sorrise, ma più che un sorriso era un ghigno.
-Sei fortunato Jonathan- disse cingendogli le spalle con un braccio, in questa posizione iniziò a camminare portando Ghostface, dubbioso di quest’approccio, con sé.
-Si da il caso che anch’io abbia bisogno di  te. Del tuo incredibile fattore rigenerante.
Vedi devo fare alcuni importanti esperimenti…e mi servirai tu-
Sempre tenendo il passo Ghostface domandò, non senza fastidio –A che ti serve una cavia umana? Ho già dato-
-Amico mio- iniziò l’altro- Per la maggior parte della gente morre è decisamente più facile di quanto non lo sia per te. Questi esperimenti mi servono a “curare” una persona, tuttavia non conosco i quantitativi giusti né i limiti di sopportazione del corpo umano, sbagliare una dose ucciderebbe il paziente, e io questo non posso permetterlo…e qui entri in gioco tu. Potrebbe farti male, probabilmente lo farà, ma sopravvivrai sempre, sopravvivrai e guarirai dandomi l’occasione di imparare dai miei errori. Studiando le razioni del tuo corpo alle varie dosi potrò trovare la quantità giusta da somministrarle per risvegliarla-
Si fermarono davanti ad un’enorme cilindro di vetro, nascosto da un telone.
-Risvegliare chi?-
-Lei- con un colpo di mano Slade tolse il telone dal cilindro, che si rivelò essere una capsula di incubazione, fluttuante al suo interno, immersa in un liquido staminale stava una giovane donna, doveva essere poco più giovane degli ex-Teen Titans, poteva avere l’età di BB, sulla trentina.
Era molto bella, un corpo ben formato la cui pelle pareva essere rimasta quella delicata e intoccata di un’adolescente, la carnagione era un rosato leggermente pallido, seni piccoli ma tuttavia sodi e gambe che parevano non finir più, era completamente nuda, con un respiratore collegato alla bocca,  
gli occhi erano chiusi ed era avvolta dai lunghissimi capelli simili ad oro filato, che si spandevano galleggianti nel liquido, era talmente lunghi da arrivarle alle caviglie. Chissà da quanto tempo era lì-
sembrava immersa in uno stato di trance profonda, tenuta in vita solo da quel macchinario.
Ghostface si perse a guardarla per diversi minuti, incapace di comprendere cosa aveva davanti, eppure attratto da quell’alone di mistero che aleggiava attorno a quella misteriosa fanciulla, pareva creatura quasi eterea immersa in quello stato di pace assoluta.
-Il suo nome è Terra. Mia ex- apprendista….. Rimase pietrificata quando i Titans le sconvolsero la mente, aizzandola contro di me. Neanch’io ne uscii bene quella volta…ma questa è un’altra storia.
Ho impiegato enormi risorse e tre anni di lavoro per liberarla dalla sua prigione di roccia, senza ucciderla, ora è in stato vegetativo, un coma profondo come nessun’altro.
Solo questo macchinario le permette di sopravvivere, non arresta la sua crescita ma la conserva come fosse in salamoia.
I miei tentativi per risvegliarla sono stati vani, ma ora con te penso di essere finalmente arrivato alla soluzione che la riporterà ad una vera vita.
Aiutami a rianimarla…e avrai il tuo adamantio.
Queste sono le mie condizioni, accetti?-
Ghostface rimase ancora in silenzio, fissando quell’incantevole e triste creatura che aleggiava innanzi a lui, pensò quando poco prima era stato lui a dire quelle parole ad April.
Le posizioni si erano invertite, e prima o poi avrebbero girato di nuovo.
Slade cercava di usarlo.
Lui cercava di usare Slade.
Il tutto mascherato da apparente amicizia…bene, che Slade facesse il suo gioco, Ghostface avrebbe continuato col suo progetto, una volta ottenuto quanto desiderava, se il suo ex-allievo voleva diventare il principe azzurro e risvegliare la bella addormentata che lo facesse pure, ma che ricordasse: Ghostface gioca solo per se stesso.
Al momento stare con Slade era vantaggioso, e lo avrebbe continuato a farlo fatto finché glia avrebbe fatto comodo, ma nel momento in cui gli avrebbe messo i bastoni tra le ruote…si sarebbe sbarazzato di lui.
Il vecchio dalla barba canuta si volse verso l’uomo mascherato.
-Accetto-
 


Mi scuso per eventuali errori ed orrori di ortografia
Ghostface
  
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