Anime & Manga > Full Metal Alchemist
Segui la storia  |       
Autore: Laylath    22/03/2015    4 recensioni
1920.
Proprio quando sta per scadere il trattato di non aggressione tra Amestris e Drachma, il tradizionale nemico del nord si ritrova ad affrontare un cambio al vertice del potere. Per la prima volta ad Amestris viene concesso di inviare ambasciatori, ma cosa può nascondere un invito simile, in uno Stato così potente?
Dal capitolo 2:
“Da quanto ho capito dovrò fare io l’ambasciatore – commentò Roy con sguardo furbo – beh, la mia esperienza con Xing è certamente un ottimo precedente.”
“O più che altro so che tu sei abbastanza scaltro da saperti muovere – sorrise Grumman con noncuranza – tu e la tua squadra siete disposti a questa trasferta? Del resto quando ero a capo del Quartier Generale dell’Est mi avete sempre dato grandi soddisfazioni e notevole divertimento.”
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Team Mustang | Coppie: Roy/Riza
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Military memories'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 3.
La gelida accoglienza del falco d'argento



“No, principessina, mi dispiace ma non puoi giocare con i dossier del papà.”
Con disinvoltura dettata dall’esperienza, Falman recuperò la figlioletta esattamente due secondi prima che le sue manine arrivassero alle cartelle di cartone che ancora giacevano nel pavimento. Allontanata dal prezioso tesoro Lisa scoppiò a piangere, mentre le sue dritte codette castane sembravano afflosciarsi per la delusione.
“Su su – la consolò il padre, abbracciandola – a due anni non sei ancora in grado di leggere. Perché invece non vai in salotto a giocare assieme a tuo fratello? Sono sicuro che ti presterà volentieri qualche suo bel giocattolo.”
“Libi!” protestò Lisa, tendendo la mano verso il suo tesoro, mentre veniva portata via.
“Per adesso ti devi accontentare dei tuoi libri di favole, piccola mia – la baciò sulla guancia per poi deporla sopra il caldo tappeto che stava davanti al caminetto, dove c’era il figlio maggiore che stava beatamente sdraiato a giocare  con le costruzioni – Rey, coraggio, fai giocare anche tua sorella.”
“Sì, papà… oh no, Lisa! – protestò, come la bambina afferrò un dado facendo crollare la torre – L’avevo appena fatta! Forse è meglio disegnare… vieni, andiamo a prendere i fogli ed i pastelli.”
In parte consolata la bambina afferrò la mano del fratello maggiore, dai capelli curiosamente castano scuri sotto e più chiari sopra, e trotterellò via assieme a lui.
Soddisfatto di quella conclusione, il capitano Vato Falman ritornò nel suo studio, deciso a dare una sensibile sistemata a tutti quei fascicoli che ancora giacevano nel pavimento in attesa che la nuova libreria venisse montata. E quando si monta una nuova libreria si approfitta sempre per dare una sistemata a tutta la documentazione.
“Ehi, capitano – Elisa entrò nella stanza e lo baciò sulla guancia – tra poco i bambini fanno merenda, perché non fai una pausa pure tu?”
Come sempre Falman si incantò a fissare gli occhi verdi della moglie e le accarezzò la guancia morbida prima di chinarsi e darle un bacio: non avrebbe mai smesso di chiedersi cosa aveva fatto per meritarsi quella donna meravigliosa che da ormai undici anni condivideva la vita con lui.
“Devo finire un sacco di lavoro qui, lo sai…” iniziò.
“Un quarto d’ora passato con me e i bimbi non cambierà le cose, suvvia – lo prese in giro lei – santo cielo, quando eravamo ad East City mica ti portavi così tanto lavoro a casa.”
“Il lavoro per il generale Mustang lo svolgo qui e non al Quartier Generale, lo sai. Comunque mi hai convinto, mia bella dottoressa: mi sono accorto di avere fame.”
“Non chiamarmi dottoressa, porta male…”
“Oh dai, vedrai che sarai assunta nell’arco di un paio di mesi in ospedale: hai tenuto corsi in tutto il paese data la tua esperienza negli ospedali da campo. Sei più che qualificata per ricoprire quel ruolo, Eli…”
“Sì, però – sospirò lei con sguardo indeciso – ammetto che forse non è il caso: insomma Lisa ha appena due anni e Rey quattro. Forse dovrei aspettare che vadano a scuola, non credi?”
“Ma no, stai tranquilla, vedrai che… oh, e adesso che succede? Aspettavi visite?”
“No – scosse il capo la donna – dai, vai tu. Io levo la torta dal forno altrimenti rischia di bruciarsi.”
Con un sospirò Falman la lasciò andare e, stiracchiandosi, si recò all’ingresso per accogliere il visitatore. Non era il caso di farlo aspettare considerata la nevicata che imperversava da qualche ora.
E come aprì la porta rimase senza fiato.
“Ehilà, capitano Falman – disse una ben nota voce, mentre due occhi neri lo fissavano con grande soddisfazione – ma qui a North City c’è sempre questo tempo da lupi?”
 
Circa un’ora dopo l’accogliente e caldo salotto di casa Falman vedeva riunita la squadra: erano passati quasi otto mesi dall’ultima volta che si erano ritrovati tutti quanti assieme, prima che il capitano si trasferisse a North City, su richiesta dello stesso Mustang, e tutti avevano sentito la mancanza di quel senso d’unione scaturito da anni ed anni di lavoro assieme.
“Drachma, eh? – Falman  si mise a braccia conserte e rifletté attentamente su tutto quello che gli era stato rivelato – E’ un cliente difficile da affrontare, signore: molto più complicato di Ishval, questo è certo.”
“Se non ricordo male, durante la guerra civile, tu prestavi servizio al reparto investigativo – disse Mustang, squadrandolo con attenzione – ed un caso particolare vide coinvolto anche qualcuno di Drachma.”
Falman annuì cupo, mentre il ricordo di quello che era stato il caso più difficile della sua vita si faceva prepotentemente avanti: il ricordo di una pistola puntata alla fronte e, ancor prima, di zolle di terra che cadevano impietose sopra una bara… come dimenticare? A pensarci bene, forse, lui aveva un conto ancora in sospeso con quel paese.
“Il sistema governativo di Drachma è abbastanza spietato: sono una decina di famiglie nobili in continua competizione tra di loro per il potere – spiegò, mentre le frammentarie informazioni di più di quindici anni prima gli tornavano alla mente – la famiglia a cui appartiene l’Autarca in genere cambia ogni due o tre generazioni. E’ un tipo di politica molto sottile, fatto di alleanze, matrimoni, equilibri di potere, ricatti, segreti di famiglia. Ma è tutto quello che si sa, signore… potrei farle uno o due nomi di queste famiglie, ma per il resto è tutta un’incognita.”
“Pare una nobiltà diversa da quella di Amestris – ammise Havoc, grattandosi pensosamente la testa – nel senso… non tipo gli Armstrong.”
“No, non sono la stessa cosa: qui ad Amestris le famiglie nobiliari hanno interessi commerciali, vantano magari antenati che hanno ricoperto cariche elevate nell’esercito, hanno vaste proprietà terriere… ma non hanno un’influenza simile a quella della nobiltà di Drachma. Lì sono loro a dominare e a spartirsi il potere.”
“Che tu sappia, da quando Amestris è nato, c’è mai stata un’ambasciata che è stata invitata all’incoronazione dell’Autarca?” domandò Breda, mentre le fiamme del camino donavano particolari riflessi alla sua chioma rossiccia.
“No, non credo – rifletté Falman – e per un semplice motivo: anche se ci sono stati periodi di relativa stabilità tanto che ci sono stati alcuni scambi di ambasciate, non si è mai arrivati ad un’intesa così forte da permettere ad un abitante di Amestris di andare oltre un determinato punto di quel paese. Basta guardare una qualsiasi carta geografica: non abbiamo nemmeno l’idea di dove sia la capitale.”
Mustang rimase in silenzio, valutando quelle nuove informazioni che non facevano altro che confermare quanto tutto fosse un’incognita.
“Farò la stessa domanda che ho fatto agli altri, capitano – disse infine – e sentiti liberissimo di rifiutare. Pensa a tua moglie e ai bambini, valuta ogni pro e contro, davvero. Ti unisci pure tu? Inutile dire quanto il tuo aiuto sarebbe prezioso.”
“Non c’era nemmeno bisogno di chiederlo, generale – scosse il capo Falman – è chiaro che verrò assieme a voi: siamo una squadra del resto e missioni simili vanno affrontate assieme.”
La medesima risposta che aveva dato ciascuno di loro.
 
Una settimana dopo Fury stava con espressione imbambolata e naso all’insù a fissare l’imponente fortezza di Briggs che incombeva su di lui, terribile e maestosa, facendolo sentire una formichina. Si ricordò che più di una volta aveva chiesto a Falman di raccontargli di quel posto, desiderando tanto poterlo vedere, ma ora che era arrivato il momento se ne sentiva letteralmente schiacciato, tanto che, dopo qualche secondo, preferì alzare ulteriormente lo sguardo per rifugiarsi nel più rassicurante azzurro del cielo.
“Fury, smettila di fare il bambino – gli diede uno scappellotto Mustang, mentre attendevano che le porte della fortezza si aprissero – bocca chiusa e mantieni un contegno.”
“Sì, signore, mi scusi tanto…” disse distrattamente il giovane, mentre Riza gli metteva una mano sulla spalla per incitarlo ad obbedire all’ordine. E ovviamente, dietro di lui, il resto della squadra ridacchiava.
Però c’era una cosa che tenente notava con estremo e profondo piacere: i suoi superiori, in particolare il generale, avevano recuperato un qualcosa che negli ultimi anni si era affievolito. Era come se la ricostruzione di Ishval, per quanto carica di soddisfazioni, fosse sempre stata velata da un senso di colpa che piano piano aveva intaccato la sua persona. Adesso era come se la missione avesse donato una nuova scarica di energia ed interesse e lui stesso se ne sentiva contagiato
Finalmente le grandi porte della fortezza si aprirono e il generale Armstrong fece la sua comparsa seguita dal tenente colonnello Miles.
“Ma quale grande onore! – esclamò Mustang con il più smagliante dei suoi sorrisi – non pensavo di venir accolto proprio dalla splendida regina di ghiaccio. La trovo in splendida forma da quando ci siamo visti una quindicina di gior…”
“Risparmiami i tuoi falsi convenevoli, Mustang – sbottò lei, mettendo significativamente una mano guantata sull’elsa della spada – raccogli la tua marmaglia e seguiteci: prima risolviamo la questione meglio è. I miei uomini hanno ben altro da fare che accompagnare gli sconsiderati come voi!”
“Suvvia, non sia gelosa solo perché l’onore di scrivere questa pagina di storia non è toccato a lei!”
“Non farmi perdere tempo!”
E con fare sdegnoso si girò e rientrò nella fortezza, lasciando a Miles il compito di fare da cicerone in quel breve percorso che dovevano compiere prima di arrivare dall’altra parte del confine.
Mentre camminavano per i corridoi il soldato dalla pelle scura fu ovviamente molto cortese e non mancò di informarsi su come procedessero le cose a New Ishval: con lui tutto il gruppo aveva un ottimo rapporto e fu una piacevole chiacchierata che aiutò in parte a smorzare la fredda accoglienza che avevano ricevuto.
“Ammetto che sarà un’esperienza nuova anche per me – ammise alla fine, mentre arrivavano ad un’incredibile stalla sotterranea dove diversi cavalli erano già pronti – è la prima volta che metto piede nel territorio di Drachma: l’ho sempre e solo visto dal terrazzo della fortezza.”
“La signora non verrà?” chiese con malizia Roy, mentre tutti loro posavano i bagagli a terra per permettere ad altri soldati di caricarli su alcuni cavalli appositi.
“A quanto pare le donne soldato non sono gradite… e poi Drachma non ha una bella opinione di lei, come si può immaginare – scrollò le spalle Miles, ma poi si rivolse a Riza – piuttosto lei, signora, è sicura di quello che fa? La sua posizione la espone più del previsto.”
“Il mio ruolo non sarà così cruciale come puoi pensare – scosse il capo Riza che, al contrario degli altri, non indossava il cappotto nero dei militari, ma un pesante mantello verde chiaro, a ricordare i colori di Amestris – ma di certo non potevo lasciar andare il generale da solo: in qualche modo è bene che lo tenga d’occhio.”
Mai sottovalutare la forza di colei che Ishvala ha scelto per donare la vita – Miles recitò quel vecchio detto della sua terra – in ogni caso la prego di stare attenta: la sua identità è comunque importante e non sapete come funziona il gioco politico di quel posto.”
 
Era la prima volta da almeno vent’anni che i portoni della fortezza di Briggs venivano aperti dalla parte del fronte di Drachma. E soprattutto, era la prima volta dopo tanto tempo che venivano aperti per far passare una pacifica ambasciata e non delle truppe pronte alla guerra.
Roy cercò di tenere un’aria il più impassibile possibile, ma mano a mano che la luce iniziava a comparire da quell’enorme uscio, sentiva un forte brivido d’eccitazione crescere dentro di lui. Sin da quando Grumman gli aveva dato quel compito non aveva fatto altro che immaginarsi una nuova e grande avventura, una missione in grande stile come era abituato a fare ai suoi tempi d’oro. Perché per quanto avesse messo tutte le sue energie a ridare dignità al popolo di Ishval, in tutti quegli anni aveva sempre sentito la mancanza del vecchio se stesso.
A volte si dice che cambiare aria non può che far bene… e l’aria gelida che lo investì, quando la sua cavalcatura uscì all’aperto, ebbe il potere di destarlo del tutto dal torpore che aveva accumulato in tutti quegli anni.
Era finalmente a Drachma.
Neve e montagne ed in lontananza foreste di alte conifere, un posto incredibilmente bello e selvaggio, così diverso dalla terra brulla e desertica di Ishval. Qui la natura la faceva da padrone in modo completamente differente, con una purezza eppure una forza che minacciavano l’uomo con la propria imponenza. Persino la fortezza di Briggs svaniva davanti alla maestosità di quel paesaggio silenzioso.
“Siamo a nemmeno cinquanta metri oltre il confine di Amestris eppure mi sembra tutto estremamente diverso – commentò causticamente Breda, dando lievi pacche al collo della sua cavalcatura – come se bastasse cambiare versante per entrare in un mondo nuovo. Occhi aperti, ragazzi… occhi aperti.”
Roy fissò il suo robusto maggiore e non poté che annuire lievemente.
Sì, c’era qualcosa di strano in quel posto oltre alla natura selvaggia, nonostante l’entusiasmo se ne era accorto perfettamente. Per un attimo fu tentato di girarsi verso la fortezza di Briggs, ma si trattenne. Sapeva che la regina di ghiaccio lo stava osservando dall’alto della sua dimora e non aveva nessuna intenzione di darle soddisfazione; anzi d’istinto raddrizzò ulteriormente la schiena.
“La pista è abbastanza sgombra nonostante le nevicate di questi giorni – annunciò Miles, mettendosi a capo della spedizione – copriremo i dieci chilometri previsti in poco tempo. Forza, andiamo.”
I cavalli di Briggs erano come i loro proprietari: abituati ad eseguire con efficienza il proprio lavoro. Senza bisogno di incitamenti si misero in fila per due, perfettamente allineati e mantenendo un buon passo.
“Signore – chiese Fury che cavalcava accanto a Falman – che sono tutti questi detriti che vedo ai lati del sentiero?”
“E’ il ricordo dell’ultima volta che Drachma e Briggs si sono incontrati, più o meno cinque anni fa – spiegò con aria cupa l’uomo – Kimblee fece credere loro che la fortezza era sguarnita ed attaccarono… in realtà fu con il loro sangue che venne creato l’ultimo stemma degli homunculus.”
Fury annuì cupamente e si girò a guardare quelli che erano i resti di un vecchio cannone: sembrava che quei relitti fossero stati lasciati lì di proposito, quasi un monito a ricordare che tra i due paesi c’erano tanti conti in sospeso.
“Si sono lasciati ingannare, una mossa davvero stupida – commentò un soldato di Briggs che cavalcava dietro di loro – hanno semplicemente pagato le conseguenze della loro avventatezza.”
Fury annuì, non potendo che dargli ragione.
Ma quella che per Briggs era una mossa stupida, per Drachma poteva essere invece motivo di astio.
 
Ci vollero circa due ore per percorrere i dieci chilometri previsti: fu un viaggio surreale che avvenne in quasi totale silenzio. Dopo un po’ qualsiasi tentativo di conversazione tra i soldati smise e a farla da padrone fu il silenzio di quel paesaggio innevato. Sembrava quasi di essere degli eretici che infrangevano il dominio della natura imponendo la loro presenza seppur solo per quel rapido passaggio.
“Ecco, ci siamo – indicò Miles, ad un certo punto – quello deve essere l’avamposto indicato: infatti c’è un treno.”
La linea ferroviaria era una striscia scura che osava sfidare il bianco della neve: si perdeva verso nord, andando oltre quelle pianure e quelle foreste incontaminate. Sembrava quasi incredibile che l’uomo fosse riuscito a lasciare un segno abbastanza tangibile su quelle terre.
E poi, ad un certo punto, la ferrovia terminava: un piccolo piazzare di pietra segnava la fine dei binari. Non c’erano edifici permanenti in quella sorta di stazione ferroviaria: solo una robusta tenda circolare color marrone scuro, attorno alla quale si affaccendavano alcuni soldati, vestiti con i pesanti cappotti impellicciati di Drachma e con i tipici berretti di pelo.
“Ma certo, le truppe arrivano qui con la linea ferroviaria e poi sono totalmente indipendenti: in questo modo anche se Amestris attacca si trova comunque in una terra ostile e completamente isolata e priva di possibilità di rifornimenti – commentò Breda con un cenno d’approvazione – questo si chiama volgere dalla propria parte l’ambiente in cui ci si trova.”
“Credi ci vogliano attaccare? – chiese Havoc per niente intimorito – Del resto potevano venire a prenderci appena fuori Briggs.”
“No, non credo abbiano intenzioni ostili, almeno per adesso. Se ci vogliono mettere nei guai lo faranno quando saremo nel cuore del loro territorio, è chiaro.”
“Comunque tenete buon viso a cattivo gioco, ragazzi – consigliò Mustang, recuperando dall’interno del cappotto la busta con i loro passaporti ed i lasciapassare – andiamo a conoscere il nostro ospite.”
 
Quando si era portato davanti alla tenda, con Riza poco dietro di lui assieme al resto della squadra, Roy si era aspettato di veder comparire qualche funzionario di mezza età, il classico esponente di ambasciatore che con gli anni aveva imparato a conoscere. Persone affettate nei modi che cercavano sempre di mettere a proprio agio l’ospite di turno con cui avevano a che fare.
Ma l’idea di una simile persona venne del tutto cancellata quando la tenda si aprì e ad uscirne fuori fu un vero e proprio soldato. Era di un rango superiore rispetto a quelli che li avevano scortati fino alla tenda, la sua camminata era sicura ed elegante e lasciava intuire un carattere molto schietto e volubile. Ed era giovane, probabilmente sulla trentina: il viso era duro, sebbene non privo di un’arcigna bellezza, circondato da una corta barba scura e da capelli nerissimi che gli cadevano in ciocche grosse e disordinate sulla fronte.
Sotto le sopracciglia folte e accigliate due occhi scuri, ma non quanto quelli di Roy, trafissero uno ad uno i nuovi arrivati.
“Gli uomini di Briggs possono tornare indietro – disse infine, con tono di comando – l’ambasciata è passata sotto la protezione di Drachma, come da ordine.”
A quelle secche parole Roy vide Miles irrigidirsi leggermente.
Non era stato un inizio molto incoraggiante, tutt’altro: sembrava uno scambio di prigionieri più che il ricevimento ufficiale di un’ambasciata ufficialmente invitata ad un’incoronazione.
Non è certo il tipo di accoglienza che riserverei ad un futuro alleato – pensò Roy, mentre si scambiava un cenno d’intesa con Miles e lo osservava dare ordine ai suoi uomini di scaricare i bagagli dai cavalli e di tornare alla base.
Tuttavia non diede alcuna soddisfazione al suo ospite che nemmeno aveva avuto la decenza di presentarsi. Rimase impassibile pure lui, sapendo benissimo che la sua squadra, dietro, manteneva il medesimo atteggiamento. Approfittò di quei minuti per studiare altri dettagli di quell’uomo che, a farsi beffe del freddo, non indossava il pesante cappotto, ma se ne stava davanti a loro, con le mani dietro la schiena, con quella che sembrava una divisa di alto grado di Drachma. Stivali scuri fino al ginocchio, pantaloni neri e spessi, leggermente svasati, una giacca del medesimo colore con due file di bottoni d'argento e le spalline da cui pendevano delle nappe  sempre argentee. A spezzare quella bicromia nero-argento ci pensava una fascia verde stretta attorno alla vita, da sotto di essa sporgeva una stretta cintura dove era appeso, sul fianco sinistro, il fodero di una lunga spada, la cui elsa risplendeva baciata dai freddi raggi del sole del nord.
L’ispezione visiva, sicuramente reciproca, terminò non appena si sentì il nitrito dei cavalli.
“Aspetteremo sue notizie, generale – disse Miles, con un perfetto saluto militare – Briggs è sempre pronta e a sua disposizione. A presto.”
Era un avvertimento nemmeno troppo velato: Briggs era pronta ad intervenire se fosse stato necessario… un monito per Drachma di non tentare scherzi.
Ma il nobile soldato del nord non fece minimamente caso a quella minaccia: si limitò a tenere gli occhi fissi su Miles e sui suoi soldati fino a quando essi non furono spariti lungo la pista che riportava verso Briggs. Uno sguardo rapace ed ostile che sembrava voler trafiggere la preda.
Solo quando l’ultimo cavallo svanì dietro una curva riportò l’attenzione su Roy.
“Generale Mustang, benvenuto a Drachma: sono Alexand, signore del ducato di Anditev, dove ora vi trovate. E’ mio compito scortarvi fino alla capitale: posso controllare i vostri lasciapassare?”
“Certamente – annuì Roy, porgendo la busta sigillata: si era accorto che, nonostante mantenesse un atteggiamento sempre distaccato, la tensione era in parte scemata dalla sua persona – oltre ai soldati qui presenti ci accompagna la signorina Riza Hawkeye, unica nipote del Comandante Supremo.”
“Il vostro capo di stato ci fa un grande onore ad inviare oltre ad uno dei suoi più fidati generali anche un membro della sua famiglia – si accostò a Riza e chinò di pochi centimetri il capo – signora, mi auguro che il suo soggiorno a Drachma sarà piacevole. Mi dispiace dei disagi che dovrà subire in queste prime ore di viaggio: è una linea militare, destinata ai soldati, ma come farete cambio di treno oltre i miei territori avrà l’occasione di viaggiare in modo più confortevole.”
Fredda cortesia, ma era come se il signore di Anditev fosse felice di capire il motivo della presenza di Riza nell’ambasciata, come se quel dettaglio fosse finalmente rientrato nel suo modo di vedere le cose.
“La ringrazio per il benvenuto, signore.” disse cortesemente Riza.
“Onde evitare ulteriori disagi – disse ancora l’uomo, stavolta rivolgendosi ai suoi soldati – iniziate a caricare i bagagli dei nostri ospiti. Smontate tutto quanto e preparate la locomotiva: dieci minuti e partiamo.”
Al suo comando la quindicina di soldati presenti in quel piccolo avamposto iniziò a muoversi con sicurezza e rapidità non dissimili da quelle di Briggs: senza dire nulla tre di loro presero i bagagli e li caricarono sul treno, mentre altri aiutavano il macchinista a rimettere in funzione la locomotiva.
Alexand intanto diede una rapida occhiata ai lasciapassare a alla relativa documentazione e annuì. Subito un soldato gli fu accanto, tenendo in mano una cartelletta ed una scatolina. Con mosse pratiche il nobile si sfilò il guanto di velluto dalla mano sinistra e Roy notò il grosso anello che portava all’anulare… con un falco d’argento su sfondo nero. Premuto l’anello sulla scatolina, Alexand lo premette quindi alla base di tutti i fogli.
“Con l’apposizione del mio sigillo siete ufficialmente autorizzati ad entrare a Drachma – dichiarò, passando la documentazione al soldato e pulendo l’anello con un fazzoletto prima di rinfilarsi il guanto – prego, andiamo pure sul treno: i vostri soldati possono viaggiare assieme ai miei. Lei e la dama, generale, sarete miei graditi ospiti nel mio vagone personale.”
A quella notizia Falman, Havoc, Breda e Fury si guardarono perplessi: non erano abituati a simili separazioni per rango… in genere la loro squadra tendeva ad occupare il medesimo scompartimento. Ma ad un’occhiata di Roy obbedirono e si apprestarono a seguire gli altri soldati.
Riza invece si trovò affiancata dal suo ospite, che le offrì il braccio con fredda cortesia: era solo etichetta, senza nessun sottinteso.
“Nella mia carrozza le potrò offrire qualcosa di caldo, signora – dichiarò – capisco che il freddo di queste terre le deve creare qualche disagio. E mi scuso anche se a primo impatto le devo essere sembrato molto scortese.”
Riza lo guardò con attenzione: era davvero giovane per essere signore di quelle terre… questo voleva dire che aveva perso il padre molto presto.
“E’ da molto che siete duca di Anditev?” chiese con cortesia.
“Ormai cinque anni, ma Briggs questo lo sa bene – gli occhi scuri si inasprirono, riprendendo l’originaria ostilità – è stato ucciso nell’ultima battaglia tra i nostri paesi, quella che Amestris ha provocato con l’inganno.”
E a Riza non restò che annuire… quell’uomo non avrebbe mai dimenticato e perdonato. 






Questa fic, essendo ambientata a Drachma, avrà alcuni riferimenti a The memory man, ma è perfettamente leggibile anche senza conoscere la precedente fic :)
  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Full Metal Alchemist / Vai alla pagina dell'autore: Laylath