Serie TV > Glee
Segui la storia  |       
Autore: calmali    22/03/2015    4 recensioni
È possibile innamorarsi di una persona solo ed esclusivamente attraverso il suono della sua voce?
È irrazionale crederlo?
Ho sempre sentito dire che si può parlare d’amore solo quando si è davvero a conoscenza di tutto ciò che fa parte di quella persona, dei difetti e dei pregi ma quella voce riusciva a scavarmi l’anima.
Era una voce femminile, leggermente roca ed estremamente profonda.
Non ero mai stata attratta da una donna ed, in fin dei conti, anche quella non si poteva classificare come vera attrazione era semplice e puro amore.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Noah Puckerman/Puck, Quinn Fabray, Santana Lopez, Un po' tutti | Coppie: Brittany/Santana
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Brittany


 

Il destino si stava prendendo gioco di me. Era ovvio. L’unica possibilità che avrei mai avuto con Santana mi stava scivolando dalle mani, eppure l’avevo tenuta così stretta. Mi ero illusa di avere la situazione sotto controllo, che quella serata potesse andare bene senza intoppi.

Una volta avevo letto, non ricordo esattamente dove, che la vita ti dona un biscotto solo per togliertelo prima che tu possa mangiarlo.

Santana era il mio biscotto ed io non l’avrei mollato a quella stronza di Vita tanto facilmente. Appurato questo nella mia mente, mi voltai.

Il vento mi scompigliò quei pochi ciuffi di capelli biondi rimasti fuori dalla treccia. Cercai lo sguardo della latina e le mostrai il mio sorriso più bello, non meritava altro che quello.

“Amo la pizza!”

La mia voce, in confronto alla sua, decisamente più squillante, spezzò nuovamente il silenzio che ci stava circondando.

Quella serata non avrebbe seguito un programma preciso. Decisi di non pensarci, qualunque cosa sarebbe successa sarebbe andata bene, doveva essere così. Volevo che fosse così, con tutta me stessa.

Dopo le mie parole non fu necessario aggiungere altro. La seguii in casa e lei mi fece strada all’interno. Ci ritrovammo praticamente subito in un salotto modesto. Per quanto l’esterno potesse sembrare quasi anonimo, l’interno aveva tutta la sua personalità.

Un divano di pelle nera occupava gran parte di quello spazio, davanti una televisione e un tavolinetto basso. Le pareti di colori caldi davano un senso di quiete immenso. Pensai immediatamente che quella casa rispecchiasse la propria proprietaria anche se, alla fine, non la conoscevo così bene da esserne certa.

“Ho prenotato nel ristorante giusto. Non trovi?”

Chissà, magari mi avrebbe tenuto il gioco. Non mi prendevo mai molto sul serio e in quel momento sentii il bisogno di allentare la pressione che mi premeva sulle spalle.

“Mi avevano detto che era parecchio carino e accogliente, avevano ragione”

Mi guardai intorno e inquadrai il tavolo da pranzo, rotondo e piccolo. Capii immediatamente che viveva in quella casa da sola e che non invitava molte persone lì, in quel tavolo potevano starci al massimo quattro persone.

“Ecco! Questo è il nostro tavolo.”

Non era importante se in quel momento stessi facendo la figura più brutta del secondo. Dovevo rischiare, ormai non aveva più senso comportarmi diversamente da ciò che ero.

Mi avvicinai a una delle sedie e la tirai indietro come un bravo cavaliere per farla accomodare, anche se del cavaliere non avevo proprio niente, sembravo più Rapunzel versione spilungona non sono certa fosse una cosa positiva.

Alzai lo sguardo su quegli occhi pece e percorrendo il suo profilo notai immediatamente la curva del suo sorriso. Non ero mai stata molto sicura di me stessa, spesso, specialmente agli appuntamenti. Avevo sempre paura di risultare troppo stupida in certe situazioni cosa che non mi capitava quando mi ritrovavo in mezzo agli amici. Con i ragazzi trattenevo il mio essere ma se la vera me stessa poteva scaturire un sorriso sulle labbra della latina allora non sarei stata nient’altro che Brittany.

Senza esitazioni, dopo essersi tolta il cappotto, si sedette sulla sedia indicata da me. L’aiutai ad avvicinarsi al tavolo e presi posto sulla sedia davanti così da poterla guardare senza difficoltà in volto.

Un po’ impacciatamente mi tolsi il cappotto e lo sistemai sulla sedia.

“Anche la vista non è male, non trovi?”

Le chiesi voltandosi verso, appunto, la “vista”. Il panorama creato dal divano e dalla televisione era quasi meglio dello skyline di New York o dell’oceano al tramonto. Molto più romantico.

“Ci credo! L’ho pagata due mila dollari”

Risi di gusto. L’aria era intrinseca di tutto fuor che di imbarazzo e ne fui sollevata. Sarebbe stato davvero scomodo passare due ore nel totale imbarazzo.


 Santana
 

Il consiglio di Puck si stava rivelando anche più inutile. I film che avevo visto e che avrei usato come guida forse anche no non avevano previsto nessun intoppo del genere.

Probabilmente nessuna mente umana poteva pensare ad una situazione simile. Solo due sfigate come noi potevano rimanere a piedi al loro primo appuntamento. Non riuscivo neanche a capire il perché mi importasse tanto ma era così. Volevo che quel primo appuntamento funzionasse per qualche strano motivo.

Entrate in casa la voce di Brittany mi spiazzò. Cosa stava blaterando?

Quella ragazza era davvero strana, non riuscivo a definirla in modi diversi ma, del resto, l’avevo capito dal primo istante che la sua voce era arrivata alle mie orecchie, quella volta in cui al posto suo mi aveva risposto la segreteria.

Perché allora se la reputavo “strana” ero lì, davanti a lei, e sorrideva come una cogliona nel giorno del prpril compleanno? Io non ero ragazza da tipe fuori dal comune. Io non ero ragazza da appuntamento ormai questo lo sapete già, l'ho ripetuto fin troppe volte per autoconvincermi e soprattutto non riuscivo a capire perché l’avessi fatta entrata a casa mia. Le avevo offerta una possibilità, una sola fottuta possibilità e lei l’aveva bruciata per quel catorcio che chiamava macchina.

Per quanto queste domande non trovassero risposta andai a sedermi. Potevo guardarla negli occhi, osservare i suoi lineamenti, perdermi in ogni dettaglio che trovavo perfetto nell’imperfezione.

“Ci credo! L’ho pagata due mila dollari”

Commentai reggendole il gioco. Era tutto surreale ma allo stesso tempo mi sentivo bene. Per la prima volta potevo dire di sentirmi a mio agio con una ragazza. Nei locali, mezza ubriaca e incollata all’ennesima troietta non mi ero mai sentita davvero me stessa, eppure avevo sempre continuato ad andare in quei tipi di locali, a bere drink su drink e a portarmi a letto ragazza che non mi interessavano minimamente. L’avevo sempre fatto semplicemente perché era più facile ed io ero abituata a scegliere le strade più facili, forse perché ero nata difficile.

“Appunto. Vista eccezionale!”

Sottolineò lei. Io, dal canto mio, rimasi con il sorriso stampato sulle labbra per il resto della serata. Per qualche strana legge lei riusciva a provocarmi certe reazioni che nessun’ altro era mai riuscito a provocare.

“Mi hanno anche detto che in questo posto fanno una pizza deliziosa. Direi di prendere quella, che ne pensi?”

Non avevamo altra scelta. Nel mio frigorifero non c’era assolutamente niente, a parte forse qualche birra. Mangiavo praticamente sempre fuori casa, non che non sapessi cucinare… no, in effetti non sapevo cucinare neanche un uovo sodo.

“Mi piace la pizza quindi andrà benissimo quella.”

Da quel momento in poi la serata andò a gonfie vele. Più di quanto potessi immaginarmi. Ordinammo le due pizze e il ragazzo delle consegne arrivò poco dopo. Pagò Brittany, probabilmente si sentiva in colpa ma qualcosa mi diceva che si sarebbe offerta di pagare anche se fossimo andate in un vero e proprio ristorante, del resto quando mi aveva chiamato mi aveva chiesto se poteva “offrirmi” la cena.

Parlammo molto tra un boccone e l’altro. In compagnia di qualche sorso di birra. Le raccontai della stazione radiofonica, di come fosse stata costruita da niente se non da un sogno.

Le raccontai dei miei anni al liceo, della mia uniforme da cheerleader e di quanto mi stesse bene. Notai le sue guance arrossire leggermente, imbarazzo dettato, probabilmente, dall’immagine della gonnellina striminzita. Era un imbarazo positivo che avrei pagato per vedere sul suo volto pù spesso.

Scherzai anche su Puck o come fosse stato lui a darmi il suo numero di telefono.

Trovai piacevole chiacchierare con lei. Sentire la sua voce e farle sentire la mia. Anche quando, entrambe, dopo una piccola pausa, tentammo di intraprendere un nuovo discorso contemporaneamente, le nostre voci si scontrarono ed io, personalmente, non riuscii a trovare suono più bello. Ridemmo come due bambine e fu lei a continuare.

Mi svelò molto della sua vita. Di Lima, dei suoi genitori e della sua passione per il ballo. Aveva fatto parte di un Glee Club proprio come me. Immaginarla muoversi cullata dalle note di una canzone mi scaldò il basso ventre. La mia, questa volta, non era eccitazione. Provai un'altra sensazione che non seppi definire e catalogare.

“Sono un po’ contrariata.”

Le confessai ad un certo punto. Mantenni un tono fermo e abbastanza serio da sembrare reale. Brittany aveva la pelle chiara ma posso giurare, ancora oggi, che in quell’istante sbiancò.

“Cosa ho fatto?"

Il modo in cui pronunciò quelle parole fu adorabile tanto quando l’espressione preoccupata sul suo volto.

“Mi hai detto che ballare è il tuo più grande sogno…”

Lasciai la frase in sospeso per qualche istante. Mi aveva spiegato lei poco prima le difficoltà che stava trovando nel realizzare quel sogno. Sicuramente non era facile guadagnarsi da vivere con il ballo, era necessario trovare un lavoro stabile che lei, però, non aveva avuto la fortuna di trovare.

Incrocia le braccia sul tavolo, il cartone della pizza, ormai vuoto, occupava buona parte della superficie quindi i miei gomiti rimasero sul bordo.

“Qualche giorno fa però mi hai detto che sono io il tuo sogno. C’è qualcosa che non quadra biondina!”

Solo finito di spiegarmi, mi lasciai andare ad un sorriso tranquillo. Le mostrai parte della dentatura bianca per diversi istante. Lei sembrava cercare le parole giuste da utilizzare. Il colore chiarissimo della sua pelle, venne sostituito da una tonalità di rosso acceso. Arrossì, infatti, fino alla punta delle orecchie. Adorabile. ancora una volta


 

Brittany

 

L’avevo contrarietà? Che diamine avevo combinato? Fino a quel momento mi sembrava che tutto stesse andando per il verso giusto. Avevo sentito le farfalle nello stomaco per tutta la serata. Lei mi aveva sorriso per la maggior parte del tempo e mi aveva permesso di conoscerla.

Cos’era successo da contrariarla e perché io non me n’ero minimamente accorta? Non mi reputavo di certo la persona più sveglia del mondo ma credevo, per lo meno, d riuscire a capire se stavo dicendo qualcosa di sbagliato o se la persona davanti a me non s sentiva bene in mia compagnia.

L’ascoltai con attenzione e tirai un sospiro di sollievo. Non avevo fatto davvero qualcosa d sbagliato ma, nello stesso tempo in cui quel sospiro uscì dalle mie labbra, avvampai.

Nessuna delle due aveva riportato a galla le parole che avevano dato inizio a… a qualunque cosa fosse. Era ovvio che prima o poi qualcuno l’avrebbe fatto e visto che io non ero intenzionata a buttarmi fango addosso, ero certa che sarebbe stata Santana quel qualcuno.

“Ho sognato di diventare una ballerina da quando ero davvero molto piccola.”

Iniziai a spiegarle. Avevo la voce leggermente tremolante. Gli occhi infinitamente belli di Santana continuavano ad osservarmi e non riuscivo a trovare un aggettivo diverso da “inteneriti” per essi.

“Tu sei entrata nella mia vita… la tua voce è entrata nella mia vita quando il mio sogno era praticamente sepolto.”

Mi strinsi nelle spalle. Incatenai i suoi occhi ai miei. La mia ancora.

“La tua voce ogni giorno toglieva un po’ di terra.”

Mi mordicchiai il labbro inferiore cercando di decifrare lo sguardo di Santana che, ancora, non aveva aperto bocca. Continuava ad aspettare altre parole da parte mia che non tardarono ad arrivare.

“Ho sempre creduto di essere un unicorno, avevo smesso di farlo negli ultimi anni e… tu mi hai fatto credere di nuovo nella mia stessa magia.”

Altro silenzio riempì il “nostro ristorante”. Di solito il silenzio divide ma, in quel caso, non ci divise neanche per un singolo istante. Per una volta le nostre voci un furono necessarie. Bastavano i nostri occhi, opposti, completamente diversi, ma fatti entrambi della stessa sostanza.

Lei si alzò e prese posto nella sedia accanto alla mia. Quel vestito rosso era da togliere il fiato. Il rosso era senza ombra di dubbio il suo colore, le stava divinamente. Mi prese la mano destra tra le sue ed un brivido attraverso la mia schiena.

Portò la mia mano alle sue labbra e lì posizionò un bacio leggero, dolce ma che, in qualche modo, riuscì a lasciare un segno tanto invisibile quando indelebile.

In quell’istante mi chiesi se Mike quando mi aveva parlato della latina si fosse confuso e mi avesse parlato di un’altra Santana Lopez. Di certo era una donna sicura di se, affascinante, bella e divertente ma non era una stronza, con me non si era mai comportata come tale.

Rimanemmo in silenzio per altri, indefiniti, minuti. Poi fui io a rompere quell’attimo. Fuori ormai il buio faceva da padrone ed io non ero certa che la mia macchina potesse tornare a funzionare.

“Posso accompagnati a casa?”

Quella domanda suonava così insensata da un certo unto di vista. Eravamo già a casa sua. Lei però sorrise ed annui.

“Si. Mi farebbe davvero piacere”

Ero felice. Ero felice che alla fin fine tutto era andato bene. Ero felice perché il suo sguardo per quelle ore era stato solo per me. Non mi spaventata più l’idea che Santana potesse prendersi gioco di me. Ero convinta di aver letto la sua anima almeno in parte. Per lo meno volevo credere che fosse così.
Mi alzai e mi infila il cappotto, lei mi imitò e insieme, mano nella mano, camminiamo fino alla porta di casa sua. Troppi pochi passi.

Aprii la porta e feci un passo all’esterno. Santana rimase in casa, le nostre mani ancora unite non davano segno d volersi lasciare.

“Grazie per la serata.”

La sua voce mi riempì piacevolmente le orecchie. L’avrei tenuta in mente per tutta la notte, per tutto il giorno successivo, per quello dopo quando proprio quella voce l’avrebbe svegliato annunciando l’orario e il tempo di New York.

“Buonanotte!”

Quello era il momento del bacio. Succedeva sempre al cinema. Non volevo però rischiare di solcare un limite che era stato invisibilmente segnato.

Le lasciai la mano e mi voltai pronta ad attraversare la strada ma lei mi fermò e senza che potessi capire cosa stesse succedendo le sue labbra avevano sfiorato le mie e velocemente si erano ritirate sorridenti e soddisfatte.

“Buonanotte biondina!”

Mi sussurrò ed io al settimo cielo dovetti lottare per non cadere come una pera cotta in quel poco tratto di strada che affronta l’istante dopo.
Salii in macchina e pregai per la sua accenzione, Quando il motore, dopo un paio di singhiozzi, diede segno di vita imprecai.

“Sei uno stronzo!”

Diamine! Non poteva accendersi diverse ore prima?
Mi sfiorai le labbra ancora inredula. Aspettai diversi istanti e poi partii. Il viaggio verso casa sarebbe stato lento con quel catorcio ma per lo meno potevo ripensare tranquillamente alla serata.





Santana



Bittany era speciale, non era strana. Lo capii quando iniziò a spiegarmi del perchè io fossi il suo nuovo sogno.
Quel calore allo stomaco tornò più forte di prima. Avrei voltuo baciarla, accarezzarle il volto, amarla anche se non sapevo cosa fosse davver l'amoe. Non meritava altro, quella ragazza era stata creata per essere amata e chi ero io per non farlo?

Mi aveva detto che voleva rendere qella serata ricordabile. Non l'avrei scordata mai. Non lo sapevo ancora ma, una seconda volta, con tranquillità e con cura, tolse un mattone dalla mia immenza muraglia.

Non sentii il bisogno di dire niente. Cosa potevo dire all'unicorno più bello che avvessi mai visto? Una parte di me continuava a dirmi di smetterla, di tornar ad essere una stronza, l'altra, quella che stava vincendo, mi disse di non allontanarla per nessuna ragione al mondo.

Poco dopo la nostra serata giunse ad una conclusione. Le diedi il baci della buonanotte, il bacio più casto che avessi mai dato in vita mia. Era la prima volta (dopo Rudolf si chimava così? che non uscivo con una ragazza per sesso).

Aspettai che la macchina partisse. non volevo di certo che tornasse a casa a piedi da sola.

Quando, dopo mezz'ora, mi lasciai andare sul materasso di camera mia il mio cuore sentì la necessità di abbracciare Brittany che, purtroppo, non c'era. Non avevo il desiderio di portarmela a letto, volevo solo abbracciarla; stringerla a me e baciarla.

L'attimo prima di addormenarmi posai la mano destra sulla fronte. Volevo assicurarmi di non avere la febbre. La mia temperatura era nella norma ma, sicuramente, dovevo aver preso una malattia, una malattia parecchio grave.

Mal d'amore.







Serendipity's Space

il mio ritardo è imperdonabile, lo so.Spero che con questo nuovo capitolo possa scusarmi. Aspetto vostre recensioni. Mi fa davvero tanto piacere leggere cosa pensate e ringrazio tutti coloro che continuano a seguire le me fanfiction e che mi lasciano commenti.

Con la fine di Glee siamo tutti un po' più sensibili. presto vorrei scrivere anche qualcosa riguardo alla Brittana nel futuro visto che gli scrittori non si sono degnati di farci sapere qualcosa. A presto :3


 

 

 

   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Glee / Vai alla pagina dell'autore: calmali