Banderuola
Quando
Touko aprì gli
occhi si trovò completamente spaesata e senza la minima idea
della sua
locazione. Sentiva i muscoli dolerle e la vista parecchio appannata la
metteva
ancor più in uno stato confusionale. Fu la voce allegra dell’infermiera Joy
che le dava un “bentornata tra noi” a farle capire
che si trovava stesa nel
letto di un centro Pokémon, evidentemente poco lontano da
Soffiolieve. Si guardò
le braccia e represse
una smorfia
vedendo che erano attaccate a delle fastidiose flebo. Si sentiva debole
come
non mai ma la cosa peggiore era il mal di gola che provava, evidente
conseguenza del fumo inspirato. Aveva tanta sete ma al tempo stesso
sentiva una
nausea terribile e la testa le girava vorticosamente.
Provò a muovere qualche
muscolo ma non aveva il pieno controllo del suo corpo che le sembrava
staccato
dal resto. Al contrario le sue facoltà mentali erano
assolutamente illese,
ricordava alla perfezione ogni singolo istante vissuto e sentiva un
forte
dolore crescerle nel petto, sempre più preponderante. Erano
per lo più sprazzi
di qualcosa che sembrava un incubo più che la
realtà e le passavano di fronte
agli occhi continuamente, radicando così nel suo cuore
un’ancestrale paura che
le mozzava il fiato.
Ad un tratto l’infermiera
Joy proruppe all’interno del suo campo visivo con una garza
tra le mani e,
ignorando completamente i lamenti della paziente, le cambiò una flebo.
Poi con
un sorriso incoraggiante le fece cenno di attenderla un momento e
uscì spedita
dalla stanza lasciando la ragazza ancora più sola con i suoi
pensieri negativi
come compagni. Stanca di quella situazione alzò di poco la
testa per osservare
lo stato in cui versava.
Almeno non aveva
riportato ustioni gravi e tanto meno era morta in quella che sembrava
un’impresa
disperata eppure cos’era quel sentimento che dal profondo del
cuore le lacerava
l’animo? Un solo dettaglio pareva non voler ritornare alla
memoria, come un
pezzo di un puzzle che non vuole essere messo al suo posto. Uno stato
di
confusione la prendeva non appena provava a pensarci e la lasciava
senza fiato,
più spaventata che al risveglio. Poteva sforzarsi
all’infinito ma quel
particolare era irraggiungibile e più tentava più
lo vedeva allontanarsi,
lasciandole un senso di grande amarezza e impotenza. Eppure
c’era una voce
dentro la sua testa che le diceva che era meglio così, che
se fosse venuta a
conoscenza di quel dettaglio probabilmente sarebbe stato peggio,
così la
ragazza assecondò la sua coscienza e si mise in attesa
dell’infermiera. Dopo
qualche minuto ella rientrò con un grosso bicchiere colmo
d’acqua e il suo
solito instancabile sorriso che alla lunga nauseava la più
che irritabile
Touko.
«Come ti senti cara?»
chiese questa con tono mielato.
La ragazza però non
riuscì a rispondere, la gola le doleva troppo e la sua
attenzione era ora
focalizzata sul bicchiere che straripava d’acqua fresca, un
detergente per la
sua sete incommensurabile.
«Fai piano però!» le
sorrise ancora l’infermiera intuendo la
tacita richiesta della brunetta e porgendole gentilmente il bicchiere.
Prima però ebbe cura di
staccare uno dei tubi dal braccio di Touko che finalmente
poté alzarlo e
prendere liberamente il bicchiere. Non appena l’acqua fresca
le raggiunse la
gola la ragazza sentì il bruciore affievolirsi leggermente
ma fece comunque
fatica a deglutire ed anzi iniziò a tossire senza controllo.
«Ti avevo avvertita,
dovevi far piano!».
La brunetta annuì e finì
di trangugiare il bicchiere seppur a fatica. Poi provò ad
articolare parola ma
dalle sue corde vocali uscirono solamente dei borbottii sommessi e
rochi.
«Non sforzarti, hai
ancora la gola debilitata e…» per un secondo il
sorriso dell’infermiera si
incrinò «Devo darti il responso del tuo
esame».
A Touko
quell’affermazione non colpì affatto visto che
nemmeno ricordava di aver fatto
un esame ma incapace di poter far altro stette a sentire.
«Non hai gravi lesioni o
ustioni e questo è un gran bene, sei stata fortunata
però… beh i tuoi polmoni…
sono danneggiati…».
Il volto della brunetta
era inespressivo di fronte ad una simile informazione, non tanto per un
forte
autocontrollo, ma piuttosto perché non sapeva che cosa
comportasse questo
fatto. Probabilmente anche la donna in quel momento lesse nel suo
sguardo la
più completa confusione visto che raddolcì il
sorriso. La brunetta però si
accorse di quel gesto che inspirava pietà perciò
distolse lo sguardo e tentò
nuovamente a parlare.
«E.. con ciò…?» chiese a
fatica.
«Hai respirato troppo
fumo ed è probabile che tu possa portarti dietro una tosse
cronica, un fattore
simile accade spesso ai fumatori incalliti ma nel tuo caso.... I tuoi
polmoni
non sono messi affatto bene insomma!» il tono tradiva una
lieve preoccupazione
e nervosismo.
La ragazza dal canto suo
non pareva minimamente infastidita o spaventata ed anzi,
accennò un sorriso e
congedò l’infermiera che titubante e incredula
uscì. La brunetta aveva solo
bisogno di stare da sola per ragionare a mente lucida sui fatti
avvenuti… ora
che ci pensava non sapeva nemmeno da quanto era là. Potevano
essere passati
giorni, sua madre poteva anche essersi già ristabilita anche
se con la ferita
che le aveva visto inferta ne dubitava fortemente. Magari le avrebbero permesso di alzarsi e lei
avrebbe potuto andarla
a visitare, voleva vedere come stava e poterle parlare con calma dopo
tanto
tempo. Forse sarebbero riuscite pure a ricostruire insieme una nuova
vita.
Così, senza chiedere
nulla a nessuno, si alzò a fatica da quello scomodo lettino
e mise delle ciabatte
di cotone che giacevano ai piedi del letto. Indossava un pigiama color
crema
con il logo del centro Pokémon e sicuramente il suo aspetto
non era certo dei
migliori però per la prima volta dopo tanto si sentiva
positiva e pronta ad affrontare
sua madre. Si erano salvate quasi per miracolo, questo le aveva dato
una nuova
marcia e le aveva giovato allo spirito in modo preponderante. Bastava
non
pensare a quel dettaglio dimenticato e tutto andava bene. Appena uscita
dalla
camera però si ricordò che non aveva la
più pallida idea di dove andare, così
girovagò per qualche stanza fino a trovarsi nella sala dove
di solito
l’infermiera accoglieva i clienti. Questa era vuota e chiusa
al pubblico
evidentemente per la presenza di feriti e superstiti
dell’incendio, quindi la
brunetta se ne curò poco. Le diede molta più
preoccupazione la vista di Red
accasciato su una poltrona, con la testa tra le mani e gli stessi
vestiti
sporchi di fuliggine che aveva indosso a Soffiolieve.
«Ehi!» lo chiamò lei a
gran fatica avvicinandosi.
Per tutta risposta lui le
rivolse uno sguardo vacuo, allarmato e al contempo malinconico. Touko
gli si
sedette accanto indecisa sul da farsi e provò a sorridergli
come aveva fatto
con lei l’infermiera Joy anche se non ottenne lo stesso
risultato.
«Sembri costipata se
sorridi così…».
«Almeno so che non stai
male!».
«Sei così positiva oggi.
Che ti hanno dato come sedativo?».
«Io in realtà mi stavo
preoccupando per te…».
«Tranquilla» il corvino
le fece un sorriso tirato, uno dei più falsi che la ragazza
avesse mai visto.
Non era da lui fare così,
doveva esserci in ballo qualcosa di grave.
«Ora tu mi dici cosa è
successo!» la voce era ancora roca e parlare le faceva male
ma lei era decisa
ad andare a fondo su tutta la faccenda.
«Cosa che probabilmente
non sai è che durante l’incendio a Soffiolieve di
ieri i Plasma hanno attaccato
anche Ponentopoli e Boreduopoli» iniziò Red
stancamente ma venne prontamente
interrotto.
«E lì che danni ci sono
stati?».
«Non ingenti, i Ranger
sanno darsi da fare…».
«Stai forse cercando di
dirmi che Soffiolieve è stata svantaggiata?» il
tono della ragazza tradiva un
certo disappunto.
L’altro fece spallucce.
Non voleva trattare questo argomento visto che anche dalla sua gli
pareva
estremamente ingiusto, ma comunque in mancanza di prove concrete non
poteva
dire nulla e non era nemmeno il tipo che traeva le conclusioni
affrettate. Dalla
sua Touko stava cercando di trattenere la rabbia che sentiva salirle in
petto,
per l’ennesima volta si sentiva tradita da persona che in
realtà avrebbero
dovuto aiutarla e nuovamente si sentiva in colpa per la triste sorte
della
cittadina, non aveva potuto fare poi molto e continuava a
rammaricarsene.
Decise di darsi però una calmata optando per una visita da
sua madre che
sicuramente le avrebbe dato parole di conforto.
«Sai dove posso trovare
mia madre?» chiese quindi sforzandosi di non alterare la voce.
Red tentennò, cosa che
non sfuggì allo sguardo indagatore della ragazza che
corrugò la fronte.
«Lei non si è ancora
svegliata mi spiace, appena ci sono miglioramenti sarai la prima a
saperlo».
Stranamente Touko non fu
scossa da quelle parole, forse perché le erano state dette
con innato candore e
con un sorriso di tranquillità,
forse
perché in fondo doveva aspettarselo, con la ferita rinvenuta
certamente non
avrebbe potuto riprendersi con molta facilità. La prese bene
come notizia e
anzi sorrise comprensiva e si alzò lentamente dalla comoda
poltrona.
«Dove credi di andare
ora?».
«Devo parlare con
Bellocchio riguardo situazione della regione e non provare a dirmi che
devo
riposare perché non ti ascolterò!» lo
disse velocemente come se le costasse
ammettere che era preoccupata per Unima.
Red non proferì parola,
fece un altro sorriso tirato e si riportò le mani alle
tempie tornando ad immergersi
trai suoi pensieri. La brunetta quindi corse verso la stanza dove si
era
svegliata e trovò appoggiati alla sedia dei vestiti un
po’ sgualciti ma
comunque mettibili. Li indossò in fretta e ritirò
dal bancone del centro le sue
Pokéball ammettendo a sé stessa che il loro
contatto le era immensamente
mancato.
Dopo essere uscita e
aver preso una buona boccata d’aria pulita
dedusse che la sua locazione era la calma cittadina di Levantopoli,
d’altronde
era una delle città attrezzate più vicine a
Soffiolieve. Per un momento fu
anche tentata di vedere i resti del suo paese natale ma si
bloccò maturando in
cuor suo la consapevolezza che non avrebbe retto a quella terribile
vista. Era
ancora emotivamente debole e nonostante le fosse ritornato un tenue
sorriso
sulle labbra non voleva rischiare di rovinarlo. Chiamò
Zekrom affinché la
portasse allo studio di Bellocchio, alloggio provvisorio per la sua
permanenza
in quella regione. Egli infatti si era stabilito nella vicina
Zefiropoli e
Touko gli aveva dato potere di poter mobilitare i servizi di Unima in
modo tale
da avere sulle spalle una minore responsabilità, ritendendo
l’uomo una persona
capace e ferrata in materia. Dunque in questa situazione il maggior colpevole era
proprio lui che aveva
speso meno forze per la piccola cittadina di Soffiolieve o lei, che
aveva
delegato delle importanti mansioni a un’altra persona?
Eppure nonostante questi
dubbi e queste perplessità su Touko splendeva una nuova
luce, un chiaro sorriso
le illuminava il volto mentre anche gli occhi sembravano tornare al
loro antico
splendore. C’erano ancora molte difficolta, i Plasma e il
rapimento di N prime
tra tutti, eppure sua madre era lì con lei, si erano
ricongiunte e nulla
avrebbe potuto farla più contenta. Anche volare in quel
cielo, che ora le
sembrava essere ritornato limpido, era per lei motivo di meraviglia,
anche se
preoccupata sorrideva ed era certa in un qualcosa di migliore. Non
sembrava più
lei e se qualcuno l’avesse vista probabilmente non
l’avrebbe riconosciuta.
Aveva tutta l’intenzione di parlare con Bellocchio in modo
pacifico e
tranquillo ascoltando le sue ragioni senza impazzire come era solita a
fare. Voleva
essere una nuova Campionessa.
Non appena Zekrom atterrò
la ragazza non perse tempo e si diresse a gran velocità
verso lo studio
dell’uomo, pronta anche ad una eventuale sgridata.
Ciò che non si sarebbe mai
aspettata però fu la freddezza e la cattiveria con cui lui
la accolse. Lei
sapeva di non avere mai avuto buoni rapporti con il detective ma questo
andava
al di là delle sue peggiori aspettative.
«Bellocchio…» c’era
timidezza nella sua voce, paura di una possibile reazione e tensione
per la situazione
che stava vivendo.
L’uomo posò la sigaretta
nel posacenere e la fissò serio, senza parlare. La brunetta,
che tutto si aspettava
tranne questo, iniziò a sentirsi a disagio e quel sorriso
che prima l’aveva
accompagnata le parve stupido e fuori luogo.
«Bellocchio, dobbiamo
parlare» cercò di dare serietà e
contengo a ciò che diceva per attirare maggiore
attenzione.
«Sentiamo!» l’uomo pareva
derisorio e sprezzante.
«Mi è giunta voce che tu
abbia mandato la maggior parte dei Ranger a Ponentopoli e Buredupoli,
perché?».
«Ponentopoli è stata
devastata dall’esplosione dell’aeroporto di Anemone
mentre a Boreduopoli hanno iniziato
a crollare edifici senza motivi apparenti».
Bellocchio aveva detto
tutto ciò in un minimo tempo, senza pause o respiri e
nonostante la sua
spiegazione paresse plausibile era chiaro che non aveva risposto alla
reale
domanda della ragazza, cosa che l’aveva sustata non poco.
Già il sorriso di
poco prima andava scemando.
«Non ti ho chiesto
questo…» la frase le uscì poco
più di un flebile sussurro e non venne recepita
dall’uomo che ritornò con lo sguardo alle sue
scartoffie.
Touko rimase immobile,
smise quasi di respirare per concentrarsi sulla situazione improbabile
che
stava vivendo. Sapeva di non avere molto potere verso
quell’uomo dal passato
misterioso ma tutto questo la stava facendo perdere la pazienza di cui
suo
malgrado si era munita durante il breve tragitto. Era pur sempre la
Campionessa, doveva ascoltarla e l’avrebbe ascoltata.
«Bellocchio rispondimi!».
In tutta risposta questo
alzò un sopracciglio guardando in modo seccato verso la
ragazza che però non si
lasciò impressionare. Poi calmo si rialzò dalla
poltroncina, divenendo agli
occhi della brunetta sempre più grande e sempre
più sfacciato.
«Ora…» biascicò quasi
impercettibilmente prima di mettersi a sghignazzare come innervosito
«Ora me lo
chiedi. Cos’è, di colpo ti è venuta
voglia di fare la Campionessa e di
prenderti qualche responsabilità? Ora che è
successo ciò che è successo ti
svegli dal tuo sonno incantato e decidi di intervenire? Ora ti senti
tanto potente
da venire qui e dirmi ciò che devo fare?».
Le parole dell’uomo
travolsero Touko come un fiume in piena e la sua mente venne
trasportata celeramene
da quella corrente, affogò in quei sentimenti amari che da
sempre insediavano
le sue ormai vane difese. Lo sapeva. Ovvio, non era stupida, lo sapeva
che
quello era sempre stato il pensiero di Bellocchio e non solo il suo.
Era
consapevole che per quanto d’ora in avanti si fosse sforzata
di divenire una buona
rappresentante per Unima lei non sarebbe mai stata guardata con
rispetto, ma
sarebbe stata sempre additata come un’immatura e
un’incapace..
Quelle parole le erano
state rivolte così tante volte che ora lei stessa dubitava
della loro
veridicità, quella maschera di freddezza era
l’unica debole difesa che le restava
ma nemmeno lei sapeva per quanto avrebbe resistito. Era umana dopotutto.
«Se me ne sono resa conto
ora è solo perché ho iniziato a vedere Unima con
occhi diversi, ho visto
innocenti morire!» nonostante il tremore cercò di
dare un tono determinato e
autoritario alle sue parole mentre smarrita si chiedeva dove fosse il
sorriso
che prima l’aveva accompagnata.
Quella gioia era stata
solo un dono momentaneo destinato ad essere cancellato? Era
così volubile?
Cos’era ora quell’oppressione che sentiva in petto,
quella goccia intrappolata
tra le lunghe ciglia che le dimostrava ancora una volta la sua
debolezza? Ecco
che i fantasmi tornavano senza darle tregua mozzandole quel pensiero di
speranza e leggerezza che l’aveva allietata prima. Il baratro
era nuovamente
troppo vicino, la rete per il suo numero di funambolismo si stava
sciogliendo
mentre lei si sentiva nuovamente piccola e persa in un mondo troppo
grande e inadatto.
«La prossima volta vedi
di essere più presente, altrimenti non venire a lamentarti
delle mie scelte, a
volte è questione di priorità!»
Bellocchio parlava, sbraitava, ma c’era un
fondo di malcelata tristezza che si poteva leggere nei suoi occhi.
«Perché Soffiolieve?
Perché lasciarla così al suo destino? Poteva
essere salvata ma solo quattro
Ranger sono stati mandati…».
«Vuoi veramente saperne
il motivo?».
No, non voleva conoscerlo
perché già lo intuiva.
«Dimmi…».
«Ti ho detto che altre
città, maggiori di Soffiolieve sono state attaccate. La
priorità è stata loro»
chiaro semplice e coinciso.
Per Touko quelle parole
però furono anche dolorose, come si poteva dare
priorità alle vite umane?
Quello che diceva era senza senso, o forse era proprio così
il mondo reale,
luogo dal quale si era protetta rinchiudendosi in una campana di vetro.
Però…
se solo Bellocchio avesse… tutte quelle persone, i
più fortunati avevano perso
la casa, gli altri…
Tutto ciò era
profondamente ingiusto ma chi era lei per parlare di giustizia?
L’unico termine
adatto che le veniva in mente era “codarda”
perché solo ora osava far ricadere
le colpe verso gli altri quando prima di tuto doveva pensare a
sé stessa.
Sapeva anche questo difatti, era conscia di aver sbagliato sin da
principio e
di non poter ricevere trattamento diverso da questo, eppure
c’era quella parte
orgogliosa che non le permetteva di fare un passo indietro, non in quel
preciso
caso, non di fronte a quell’uomo che tanto le era odioso.
«Ti pare giusto!? Questa
ti sembra una buona motivazione?» la conversazione si stava
facendo accesa.
«La Campionessa ha
qualcosa da ridire? Forse è arrivata un po’
tardi…».
«Tu sei un mostro! Sei
responsabile di una strage!».
«E mandare più Ranger al
massacro…?» il volto di Bellocchio era deformato
dalla rabbia «Anche se il
mostro qui non sono io… credevi non fossi a conoscenza dei
fatti di Spiraria?».
Nulla. Il cuore di Touko
cessò di battere per qualche terribile secondo. Si
portò lentamente le mani al
petto per accertare di essere ancora viva e sentì la testa
pulsarle forte. Il
solo ricordo di quella vicenda la metteva in un terribile stato di agitazione,
facendola sentire
colpevole come non mai. La vista del mare le riusciva ora
insopportabile e le
portava a galla momenti orribili.
«Immaginavo» fu l’unica
cosa che riuscì a dire mentre si contorceva nervosamente le
mani.
Forse era meglio uscire
da quello studio all’istante e dimenticarsi di quella
catastrofica
conversazione, d’altronde era così ormai che
andava avanti. Sarebbe tornata al
centro Pokémon e avrebbe assistito alla guarigione di sua
madre, non importa
quanto lunga sarebbe stata, e poi… un pensiero le rimbalzava
in testa da giorni
ormai ma non era sicura lo avrebbe concretizzato. L’aprirsi
della porta alle
sue spalle la ridestò dai suoi pensieri mentre vedeva
l’espressione di
Bellocchio mutare di fronte alla vista del nuovo arrivato.
Anche lei si voltò
curiosa quando un brivido le attraversò la schiena. Ghecis.
L’uomo era in carne e
ossa di fronte ai loro occhi increduli. Indossava il solito mantello
anche se
la corporatura era smagrita e gli occhi verdognoli infossati. Era
sciupato ma
pur sempre pericoloso.
«Vi avverto: una sola
mossa da parte vostra e scatenerò le mie reclute. Sono solo
qui per parlare» la
voce era quella che Touko ricordava, proveniva direttamente dai suoi
incubi.
L’uomo si appoggiò bene
al bastone ligneo mentre attendeva una qualche risposta dai due
interlocutori,
troppo scioccati però per poter anche solo articolare un
pensiero di senso
compiuto. Fu Bellocchio il primo a rinsavire e minaccioso gli si
avvicinò.
«Esci fuori di qui! Vi
abbiamo fatti fuori una volta, ritiratevi e non ti arresterò
qui seduta
stante!».
«Già questa tua proposta
mi fa capire che temi il mio Team…» Ghecis era
sempre stato bravo con le parole
mentre Bellocchio era per lo più un uomo impulsivo.
E Touko? Cosa ci faceva
lei lì in mezzo? Non voleva rivivere l’esperienza
passata, essa le aveva
portato solo guai e dolore. Però quell’uomo era
colpevole di innumerevoli
misfatti, la piccola parte coraggiosa che ancora albergava in lei
cercò di
lottare per venire fuori.
«Vattene» atona e gelida,
non sembrava neanche provenire da lei.
«Avanti cara, non ti
piacerebbe farmi qualche domanda?».
«Preferirei tu
scomparissi dalla faccia della terra…».
«Oh ma così scomparirebbe
anche Natural e noi non vogliamo vero?» quel tono ruffiano la
mandava in bestia
«Non mi hai detto come sta mio figlio…».
«Maledetto!» urlò mentre
con un balzo gli arrivava appresso, portandogli le mani alla gola.
«Maledetto, maledetto!
Dimmi dov’è!» il vecchio non stava
opponendo resistenza mentre l’odio accecava
la brunetta sempre più.
«Touko smettila!» la
redarguì Bellocchio prendendola per i fianchi e
strattonandola per farle
mollare la presa.
Lei obbedì e si staccò
dal vecchio che ormai ansimava con occhi vitrei. Anche lei era
immensamente
stanca, solo quel gesto le era costato mentalmente uno sforzo atroce e
le sue
precarie condizioni fisiche non l’aiutavano. Si
accasciò sconfitta a terra
senza però versare lacrima.
«Allora ti interessa…»
biascicò ansante Ghecis.
Sì, le interessava sapere
dove N fosse finito. La loro ultima conversazione era stata un litigio
e doveva
ancora dirgli tante cose prima di lasciarlo andare. Erano stati lontani
per
anni e ora lui le era scivolato via nuovamente, proprio sotto il suo
naso e la
consapevolezza di non sapere dove fosse o come ritrovarlo la dilaniava.
«Sai anche lui era a
Soffiolieve ma immagino tu te ne sia accorta…».
Cosa aveva appena udito
la povera Touko? Eccolo nuovamente quel fastidioso dettaglio che le
aveva
tenuto occupata la mente al risveglio. Il ricordo di un drago bianco
simile in
tutto e per tutto a Reshiram ora troneggiava nella trai suoi pensieri
togliendole la tanto agognata pace.
«Basta Ghecis!» questa
volta era stato Bellocchio ad intervenire ricevendo come risposta una
fugace
occhiataccia.
«No…» la brunetta
scuoteva la testa mentre riprendeva a tremare.
«Diciamo pure che lui ha
fatto il grosso!».
«Non ti credo!».
«Ah no?» ne seguì una
risata distorta «Allora lo vedrai con i tuoi
occhi… Natural vieni!».
Come nel più surreale dei
sogni le orecchie di Touko smisero di percepire il minimo suono, i suoi
occhi
videro offuscati i colori dello studiolo del detective e la sua mente
si
spense, incapace di connettere tutti quegli stimoli. L’unico
che batteva ora
era il cuore, ma non in modo pacifico quanto impazzito e senza freno,
spaventato e in fuga da un mostro terribile, creatura la quale si
palesò
proprio in un preciso istante nel quale la brunetta
focalizzò la sua attenzione
nella figura che lentamente stava entrando.
Teneva i capelli non più
raccolti nella solita coda, spuntati e con una parvenza
d’ordine. Indossava un cappotto
blu notte a collo alto che
lasciava
liberi solamente i polpacci coperti da pantaloni neri. Occhi vuoti, dai
quali
nessuna emozione pareva trasparire, squadravano l’ambiente
con un misto di
spavalderia e curiosità mentre le labbra screpolate erano
incurvate in un
sorriso beffardo.
«Natural, ti presento la
nostra Campionessa ma credo che tu la conosca
già!» l’eco della voce di Ghecis
la raggiunse in lontananza mentre lei ancora faticava a capacitarsi di
ciò che
stava vedendo.
Tutto ciò era
impossibile. Doveva essere un sogno, anzi un incubo. Probabilmente si
trovava
ancora stesa su un lettino perso in chissà quale centro
Pokémon in attesa di
cure. E quindi, come poteva destarsi da quell’orribile
dimensione onirica? Voleva
svegliarsi, voleva andarsene, perché non poteva fuggire,
perché rimaneva sempre
intrappolata in quella vita che beffarda non le dava un attimo di pace?
«Pensavo fossi felice di
rivedermi..» la voce di N era però troppo reale,
quasi palpabile.
«No…».
Il tremore alle mani non
accennava a smettere, il suo cuore sembrava essersi trasformato in una
mandria
di cavalli al galoppo. Lei avrebbe voluto alzarsi e correre ad
abbracciarlo ma
le sue gambe erano paralizzate e per di più sentiva appresso
uno strano senso
di inadeguatezza, unito ad un terribile presentimento che non si
capacitava a
spiegarsi.
«Sai mi sono divertito a
Soffiolieve, un’esperienza da ripetere» come faceva
a essere sarcastico, Touko
non lo capiva.
«Perché l’hai
fatto…?».
«Sto rivalutando gli
ideali del Team Plasma!».
No quello non era il
Natural che lei conosceva, non poteva essere la stessa persona che era
arrivata
alla Lega implorando il suo aiuto.
«Tu menti…» ora le parole
della brunetta stavano acquisendo determinazione.
«Come?».
«Tu stai mentendo!» urlò
in preda a mille emozioni fiondandosi su di lui senza concrete
intenzioni, ma
venendo immediatamente bloccata dal ragazzo.
«Come sei piccola
Campionessa» le sue parole erano taglienti, la sua stretta
attorno al collo
sempre più forte «Puoi crederti ciò che
vuoi ma entrambi sappiamo che sei una
persona vuota, una banderuola. Non sei in grado di fare
nulla…».
Touko soffocava e assieme
all’ansia le si aggiungeva pure la consapevolezza che
ciò che diceva N era
crudele ma terribilmente vero. Lui forse l’aveva sempre
saputo e poteva essere
stato questo motivo a farlo partire tempo prima. Era sempre colpa sua,
perché non
la smettevano tutti di aspettarsi qualcosa da lei e la lasciavano
stare, ora
anche N se ne era reso conto, le sue più grandi paure si
materializzavano una
ad una. In pochi secondi gli occhi presero a bruciarle mentre le
lacrime le
scendevano lentamente.
«Sai mi sono reso conto
di una cosa… immagino tu sia curiosa»
continuò a sibilare mentre le sottili
dita della brunetta cercavano di allentare la presa del ragazzo.
«Io ti odio Touko, ti ho
sempre odiato! Tu non vali nulla, sei debole!».
Altre lacrime, la ragazza
ormai non ci vedeva più. Era arrivata a desiderare che N la
strozzasse
piuttosto che ascoltare ancora quel velenoso discorso.
«Ma c’è qualcosa che
nessuno ti ha detto…».
«Non dirlo!» Bellocchio
sembrava ancor più agitato.
«Oh chissà come
reagir...».
«Fermo, lasciala!» Red
spalancò la porta con una spallata, teneva in mano una
Pokéball e lo sguardo
era fisso sul Principe. Come fosse arrivato a Touko non importava,
sapeva solo
che avrebbe preferito che lui non potesse assistere a quel pietoso
momento. N
dalla sua grugnì con disapprovazione facendo cadere la ormai
inerme Campionessa
che non tentò nemmeno di coprirsi il volto ed anzi rimase
immobile come in
attesa dell’esecuzione.
«Nessuno cara mia ti ha
detto una conseguenza importante dell’incendio!» il
ragazzo urlava mentre anche
Red era attonito e incapace di agire, forse sorpreso dalla situazione.
«Credi davvero che tua
madre sia ancora viva? Beh, sappi che non è
così!».
L’affermazione rimase
sospesa nel vuoto, il silenzio sembrava aver avvolto l’intero
studio. Nessuno
fiatava mentre la mente di Touko, impreparata al terribile impatto di
quella
informazione, impazziva letteralmente. Sua madre, la persona che anche
se per
poco tempo le aveva acceso una tenue luce di speranza, la donna che
aveva
ritrovato dopo tanto tempo di lontananza ora non esisteva
più. Era stata uccisa
dalla negligenza di sua figlia che ora non poteva far a meno di
sentirsi male
al pensiero della sua colpevolezza. Avrebbe dovuto fare di
più, aveva fallito
anche lì, che le rimaneva ora?
Il suo primo sentimento
fu una tristezza sconfinata, un dolore così grande mai lo
aveva provato in vita
sua. Era come se il suo cuore le dolesse dalla tanta malinconia che
provava, le
sembrava di frammentarsi in piccoli pezzi, di non avere più
una strada da
seguire, di essere completamente persa. Le lacrime ora le inondavano il
volto
mentre lei era incapace di pensare alcunché se non
proiettarsi all’infinito
l’immagine di quella donna che tanto amava nella mente,
cercando di imprimersi
nel cuore quel sentimento, volendo sprofondare nell’amarezza.
Come avrebbe
fatto a non sentire più il suono della sua voce? Era
distrutta, incapace di
reagire né di pensare ad altro. Stava cadendo in quel
baratro ora, lo sentiva,
percepiva un freddo tagliente penetrarle fin dentro le ossa facendole
provare
un dolore indescrivibile. Avrebbe voluto tornare indietro, desiderava
salvarla
o morire al posto suo ma ciò era impossibile. Ora era sola.
Lo era sempre stata
ma sua madre… no anche quello non poteva essere vero. Eppure
le bastò un rapido
sguardo verso Bellocchio per capire che lui lo sapeva, tutti ne erano a
conoscenza.
«Il nostro detective non
vuole dirtelo ma ha dato più importanza ad altro che alla
salvezza di quella
povera donna..» era la voce stridula di Ghecis a parlare o un
rimbombo del suo
subconscio?
Però c’era dell’altro.
Dopo l’infinito dolore
una nuova fonte alimentò il battito del suo cuore: era la
rabbia. L’odio si
impossessò del suo corpo, fondendosi con la sua anima ormai
troppo stravolta
per opporre resistenza. Era proprio una banderuola, N aveva ragione. La
gente
la odiava e lo avrebbe sempre fatto, era stanca anche di questo, se la
vedevano
come un mostro allora la su trasformazione sarebbe divenuta completa.
La
pallida luce che per un momento l’aveva riscaldata era stata
troncata da motivi
che non voleva conoscere e da persone che erroneamente aveva il diritto
di
odiare.
Bellocchio, Belle, Komor,
N… tutti l’avevano delusa, ma forse era lei la
prima colpevole. Sì, era così,
eppure la rabbia non accennava a diminuire. Un solo pensiero le
martellava in
testa. Doveva dire “basta” a tutto questo, lei era
già morta e, anche se questa
condizione durava da tempo, solo ora se ne accorgeva in modo pienamente
consapevole. E poteva decidere quello che da tempo era solo un lontano
eco.
Alzò lo sguardo, ormai
reso pregno di sentimenti contrastanti ed incontrò gli occhi
stanche di Red. E
al poi ragazzo bastò solo quel gesto, la vista di quel
riflesso non umano, per
capire e per temere. Perché lui riconosceva quello che la
brunetta provava e
non poteva che averne paura, era solo la premunizione di una scelta che
avrebbe
cambiato le vite di molti, in primis quella della ragazza. E solo una
frase occupava in
quel momento la mente già satura
di pensieri del corvino.
“Touko, ne sei davvero
sicura?”.
La Cioccolateria
di Guna
Perché
quando si crede nella morte di qualcuno questa
persona ritorna. Quindi… emh… bentornati? No
davvero sono terribilmente
dispiaciuta per il ritardo ma ahimè è venuto
fuori che bisogna studiare ancor più per le verifiche (ma dai) quindi il tempo per scrivere
è diminuito
drasticamente. E poi sono stanca, le interrogazioni mi sfiancano e
mentre prima
scrivevo di sera ora mi si chiudono gli occhi. Ok, forse gli
aggiornamenti
saranno un po’ a rilento ma vi prometto che continueranno,
non mollerei per
nessuna ragione questa storia. Quindi vi ringrazio per
l’infinita pazienza e
spero che il capitolo non vi abbia deluso (non so a me pareva strano,
incrocio
le dita). Ringrazio Allys e Rovo che hanno recensito lo scorso capitolo
e la
mia cara sorellina che non si aspettava questo aggiornamento e
l’ho un po’
presa in contropiede. Cara Ink *linguaccia*
Ok scemate a parte grazie per il supporto e al
prossimo capitolo!
(e si nel caso non ve ne foste accorti questo è lungo,
tanto anche, il più lungo mai scritto. Gioite forza
figlioli).