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Autore: MiyakoAkasawa    22/03/2015    2 recensioni
Fatti strani cominciano ad accadere nel mondo ma solo Evangeline sente che c’è qualcosa di sbagliato nella piuma trovata tra le mani di un cadavere; una piuma molto simile a quelle delle ali degli angeli che, morti, infestano i suoi sogni da settimane. E tutto è cominciato a causa sua, o meglio, all’anima demoniaca che è annidata nella sua da ancora prima che lei nascesse. I demoni si nascondono tra le ombre e presto molti altri sorgeranno direttamente dall’Inferno e Evangeline si troverà al centro di tutto: una guerra tra i demoni che vogliono riconquistare ciò che gli spetta, la Superficie, e la volontà di una ragazza che intende mantenere integro il suo lato umano a qualsiasi costo. Fortunatamente Evangeline potrà contare sulle forze angeliche: su Declan, anch’egli solo per una parte umano e per un’altra angelo, lo spirito di un angelo mandato direttamente dal Paradiso per uccidere Lucifero. Evangeline dovrà lottare contro la propria natura demoniaca oltre che contro i demoni che insorgono sempre più numerosi dall’Inferno, ma non sa che questi hanno molti mezzi per impossessarsi della sua anima e alla fine non tutto potrebbe andare come sperato...
Genere: Angst, Azione, Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Capitolo II
Il male sta arrivando

 
         Dopo gli strani fatti accaduti in quel corridoio le amiche erano rimaste a scuola per altre quattro ore di lezione e quando suonò anche l'ultima campanella Evangeline se ne andò silenziosa senza salutare nessuno.
         In quelle ore aveva capito che cosa doveva fare: doveva riparlare con il nuovo autista dell'autobus e farsi dire dove esattamente si trovasse quel locale in cui tre giorni prima era morto Dave. Doveva informarsi. Quella storia aveva qualcosa che non andava, le circostanze erano troppo sospette.
         Evangeline prese il primo autobus che avrebbe dovuto riaccompagnarla a casa e vide per fortuna che l'autista aveva rimpiazzato anche quel turno e ora era lì nella sua postazione di guida.
         -Scusi, potrei farle delle domande?- disse Evangeline sicura di sé
         -Tu sei la ragazza di stamattina. Certo, io sono Aaron-
         -Ah piacere, Evangeline-
         -Che nome particolare-.
         L'uomo era molto più giovane del vecchio autista, avrà avuto massimo trentacinque anni. Nonostante la giovane età si notavano già i primi segni di una stempiatura precoce. Probabilmente non si radeva da settimane perché la barba cresceva folta su guance e mento fino a congiungersi con le basette ai capelli color ginger.
         -Già, me lo dicono in molti- ma la ragazza non era lì per una semplice conversazione -Comunque avrei delle domande abbastanza serie riguardo a ciò che ha detto stamattina-
         -Sì, certo, chiedi pure-
         Evangeline raccolte i pensieri e parlò.
         -Stamattina ha detto, se non ricordo male, che Dave è stato ritrovato morto in un locale, forse accoltellato da un gruppo di ragazzini-
         -Sì, la polizia racconta che erano ubriachi e hanno dato il via ad una rissa che purtroppo è finita male-
         -Ed è vero che Dave stringeva in mano una piuma?-
         -Sì. L'hanno raccolta come prova ma secondo me non centra niente con il caso. Ma dimmi, ad una ragazzina come te perché interessano tutte queste cose?-
         Cosa posso dire?
         -Non capitano spesso cose così strane. Non nella nostra città per lo meno-
         -Be questa è una città piuttosto violenta. È piena di rapinatori e altra brutta gente-.
         Non puoi semplicemente rispondere alla mia domanda e basta?
         -Sì, lo so, ma il punto è che non si sente spesso parlare di queste cose. La maggior parte degli omicidi rimane nell'anonimato- continuò: -Ma che tipo di piuma era?-
         -Era una semplice piuma nera, sarà appartenuta a qualche uccello-
         -Sì, senza dubbio- eppure era strano. Non c'era motivo apparente per cui dovesse stringere in mano quella piuma. Poteva avercela addosso incastrata tra le fibre dei suoi abiti, tra i capelli, sulla mano, ma non stretta tra le dita.
         Riprese a parlare: -E in che locale è successo?-
         -Al Record's Pub. Si trova poco fuori dal centro-
         -Ho capito, grazie-
         -Di niente Evangeline-
         La ragazza andò a sedersi in fondo all'autobus che a quell'ora era quasi vuoto. Sapeva esattamente dove si trovasse quel locale. Un altro paio di fermate e sarebbe scesa per proseguire a piedi per circa un chilometro. Sarebbe arrivata sul luogo e avrebbe chiesto informazioni ai passanti, ai gestori, alla polizia, se ancora si trovava lì.
         Doveva mandare un messaggio a sua madre per dirle che faceva tardi: Ciao oggi mi fermo in centro con Hellawe e Nate. Mangio fuori farò un po’ tardi. Ciao
         Di certo non poteva dirle le sue reali intenzioni.
         Dopo alcuni minuti Evangeline chiamò la sua fermata, accennò un saluto ad Aaron e scese. Dietro di lei l'autobus riprese subito la sua corsa e scomparve dietro una curva nel giro di pochi secondi.
         Evangeline si ritrovò sul marciapiede di una lunga strada. Davanti a lei c'era una cancellata che delimitava il perimetro di una scuola e dietro un condominio in stile ottocentesco. Le macchine sfrecciavano veloci e la folla ti impediva di camminare dritto.
         Evangeline andò a destra. Intorno a lei c'erano solo persone dal passo veloce, dai più stravaganti a uomini d'affari in giacca e cravatta.
         Percorse tutta la strada fino ad arrivare ad un incrocio, lo attraversò, continuò dritto e prese la prima a destra. Il Record's Pub sorgeva proprio sulla sinistra, o meglio, quel che rimaneva del locale.
         L'insegna al neon rossa era spenta. Le finestre che davano sulla strada erano esplose verso l'esterno e tutti i frammenti di vetro colorati era sparsi sul marciapiede. Il tetto era in parte crollato all’interno così come i muri del lato destro del locale, tutti anneriti come se fossero stati avvolti dalle fiamme
         Il fumo ancora usciva nero dal soffitto crollato e poco vicino c'era una camionetta dei pompieri con tutti gli uomini in divisa impegnati a risistemare gli idranti usati poco prima. Parlavano tra di loro e con la polizia, impegnata, nel frattempo, a raccogliere prove dell'accaduto e a scrivere i loro rapporti.
         Evangeline era sconcertata. Non sapeva più che cosa pensare. Decine di persone, come lei, osservavano la scena da dietro il nastro giallo piazzato dalla polizia che delimitava la zona dell'accaduto. Fortunatamente il locale a quell'ora era ancora chiuso e nessuno era stato ferito dall'esplosione.
         Evangeline si avvicinò ad un poliziotto a guardia del perimetro. Voleva fargli alcune domande per capire qualcosa di più, ma probabilmente non gli avrebbero detto nulla, non avrebbero divulgato niente di ciò che sapevano.
         Ci tentò lo stesso:
         -Mi scusi, posso farle delle domande?-
         L'uomo la guardò annoiato -Non posso dirti niente su quanto è successo ragazzina-
         -Non le volevo chiedere cosa è successo. È logico pensare che sia scoppiato un incendio-
         -Quindi cosa vuoi?-
         -Volevo chiedere informazioni riguardo a cosa è successo tre giorni fa in questo locale-
         Il poliziotto sembrò spazientito, ma continuò:
         -Ho saputo che un uomo è stato ucciso. È stato accoltellato con un'arma dalla lama piuttosto insolita e che la vittima teneva in mano una piuma quando ne è stato ritrovato il corpo-
         -Non so dove tu abbia ricavato queste informazioni ma sono cose che non ti riguardano-
         -Mi è stato detto da un uomo che conosceva la vittima. Volevo solamente chiedere se poteva darmi qualche informazione in più riguardo a quella piuma. Che significato ha per voi che fate le indagini?-
         -Ti rendi conto ragazzina che queste sono domande a cui noi non possiamo rispondere? Non dovrebbero interessarti affari del genere, tutto ciò che scopriamo non può essere divulgato a terzi-
         Evangeline se lo aspettava.
         -Sì, ma dato che l'incidente è avvenuto in questa città i suoi cittadini hanno il pieno diritto di sapere-
         Forse così ce l'avrebbe fatta ma il poliziotto rispose prontamente:
         -Se proprio vuoi saperne di più, nei prossimi giorni leggi i giornali e guarda i notiziari. E ora è meglio che vai. Torna a casa, una ragazza così giovane non dovrebbe girare da sola in questa parte della città neanche alla luce del giorno-
         L'uomo tagliò corto. Evangeline era sul punto di ribattere quando si sentì afferrare per un braccio. Era un altro poliziotto grande il doppio del suo collega che la stava allontanando dal perimetro.
         -Non hai sentito che ha detto? Fila via-
         Le lasciò il braccio ma rimase in piedi di fronte a lei occupandole tutta la visuale. Non si sarebbe mosso da lì finché la ragazza non se ne fosse andata. Ormai non poteva fare più niente. Aveva tentato ma inutilmente. Non aveva scoperto nulla di nuovo.
         Evangeline si rassegnò e tornò sui suoi passi. Cosa poteva fare ora? Era incredibile quello che era successo. C'era qualcosa sotto, sicuramente l'omicidio e l'incendio erano collegati. Ma tutte queste domande, questi dubbi e questi interessi suscitati in Evangeline erano nati niente meno che da quella strana piuma. Non poteva essere una semplice piuma di uccello. Nascondeva qualcosa di più pericoloso. Se lo sentiva. 
         La ragazza imboccò l'angolo. Ripercorse tutta la strada che aveva fatto prima per arrivare al Record's Pub, ma quando girò sulla strada principale quasi si scontrò con qualcuno.
         Evangeline rimase di stucco.
         Era finita addosso ad un barbone che per poco, debole e gracile com'era, non cadde rovinosamente a terra.
         Aveva un aspetto malato e malridotto. I capelli grigi e sporchi gli arrivavano alle spalle, il mento era coperto da una barba folta anch'essa ormai sbiadita e si riparava dal freddo invernale solo con un vecchio cappotto marrone abbottonato alla bell'e meglio e un cappello di lana blu calato fino alle sopracciglia a nascondere le orecchie.
         -Questi ragazzini di oggi proprio non hanno idea di cosa sia il rispetto-
         Fece una smorfia mostrando i denti marci.
         Si chinò a raccogliere ciò che gli era caduto ma Evangeline, anche se intimorita di fronte a quell'individuo, si prestò a raccoglierlo al posto suo per dimostrarsi gentile verso quel pover'uomo.
         La ragazza notò che era un foglio di cartone malconcio quanto l'uomo e, girandolo, mentre glie lo porgeva, notò che era stato scritto qualcosa a pennarello sulla sua superficie.
         Quello era lo stesso cartello che aveva intravisto alla mattina e ora poté finalmente leggere cosa l'uomo aveva scritto: il male è tra noi.
         La ragazza restò paralizzata di fronte a quelle parole, ma sicuramente il barbone era uno di quei fanatici religiosi che preannunciavano la fine del mondo e altre sciocchezze varie.
         Evangeline fece per voltargli le spalle ma il poveretto le si avvicinò talmente tanto da poter sentire il suo alito che odorava di alcol. A quel punto si spaventò. Poteva accadere di tutto.
         -Tu- gridò lui puntandole il dito al volto -Tu sei maledetta nell'anima!- Bestemmiò e sputò per terra.
         Evangeline non ebbe il coraggio di dire niente. Rimase a bocca aperta incapace di pronunciare alcuna parola.
         -Il male sta arrivando, arriverà da te -.
         Il barbone si immobilizzò, spalancò gli occhi e il suo volto divenne ancora più pallido.
         -Ah ormai sono vecchio e la morte di certo non mi fa paura…-
         Evangeline prese fiato e balbettò:
         -Ma che sta dicendo non capisco-
         -Non puoi negarlo, tu sei qui per uccidermi. Metti fine alle mie sofferenze una volta per tutte-
         -No, davvero io...- Evangeline ebbe l'impulso di scappare. Era spaventatissima. Sentiva il cuore batterle nelle tempie come dopo una corsa e rimbombarle forte nella cassa toracica.
         Fece alcuni passi indietro ma quando il barbone smise di parlare e si rimise dritto in piedi anche Evangeline si fermò, mantenendosi comunque ad una certa distanza. L'uomo puzzava di cassonetti dell'immondizia.
         -Io non sono qui per ucciderti- riprese -Mi dispiace di esserti venuta contro, non ti avevo visto. Non voglio fare nulla di male a nessuno-
         La guardò storto mostrando i denti.
         -Io- fece lui -Io vedo questo mondo con occhi diversi dai tuoi. Vedo le cose come realmente sono, oltre ogni apparenza-
         -E cosa vedi ora?-
         -Vedo te e il male che farai in futuro-
         Evangeline non seppe che dire.
         -Tu non sei chi credi di essere-
         -E allora chi sarei? Vedi anche questo?-
         -Sì, lo vedo, ma va oltre a ogni mia comprensione-
         Evangeline tremava. Le si poteva leggere in faccia la paura che provava. L'uomo se ne accorse ma non ci badò.
         -In qualunque forma esso sia, il male sta arrivando. Sta crescendo, lo sento, e lo sta facendo dentro di te-
         -Cosa intendi dire con “male”?-
         -Quella cosa che ci porterà tutti alla fine. Quella cosa che darà il via all'apocalisse che è stata predetta dal tempo prima che tutti noi nascessimo-
         Evangeline a quelle parole poté permettersi di calmarsi un po'. Quell'uomo la stava spaventando ma alla parola “apocalisse” pensò che si trattasse, come aveva pensato, di uno dei tanti fanatici religiosi che giravano nelle città.
         -Io non credo nell'apocalisse- rispose lei -E tanto meno nel “male” di cui stai parlando. A quante persone racconti queste cazzate?-
         -Solo a te ha senso dirlo. E non sono cazzate come pensi- bestemmiò d nuovo. -Dimmi, non ti succedono mai fatti strani ragazza? Ad esempio...- fece una pausa e la guardò dritta negli occhi così intensamente che lei si sentì smuovere la pancia  -…sogni?-
         Come poteva saperlo? Non era possibile. Poteva essere solo una coincidenza? Quell'uomo non poteva in alcun modo sapere del sogno che faceva tutte le sante notti. E a quel punto le venne un dubbio: se tutto quello che aveva detto riguardo all'apocalisse e all'arrivo del male fosse stato vero? No, non poteva essere, erano solo un mucchio di fesserie.
         -Non te lo aspettavi, vero?- sogghignò l'uomo soddisfatto -E dimmi, da quanto tempo sono cominciati? Una? Due settimane?-
         Evangeline deglutì così forte che anche il barbone ne sentì il suono e a quel punto le rise in faccia.
         -Cominci ad avere davvero paura non è così? Forza dimmi... da quanto tempo?-
         Evangeline era paralizzata -Tre settimane- emise un suono appena percettibile.
         Lui parve sorpreso: -Allora siamo più avanti di quanto mi aspettassi. Non manca molto-
         -Non manca molto a cosa?- Evangeline, però, non era sicura di volerlo sapere.
         -All'arrivo del male- la guardò l'ultima volta per poi girarle le spalle ed andarsene, trascinandosi, lungo il marciapiedi fino a svoltare in una via laterale e sparire dalla sua vista.
         Evangeline non si mosse per almeno cinque minuti. Restò paralizzata con lo sguardo fisso nel punto in cui l'uomo era scomparso e quando ritornò in sé girò i tacchi e se ne andò sulla via di casa senza dire una parola.
 
         Evangeline era sul divano sotto alla coperta. Fuori il cielo era bianco e la neve aveva ripreso a scendere delicatamente sulla città. I suoi genitori erano usciti in macchina e le uniche presenze viventi in quella casa, oltre a lei, erano i due gatti Phobos e Deimos raggomitolati ai suoi piedi al caldo.
         La tv era accesa ma Evangeline non la degnava di uno sguardo. Non le interessava assolutamente niente.
         Le parole del barbone continuavano a tormentarla ronzandogli nella mente: “ il male che sta arrivando”. Ma cosa può significare? E io cosa centro io con tutta questa faccenda?
         Continuava a pensarci. Quell’uomo aveva paura che lei lo uccidesse ma come poteva essere possibile? Non aveva mai fatto del male ad una mosca e se, come aveva detto, quelle storie non le raccontava a chiunque gli passasse davanti ma solo a lei nel particolare allora qualcosa doveva centrare per forza. Ma non riusciva ancora a crederlo reale. Quelle parole non potevano sembrarle una minaccia eppure ripensando a tutti gli strani avvenimenti che erano successi, forse il barbone non aveva tutti i torti dicendo che il male stava arrivando. Ma Evangeline non capiva come potesse centrare lei. Tutto sarebbe nato da lei, dai suoi sogni, ma era qualcosa di impensabile, di irreale.
         Evangeline spense la tv. Cosa posso fare ora? La cosa migliore era accettare che succedesse qualcos'altro prima di decidere realmente il da farsi. L'unica cosa di cui era certa era che doveva assolutamente parlarne con Hellawe e Nathan. Forse potevano suggerirle qualcosa, ma era improbabile. Loro non erano nella sua stessa situazione.
         I suoi genitori sarebbero tornati a momenti ma lei non aveva nessuna voglia di incontrarli. Si tolse la coperta di dosso, i due mici non si mossero di un centimetro, infilò le pantofole e si alzò. Faceva un freddo cane.
         L'orologio a pendolo segnava  mezzanotte meno venti e rintoccava ogni secondo, incessantemente. Era l'unico rumore nella casa e in quel momento rimbombava talmente forte nella testa della ragazza che si sentì stordita. Aveva urgente bisogno di farsi una bella dormita e prendersi una pausa dai proprio pensieri.
         Anche quella notte, però, Evangeline si svegliò alle quattro scossa da enormi brividi di paura e con piccole gocce di sudore sulle tempie. Aveva fatto di nuovo quel sogno orribile, aveva rivisto per la seconda volta quel mare di corpi inerti stesi al suolo in posizioni innaturali. Ma era presente un nuovo elemento, questa volta, che la notte scorsa non aveva fatto in tempo a notare: c'erano corpi, sì, ma erano corpi con delle ali, ali piumate bianche, nere e grigie.
 
         La mattina dopo Evangeline era di nuovo a scuola e, seduta al suo banco vicino ad Hellawe, guardava fuori fregandosene completamente della lezione. Italiano non era il suo forte.
         La campanella suonò proprio nel momento in cui riuscì a distrarsi dagli oscuri pensieri che la perseguitavano dal giorno prima ed eccoli quindi riaffiorare nella sua mente: era arrivato il tempo di vuotare il sacco ai suoi amici. Per una volta sarebbe stata lei a confessare qualcosa ad altre persone.
         Fuori nevicava troppo per uscire in giardino. Doveva trattenere Hellawe e Nathan lì e sperare che nessuno la interrompesse... o forse si. Aveva i nervi tesi.
         La classe si svuotò in meno di un minuto. Tutti fuori in corridoio erano riuniti in gruppetti a parlare nascosti dentro i loro giacconi pesanti. Anche se i caloriferi erano sempre accesi e funzionanti, in quei corridoi interminabili faceva sempre un gran freddo.
         Evangeline si sedette sul banco più lontano dalla porta vicino ad una finestra da cui entravano spifferi gelidi e chiamò gli amici: come posso cominciare il mio discorso? Mi crederanno? Ci stava ripensando ma non poteva continuare a tormentarsi. Prese coraggio e, quando i due ragazzi si avvicinarono, gli parlò:
         -Hella, Nate, ho una cosa da dirvi-
         -Di cosa si tratta?-.
         I due amici si affrettarono a raggiungerla e si sedettero con lei su quel banco pieno di scritte e bruciature.
         -Si tratta di alcune cose che mi sono successe e che non riesco a togliermi dalla testa-
         Gli amici si guardarono incuriositi e perplessi: da quanto tempo Evangeline non si confidava con loro?
         -Ti ascoltiamo- fece Nathan
         -Praticamente mi succede da tre settimane ormai, dall'inizio dell'anno nuovo, di fare tutte le notti sempre lo stesso sogno e di svegliarmi sempre alla stessa ora-.
         Evangeline andò avanti a raccontare. Spiegò nel dettaglio cosa sognava, cosa provava e sentiva quando si svegliava e di come, due notti prima, il sogno fosse stato diverso.
         Ognuno reagì alla propria maniera: Hellawe, che era la più sensibile, parve un po' turbata e inorridita da quella versione del sogno mentre invece a Nathan sembrava quasi piacere. La ragazza non sapeva dire se le credessero oppure no.
         Hellawe attaccò a parlare: -Eve, non saprei proprio cosa pensare, non mi sono mai trovata nella tua situazione- la guardava intensamente -Forse hai visto o sentito qualcosa che ti è rimasto talmente impresso nell'inconscio da non riuscire più a dimenticarlo e di notte continua a farsi vivo-.
         Certo poteva anche essere ma Evangeline non ricordava nulla che avrebbe potuto far nascere in lei una reazione del genere.
         -E’ per questo che ieri ti ho visto così strana  Eve?-
         -Be sì, può darsi-
         -Lo dicevo che c'era qualcosa ma perché non ce lo hai detto subito?-
         -Non lo so, pensavo che la cosa sarebbe passata da sola ma ho visto che continua ad andare sempre peggio-
         Parlò Nathan: -E’ davvero strano. Non è che hai alzato troppo il gomito a capodanno?- Disse con fare scherzoso
         -Non è il momento di fare battute Nate- lo rimproverò Hellawe. -E’ chiaro che si tratta di qualcosa di serio-
         Evangeline li guardò intimidita da sopra il banco, se ne stava lì con le gambe strette al petto. Le credevano e questo le dava la sicurezza per proseguire il suo discorso.
         -Non sappiamo proprio come poterti aiutare, mi dispiace, ma tienici informati ogni giorno d'accordo?-
         -Va bene- rispose -Però prima devo dirvi dell'altro-
         -C'è qualcos'altro?- esclamò Nathan
         -Sì, ma non riguarda esattamente me-
         -Be meno male- fece sollevata Hellawe -Spiegaci-
         Evangeline racconto: -Ho saputo ieri che l'autista dell'autobus della mia linea è stato ucciso qualche giorno fa in un locale in circostanze parecchio strane e ieri quel locale è stato dato alle fiamme-
         Raccontò tutto quello che aveva scoperto dai poliziotti, da Aaron, e i pensieri che ruotavano tutti intorno a quella piuma.
         Nathan fu il primo a parlare questa volta ma, secondo lui, come anche secondo Hellawe, il caso era un semplice omicidio con conseguente eliminazione di prove da parte degli assassini stessi che avevano pensato che bruciare il locale fosse il modo migliore per far sparire le loro tracce.
         -Secondo me non dovresti pensare a questa cosa. C'è già il problema di cui ci hai parlato prima a cui interessarti- disse Hellawe abbracciandola.
         -D'accordo, cercherò di dimenticarmi questa faccenda-
         -Vedrai che la piuma non significa niente. Lascia alla polizia il compito di investigare- intervenne Nathan
         -Sì, certo. Non sono cose che mi riguardano di persona per cui devo togliermelo dalla testa-.
         Ma come potrei farlo? Questa cosa la ossessionava e senza sapersi spiegare come, Hellawe le lesse nella mente: -Eve, me lo prometti, che non ci penserai più?-
         -Sì, Hella, va bene, promesso-
         -Devi pensare a te stessa prima di pensare ad uno sconosciuto, e per quanto tutto questo ti possa sembrare strano vedrai che si sistemerà ogni cosa-.
         Ma non poteva farlo.
         -E’ solo che mi fa un po' paura-.
         L'amica l'abbracciò.
         -E’ normale, ora sei scossa per i tuoi sogni. Ma se vorrai parlare ancora di qualunque cosa ricordati che noi ci siamo sempre-.
         Nathan le sorrise da dietro le spalle dell'amica. Evangeline allungò le braccia verso di lui che si unì nell'abbraccio. Si strinsero forte e si ricordarono quanto si volessero bene.
         Per un po' Evangeline poteva rimanere tranquilla ma sapeva che, passato un po' di tempo, ogni pensiero sarebbe riaffiorato. Aveva deciso, durante la conversazione, di non raccontare niente riguardo a ciò che era successo in quella strada con il barbone. Avrebbero pensato che quell'uomo era stato solo un pazzo e che non doveva dare retta a quel che diceva. Però lei sentiva che non era così. C'era davvero qualcosa sotto e per capirlo doveva ritrovare quell'uomo e parlarci di nuovo. Chissà come avrebbe reagito nel rivederla. Non le importava. La cosa importante era andare in fondo alla questione.
 
         Evangeline arrivò a casa nel pomeriggio e per il resto della giornata non successe nulla, almeno non da quelle parti. Ma in alcune zone del mondo fatti strani avvenivano già da parecchie ore e in un altro piano di realtà qualcosa si stava muovendo tra le ombre, pronto a risalire e ad imporre la propria presenza su tutto ciò che avrebbe incontrato sul suo cammino.
  
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