Spero che la storia vi piaccia. Se qualcuno volesse recensire ne sarei davvero contenta.
Grazie
Ska
4°
CAPITOLO
Come se un
enorme estrattore di materia gli avesse prosciugato ogni energia dal
corpo.
Ogni tanto
qualcuno lo sollevava per farlo bere, gli sfiorava il viso e i capelli,
gli
posava una pezza bagnata sul viso.
Faticava a
ricordare quello che era accaduto prima di finire in quella specie di
limbo da
cui non riusciva a svegliarsi.
Ricordava di
essere partito dal Campo Mezzosangue con Percy e Jason, di aver
controllato in
modo maniacale la rotta con l’astrolabio di Ulisse, e di aver
pregato Efesto di
aiutarlo a trovare Ogigia, ma poi il vuoto.
Che fossero
stati attaccati?
Se qualcuno
li aveva attaccati perché ora sentiva delle mani delicate
prendersi cura di
lui.
“Svegliati
Leo” mormorò una voce che gli provocò
uno sfarfallio allo stomaco.
Sembrava la
voce di Calipso.
“Apri gli
occhi” ripeté la voce spronandolo risvegliarsi.
Facendo
appello a tutte le proprie forze, o almeno a quelle che gli erano
rimaste, si
sforzò di aprire gli occhi.
All’inizio
faticò a mettere a fuoco quello che vedeva, ma quando
riconobbe il soffitto di
cristalli sopra di sé, per poco non si strozzò
con la propria saliva.
“Calipso”
mormorò quando si accorse della presenza della ragazza
inginocchiata accanto a
lui. “E’ un sogno?”
“No, non è
un sogno” rispose Calipso non potendo evitare di sorridergli
dolcemente.
“Ce l’ho
fatta davvero” sorrise cercando di mettersi a sedere.
“Stai giù.
Sei ancora troppo debole” lo fermò versandogli un
bicchiere di sidro e
porgendoglielo. “Bevi” sussurrò
tenendogli il capo sollevato.
“Grazie”
“Ti va un
po’ di stufato?”
“Non ho
pensato ad altro…”
“Che al mio
stufato?” lo prese in giro Calipso, versandogli una porzione
abbondante in una
ciotola di coccio.
“Certo. In
realtà sono tornato qua solo per il tuo stufato”
sorrise Leo, sollevandosi quel
tanto che bastava per poter mangiare.
“Lo
immaginavo” sorrise a sua volta guardandolo mangiare con
gusto il cibo che
aveva preparato.
Rimasero in
silenzio per un po’.
Leo
impegnato a mangiare senza sbrodolare in giro, per non fare la figura
dello
stupido.
Calipso
intenta a realizzare quanto era successo.
Lui glielo
aveva promesso, ma lei era certa che nessuno potesse trovare
volontariamente
Ogigia, né tanto meno raggiungerla una seconda volta.
Era
incredibile quello che Leo era riuscito a fare.
E pensare
che la prima volta che lo aveva visto lo aveva definito uno scarabocchio abbrustolito.
Era stata
davvero odiosa con lui, ma era stanca.
Stanca di
essere presa in giro dagli Dei.
Stanca di
opporre una stregua resistenza ai suoi sentimenti, per poi sentire ogni
volta
il proprio cuore protendersi verso qualcuno, che l’avrebbe
abbandonata per
sempre lasciandola da sola su quella maledetta isola.
Così se
l’era presa con lui.
Con un
ragazzo con la faccia da folletto, cosparso di olio per motori,
fuliggine e con
i vestiti fatti a brandelli dalla caduta.
Era sta
decisamente odiosa, e aveva cercato in ogni modo di stargli alla larga,
ma alla
fine era stata mossa a pietà.
Aveva
pensato solamente di portargli un po’ di cibo, qualche
vestito per cambiarsi,
ma alla fine lui era riuscito a far breccia nel suo cuore con quel suo
modo di essere.
Non
somigliava a nessun eroe che avesse conosciuto prima di allora.
Lui era
diverso.
Era pazzo,
iperattivo oltre ogni limite, incapace di rimanere serio per troppo
tempo.
Il genere di
eroe che non avrebbe mai creduto di poter amare, e invece alla fine ci
era
cascata di nuovo.
Come ogni
volta se ne era innamorata, anche se qualcosa gli diceva che quella
volta c’era
qualcosa di diverso.
Leo non era
come gli altri eroi, e nemmeno quello che lei sentiva era come quello
che aveva
provato per gli altri eroi.
“Leo, perché
sei tornato?” chiese Calipso incapace di rimanere ancora in
silenzio.
“Te l’avevo
promesso” rispose evasivamente, porgendole la ciotola vuota.
“E tu
mantieni sempre le promesse?” domandò sistemando
la ciotola nel lavello,
tornando a sedersi accanto a lui.
“Ci provo, e
comunque non credo sia sicuro rompere una promessa fatta sullo
Stige”
“Tu hai… ma
sei impazzito? Sai quanto può essere pericolosa una promessa
del genere?”
“No, ma ho
due amiche che mi hanno strapazzato un bel po’ per averlo
fatto, almeno tu puoi
evitare?”
“Almeno hai
delle amiche con più giudizio di quanto ne abbia
tu” lo rimproverò.
“Ti da così
fastidio che io sia tornato?”
“Tu non mi
dai fastidio… mi rendi nervosa” rispose Calipso
abbassando lo sguardo sulle
proprie mani. “Tu…”
“Si?” la
incoraggiò il semidio osservandone rapito il profilo,
inspirando profondamente
il suo profumo di cannella.
“Mi sei
mancato” sussurrò Calipso sollevando lo sguardo
per incontrare quello di Leo.
“Anche tu mi
sei mancata” rispose felice, sussultando quando Calipso gli
sfiorò il volto con
la mano.
“Leo?”
“Si?”
mormorò mentre le mani cominciavano a tremargli per
l’emozione di averla così
vicina.
“Non darmi
fuoco” sorrise divertita prima di posare le labbra su quelle
del semidio,
baciandolo dolcemente mentre il profumo di lui la avvolgeva dolcemente.
Quasi con il
timore che potesse fuggire dalle sue braccia, Leo rispose lentamente al
bacio.
Il suo
profumo, il suo sapore, il calore che il suo copro emanava, lo stavano
mandando
fuori di testa.
Gemendo
contro le sue labbra la strinse di più a sé,
approfondendo il bacio,
accarezzandole i capelli, il viso, le braccia.
Perfino
mentre la baciava il suo deficit di attenzione non lo abbandonava.
Non riusciva
a rimanere concentrato su una sola parte del suo copro.
Voleva
accarezzarla ovunque e nello stesso momento.
Voleva
sentirla sua nel modo più vero e profondo del termine.
“Leo
aspetta…” ansimò Calipso tirandosi
leggermente indietro.
“Io… scusa…
ho esagerato…”
“Non è
questo è solo che… stai fumando”
sorrise divertita, mentre dagli abiti del
ragazzo fuoriusciva del fumo.
“Sono un
ragazzo caliente” si schermì Leo gettando la
coperta a terra per prendere aria,
rimpiangendolo immediatamente. “Raggio di Sole mi daresti un
minuto?” chiese
coprendo con l’avambraccio la propria erezione.
“Io sì…
adesso che ci penso devo andare a fare una cosa”
esclamò Calipso arrossendo
furiosamente, mentre i suoi occhi non smettevano di spostarsi dal viso
del
semidio al braccio posizionato strategicamente per nasconderne
l’eccitazione.
“Ci vediamo dopo”
“Ok” rispose
Leo prendendo definitivamente fuoco quando Calipso lasciò la
grotta. “Sei un
idiota Leo Valdez”
“Dici che
Leo si è svegliato?” sorrise Jason accennando alla
ragazza ancora rossa in
viso.
“O si è
svegliato e le ha detto qualcosa di imbarazzante, o Calipso si
è mangiata per
sbaglio un Carolina Reaper[i]”
disse Percy sorridendo divertito. “Vai tu a sentire cosa ha
combinato?”
“Ti occupi
tu di Calipso? Non credo di andarle a genio”
“Non credo
che voglia più avere a che fare con potenziali semidei che
le inviano le
Parche”
“Come darle
torto” commentò Jason lasciando Percy per andare a
trovare Leo. “Ehi, sei vivo”
esclamò entrando nella grotta, guardando perplesso il letto
ormai quasi del
tutto incenerito. “Le hai distrutto il letto”
“Mi ha
baciato” si giustificò Leo alzandosi con qualche
fatica.
“Come ti
senti?”
“Come se
fossi caduto da un Drago, da un’altezza di trenta metri, per
finire in mare… oh,
aspetta, io sono caduto da un Drago, da trenta metri
d’altezza, finendo in
mare”
“Devi
ringraziare Percy se sei ancora vivo. Ti ha afferrato poco prima di
finire in
acqua”
“Già… dove è
ora?”
“Con Calipso
in giardino” rispose Jason notando subito il turbamento nello
sguardo
dell’amico. “È una cosa seria
allora”
“Cosa?”
domandò evitando di ricambiare lo sguardo del semidio.
Sapeva
esattamente cosa gli stava chiedendo, ma non era sicuro di volergli
rispondere.
Conosceva
bene la natura dei suoi sentimenti per Calipso, ma sapere che ora lei
stava in
compagnia di Percy, lo turbava più di quanto credesse
possibile.
Percy era
mille volte migliore di lui.
Era un vero
eroe, mentre lui era solamente uno stagnino.
Perché mai
Calipso avrebbe dovuto preferirlo al figlio di Poseidone?
“Non ti ha
lasciato da solo nemmeno per un momento” disse Jason
scuotendo la testa
divertito.
Leo era
stato fondamentale nella loro impresa contro Gea, ma non si era mai
sentito
all’altezza degli altri componenti del gruppo.
Era convinto
di essere il meno meritevole.
Nemmeno si
rendeva conto che, senza il suo aiuto, loro non sarebbero mai stati in
grado
nemmeno di uscire vivi dalla loro prima impresa.
“Ha sempre
detto che nessuno può morire su Ogigia… non
avrà voluto rompere il primato di
immortalità di quest’isola”
“Sei davvero
così cieco?” chiese Jason. “Lei
è innamorata di te, Leo”
“Era
innamorata anche di Percy”
“Non lo ha
degnato di uno sguardo da quando siamo qua” disse il semidio.
“Hanno parlato,
ovviamente, ma come due vecchi amici. Non c’era malizia nel
suo sguardo, ma
quando parla di te… le brillano gli occhi”
“Sei un vero
amico Jason, ma…”
“Perché non
vai a verificare di persona?”
“Io… dammi
ancora un attimo” disse il figlio di Efesto.
“D’accordo”
rispose Jason, lasciando la grotta per raggiungere Percy e Calipso in
giardino.
Passandosi
una mano tra i capelli, cercando di scacciare quella frustrazione che
si era
impossessata di lui, recuperò i suoi vecchi vestiti che
Calipso aveva
provveduto a lavare e stirare.
Con gesti
secchi e bruschi si rivestì, assicurandosi la cintura degli
attrezzi alla vita.
-
Io e te amica mia. Saremo
sempre e solo io e te… e Festus, se anche lui non mi molla
per un semidio più
figo
- pensò
guardandosi per un momento nello specchio accanto al letto bruciato.
Era cresciuto da quando era stato a Ogigia la prima volta, e non era
più così
smilzo.
Lavorare
notte e giorno su Festus lo aveva ricompensato con un po’ di
massa muscolare
nei punti giusti, ma dubitava fortemente che quello bastasse a far
innamorare
perdutamente Calipso di lui.
“Sei
patetico” sbuffò contro il proprio riflesso prima
di lasciare la grotta.
Da quando
erano arrivati sull’isola, non aveva ancora avuto
l’occasione di rimanere da
solo con lei per parlarle.
“Calipso va
tutto bene?” chiese Percy raggiungendola nel giardino.
Aveva ancora
le guance arrossate e gli occhi le brillavano per l’emozione.
“Come? Oh,
sì, si tutto bene” rispose cercando di evitare lo
sguardo del semidio, per
timore di fargli capire quello che era successo poco prima.
“Leo?”
“Sì è
svegliato” sorrise Calipso, mentre una nuova ondata di
rossore le imporporava
le guance.
“Sapevo che
saresti riuscita a rimetterlo in sesto” disse Percy muovendo
nervosamente i
piedi sul selciato.
“Qualcosa
non va?”
“Ieri ti ho
raccontato quello che è successo durante la nostra ultima
impresa”
“Siete stati
tutti molto coraggiosi”
“Mentre io e
Annabeth ci trovavamo nel Tartaro abbiamo incontrato le arai”
“Le
maledizioni” mormorò Calipso scuotendo sconsolata
la testa. “Non posso nemmeno
immaginare la paura, e il dolore, che avete dovuto sopportare”
“La maledizione
più brutta, però ha colpito Annabeth”
“Credevo che
il sangue della gorgone fosse toccato a te”
“Sì, ma
Annabeth ha avuto una maledizione ‘speciale’ come
l’ha definita la arai”
“Che tipo di
maledizione?” chiese notando quanto la cosa lo stesse
tormentando.
“Un pensiero
amaro da parte di una persona che hai abbandonato[ii]”
disse Percy ripetendo alla lettera le parole che la arai
aveva pronunciato mentre Annabeth vagava convinta che lui
l’avesse abbandonata. “Hanno detto che avevo punito
un’anima innocente
lasciandola nella solitudine, e per contro Annabeth ha provato tutta la
disperazione di chi aveva lanciato la maledizione”
spiegò. “Sarebbe morta sola
e abbandonata”
“E’ una cosa
terribile” mormorò avvicinandosi al lui,
posandogli una mano sul braccio,
tremando quando per un momento ne incrociò lo sguardo.
“Percy perché mi guardi
in quel modo? Non penserai che possa essere stata io a lanciarle quella
maledizione”
“Avrei
dovuto assicurarmi che gli Dei mantenessero la promessa, che ti
liberassero da
Ogigia, e invece non l’ho fatto” rispose Percy
guardandola addolorato. “Mi
dispiace tanto Calipso”
“Non devi
dispiacerti. Gli
Dei avrebbero dovuto
mantenere la promessa senza bisogno che qualcuno li
controllasse” disse
Calipso. “Ma credimi quando ti dico che non sono stata io a
lanciare quella
maledizione. Certo, ero disperata quando te ne sei andato, ma questa
è la mia
maledizione, non posso biasimare nessuno per ciò che ho
fatto, tranne me
stessa”
“Tu non hai
fatto nulla Calipso, e questa punizione è davvero troppo
crudele”
“Lo è davvero,
ed è per questo che non la augurerei mai a nessuno”
“Io… ho
pensato a te perché sei l’unica persona che io
abbia abbandonato”
“Sai, ci
sono tanti modi per abbandonare una persona” disse.
“E voi eroi avete un vero
talento per spezzare i cuori, anche se spesso non lo fate
volontariamente”
rispose sussultando ed arrossendo nuovamente quando vide Leo uscire
dalla
grotta.
“Ehi, guarda
chi è tornato dal mondo dei morti” sorrise Percy
quando incrociò lo sguardo di
Leo.
“Qui non può
morire nessuno, giusto?” si sforzò di sorridere
Leo.
“Giusto”
sorrise Calipso allontanandosi da Percy per avvicinarsi al figlio di
Efesto.
“Ti senti abbastanza in forze?”
“Certo. Ho
la testa dura” rispose Leo, rimanendo incantato dal modo in
cui i capelli di Calipso
rilucevano alla luce del sole. “Festus?”
domandò cercando di riscuotersi a
fatica.
“E’ in giro
per il bosco” rispose Jason facendo l’occhiolino a
Percy. “Vado a cercarlo”
“Vengo con
te” disse prontamente il semidio seguendolo, lasciandoli
nuovamente da soli.
“Calipso,
io… ho fatto una cosa” mormorò a
disagio, tamburellando nervosamente con le
mani.
“Una cosa
tipo?”
“Il tuo
letto, io… ha preso fuoco”
“COSA?”
esclamò balzando in piedi.
“E’ stato un
incidente”
“Tu sei una
calamità”
“Tanto non
avresti potuto portarlo via. La maggior parte della tua roba la dovrai
lasciare
qui e…”
“Credi
ancora di poterci riuscire? Sei davvero convinto di potermi portare via
da
qua?”
“Certo. Non
ho fatto tutta questa strada solo per venire a farmi un bagno”
“Credevo fossi
venuto per il mio stufato” lo prese in giro facendolo
sorridere.
“Dammi
ancora un giorno o due. Devo controllare Festus, tracciare la rotta per
tornare
a casa, e a dirla tutta non mi sento ancora del tutto in forma, ma tra
tre giorni al massimo partiremo per il Campo Mezzosangue. Hai la mia
parola”
“Leo…”
“Prendi solo
quello che ti è di più caro, perché
tra due giorni tu lascerai quest’isola.
D’accordo?”
“Io…
d’accordo” capitolò Calipso non
volendolo contraddire.
Su una cosa
aveva ragione Leo, non si era ancora ripreso del tutto e aveva bisogno
di
riposo.
Non voleva
affaticarlo più del necessario per una stupida discussione.
A suo tempo
sarebbe rinsavito, avrebbe capito quanto quella decisione fosse una
pura
utopia.