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Autore: Ska    22/03/2015    2 recensioni
"Tornerò a prenderti Calipso. Lo giuro sullo Stige"
Aveva urlato quelle parole al vento e lei probabilmente non le aveva sentite ma lui non avrebbe mai potuto dimenticare la sua promessa nemmeno se non ci fosse stato di mezzo lo Stige.
Non poteva dimenticare quel giuramento perché non poteva dimenticare lei.
Avrebbe fatto di tutto per mantenere la parola data, per tornare da lei e portarla via da Ogigia.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Calipso, I sette della Profezia, Leo Valdez
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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4° capitolo Ed ecco il quarto capitolo. 
Spero che la storia vi piaccia. Se qualcuno volesse recensire ne sarei davvero contenta.
Grazie
Ska

4° CAPITOLO

Si sentiva a pezzi.
Come se un enorme estrattore di materia gli avesse prosciugato ogni energia dal corpo.
Ogni tanto qualcuno lo sollevava per farlo bere, gli sfiorava il viso e i capelli, gli posava una pezza bagnata sul viso.
Faticava a ricordare quello che era accaduto prima di finire in quella specie di limbo da cui non riusciva a svegliarsi.
Ricordava di essere partito dal Campo Mezzosangue con Percy e Jason, di aver controllato in modo maniacale la rotta con l’astrolabio di Ulisse, e di aver pregato Efesto di aiutarlo a trovare Ogigia, ma poi il vuoto.
Che fossero stati attaccati?
Se qualcuno li aveva attaccati perché ora sentiva delle mani delicate prendersi cura di lui.
“Svegliati Leo” mormorò una voce che gli provocò uno sfarfallio allo stomaco.
Sembrava la voce di Calipso.
“Apri gli occhi” ripeté la voce spronandolo risvegliarsi.
Facendo appello a tutte le proprie forze, o almeno a quelle che gli erano rimaste, si sforzò di aprire gli occhi.
All’inizio faticò a mettere a fuoco quello che vedeva, ma quando riconobbe il soffitto di cristalli sopra di sé, per poco non si strozzò con la propria saliva.
“Calipso” mormorò quando si accorse della presenza della ragazza inginocchiata accanto a lui. “E’ un sogno?”
“No, non è un sogno” rispose Calipso non potendo evitare di sorridergli dolcemente.
“Ce l’ho fatta davvero” sorrise cercando di mettersi a sedere.
“Stai giù. Sei ancora troppo debole” lo fermò versandogli un bicchiere di sidro e porgendoglielo. “Bevi” sussurrò tenendogli il capo sollevato.
“Grazie”
“Ti va un po’ di stufato?”
“Non ho pensato ad altro…”
“Che al mio stufato?” lo prese in giro Calipso, versandogli una porzione abbondante in una ciotola di coccio.
“Certo. In realtà sono tornato qua solo per il tuo stufato” sorrise Leo, sollevandosi quel tanto che bastava per poter mangiare.
“Lo immaginavo” sorrise a sua volta guardandolo mangiare con gusto il cibo che aveva preparato.
Rimasero in silenzio per un po’.
Leo impegnato a mangiare senza sbrodolare in giro, per non fare la figura dello stupido.
Calipso intenta a realizzare quanto era successo.
Lui glielo aveva promesso, ma lei era certa che nessuno potesse trovare volontariamente Ogigia, né tanto meno raggiungerla una seconda volta.
Era incredibile quello che Leo era riuscito a fare.
E pensare che la prima volta che lo aveva visto lo aveva definito uno scarabocchio abbrustolito.
Era stata davvero odiosa con lui, ma era stanca.
Stanca di essere presa in giro dagli Dei.
Stanca di opporre una stregua resistenza ai suoi sentimenti, per poi sentire ogni volta il proprio cuore protendersi verso qualcuno, che l’avrebbe abbandonata per sempre lasciandola da sola su quella maledetta isola.
Così se l’era presa con lui.
Con un ragazzo con la faccia da folletto, cosparso di olio per motori, fuliggine e con i vestiti fatti a brandelli dalla caduta.
Era sta decisamente odiosa, e aveva cercato in ogni modo di stargli alla larga, ma alla fine era stata mossa a pietà.
Aveva pensato solamente di portargli un po’ di cibo, qualche vestito per cambiarsi, ma alla fine lui era riuscito a far breccia nel suo cuore con quel suo modo di essere.
Non somigliava a nessun eroe che avesse conosciuto prima di allora.
Lui era diverso.
Era pazzo, iperattivo oltre ogni limite, incapace di rimanere serio per troppo tempo.
Il genere di eroe che non avrebbe mai creduto di poter amare, e invece alla fine ci era cascata di nuovo.
Come ogni volta se ne era innamorata, anche se qualcosa gli diceva che quella volta c’era qualcosa di diverso.
Leo non era come gli altri eroi, e nemmeno quello che lei sentiva era come quello che aveva provato per gli altri eroi.
“Leo, perché sei tornato?” chiese Calipso incapace di rimanere ancora in silenzio.
“Te l’avevo promesso” rispose evasivamente, porgendole la ciotola vuota.
“E tu mantieni sempre le promesse?” domandò sistemando la ciotola nel lavello, tornando a sedersi accanto a lui.
“Ci provo, e comunque non credo sia sicuro rompere una promessa fatta sullo Stige”
“Tu hai… ma sei impazzito? Sai quanto può essere pericolosa una promessa del genere?”
“No, ma ho due amiche che mi hanno strapazzato un bel po’ per averlo fatto, almeno tu puoi evitare?”
“Almeno hai delle amiche con più giudizio di quanto ne abbia tu” lo rimproverò.
“Ti da così fastidio che io sia tornato?”
“Tu non mi dai fastidio… mi rendi nervosa” rispose Calipso abbassando lo sguardo sulle proprie mani. “Tu…”
“Si?” la incoraggiò il semidio osservandone rapito il profilo, inspirando profondamente il suo profumo di cannella.
“Mi sei mancato” sussurrò Calipso sollevando lo sguardo per incontrare quello di Leo.
“Anche tu mi sei mancata” rispose felice, sussultando quando Calipso gli sfiorò il volto con la mano.
“Leo?”
“Si?” mormorò mentre le mani cominciavano a tremargli per l’emozione di averla così vicina.
“Non darmi fuoco” sorrise divertita prima di posare le labbra su quelle del semidio, baciandolo dolcemente mentre il profumo di lui la avvolgeva dolcemente.
Quasi con il timore che potesse fuggire dalle sue braccia, Leo rispose lentamente al bacio.
Il suo profumo, il suo sapore, il calore che il suo copro emanava, lo stavano mandando fuori di testa.
Gemendo contro le sue labbra la strinse di più a sé, approfondendo il bacio, accarezzandole i capelli, il viso, le braccia.
Perfino mentre la baciava il suo deficit di attenzione non lo abbandonava.
Non riusciva a rimanere concentrato su una sola parte del suo copro.
Voleva accarezzarla ovunque e nello stesso momento.
Voleva sentirla sua nel modo più vero e profondo del termine.
“Leo aspetta…” ansimò Calipso tirandosi leggermente indietro.
“Io… scusa… ho esagerato…”
“Non è questo è solo che… stai fumando” sorrise divertita, mentre dagli abiti del ragazzo fuoriusciva del fumo.
“Sono un ragazzo caliente” si schermì Leo gettando la coperta a terra per prendere aria, rimpiangendolo immediatamente. “Raggio di Sole mi daresti un minuto?” chiese coprendo con l’avambraccio la propria erezione.
“Io sì… adesso che ci penso devo andare a fare una cosa” esclamò Calipso arrossendo furiosamente, mentre i suoi occhi non smettevano di spostarsi dal viso del semidio al braccio posizionato strategicamente per nasconderne l’eccitazione. “Ci vediamo dopo”
“Ok” rispose Leo prendendo definitivamente fuoco quando Calipso lasciò la grotta. “Sei un idiota Leo Valdez”

Erano appena tornati da una passeggiata nel bosco, quando videro Calipso uscire come un fulmine dalla grotta per andare a nascondersi nell’orto.
“Dici che Leo si è svegliato?” sorrise Jason accennando alla ragazza ancora rossa in viso.
“O si è svegliato e le ha detto qualcosa di imbarazzante, o Calipso si è mangiata per sbaglio un Carolina Reaper[i]” disse Percy sorridendo divertito. “Vai tu a sentire cosa ha combinato?”
“Ti occupi tu di Calipso? Non credo di andarle a genio”
“Non credo che voglia più avere a che fare con potenziali semidei che le inviano le Parche”
“Come darle torto” commentò Jason lasciando Percy per andare a trovare Leo. “Ehi, sei vivo” esclamò entrando nella grotta, guardando perplesso il letto ormai quasi del tutto incenerito. “Le hai distrutto il letto”
“Mi ha baciato” si giustificò Leo alzandosi con qualche fatica.
“Come ti senti?”
“Come se fossi caduto da un Drago, da un’altezza di trenta metri, per finire in mare… oh, aspetta, io sono caduto da un Drago, da trenta metri d’altezza, finendo in mare”
“Devi ringraziare Percy se sei ancora vivo. Ti ha afferrato poco prima di finire in acqua”
“Già… dove è ora?”
“Con Calipso in giardino” rispose Jason notando subito il turbamento nello sguardo dell’amico. “È una cosa seria allora”
“Cosa?” domandò evitando di ricambiare lo sguardo del semidio.
Sapeva esattamente cosa gli stava chiedendo, ma non era sicuro di volergli rispondere.
Conosceva bene la natura dei suoi sentimenti per Calipso, ma sapere che ora lei stava in compagnia di Percy, lo turbava più di quanto credesse possibile.
Percy era mille volte migliore di lui.
Era un vero eroe, mentre lui era solamente uno stagnino.
Perché mai Calipso avrebbe dovuto preferirlo al figlio di Poseidone?
“Non ti ha lasciato da solo nemmeno per un momento” disse Jason scuotendo la testa divertito.
Leo era stato fondamentale nella loro impresa contro Gea, ma non si era mai sentito all’altezza degli altri componenti del gruppo.
Era convinto di essere il meno meritevole.
Nemmeno si rendeva conto che, senza il suo aiuto, loro non sarebbero mai stati in grado nemmeno di uscire vivi dalla loro prima impresa.
“Ha sempre detto che nessuno può morire su Ogigia… non avrà voluto rompere il primato di immortalità di quest’isola”
“Sei davvero così cieco?” chiese Jason. “Lei è innamorata di te, Leo”
“Era innamorata anche di Percy”
“Non lo ha degnato di uno sguardo da quando siamo qua” disse il semidio. “Hanno parlato, ovviamente, ma come due vecchi amici. Non c’era malizia nel suo sguardo, ma quando parla di te… le brillano gli occhi”
“Sei un vero amico Jason, ma…”
“Perché non vai a verificare di persona?”
“Io… dammi ancora un attimo” disse il figlio di Efesto.
“D’accordo” rispose Jason, lasciando la grotta per raggiungere Percy e Calipso in giardino.
Passandosi una mano tra i capelli, cercando di scacciare quella frustrazione che si era impossessata di lui, recuperò i suoi vecchi vestiti che Calipso aveva provveduto a lavare e stirare.
Con gesti secchi e bruschi si rivestì, assicurandosi la cintura degli attrezzi alla vita.

- Io e te amica mia. Saremo sempre e solo io e te… e Festus, se anche lui non mi molla per un semidio più figo - pensò guardandosi per un momento nello specchio accanto al letto bruciato.
Era cresciuto da quando era stato a Ogigia la prima volta, e non era più così smilzo.
Lavorare notte e giorno su Festus lo aveva ricompensato con un po’ di massa muscolare nei punti giusti, ma dubitava fortemente che quello bastasse a far innamorare perdutamente Calipso di lui.
“Sei patetico” sbuffò contro il proprio riflesso prima di lasciare la grotta.

Percy si avvicinò a Calipso con l’intento di parlarle.
Da quando erano arrivati sull’isola, non aveva ancora avuto l’occasione di rimanere da solo con lei per parlarle.
“Calipso va tutto bene?” chiese Percy raggiungendola nel giardino.
Aveva ancora le guance arrossate e gli occhi le brillavano per l’emozione.
“Come? Oh, sì, si tutto bene” rispose cercando di evitare lo sguardo del semidio, per timore di fargli capire quello che era successo poco prima.
“Leo?”
“Sì è svegliato” sorrise Calipso, mentre una nuova ondata di rossore le imporporava le guance.
“Sapevo che saresti riuscita a rimetterlo in sesto” disse Percy muovendo nervosamente i piedi sul selciato.
“Qualcosa non va?”
“Ieri ti ho raccontato quello che è successo durante la nostra ultima impresa”
“Siete stati tutti molto coraggiosi”
“Mentre io e Annabeth ci trovavamo nel Tartaro abbiamo incontrato le arai
“Le maledizioni” mormorò Calipso scuotendo sconsolata la testa. “Non posso nemmeno immaginare la paura, e il dolore, che avete dovuto sopportare”
“La maledizione più brutta, però ha colpito Annabeth”
“Credevo che il sangue della gorgone fosse toccato a te”
“Sì, ma Annabeth ha avuto una maledizione ‘speciale’ come l’ha definita la arai
“Che tipo di maledizione?” chiese notando quanto la cosa lo stesse tormentando.
“Un pensiero amaro da parte di una persona che hai abbandonato[ii]” disse Percy ripetendo alla lettera le parole che la arai aveva pronunciato mentre Annabeth vagava convinta che lui l’avesse abbandonata. “Hanno detto che avevo punito un’anima innocente lasciandola nella solitudine, e per contro Annabeth ha provato tutta la disperazione di chi aveva lanciato la maledizione” spiegò. “Sarebbe morta sola e abbandonata”
“E’ una cosa terribile” mormorò avvicinandosi al lui, posandogli una mano sul braccio, tremando quando per un momento ne incrociò lo sguardo. “Percy perché mi guardi in quel modo? Non penserai che possa essere stata io a lanciarle quella maledizione”
“Avrei dovuto assicurarmi che gli Dei mantenessero la promessa, che ti liberassero da Ogigia, e invece non l’ho fatto” rispose Percy guardandola addolorato. “Mi dispiace tanto Calipso”
“Non devi dispiacerti.  Gli Dei avrebbero dovuto mantenere la promessa senza bisogno che qualcuno li controllasse” disse Calipso. “Ma credimi quando ti dico che non sono stata io a lanciare quella maledizione. Certo, ero disperata quando te ne sei andato, ma questa è la mia maledizione, non posso biasimare nessuno per ciò che ho fatto, tranne me stessa”
“Tu non hai fatto nulla Calipso, e questa punizione è davvero troppo crudele”
“Lo è davvero, ed è per questo che non la augurerei mai a nessuno”
“Io… ho pensato a te perché sei l’unica persona che io abbia abbandonato”
“Sai, ci sono tanti modi per abbandonare una persona” disse. “E voi eroi avete un vero talento per spezzare i cuori, anche se spesso non lo fate volontariamente” rispose sussultando ed arrossendo nuovamente quando vide Leo uscire dalla grotta.
“Ehi, guarda chi è tornato dal mondo dei morti” sorrise Percy quando incrociò lo sguardo di Leo.
“Qui non può morire nessuno, giusto?” si sforzò di sorridere Leo.
“Giusto” sorrise Calipso allontanandosi da Percy per avvicinarsi al figlio di Efesto. “Ti senti abbastanza in forze?”
“Certo. Ho la testa dura” rispose Leo, rimanendo incantato dal modo in cui i capelli di Calipso rilucevano alla luce del sole. “Festus?” domandò cercando di riscuotersi a fatica.
“E’ in giro per il bosco” rispose Jason facendo l’occhiolino a Percy. “Vado a cercarlo”
“Vengo con te” disse prontamente il semidio seguendolo, lasciandoli nuovamente da soli.
“Calipso, io… ho fatto una cosa” mormorò a disagio, tamburellando nervosamente con le mani.
“Una cosa tipo?”
“Il tuo letto, io… ha preso fuoco”
“COSA?” esclamò balzando in piedi.
“E’ stato un incidente”
“Tu sei una calamità”
“Tanto non avresti potuto portarlo via. La maggior parte della tua roba la dovrai lasciare qui e…”
“Credi ancora di poterci riuscire? Sei davvero convinto di potermi portare via da qua?”
“Certo. Non ho fatto tutta questa strada solo per venire a farmi un bagno”
“Credevo fossi venuto per il mio stufato” lo prese in giro facendolo sorridere.
“Dammi ancora un giorno o due. Devo controllare Festus, tracciare la rotta per tornare a casa, e a dirla tutta non mi sento ancora del tutto in forma, ma tra tre giorni al massimo partiremo per il Campo Mezzosangue. Hai la mia parola”
“Leo…”
“Prendi solo quello che ti è di più caro, perché tra due giorni tu lascerai quest’isola. D’accordo?”
“Io… d’accordo” capitolò Calipso non volendolo contraddire.
Su una cosa aveva ragione Leo, non si era ancora ripreso del tutto e aveva bisogno di riposo.
Non voleva affaticarlo più del necessario per una stupida discussione.
A suo tempo sarebbe rinsavito, avrebbe capito quanto quella decisione fosse una pura utopia.

FINE 4° CAPITOLO

 


[i] Una delle varietà di peperoncino più piccante al mondo.
 
[ii] Estratto dal libro ‘Eroi dell’Olimpo – La casa di Ade’ pag.227

   
 
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