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Autore: ChrisAndreini    22/03/2015    3 recensioni
Le storie non sono esattamente come noi le conosciamo.
Esse in realtà sono diverse, intrecciate tra loro in un'unico grande mondo: Otherland.
Ma una strega potente ha deciso di richiedere la sua vendetta, e, dopo essersi impossessata di un sortilegio infallibile quanto pericoloso, ha portato tutti i personaggi dei cinque regni di Otherland in un nuovo mondo: il nostro.
Solo quattro ragazzi possono fermarla, in un'avventura che intreccia il passato con il presente, l'immaginario con il reale.
Dal capitolo 1:
"Quando l’orologio comincerà a funzionare, la tua fine sarà vicina, perderai tutto ciò che il sortilegio ti ha fatto guadagnare"
Genere: Avventura, Mistero, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nelle puntate precedenti:

Dopo il sortilegio di Madre Gothel, i personaggi dei cinque regni Molto Molto Lontano, Corona, Arendelle, Dumbroch e Valdonia sono confinati in un mondo senza magia, senza ricordi del proprio passato.

Roxanne/Rapunzel ha trovato un libro con tutte le loro storie, e, giorno dopo giorno, sta leggendo, e il mondo terribile della realtà sta iniziando a dare il lieto fine ai suoi personaggi.

Così l’orologio ha ricominciato a funzionare, Harry/Hiccup ha ritrovato il suo Spelato/Sdentato, un segreto nell’orfanotrofio è stato scoperto da Marlene/Merida, Tessa/Tiana ha trovato il suo principe ranocchio e i Grandi Quattro, gli unici che possono spezzare il sortilegio, stanno pian piano facendo amicizia.

 

Once upon a Time in Otherland

Capitolo 7: I pirati sanno essere molto vichinghi

 

“Farei volentieri due chiacchiere 

ma ho delle cose da fare: 

posti dove andare,

 roba da rubare…!”

-Sinbad

 

In effetti Stoik non si può dire che fosse sempre stato un uomo di legge.

Era un pirata, un tempo remoto, il pirata più temuto dei cinque mari, anche se quasi tutti quelli che lo avevano incontrato assicuravano che sotto l’aspetto duro e temerario che tutti gli associavano, era davvero solo un giovane uomo in cerca di fama e soldi facili, che usava solo trucchi per ottenere il bottino.

Questo però non era affatto vero.

Aveva una parlantina da capo, e abbastanza carisma, ma non aveva solo quello.

I suoi muscoli e la sua grande abilità con la spada, infatti, erano pari solo a quelle di re Fergus, che strano a dirsi era il suo più vecchio amico, e uno dei più cari, se non si contava il fidato braccio destro della sua nave, l’inimitabile Skaracchio.

La nostra storia si apre il giorno in cui Stoik cercò di rubare il libro del potere dalla nave di Molto Molto Lontano che lo trasportava a Dumbroch.

Tutti i regni erano in fibrillazione, e preoccupazione, perché quel libro era la fonte dei più potenti e oscuri sortilegi di Otherland, recuperati dall’Uomo nella Luna e fatti custodire dai reggenti di Molto Molto Lontano, il regno centrale e quindi il più sicuro. O almeno così si credeva.

Molto Molto Lontano era diventata meno sicura dopo il grande rapimento della principessa Fiona, e ci erano voluti tantissimi anni per organizzare la spedizione che avrebbe condotto il libro a Dumbroch, ora considerata la città meglio protetta a causa delle mura solide e dei guerrieri migliori.

Stoik, però, bramava il libro per se, e già si figurava l’abbondante riscatto che avrebbero chiesto i reggenti di tutti i regni per evitare che lui lo vendesse a qualche stregone malvagio.

Però lui non sapeva che una giovane strega era interessata al libro, una strega desiderosa di vendetta e in cerca di un modo per preservare la propria giovinezza.

Eris, già potente e con molti anni alle spalle, forse tanti quanti il creatore del libro, preparava il suo attacco con lo stesso ardore di Stoik, ma era destinata a fallire.

E non era neanche l’unica interessata, in quanto anche Facilier di Valdonia era interessato alla conquista del pericoloso cimelio, così come i due criminali Stabbington, che però erano troppo impegnati altrove, e confondendo le date si lasciarono sfuggire l’occasione, benché il loro altro impegno fu ugualmente devastante.

Ma questa è un’altra storia, e la si dovrà raccontare in seguito.

Stoik, a bordo della sua nave, si preparava per l’assalto.

-Skaracchio, a quanto dista il bottino?- chiese al fedele braccio destro, che controllò con il binocolo dalla cima dell’albero maestro.

-Non molto, Stoik, ma sei proprio sicuro di voler rubare quel libro, credo che porti più guai di quanto vale- rispose lui, un po’ dubbioso, scendendo dall’albero e prendendo in mano una spada per prepararsi all’attacco.

-Sono queste le battaglie che vale la pena combattere, non trovi anche tu. Tutti vogliono questo libro, e chi lo avrà sarà il più potente dei cinque regni- ribatté Stoik, con sicurezza, poi si rivolse al resto della ciurma.

-E quando finiremo qui… ci ritiriamo nella Radura Incantata!- un boato trionfante accolse questa considerazione.

-Siamo una ciurma di pirata scalmanati contro un esercito reale, due stregoni potentissimi e chissà quanti altri, ma si, ce la faremo- sarcastico, Skaracchio si diresse verso prua, per controllare la migliore strategia di attacco.

-Ma certo che ce la faremo, siamo la migliore ciurma di pirati scalmanati del regno, e nessuno è abile nell’antica arte della scherma come il sottoscritto, e anche con l’ascia non mi batte nessuno- si vantò con sicurezza il capitano, raggiungendolo e osservando la nave reale che si avvicinava in fretta.

-E anche in modestia, non c’è che dire- commentò ridacchiando Skaracchio, guadagnandosi un’occhiataccia di Stoik, che poi si diresse verso gli altri membri dell’equipaggio per ultimare i preparativi.

 

L’attacco, inutile dirlo, fallì miseramente, anzi, i pirati venuti a rubare il libro alla fine si ritrovarono a salvarlo da Eris e Facilier.

Il fatto è che a proteggere il potente cimelio era stato chiamato lo stesso principe Fergus, e Stoik non se l’era sentita di rubare sotto il naso del suo vecchio amico, anche se più che altro era stata una decisione inconscia, dato che l’attacco dei due potenti maghi si era coalizzato contro entrambe le imbarcazioni.

Avevano sconfitto i mostri di ombra di Facilier senza molti problemi, ma l’attacco della strega Eris si era rivelato molto più insidioso.

Era una strega non molto votata alle arti magiche, ma nell’inganno era una maestra, e si confondeva tra i membri della ciurma, attaccando con incredibile mira e con altrettanto silenzio.

Ma alla fine Fergus e Stoik, lavorando come erano soliti fare un tempo, erano riusciti a eludere i suoi attacchi e a circondarla, anche se, proprio alla fine, riuscì a fuggire, non senza aver però trascinato Stoik con lei sul fondo dell’oceano.

-Sei un abile spadaccino per essere un pirata- una volta portato in una bolla d’aria sul fondo dell’oceano, Eris iniziò a parlargli come se stessero prendendo un tè con i biscotti.

Stoik si limitò a guardarla storto, e il sorriso affabile della donna si incrinò un poco.

-Volevo proporti un accordo- ammise la donna, guardandolo fisso negli occhi verdi.

-Francamente tendo a non fidarmi delle streghe che mi rapiscono e mi tengono sott’acqua, ma dato che non mi sembra di avere molte alternative… che genere di accordo?- chiese Stoik, facendo tornare un sorriso tutto denti alla donna con gli occhi grigi tempesta.

***

Harry si è svegliato prima del solito, come ormai fa tutte le mattine da quando ha Spelato, più o meno.

Austin si è fatto sempre più insopportabile e dopo aver fatto quasi scoprire Spelato nascosto nello zaino ha deciso di andare ogni giorno a scuola a piedi, tanto alla fine non dista che un paio di chilometri o poco più, se si prendono le strade giuste.

Inoltre di strada c’è il Vampire’s café, quindi passa direttamente lì, fa colazione con i nuovi amici, e poi dritti a scuola.

Insomma, da quando il gatto è entrato nella sua vita, essa non ha fatto altro che migliorare.

Prende la giacca dall’appendiabiti, controlla che non ci sia suo padre nei paraggi, poi chiama il gatto e si avvia alla porta per uscire.

In città si inizia a notare che Harry nasconde qualcosa, ma la cosa viene ignorata dai più. In questa città vige una regola non scritta che tutti rispettano: “Se una cosa è fuori posto, tira avanti e non ti immischiare” 

Perché se poi il sindaco scopre che in quel qualcosa ci sei di mezzo anche tu, passi i guai.

Harry trova che Talecountry sia il posto più ingiusto della terra, alle volte, ma non lo dice mai apertamente, onde evitare di essere preso di mira dal sindaco, una donna davvero disprezzabile.

Anche se una cosa buona la fa: da talmente tanto lavoro al padre che è assai improbabile che scopra Spelato.

-Harry, sono a casa- la porta che si apre e fa entrare un omone stanco fanno rimangiare a Harry tutto quello che ha appena pensato

-Per la Luna!- impreca, mentre fa cenno al gatto di nascondersi nel primo luogo disponibile.

-Che?- chiede Steve Hill, avvicinandosi al figlio.

-Ciao papà… ciao papà, che bella sorpresa!- esclama, mettendo su un sorriso falso e teso.

-Perché stai uscendo adesso? Non devi prendere l’autobus tra un quarto d’ora?- chiede, posando la giacca e avviandosi in cucina, dove il gatto si è andato a nascondere.

-Ehm… veramente stavo andando a piedi- Harry lo segue, per assicurarsi che non trovi Spelato.

-Perché?- chiede Steve, corrucciato, girandosi a guardare il figlio e aprendo uno sportello per prendere una ciotola.

Harry in quel momento fa un grandissimo errore: spalanca gli occhi, perché Spelato è proprio nascosto lì, e Steve, notando lo sguardo del figlio, si gira a guardare, e si ritrova proprio con il muso del gatto a pochi centimetri dal suo.

Una piccola parentesi da aprire su Steve.

Lui odia profondamente i gatti, non perché sia allergico, ma perché ha sempre paura per il figlio, ed è talmente fissato con la caccia ai gatti che se non fosse già poliziotto a tempo pieno sarebbe accalappiagatti, poco ma sicuro.

Quindi Harry sa che anche se gli dicesse che Spelato non gli fa allergia, il padre lo ucciderebbe comunque, solo per precauzione.

Quindi, oltre ad essere molto rapida, la scena seguente sarà anche un po’ esagerata, e leggermente cruenta.

Steve infatti prende il primo oggetto che gli capita in mano e tira una padellata in faccia al gatto, che cade leggermente frastornato sul tavolo, e se non ci fosse Harry a prenderlo in fretta in braccio si beccherebbe un’altra padellata.

-Harry, sta attento! Mollalo subito è pericoloso- lo mette in guardia il padre, facendo per acchiapparlo.

-No, papà, è tranquillo, non mi fa allergia, lascialo stare- Harry indietreggia in fretta, accarezzando il gatto con l’intento di calmarlo.

-Lascialo subito, non si può mai sapere!- lo riprende il padre, ma prima che Harry possa ribattere, o scappare, come infatti vorrebbe fare, Spelato si riprende, e si libera dalla presa del ragazzo per salire sul tavolo e soffiare in direzione di Steve, come se volesse… proteggere Harry?

Il padre solleva la padella, Spelato però è più rapido e gli salta in viso, cominciando a graffiarlo

-Spelato!- lo rimprovera Harry, staccandolo a forza dal viso del padre e beccandosi, una padellata sulla spalla e nello stesso tempo un graffio sulla guancia.

Mentre Steve non sembra accorgersi di aver colpito il figlio, Spelato si volta di scatto a guardarlo preoccupato, ma questo attimo di distrazione gli costa abbastanza caro, e Steve, staccandoselo dalla faccia, lo prende con malagrazia e lo butta fuori dalla finestra che essendo chiusa, si rompe sotto il peso del gatto.

-NO!- Harry scansa il padre con una spallata e si getta fuori dalla finestra a sua volta, che per fortuna è al piano terra.

Il padre prova a richiamarlo, ma Harry è più veloce, prende Spelato in braccio senza badare per il momento alle sua condizioni e scappa via, fregandosene di tutto.

Non sa neanche se deciderà di tornare, in quella casa.

Non riesce a credere che sua padre sia stato così aggressivo.

Ma che diavolo gli hanno fatto di male i gatti?!

***

Quando Eris vide che Stoik stava ritirandosi dalla missione che doveva compiere alzò gli occhi al cielo, e sbuffò.

-Uff, devo fare sempre tutto da sola- si lamentò, ma alla fine non le costava più di tanto fingere di essere Stoik.

Era sempre stata bravissima in inganni e trucchi di distrazione. Era riuscita a imbrogliare la morte per tantissimi anni, a creare un mondo dove ciò che si desiderava avveniva, e tutto le era stato portato via da due stupide e ingenue ragazzine, che ora sarebbero diventate il suo grande piano di vendetta, un piano di vendetta che ancora oggi è in corso.

Ma questa è un’altra storia, e la si dovrà raccontare un’altra volta.

Comunque assunse l’aspetto del giovane pirata, e con il coltello a lui rubato con l’inganno sul fondo dell’oceano, si materializzò nell’edificio dove tenevano il libro, protetto da un migliaio di guardie, fossati, e sistemi di sicurezza contro ogni magia.

Per fortuna lei non dipendeva dalla magia nei suoi piani, ma dall’astuzia e dal carisma, anche se quest’ultima dote non venne utilizzata per prendere il libro, dato che doveva assolutamente sembrare Stoik, e per questo essere decisa e veloce, senza però evitare di farsi vedere da tutte le guardie.

Per prima cosa spense le luci, poi sguainò il pugnale e mise fuori gioco le guardie d’entrata, senza però alzare un dito contro quella responsabile di dare l’allarme.

Se la prese con comodo, e si fece ben notare dal re e dal principe Fergus, prima di sparire con un’occhiolino fuori dalla finestra lasciando come traccia del suo passaggio solo il pugnale, dritta verso la nave che Stoik, ironico dirlo, aveva ancorato proprio lì sotto.

Prima che qualcuno nella nave pronta a salpare potesse accorgersi dell’arrivo imminente, la donna si smaterializzò.

Cosa poi sarebbe successo non le importava, l’unica cosa che voleva era l’incantesimo di immortalità di quel potentissimo oscuro signore.

E, naturalmente, la sua vendetta su quelle due terribili sorelline che le avevano rovinato la vita tre anni prima.

Niente poteva fermarla!

 

-Non posso fermarla, cara principessa, è una strega potente, e io non ho la minima intenzione di finire servito in un’insalata di mare- obiettò Stoik, nella sua cabina, mentre fronteggiava la principessa Elinor promessa sposa di Fergus.

-Quindi il tuo intento è di lasciare Fergus al suo destino, dopo che si è sacrificato per te?!- lo insultò lei, alterata e a braccia incrociate.

-Non gli ho chiesto io di sacrificarsi per me, e dato che è impossibile sopravvivere a questa impresa, almeno il suo sacrificio si rivelerà utile, perché io non morirò, no?- mentre lo diceva aveva una faccia da schiaffi tale che Elinor per poco non gliene mollò uno, ma si impose di restare calma.

-Ok, immaginavo che sarebbe stato difficile convincerti, perciò mi sono portata un incentivo- disse con il massimo contegno che riuscì a tenere, anche se non era mai stato il suo forte avere contegno.

Poi cacciò un sacchetto pieno di gioielli e pietre preziose, che Stoik osservò una ad una, iniziando ad interessarsi.

Poi si guardarono negli occhi per qualche secondo, verde nel verde, e Stoik uscì sul ponte, urlando:

-Cambiate la rotta! Andiamo verso Corona, dritti verso il libro!!- 

Elinor, a sentire queste parole, non riuscì a fare a meno di sorridere, trionfante.

***

Harry sta aspettando che l’ufficio della veterinaria si apra, e nel frattempo accarezza con dolcezza Spelato, che fa le fusa sulle sue ginocchia.

Ha molti vetri infilati nella carne, ma non sembra curarsene più di tanto, e probabilmente è più spaventato Harry di lui, che sopporta il dolore a denti stretti ed è felicissimo che almeno il ragazzo sia salvo.

Il telefono, nella tasca del giubbotto che Harry ha portato con se e che ha usato per avvolgere il gatto, suona, e il ragazzo, con difficoltà, lo prende e lo porta all’orecchio.

-Harry, dove diavolo sei?!- gli chiede la voce di Marlene dall’altro capo della cornetta.

-Marlene, ciao. Ho dimenticato di avvertirti, oggi non vengo a scuola- risponde lui.

-Beh, capirai, questo l’avevo capito. Ma DOVE diavolo sei?!- insiste lei, parlando a bassa voce ma comunque molto seccata.

-Davanti al veterinario. Papà ha… diciamo che ha scoperto Spelato- ammette il ragazzo a denti stretti. -Non so se riuscirò a venire al Piccolo Olaf questo pomeriggio, mi dispiace- 

-Oh, cielo! E come sta Spelato?- chiede Marlene, cambiano di scatto tono e passando al preoccupato.

Non è che abbia un gran rapporto con il gatto, ma le sta simpatico, anche se non ha mai avuto il coraggio di provare a toccarlo, dato che Fred ci ha provato e ha ancora i segni.

-Non lo so- risponde Harry con voce spezzata, osservando il gatto che si è voltato a guardarlo e sembra cercare di rassicurarlo con lo sguardo -E’ pieno di vetri e… non muove più la zampa posteriore sinistra. Non ho voluto provare a rimuovere i vetri per paura di ferirlo maggiormente, ma sta perdendo molto sangue- ammette, a bassa voce, preoccupato.

C’è un grande momento di silenzio, e quando Harry sta per riattaccare pensando di aver perso la linea, Marlene parla.

-Steve non mi sembrava un tipo così violento- sussurra, quasi tra se, inorridita.

-Magari non dirlo a Roxanne e Fred prima che non ne sappia qualcosa in più, ok?- le chiede, in tono supplichevole.

-Tranquillo, non lo dirò, ma tu fammi sapere cosa succede, e comunque… cerca di esserci questo pomeriggio- riprende il tono leggermente seccato, e nonostante l’ansia, l’insensibilità del tono di Marlene e tutto il resto, Harry non riesce a fare a meno di sorridere.

Ha capito Marlene, anche se non la conosce poi da molto.

Lui è bravo a capire le persone e Marlene gli sembra proprio il tipo di persona dura, ma sensibile. E che il suo mezz’ordine di andare al Piccolo Olaf è un modo per distrarlo, per fargli pensare ad altro, probabilmente anche per dire “Hey, la vita continua, e ti attendono tanti raggi di sole alla fine del buio”

Anche dopo che Marlene chiude la chiamata per tornare alle lezioni, Harry resta con il telefono all’orecchio, sovrappensiero, a pensare a lei.

Viene riscosso solo quando Spelato, probabilmente con uno sforzo immane, gli tira una testata sullo stomaco, per attirare la sua attenzione.

-Era Marlene- risponde Harry alla tacita domanda posta dal gatto, rimettendo a posto il telefono.

Il gatto lo guarda malizioso, e Harry alza gli occhi al cielo.

-Pensa alla tua salute, invece di badare alla mia vita sentimentale- lo riprende, ben felice che nessuno sia presente mentre parla con un gatto.

-Buongiorno, sei il figlio di Steve, o sbaglio?- la voce di una donna all’incirca di 45 anni lo fa sobbalzare, e il gatto si lamenta, perché il colpo gli ha spostato i vetri.

-Scusa, Spelato. Si, sono io, Harry-

La donna lo guarda sospettosa. Ha capelli lunghi castani legati in una treccia, occhi verdi e un’aria… familiare.

-Tuo padre è dentro? Ti ha mandato come palo mentre prende un altro gatto e lo fa fuori? Oh, santo cielo! Quando imparerà ad essere tollerante.- commenta seccata, ed entra, senza badare ad Harry un secondo di più.

-Ma..- prova a ribattere lui, prendendo Spelato con la massima delicatezza ed entrando dietro a lei.

-STEVE! Lo so che ci sei! solo perché sei il poliziotto non vuol dire che puoi fare tutti i tuoi comodi!!- 

-In verità io non sono venuto con mio padre- ribatte il ragazzo, posando Spelato sul bancone.

La donna guarda un attimo Harry, poi il suo sguardo si sposta sul gatto, e sgrana gli occhi.

-Night!- esclama, sorpresa. Il gatto alza gli occhi al cielo e sbuffa.

-Night?- chiede Hiccup, confuso.

-Night è uno dei gatti che ho salvato dalle grinfie di tuo padre. Una vera furia. Però è scappato alcune settimane fa. Vedo che non è riuscito a tenersi fuori dai guai- la veterinaria fa per accarezzargli il capo, ma lui soffia e prova a graffiarla.

-Scusalo, è poco incline a farsi accarezzare- Hiccup lo calma un po’.

-Non da te, sembrerebbe. Non eri allergico ai gatti?- chiede, interessata e curiosa.

-Non a lui… comunque non è importante, potrebbe solo aiutarlo? Mio padre l’ha lanciato fuori dalla finestra chiusa, e non muove la zampa sinistra. Inoltre sta perdendo molto sangue. Parleremo dopo, ok?!- con una punta di panico Harry per poco non urla, ma la veterinaria non si scompone.

-Se lui me lo permette lo farò con piacere- il gatto però sembra restio a voler collaborare, e alla fine è Harry a togliere tutti i pezzo di vetro con le pinzette, seguendo le indicazioni della veterinaria: Vera Fields.

***

-INUTILE!!! E’ TUTTO INUTILE!!!- esclamava Eris, gettando il libro da una parte all’altra, e osservando nel frattempo anche una brodaglia in un calderone.

Non riusciva a trovare l’incantesimo che voleva, e intanto quel pirata ficcanaso si avvicinava sempre di più, e tutto ciò che lei gli inviava si rivelava inutile.

Ogni cosa era inutile.

Dove diavolo l’aveva messa la formula per l’immortalità, quel signore oscuro del cavolo!?!

-A me non pare del tutto inutile- obiettò un uomo, materializzandosi davanti a lei e facendola sobbalzare.

-Uomo nella Luna!- esclamò lei, con tutto l’odio del mondo.

-Tu che conosci bene questo libro… DOVE LUNA E’ QUELLA DANNATISSIMA FORMULA?!?!- gli urlò in faccia, piena d’ira.

L’uomo non si scompose di una virgola.

-Non sono nella testa di quell’uomo…- Eris sbuffò -…Ma se fossi stato malvagio e lui sono piuttosto sicuro che l’avrei fatto e non l’avrei infilato nel libro. E’ una magia che una persona cattiva vuole tenere tutta per se, ma se veramente vuoi prolungare la tua vita puoi sempre usare il fiore- le suggerì, come fossero vecchi amici, e non due aghi opposti della bilancia.

-Quando vorrò dipendere da qualcosa per sopravvivere ti farò sapere. Per ora perché non vai ad addestrare i tuoi cari cinque cicloni? …Ops, dimenticavo il grande assalto a Cinadonia.- lo stuzzicò, colpendo un tasto dolente. L’uomo stinse i denti. -Ho parlato con Po, sembrava così distrutto che ho deciso di aiutarlo, spero solo che sfrutti il suo novo “dono” in modo giusto- girò poi il coltello nella piaga.

L’Uomo nella Luna trattenne a stento un ghigno.

-Ho capito, me ne vado. Pagina 99, se proprio vuoi condannarci tutti.- le suggerì poi, come una presa in giro, scomparendo in una nuvola grigia.

La donna andò sospettosa a quella pagina.

“Il sortilegio” 

Scosse la testa, quella era magia incredibilmente potente e ugualmente impossibile. Nessuno era mai riuscito a lanciarlo, neanche il grande signore oscuro.

Gettando un’altra volta il libro a terra, osservò nel calderone, e fece per mandare una brutta tempesta di fulmini a colpire l’audace marinaio.

Poi si bloccò.

-Bah, che venga pure, questo libro non mi è di alcuna utilità- rifletté ad alta voce, ma si disse che forse qualcosa di utile ci stava nella morte del principe di Dumbroch, unico erede al trono. 

Così mandò comunque quella tempesta di fulmini, che seguiva l’onda delle sirene, dell’aquila gigante e della tromba d’aria che aveva colpito Stoik.

 

-PURE QUESTO!!! SOLO QUESTO CI MANCAVA!!! Ed è tutta colpa tua, naturalmente, tua e dei tuoi stupidi gioielli!!- Stoik ormai si era proprio stancato di quella impresa, anche se non si voleva arrendere. Dopotutto Fergus era il suo più vecchio amico, e l’idea di avere la sua morte sulla coscienza proprio non gli piaceva.

-Mia!! Non è colpa mia se una strega ti odia! E comunque sono stata io a salvare la nave dalle sirene e dalla tromba d’aria!!- ribatté Elinor, cercando di trovare un modo di deviare i fulmini.

-Ma chi è che ti ha salvata quando quella bruttissima aquila ti ha quasi mangiata?! E tu non l’avevi neanche VISTA!!- obiettò Stoik, prendendo tutto il metallo inutile che conservavano in stiva.

-Ti ho già ringraziato. Mentre non mi sembra che tu sia stato così cortese quando sono stata io a salvarti la vita!- continuò Elinor, mentre usava il metallo per creare pendi fulmini che non avrebbero danneggiato la nave e sarebbero stati convertiti in energia per farla andare più veloce.

-Invece ti ho ringraziata! Controvoglia ma l’ho fatto!- continuò a urlare irritato Stoik.

-Sai che ti dico! Sono convinta che se mi avessi lasciato parlare con quell’aquila ora avremmo trovato anche un altro mezzo per fare più in fretta!- 

-Un capitano non abbandona mai la sua nave per cavalcare un nemico. Ma forse hai ragione, avrei dovuto lasciarti con quel simpatico mostro. Sono certo che con la guerra ancora in corso avreste proprio fatto un’ottima chiacchierata- rispose sarcastico il pirata, irritando ancora di più, se possibile, Elinor.

-I mostri sono meglio di voi stupidi umani! E sta pur certo che quando diventerò regina farò finire questa stupida e rivoltante guerra- 

Prima ancora che finissero il discorso, riuscirono ad arrivare oltre la tempesta.

Stoik rimise a bordo gli acchiappafulmini, poi si avvicinò ad Elinor.

-Sarebbe bellissimo, se i mostri ragionassero- e sembrava sincero dicendo che sarebbe bellissimo, così Elinor iniziò a credere che forse quel pirata non era proprio un caso senza speranza.

Oltre al fatto che in quella convivenza aveva davvero iniziato a scorgere un grande uomo sotto la corazza da pirata rozzo e rude.

Non voleva ammetterlo, ma quell’uomo iniziava ad attrarla, ma lei non doveva uscire dal suo percorso, e la sua unica possibilità per realizzarlo era sposare il principe Fergus.

 

Quella sera, circondati da lanterne, i pirati fecero un punto della situazione, dato che ormai mancava una notte di viaggio e sarebbero arrivati a destinazione.

-Allora, Stoik, propongo di andare noi due, come ai vecchi tempi- Skaracchio prese due asce, molto convinto dei suo piano.

-Pure io vengo- si offrì Elinor.

-Non è un lavoro da donne- obiettò Stoik, con talmente poca convinzione che neanche lui si prese sul serio.

-Guarda che non lo stavo chiedendo!- 

-Solo in due possiamo andare- sbuffò Stoik -E uno devo essere per forza io- Era stanco, e con un cenno incitò Skaracchio ed Elinor a vedersela tra loro.

Elinor guardò il pirata, e sbatté le ciglia.

-D’accordo- cedette lui.

-Grazie, Skaracchio- la donna gli diede un buffetto sulla guancia, e Skaracchio si limitò ad alzare gli occhi al cielo, sorridendo tra i baffi.

-Perfetto, ora che è tutto deciso, tutti a dormire- provò a suggerire Stoik, che al momento crollava dal sonno.

-Ma non cantiamo “Se tu mi sposerai” come ogni giovedì?- chiese un membro della ciurma, speranzoso e ridacchiante.

-Quando c’è una donna a bordo, non è una presa in giro, ma una dichiarazione- obiettò Stoik.

-No, ti prego, fatemela sentire- li incoraggiò Elinor, interessata.

-E’ Stoik quello che la sa cantare meglio- lo incoraggiò Skaracchio, facendogli l’occhiolino.

Il pirata sbuffò.

-Uff, ma solo perché è un rito del giovedì- acconsentì controvoglia.

Così iniziò a fischiettare.

-Per ogni mar navigherò ma non avrò paura; le onde io cavalcherò 

se tu mi sposerai.- iniziò, annoiato, senza metterci particolare enfasi o passione.

Elinor però lo guardò interessata, sorridendo, e mettendogli più forza. 

-Né il sole, sai né il freddo, mai mi impedirà il ritorno

se mi prometterai il tuo cuor…- prima che potesse concludere la strofa Elinor lo interruppe e continuò al posto suo.

-… e amore per l’eternità.- tutti i pirati la guardarono stupiti.

-Come fai a conoscerla? E’ una danza popolare- Stoik la guardò confuso e leggermente sospettoso.

-Ecco… io… l’ho.. me l’ha insegnata Valka, la mia cameriera personale a palazzo- si riprese Elinor, cercando di mostrare sicurezza. Poi, visto che sul ponte era calato un silenzio di tomba, si alzò in piedi e continuò.

-Amato mio, oh mio tesor tu cerchi di stupirmi. Parole non ti serviranno ti basterà abbracciarmi.- fece cenno a Stoik di continuare, e lui, lasciando perdere i pensieri, si alzò a sua volta.

-Anelli d'or ti porterò, ti canterò poesie! 

Da tutto ti proteggerò se tu vorrai sposarmi!- e i due si misero a ballare, mentre la ciurma batteva le mani a ritmo di musica.

-Anelli d'or non servono, non voglio le poesie!

Le mani tue desidero..- 

-..da stringer tra le mie!-

E poi continuarono insieme.

-Ti abbraccerò, ti bacerò e danzerò per sempre e felice io sarò

non smettere d’amarmi.- due marinai si scambiarono uno sguardo e fecero una muta scommessa.

-Per ogni mar navigherò ma non avrò paura; le onde io cavalcherò 

se tu mi sposerai!- a fine canzone Elinor e Stoik erano abbracciati, i visi a pochi centimetri l’uno dall’altro, e tutta la ciurma sembrava trattenere il fiato.

Dopo qualche secondo, Stoik lasciò andare Elinor.

-Beh, allora, abbiamo fatto la canzone, domani ci attende un brutto scontro quindi tutti sotto coperta. Skaracchio, tu stai al timone- ordinò ai marinai, come se non fosse successo niente.

A malincuore la scommessa venne pagata e in fretta tutti i marinai tornarono sotto coperta, ad eccezione di Elinor.

-Stoik…- provò a chiamarlo.

-Non hai sentito, sotto coperta- le ordinò in tono rude. Poi aggiunse, con una nota di malinconia:

-Domani dobbiamo salvare il tuo promesso sposo- e si avviò verso la sua cabina, senza degnare la donna di uno sguardo.

Lei sospirò, poi si avviò a riposare.

***

Harry mangia il suo gelato molto lentamente, senza convinzione o gioia di vivere, tanto che ormai è da un’ora che Elisabeth glielo ha dato ed è praticamente ancora tutto lì.

Fortuna che ha preso la coppetta e non il cono, altrimenti, dato che ormai si è completamente sciolto, avrebbe sicuramente fatto un bel macello.

Ma non lo si può biasimare. Spelato è ricoverato dalla veterinaria, che lo sta operando per amputargli la zampa sinistra. Infatti l’impatto al suolo e i vetri che gli sono entrati molto in profondità nella carne, lo hanno infettato e procurato delle lacerazioni gravi che potrebbero ucciderlo se non venisse operato i fretta.

Harry voleva restare lì fino ad operazione conclusa, ma la veterinaria gli ha assicurato che lo chiamerà appena il gatto starà un tantino meglio.

Non può lasciare che un ragazzino resti lì in giro, specialmente se, come crede, il padre lo sta cercando dappertutto.

Harry alza un attimo lo sguardo dal gelato e osserva i suoi amici.

Quando Roxanne è entrata in gelateria sembrava una bambina che ha appena scoperto che si festeggerà il Natale in anticipo, e ora, con un gelato di nocciole che gocciola dappertutto, canta al karaoke con Allison, che l’ha subito presa incredibilmente in simpatia.

Infatti Roxanne è molto diversa da come appare sempre a scuola. Una volta rotti i muri che la circondano, è l’esuberanza e l’allegria in persona.

Tiene il cono gelato come un microfono, e, tra una leccata e l’altra, canta allegra sulle note di “Ho un sogno anch’io” del film Rapunzel. Film che, a detta sua, non ha mai visto, anche se, dalla sicurezza con cui canta la canzone pare impossibile che non l’abbia mai sentita, almeno una volta.

Fred la osserva incantato e sorridente, mentre Marlene, con un frullato alla mela che beve con la cannuccia seduta su un tavolino lì vicino, guarda la scena divertita.

Nessuno sembra fare caso a Harry, ma per il ragazzo questo va benissimo.

Non gli va di dare spiegazioni sul suo cattivo umore, anche se sa che prima o poi dovrà giustificare la perdita della zampa di Spelato, sempre che l’operazione vada bene.

Gli scappa un singhiozzo soffocato pensando che potrebbe non andare, ma decide di pensare positivo, e prega che Spelato non mandi a monte l’operazione ribellandosi alla veterinaria.

-Harry, va tutto bene?- alla fine della canzone, Allison, ripreso il vassoio, si avvicina al ragazzo per riprendere la coppetta, e rimane molto sorpresa nel vederla ancora piena.

-Si, si, tu_tutto bene- risponde lui poco convinto, con sguardo basso.

-No, non va tutto bene, e dato che sicuramente non è il gelato, perché mangiare il gelato è sempre bello, allora è successo qualcosa. Vuoi parlarne?- chiede, preoccupata

Lui scuote la testa, e prende un’altra cucchiaiata di gelato, che, Allison ha ragione, sembra tranquillizzarlo un po’.

-Umm… va bene. Quando hai finito chiamami, o metti la coppa sul bancone- decide di lasciarlo stare, e non insistere.

Lui annuisce, sempre senza guardarla.

-Harry, va tutto bene?- però dopo Allison, è il turno di Roxanne.

Il ragazzo sbuffa ed alza gli occhi al cielo.

-Si, va tutto bene- risponde, secco.

-E’ successo qualcosa a Spelato?- chiede Roxanne preoccupata, non vedendo il gatto.

Harry sospira, ma non risponde.

-Oddio, che è successo?- Roxanne porta le mani alla bocca.

-Roxy, non credo sia il caso di insistere- Marlene le mette una mano sulla spalla, e Harry non può fare a meno di lanciarle un’occhiata riconoscente.

-Roxy? Cos’è, il nome di un cane?- chiede Fred, raggiungendoli.

-Non mettertici anche tu, Jackson- Marlene gli tira una gomitata.

-Dico solo che Anna Frost le sta bene. Sopratutto Frost. Suona bene come cognome per te- l’ha già detto un po’ di volte, ma senza rendersene conto continua a ripetersi.

-Questo l’hai già detto più volte. Io sinceramente le vedrei meglio il cognome… Fitzherbert o Rider, dato che se lei fosse un personaggio di un film sarebbe senz’altro Rapunzel- Marlene gli stronca l’idea.

Harry continua a mangiare il gelato, senza intervenire nella conversazione ma iniziando a distrarsi, poi il cellulare che vibra nella tasca lo fa sobbalzare, e se Marlene non avesse i riflessi pronti che per fortuna ha, la coppa si frantumerebbe al suolo.

-Harry, cosa…?- prova a chiedergli preoccupata, ma lui prende il telefono e corre fuori, per parlare in privato.

-Dottoressa Fields?- chiede con voce rotta.

-Harry, caro, l’operazione è andata bene, Spelato sta dormendo e l’ho messo in una delle gabbie dei ricoverati. Quando si sveglia gli faremo gli ultimi controlli, poi te lo riporto a casa- lo rassicura.

-NO!- urla lui, preso dal panico.

-Cosa?- Vera è confusa.

-Non lo riporti a casa, lo vengo a prendere io! Mio padre sennò… Probabilmente non ci ritorno più neanche io, a casa- lo dice a voce bassa, e la veterinaria acconsente.

-Ok, verrai tu, ma devi chiarirti con tuo padre- prova a spronarlo, e Harry taglia corto.

-Si. Scusi, ma ora devo andare- e riattacca prima di riuscire a sentire la risposta della donna.

Poi tira un grande sospiro di sollievo.

-Spelato sta meglio?- chiede Marlene, che lo ha raggiunto e tiene la coppa di gelato in una mano e il suo frullato quasi finito nell’altra.

-L’operazione è andata a buon fine- sussurra lui, senza guardarla negli occhi, ma prendendo il suo gelato.

-L’operazione?- chiede lei, confusa.

-Gli… gli hanno amputato la gamba posteriore sinistra- ammette in un sussurro.

Marlene abbassa lo sguardo e si morde il labbro inferiore.

-Mmmmm… Beh, almeno… almeno…- non riesce a trovare un lato positivo.

-Mio padre fa schifo- sbotta Harry, prendendo una cucchiaiata di gelato e mangiandola con forza.

-Non dire così, anche io a volte credo che mia madre faccia schifo, ma è comunque…- si interrompe, riflettendo.

-Tua madre ha mai cercato di ammazzare un tuo amico?- chiede Harry, gettando da un lato in cucchiaino e bevendo direttamente dalla coppa, dato che ormai più che un gelato è diventato un succo freddo.

-Non proprio, anche se l’ha cacciato via, però… infatti tuo padre, ora che ci penso, fa proprio schifo, ma non è comunque il caso di tagliare totalmente i ponti con lui, dato che non hai altro posto dove andare… a meno che…?- si fa pensierosa.

-A meno che?- la incoraggia Harry.

-Senti, per ora stai a casa, però puoi cercare di convincere il signor Davis a darti alloggio al Vampire’s hotel. Ha assunto Roxy, può fare un’eccezione anche con te- gli suggerisce.

Lui ci pensa un po’ su.

-Sai, è un’ottima idea- le sorride, poi si rabbuia leggermente -Ma mentre mi organizzo come faccio con Spelato?- riflette tra se -Non posso riportarlo a casa mia, è troppo a rischio con mio padre che ficca il naso dappertutto- 

-Magari… posso… dargli alloggio io… per un po’- propone Marlene a denti stretti, anche se l’idea non la entusiasma particolarmente.

-Davvero?- chiede il ragazzo incredulo.

Lai annuisce, con un sorrisino poco convinto.

-Grazie, mi salvi la vita, cercherò di convincerlo a trattarti bene- solleva la coppetta, per fare un brindisi.

-A cosa brindiamo?- chiede Marlene.

-Facciamo… ai genitori seccanti che comunque riusciamo a fregare?- propone Harry.

-Questo è un brindisi da proporre anche a Roxanne e Fred- commenta Harry, che ridacchia.

-Hai proprio ragione, forse è il caso di renderli partecipi dei miei problemi- 

***

-Non ero sincero. A dirla tutta non credo che mai riuscirò a perdere la vita per lui- ammise Stoik, dopo che entrambi vennero cacciati dalla strega, senza riuscire a prendere il libro.

Aveva dovuto rispondere a una semplice domanda con sincerità “Se non riesci a prendere il libro, tornerai a Dumbroch e ti farai uccidere?” ma non era comunque riuscito a dire la cosa giusta.

-Senti, Stoik, io… non dobbiamo per forza tornare a Dumbroch- Elinor era molto combattuta, ora che le sue due possibilità erano: o perdere Fergus e non diventare regina; o perdere Stoik, l’uomo che aveva scoperto di amare, e che mai avrebbe voluto perdere.

-Devo andare, Fergus è il mio migliore amico, e poi tu devi sposarlo, diventare regina e finire questa brutta guerra, no? Io non servo a nessuno, da vivo- Stoik abbassò lo sguardo.

-Non dire così- Elinor non riuscì a trattenere le lacrime, e prese il volto di Stoik tra le mani, sollevandolo in modo che i loro occhi si guardassero.

-Io ho bisogno di te, vivo- e lo baciò, velocemente ma intensamente, anche se Stoik non sembrava voler cambiare idea, e la guardò con tristezza.

-Lui si è sacrificato per me, e non posso lasciare che il mio più vecchio amico muoia per colpa mia. Devo fare l’uomo, per una volta- cercò di farsi coraggio, e si avviò verso la nave, dove Skaracchio lo stava aspettando.

-Eccoti qui! Sapevo che non saresti morto! Hofferson, sgancia. Ho vinto la scommessa- lo accolse felice, ma notando lo sguardo di Stoik, si rabbuiò.

-Dov’è il libro?- chiese, confuso.

-Non siamo riusciti a recuperarlo- rispose Stoik, abbattuto.

-E adesso che si fa?- Skaracchio sperava in un buon piano, quindi -Torniamo a Dumbroch- non era certo la risposta che si aspettava.

-Ma ti giustizieranno!- provò ad obiettare.

-Sono il capitano, quindi vi ordino di levare l’ancora, spiegare le vele, e fare subito rotta verso Dumbroch, dobbiamo tornare prima dell’alba di domani. Sono certo che Eris ci lascerà in pace, ora che ha ottenuto quello che vuole- ordinò rude ai suoi inferiori, con una punta di malinconia.

Elinor si ritirò nella propria cabina, e non si fece vedere per tutta la traversata.

 

Solo quando giunsero ai confini del regno di Dumbroch, vicini al porto, Elinor fece rivedere la sua faccia a bordo, cercando il capitano.

-Stoik! Stoik! Devo parlarti- sembrava aver avuto un grande confronto con se stessa, e con grande determinazione cercò in lungo e in largo per tutta la nave.

Alla fine si arrese, e chiese a Skaracchio

-Dov’è Stoik?- 

-Non posso dirtelo. Non vuole proprio essere disturbato- le rispose lui, desolato.

-Ti prego, devo proprio dirglielo. Non voglio portarmi questo segreto nella tomba e vivere con il rimpianto di non avergli detto la verità- lo supplicò lei.

Skaracchio ci pensò un po’, ma alla fine cedette.

-E’ nella stiva, nascosto in una stanza segreta dietro le cassette delle patate- glielo sussurrò nell’orecchio, rischiando di perdere la rotta.

-Grazie, Skaracchio- e corse in direzione del posto segreto, sperando di non fare tardi.

Quando arrivò, prima di entrare decise di bussare.

-Skaracchio, ti ho detto di non disturbarmi e restare al timone- le venne detto dalla parte opposta, con voce rotta.

-Non sono Skaracchio- la donna entrò, e trovò Stoik seduto in una piccola stanza con la vista sull’oceano sconfinato, un po’ fuori e un po’ dentro.

-Che ci fai qui?!- chiese lui, squadrandola.

-Sono venuta a dirti una cosa, io non sono quello che tu credi- lei si sedette accanto a lui, cerano di trovare la forza per dirgli tutto.

-Non vedo come questo possa cambiare le cose- tagliò corto lui, distogliendo lo sguardo e fissandolo sul mare.

-Non lo so neanche io, ma devo dirtelo, io sono…- ma il suono che annunciava la terra interruppe la rivelazione di Elinor, e Stoik, dopo aver tirato un gran sospiro di rassegnazione, si preparò a scendere dalla nave con le brutte notizie.

Arrivò nella corte del re di Dumbroch poco prima che il principe venisse giustiziato, durante un’accesa discussione tra il re e il consiglio dei cinque regni, zittendo tutti, che si girarono a guardarlo.

Prima che però potesse parlare, una figura sinistra uscì dall’ombra, applaudendo, e facendo girare tutti.

-Ma bravo, Stoik- commentò Eris, a denti stretti. Tutti i membri del consiglio misero le mani alle armi, e la strega fece comparire il libro tra le sue mani.

Tutti la guardarono confusi, lei era arrabbiata.

Stoik non riusciva a capire, ma un lampo di genio lo fece sorridere.

-Non ho mentito… ciò significa, che devi restituirmelo. Non era nei patti?- e le si avvicinò, trionfante.

-Devo ammetterlo, mi hai stupita- lei glielo consegnò, con un ghigno.

-Ma non crediate che sia finita qui per voi. Non avrò più il libro, ma compierò la mia vendetta, è una promessa!- e con questa ultima minaccia rivolta ai membri del consiglio, scomparve in un vortice nero.

I membri della ciurma, arrivarono trafelati solo in quel momento, ma tra loro mancava una persona.

-Dov’è Elinor?- chiese Stoik, dopo aver mostrato il libro e averlo restituito al re di Dumbroch.

-Le guardie reali l’hanno catturata, non abbiamo capito perché- spiegò Skaracchio, confuso.

-Probabilmente perché non è la vera Elinor- una voce femminile si unì alla conversazione, mentre una donna molto simile a Elinor di corporatura, ma con viso più tondo e occhi castani, si avvicinava alla ciurma, cogliendoli in contropiede.

-In che senso?- chiese Stoik, turbato.

-Io sono la vera Elinor, lei è Valka, la mia cameriera personale- spiegò in tono pacato.

-Un momento, che cosa?- Fergus, che era stato in cella tutto il tempo, non sapeva degli ultimi avvenimenti, e guardò la nuova Elinor in uno stato di piena agitazione.

Prima che Elinor, quella vera forse, potesse spiegarsi meglio, l’altra Elinor, quella che alle voci dovrebbe essere Valka, entrò nella stanza scortata da due guardie.

-Lasciatemi! Vi prego, fatemi almeno dire addio a… Stoik! Non sei morto!- a vederlo così, vivo e confuso, sorrise tra le lacrime, poi spostò lo sguardo sulla vera Elinor.

-Elinor, ma tu che ci fai qui?!- chiese in un sussurro, mentre le guardie continuavano a spingerla bruscamente per portarle nelle segrete.

-Lasciatela andare!- provò ad opporsi Stoik, correndo verso di lei, ma Elinor stessa fece cenno alle guardie di fermarsi.

Le due donne si scambiarono degli sguardi che tutti i presenti non riuscirono a capire, poi Elinor raccontò la sua storia.

-Lasciatela andare, si è finta me perché gliel’ho chiesto io. Circa cinque anni fa sono stata rapita da alcuni mostri mentre ero in viaggio per venire qui a Dumbroch per conoscere il mio futuro sposo, Fergus. Questi mostri mi hanno portata a Cinadonia, la scuola di Kung Fu, e mi hanno tenuta lì, prigioniera, perché volevano che scoppiasse una guerra tra Valdonia e Dumbroch. Io, temendo che sarebbe successo qualcosa di simile, avevo chiesto precedentemente a Valka, la mia cameriera personale e grande amica, di prendere il mio posto qualora un fatto del genere fosse accaduto, quindi non imprigionatela, non è stata colpa sua se si è finta me- nonostante tutto quello che venne detto, le due non sembravano in buoni rapporti.

-Chi ci dice che tu sia la vera Elinor? E come hai fatto a scappare da Cinadonia?- chiese Stoik, che non credeva che Valka avesse mentito così.

-C’è stato un attacco a Cinadonia, un paio di giorni fa, probabilmente da alcuni mostri che speravano di spronare i praticanti di Kung Fu ad attaccare gli umani invece di difendersi e basta, e io sono riuscita a fuggire. Inoltre mio fratello mi ha riconosciuto, è un membro del consiglio. Senza contare i ritratti di famiglia che mi danno ragione e il medaglione con il marchio reale che sono riuscita a tenere con me anche a Cinadonia- rispose Elinor, in tono semplice e pratico.

-E’ questo che ti volevo dire, Stoik- ammise Valka, con sguardo basso.

-Io non sono una principessa, ma una semplice cameriera umile e povera- anche se la guardie l’avevano lasciata, sembrava messa in gabbia. Delle due possibilità tra le quali non sapeva scegliere: Stoik e Fergus, ora non ne aveva nessuna.

O almeno così credeva, perché Stoik le si avvicinò, e le prese le mani.

-Se posso dirlo senza paura di venire giustiziato, non potrei desiderare una cosa migliore di questa- le disse, e lei sollevò lo sguardo sorpresa, incontrando prima i suoi occhi, e poi le sue labbra.

***

Spelato, strano a dirsi, sembra apprezzare molto il fatto di stare a casa di Marlene, infatti non si ribella neanche per un secondo quando Harry lo porta davanti all’uscio di casa sua, oppure è semplicemente ancora intontito dall’anestesia.

Suona al campanello, e subito Marlene gli apre, leggermente preoccupata.

-I miei non ci sono, e i gemellini terranno la bocca chiusa, sono molto bravi a tenere i miei segreti in cambio dei dolcetti- gli fa strada all’interno della casa.

-Marlene, tu non sai quanto mi, anzi, gli, anzi, ci stai salvando la vita- la ringrazia Harry, accarezzando il gatto senza gamba, che osserva tutto molto tranquillo e incuriosito.

-Allora, mangia sopratutto bocconcini di pesce, ma accetta anche quelli di carne e odia i croccantini, giusto?- chiede Marlene, che non sa come occuparsi di un gatto e ha paura di sbagliare qualcosa, specialmente con quel gatto.

-Si, super esatto- 

-Bene, gli ho preparato per dormire vicino alla finestra, ma accanto al termosifone, così avrà aria fresca ma non sentirà freddo, e l’ho coperto in modo che mamma non lo veda quando entra in camera per svegliarmi- gli dice, mentre apre la porta di camera sua.

Harry di imbarazza leggermente, dopotutto non è mai entrato nella camera di una ragazza, e trova che una camera da letto sia un posto molto personale, quindi non sa se è appropriato o no.

-Guarda, se vuoi posso lasciarti Spelato e andare, non mi va di invadere il tuo spazio- suggerisce, lei lo guarda con le sopracciglia aggrottate.

-Non farai sul serio, voglio sperare. Su, entra, non fare complimenti. E poi mi spaventa un po’ prendere in braccio Spelato- entra nella stanza e gli fa cenno di seguirla.

-E’ molto carina- commenta lui.

Certo, è disordinata, ma quale camera non lo è. E’ tutta verde acqua e bianca, al muro sono appesi poster di qualche sportivo famoso, e c’è un arco appeso al muro, con una faretra accanto.

-Non sapevo tirassi con l’arco- commenta, osservando l’arma, che Spelato squadra con sospetto.

-E’ più che altro un divertimento. Mi ha insegnato papà, e spesso i pomeriggi liberi li passo a lanciare frecce nel bosco, su appositi bersagli che abbiamo costruito insieme- spiega lei, cercando di distrarlo e prendendo la maggior parte dei vestiti che stanno sul letto e sulla scrivania e buttandoli dentro l’armadio.

-Forte. Io non sono mai stato molto bravo negli sport, sono più un nerd e…- con la coda dell’occhio osserva Marlene che rimette tutto in “ordine” e non riesce a trattenere una risatina -… quindi passo la maggior parte del tempo in biblioteca e in bottega- conclude, cercando di mantenere lo stesso tono.

-Almeno guadagni qualcosa, e poi i tuoi lavori sono utili- lo consola Marlene.

-Allora, torniamo a noi. Questa è la cuccia di Spelato, e spero che vada bene, ho riciclato quella che usavo per il mio cane Aaron, prima che i miei lo dessero via- ripensò all’avvenimento con tristezza.

-Se riesci a nascondere un gatto, non vedo perché non riusciresti a nascondere un cane- prova a suggerire Harry.

-Un conto è un gatto per pochi giorni, un conto è uno smooth collie per tutta la vita. E poi Aaron era molto iperattivo, non faceva altro che correre in giro per le stanze- sorride a ripensarci, poi decide di cambiare argomento.

-Comunque, la cuccia è di suo gradimento?- chiede a Harry, che posa Spelato su di essa.

Il gatto si sistema cauto, ma sembra proprio apprezzarla, perché annuisce e si accoccola.

-Ah, bene. Per un paio di giorni siamo a posto- Marlene osserva contenta il gatto, tirando un sospiro di sollievo a e alzando le spalle.

-Non smetterò mai di ringraziarti, se c’è qualcosa che posso fare…- 

Marlene taglia corto con un gesto della mano 

-Non preoccuparti, è un piacere. E’ a questo che servono gli amici- gli sorride.

Spelato, sollevando la testa, fa una cosa che non ha mai fatto prima ad eccezione che con Harry.

Si solleva, si avvicina alla ragazza senza che lei se ne accorga, e preme il muso contro la sua mano.

Entrambi i ragazzi restano stupefatti.

 

Quando Harry torna a casa capisce subito che il padre non è a lavoro.

Infatti è dentro e litiga furiosamente con una voce femminile, che ha la voce allo stesso suo volume.

Resta un attimo interdetto sul vialetto, poi respira per darsi forza, ed entra.

-Papà, sono a casa- si annuncia, le voci in cucina si interrompono, e cala il silenzio nella casa.

Dopo qualche secondo il padre risponde, con voce un po’ incerta.

-Sono in cucina- 

“Come se non l’avessi capito, con tutto il baccano che fai” pensa tra se Harry, che vorrebbe andare direttamente in camera.

Però, preso dalla curiosità e dalla voglia di preparare la cena perché sta morendo di fame, decide di raggiungere il padre in cucina, e rimane sorpreso nel trovarci la veterinaria.

-Dottoressa Fields?- chiede, confuso.

-Stava andando via- annuncia il padre, in tono fermo.

-Infatti, assolutamente. Stammi bene, Harry. E puoi passare da me quando vuoi- gli da una pacca sulla spalla, prende la borsa che aveva lasciato sul tavolo, e si avvia fuori dalla porta.

-Voglio sperare che non lo farai, con l’allergia che hai e tutti i gatti che lei tiene in ambulatorio- il tono di Steve ha una traccia di minaccia, e Harry lo ignora solamente, passando oltre a lui e aprendo il frigo per cercare qualcosa da mangiare.

-Harry- il tono del padre è esasperato -Ammetto di essere stato un po’ brusco stamattina, ma l’ho fatto per il tuo bene- prova a convincerlo.

-Per il mio bene. Non mi fa allergia, e hanno dovuto amputargli la gamba posteriore sinistra per colpa tua- gli urla contro Harry, sbattendo la porta del frigo dopo aver preso un avanzo di salmone norvegese conservato in una ciotola.

Il padre indietreggia leggermente.

-Meglio così, Harry. Non sai cosa potrebbe farti, e ho già perso tua madre, non voglio perdere anche te- si riavvicina cercando di fare ammenda, ma questa volta è Hiccup ad indietreggiare.

-Ci sono tanti modi per perdermi- gli sussurra a denti stretti, per poi uscire dalla stanza e andare in camera sua.

***

Con la benedizione del re Fergus e la regina Elinor si celebrarono anche le nozze di Valka e Stoik, e i due vissero felici per molti anni, vivendo in amore.

Stoik abbandonò il ruolo di pirata e divenne la guardia reale più fedele di Fergus, ma, sotto guida della moglie, operò solo in difesa del popolo dagli attacchi dei mostri, e mai in attacco.

Senonché, pochi mesi dopo aver dato alla luce il primo figlio, Hiccup, durante un’assalto da parte dei mostri, Valka uscì, come al solito, per aiutare nella difesa, e cercare anche di convincere i mostri a fare una piccola tregua, una pace.

I suoi sacrifici si rivelarono vani, e quella notte, con la luna coperta da grigi nuvoloni, Valka scomparve, presa da un drago senza più fare ritorno a Dumbroch, e lasciando il padre e il figlio.

Fu in quel preciso momento, mentre vedeva la moglie tanto amata che gli veniva portata via, che Stoik decise di intensificare la guerra contro i mostri.

Loro l’avevano portata via, uccisa chissà dove e forse anche mangiata a colazione. Lei, che aveva passato la vita a difenderli e a cercare di costruire la pace. 

Fu in quel preciso momento che Stoik capì che i mostri erano solo macchine senza cuore che uccidevano per il gusto di farlo, e il suo cambiamento fu così profondo, che solo molti anni dopo, grazie all’aiuto dello stesso figlio, riuscì a cancellarlo parzialmente.

Ma questa è un’altra storia, e la si dovrà raccontare un’altra volta.

***

-MA CHE CAVOLO!!!!- esclama indignata Roxanne, mentre legge l’ennesimo finale brutto.

Ora che si è affezionata a questa coppia, ecco che viene distrutta, come tante altre cose prima di lei.

Anche se, deve ammetterlo, questo finale se lo aspettava, dato che in Dragon si accenna al fatto che la madre di Hiccup è morta.

Comunque è ugualmente seccante, e le verrebbe voglia di buttare il libro nei rifiuti, dato che è l’ennesima brutta notizia che riceve.

Harry ha detto a tutti loro la triste sorte accaduta a Spelato, e per poco non è scoppiata a piangere di fronte a lui.

Adora quel gatto, le ricorda tanto Sdentato del suo libro, e non vuole che si faccia così male.

-Roxanne, va tutto bene?- chiede sua madre dal piano di sotto, dopo aver sentito la sua esclamazione irritata.

-Si, madre, ho solo… fatto cadere il cofanetto della cipria- si inventa lì per lì, e poi lo butta per davvero per rendere a bugia più credibile.

-Oh, cielo! Fa un po’ di attenzione- si lamenta sua madre, sempre restando sotto.

Roxanne tira un sospiro di sollievo e sbircia la pagina bianca dopo la fine della storia, quella dove di solito ci sono le scritte a penna.

Questa volta c’è solo un’enorme parola: “CONTINUA”

E non capisce se sia un invito o un dato di fatto, nel senso che la storia continuerà.

Decide di continuare, e sbircia il capitolo seguente.

“Mamma orsa” 

Deve ammetterlo, il titolo è curioso.

Guarda l’ora, capisce che tra un po’ sua madre la chiamerà per andare a cena e decide di precederla.

Nasconde il libro, mette le ballerine (sua madre non approva che vada in giro scalza, valla a capire) e si avvia giù per le scale.

Sta per annunciare la sua presenza quando sente che sua madre sta parlando a bassa voce al telefono.

-Si, Steve. Lo capisco, trovo che le tue argomentazioni siano davvero valide, chiamerò il signor Black e vedrò di farlo chiudere. Non possiamo permettere che altri gatti infettino le nostre case. Anche se forse è meglio chiusi in gabbia che… ottima idea, davvero ottima. Ne parliamo domani al Vampire’s café? Si, certo. Arrivederci- e chiude la telefonata, con un ghigno.

Stoik Haddock le è sempre piaciuto, è l’unico uomo nella storia che sia mai riuscito a fregarla con il suo stesso trucco, quindi lo ammira davvero molto, e, ora che gli ha fatto scoprire quel gatto, lo ha finalmente dalla sua parte.

-Madre, con chi stavi parlando?- chiede Roxanne, facendo sobbalzare la madre.

-Con Steve Hill, di un affare che discuteremo domani. Niente che ti riguardi, tesoro. Comunque un tempismo perfetto, è pronta al cena- taglia corto Norma, ma Roxanne è molto preoccupata, e inizia a sospettare che centri la madre con la scoperta di Spelato da parte del padre.

Deve andare a fondo sulla faccenda.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Legenda: 

Steve Hill: Stoik

Vera Fields: Valka/Finta Elinor

Norma Goth: Eris

Signor Davis: Dracula

Aaron: Angus

 

 

(A.A.)

Ma ciao a tutti, eccomi qui, sono riuscita alla fine ad aggiornare.

Tra tutte le unioni che ho fatto finora devo dire che questa è quella che trovo più azzeccata, oltre a Flynn/Jack.

Insomma, ci sta tantissimo che Stoik e Valka si sono conosciuti così.

Però è stato anche molto difficile da scrivere, perché ci ho dovuto aggiungere riferimenti a storie che verranno raccontate solo nella seconda serie, quindi ho cercato di non rivelare troppo.

Cinadonia, già nominata nello scorso capitolo, è il nome dato alla scuola di Kung Fu di Kung Fu Panda, e, beh, non voglio fare troppi spoiler.

E il rapporto tra Valka ed Elinor sarà una vera bomba quando verrà rivelato, almeno spero.

Ammetto che odio Valka alla follia, ma ho cercato di renderla accettabile, per ora.

Mentre adoro Stoik, ma mi serviva sottolineare il suo carattere intollerante verso ciò che potrebbe ferire il figlio.

Insomma, Stoik, Dracula e Madre Gothel potrebbero andare d’accordo in iperprotettività, ma non è importante adesso.

Mi è piaciuto molto scrivere la parte For the Dancing and the dreaming e anche molto la piccola scena Mericcup. Anche la loro storia è molto intricata nel passato.

Come al solito ringrazio tutti quelli che seguono, recensiscono o anche solo leggono questa storia e vi incoraggio a lasciare un commentuccio per farmi sapere cosa ne pensate. Non vi costa niente e mi aiuta molto in fatti di autostima, carica e molto altro, dato che scrivere è l’unica cosa che mi è rimasta in questo periodo.

Un bacione a tutti e alla prossima :-*

P.s. Ho aggiunto un piccolo riassunto dei capitoli precedenti perché la cosa inizia a farsi complicata

   
 
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