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Autore: Apollolux    22/03/2015    2 recensioni
Era una notte come tante altre, Merlino aveva appena finito di adempiere ai suoi compiti - con qualche frecciatina qua e là - e il Re riposava sul letto assorto nei suoi pensieri, preoccupanti quanto mai: Morgana era a piede libero, e la temeva, sapeva che era astuta, e non aveva idea di quale sarebbe stata la sua prossima mossa, davvero, davvero non lo avrebbe mai immaginato.
Qualche settimana prima, durante l'ennesimo scontro, per salvare quell'asino reale Merlino era stato costretto ad usare la magia, ma questa volta Morgana lo aveva visto, e capì: Emrys...il tanto temuto avversario sempre sotto il suo naso, a Camelot. La strega decise con satirica ironia quale sarebbe dovuta essere la fine del suo nemico, ma non considerò che anche se lei aveva chiuso il suo, Artù, pur non dandolo a vedere, aveva ancora un cuore grande quanto il suo regno...
"Non posso credere a quello che ho sognato Lancillotto, eppure sembrava così reale, così concreto..."
Il sovrano cercava disperatamente conforto nel suo nobile cavaliere, che in segno di devozione e con spirito amichevole per entrambe le parti rispose: " Artù, c'è qualcosa che dovresti sapere..."
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Merlino/Artù
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Nell'oscurità del bosco, Morgana lanciò il suo incantesimo: quella notte Artù di certo avrebbe sognato qualcosa, qualcosa di inaspettato, di improbabile, di impossibile, almeno ai suoi occhi.

Mentre rifletteva sugli ultimi eventi, il sovrano cadde in un sonno profondo, e gli occhi della sua mente assistettero a scene surreali, quasi comiche: il suo servitore, Merlino, fidato compagno di mille avventure, ormai bussola indispensabile nel viaggio della sua vita, stava facendo uso di magia, una magia potente, coltivata negli anni. Di colpo si svegliò, come da un incubo; dopo un attimo di perplessità, sfociò in una risatina superficiale, pensando alla stupidità di quanto aveva appena visto, eppure il seme del dubbio continuava a crescere in lui, forte, deciso, inoppugnabile. Razionalmente, non poteva nemmeno discutere l'assurdità del suo sogno, ma in realtà aveva sempre saputo che Merlino aveva qualcosa di speciale, unico, MAGICO. Aveva conosciuto tante persone, tante ne aveva amate, suo padre, la sua sorellastra, i suoi cavalieri, i suoi sudditi, la sua regina...e poi c'era Merlino. Non aveva mai saputo dare un nome a quel sentimento, in fondo non era bravo con le etichette; sapeva solo che quel pasticcione era aria pura per lui, indispensabile, alla lettera, per alzarsi dal letto tutte le mattine ed affrontare il mondo. Ci aveva riflettuto su di tanto in tanto, soprattutto recentemente, non riscontrando in lui desiderio alcuno di giacere con la sua regina, sebbene fosse passato più di un mese dalle nozze; la novità, si era detto, le continue spedizioni, ma in fondo sapeva che non era per quello che ancora non aveva toccato la sua Gwen in quel senso. Stanco di tutto quel ragionare, scelse di dormire ancora qualche ora, e all'indomani si sarebbe rivolto all'uomo che forse conosceva meglio il suo servitore: sir Lancillotto.

 

“Cavaliere, una parola”- disse Artù con fare deciso, per celare il suo sgomento e la confusione.

“Dimmi Artù” - rispose il cavaliere sempre pronto e disponibile a qualunque richiesta.

 

Mentre Artù raccontava il sogno, il cavaliere cominciò a pensare: forse l'altra parte della medaglia stava cominciando a capire, inconsciamente, come se le due metà stessero finalmente per unirsi. Decise che forse era arrivato il momento per la verità di venire a galla, la avrebbe rivelata con piacere, nell'interesse di entrambi i suoi amici, e così fece:

 

“Artù, c'è qualcosa che dovresti sapere, la risposta a tutte le domande che ti sei posto nel corso di questi lunghi anni, risposta a te negata, solo e unicamente nel tuo interesse...”

 

Il Re voleva sentirselo dire, era pronto.

 

“Merlino è un mago, un mago potente, l'ho scoperto anni fa, e da allora ho sempre rispettato il suo segreto, per proteggere sia te che lui dalla furia di tuo padre. Ha sempre agito nel tuo interesse Artù, questo deve esserti chiaro, si è sacrificato, umiliato e prostrato milioni di volte sebbene avesse il potere di incenerirci tutti, e l'ha fatto per te, per Camelot, per tutti noi.”

 

Nella mente del sovrano tutto tornava, la luce nella grotta, i nemici scomparsi, la sua pelle sempre salva, la pace a Camelot; non poté fare a meno di chiedersi cosa sarebbe successo senza di lui. In fondo non aveva mai odiato la magia, né l'aveva temuta, semplicemente dimostrava di avere di riflesso la stessa opinione del padre, e poi con gli ultimi avvenimenti circa Morgana, non avrebbe comunque saputo cosa pensare. Era sempre stato lì, goffo, sbadato, ma anche saggio, premuroso, leale, invincibile: ecco cos'era il suo servitore, la sua luce, la sua salvezza, la più grande delle conquiste.

Non era più un giovane principino arrogante, e si rese conto di quali erano state le motivazione che spinsero Merlino a tenere in segreto, ma ora voleva che glielo rivelasse, vole sentirlo dalle sue labbra, perché se quelle labbra gli avessero rivelato la sua incrollabile lealtà, nonostante i maltrattamenti, la sua devozione, il suo buon cuore, il suo coraggio e il suo valore, allora certamente non le avrebbe fatte richiudere prima che la sua lingua si trovasse all'interno.

Si, questa fu l'immagine che balenò involontariamente nella sua testa, e non se la seppe spiegare, o forse non ce ne era bisogno.

Sarebbe andato da lui, e si sarebbe divertito, come era loro solito fare, ma stavolta più delle altre, perché era lui in vantaggio. Poi lo avrebbe ringraziato, certo, ma doveva ancora decidere il modo più opportuno per farlo.

 

Morgana assistendo di nascosto al dialogo dei due cavalieri e vedendo quel sorriso pieno di riconoscenza e amore sul viso di quell'ebete del fratello, dannò tutta la sua magia per quello che aveva appena fatto: aveva permesso alle due facce di avvicinarsi, e lei sapeva, sapeva bene cosa sarebbe successo allora: la sua inesorabile fine.

Doveva agire, e farlo in fretta; avrebbe rapito Merlino, così il Re si sarebbe sentito tradito, abbandonato e ferito dalla totale mancanza di fiducia che Merlino aveva dimostrato nei suoi confronti.

 

Un'ora dopo, il sovrano entrò nelle sue stanze, compiaciuto del nuovo giochetto che stava architettando, ma una volta steso sul letto per un po' di meritato risposo, vide un bigliettino, con su scritto “Addio, Sire”.

 

Nella sua mente cominciarono ad attivarsi tutte le terminazioni nervose. No! No! Non proprio adesso. Perché l'aveva fatto? Non si fidava? Era un impostore? No, impossibile, questo lo sapeva per certo.

 

Nel frattempo Merlino e Gaius passeggiavano nel bosco alla ricerca di erbe. Il ragazzo pensò di aver trovato qualcosa, ma dopo tutto quel tempo, ancora non riusciva a distinguerle. Chiamò il nome del suo mentore, più e più volte, e quando si girò per controllare che fine avesse fatto quel vecchio rincitrullito – che adorava con tutto il suo cuore – si sentì dire:

 

“Emrys”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Morgana”.

   
 
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