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Autore: _diana87    23/03/2015    2 recensioni
“Ah, questi uomini! Uffa, queste donne!”
Genere: Demenziale, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Kate Beckett, Nuovo personaggio, Quasi tutti, Richard Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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“Ah, questi uomini! Uffa, queste donne!”
{Silvia Ziche}
 
 
Capitolo 2: Discorsi senza senso

 
 
Kate Beckett era una donna affascinante e di questo ne era consapevole. Quando passeggiava tra il distretto, tutti si voltavano ad osservarla e qualche malizioso di troppo si azzardava anche a fare l’occhiolino. La cosa le faceva piacere, seppur impegnata con un certo scrittore.
Parlando di lui, quando Richard Castle passeggiava per il distretto, invece, attirava l’attenzione non solo delle donne, ma anche degli uomini. Kate si fermò di botto osservandolo.
In effetti era un gran pezzo di uomo e lei era soddisfatta ad averlo tutto per sé. Gli piaceva quel sorriso sghembo, quella camminata lenta per nulla altezzosa, adorava quando si passava una mano trai capelli, per non parlare del lato A e del lato B del suo corpo. Probabilmente le sue parti preferite. Quando Richard Castle camminava lo faceva sorridendo, e lei riusciva a cogliere le luci attorno a lui che riflettevano facendolo sembrare un principe azzurro con la sua armatura lucente...
Ok, stava esagerando.
Con il suo sguardo sognante stava per svelare al lettore più accanito i retroscena piccanti della loro relazione, una piccola novità che avevano aggiunto alle loro sedute notturne. Lo diciamo a voi, ma promettete di non farne parola con nessuno. A turno, i due si vestivano da supereroi che salvavano la donzella in pericolo. Colpa della maratona Marvel a cui erano diventati dipendenti. Colpa dell’ultimo film The Avengers in uscita nelle sale, a cui volevano andare preparati.
Ok, stava superando il limite.
Tra poco avrebbe iniziato a parlare da sola.
Non si rese conto che, sognando a occhi aperti sulle loro fantasie sessuali, era finita in bagno. Si voltò e dallo specchio vide Lanie uscire dalla porta. Aveva una faccia schifata e si sventolava la mano davanti il naso. Valutò frettolosamente le possibili vie di fuga, prima che l’amica la fermasse per una conversazione tra donne che lei odiava. Troppo tardi.
“Tesoro, che ci fai qui?”
La detective si guardò intorno un po’ imbarazzata e spalancò le braccia.
“Ehm, che domande... devo andare in bagno!”
“Attenta a non passare davanti la toilette degli uomini… si sente una puzza allucinante! Ti ho mai raccontato di quando Javi aveva quel virus intestinale?”
Ok, ora la cosa stava diventando imbarazzante.
E se ripeteva a mente ancora una volta ‘ok’, il suo cervello sarebbe esploso.
Chiuse gli occhi e sospirò cercando di far mente locale. La sua mano si fermò sulla porta appena aperta. Non aveva via di scampo.
“No... Lanie... non credo che tu me ne abbia parlato.”
L'amica dottoressa prese un gran respiro, come tentasse di prepararsi a mettere il turbo. Quindi si mise davanti a Kate, bloccandole l'uscita. La detective, come reazione spontanea, sentì il suo viso allungarsi sotto forma di "Urlo" di Munch, capendo che era in trappola come un topolino.
Lanie posò poi entrambe le mani avanti e iniziò a gesticolare. I suoi occhi brillavano. Chissà che storia dovette aspettarsi Kate.
“E’ iniziato tutto il mese scorso. Dopo l’indiano, abbiamo voluto provare il messicano. Ovviamente sempre roba piccante. Quindi abbiamo deciso di spargerci il cibo per tutto il corpo... se sai ciò che intendo... anche nelle parti più nascoste. Javi è andato proprio in quella parte e non solo si è bruciato la lingua, ma gli è anche venuta indigestione. Conclusione: due settimane di virus intestinale! Ci crederesti mai?”
Kate cercava di mettere insieme i pezzi.
Lei e Castle avrebbero dovuto evitare 'cene piccanti' di quel genere.
Si schiarì la voce vedendo un barlume di speranza davanti a sé.
C'era proprio Castle che si voltava a 360 gradi cercando di capire dove era finita la sua musa. Il che era parecchio divertente dato che lo scrittore divenne una specie di trottola che girava.
Davanti quello strano fenomeno, Kate disse, “Wow... è impressionante...”
“E’ quello che ho detto!" rispose Lanie, spalancando le braccia e finendo per colpire un agente in divisa che stava passando davanti la toilette delle donne per andare in quella degli uomini. Il poveretto venne colpito al volto e cadde a terra con il sedere.
L'impatto fece voltare Castle, che finalmente si accorse della sua fidanzata e trionfante, si decise a fare un passo per raggiungerla. L’espressione disperata di Kate lo fece preoccupare.
“Si può passare l’intero giorno in bagno per colpa del cibo messicano?” la voce stridula di Lanie rimbombò così tanto che lo stesso agente di prima, che era caduto per terra, nel rialzarsi, cadde di nuovo emettendo un gemito di dolore. Quel tono alto della dottoressa gli era entrato in un timpano. Simpatici gli altri agenti che non si degnavano di aiutare il loro collega.
“Yo, Castle, dove vai?” Esposito lo bloccò e quando Rick si girò, vide lui e Ryan, entrambi con le mani incrociate al petto che lo guardavano con aria minacciosa.
Lo scrittore impallidì e deglutì. “Cercavo Beckett... pensavo fosse dietro di me, invece è sulla porta del bagno con Lanie.” Disse, indicando le due donne. Kate, ancora più disperata, tentava di mandare segnali al suo scrittore, nella speranza che lui la salvasse dai pettegolezzi di Lanie, ma inevitabilmente finiva strattonata dalla dottoressa, che richiedeva la sua attenzione.
Rick alzò un dito e fece per dir qualcosa, ma Kevin scosse la testa e rilassò il viso.
“Lascia stare, amico. Non andare da loro. È una trappola.”
“Sì, quando meno te lo aspetti ti intrappolano nella loro rete di conversazione tra donne.” Concordò Javier, poi fece una pausa e guardò prima uno, poi l’altro, e come nei migliori film dell’orrore, si voltò verso un’immaginaria telecamera rivolta allo spettatore, e pronunciò la frase che preannunciava morte sicura. “E non ne esci più.”
Una strana musichetta inquietante echeggiò per il distretto. Era solamente il cellulare dello sfortunato agente in divisa che, dopo esser scivolato per terra e aver rischiato la rottura di un timpano, ora ricevette la chiamata da sua moglie per assicurarsi che stava bene.
Castle ignorò la scena, sebbene un brivido lo percorse e si sentì circondato da una strana presenza. Proprio come nei film dell’orrore, tutto combaciava.
“Avete ragione. Una volta avevo deciso di ascoltare la giornata di mia figlia, e senza che me ne accorgessi, abbiamo finito per guardare Frozen. Il giorno dopo non facevo altro che cantare Let It Go.”
Esposito annuì. “Ti capisco, Castle.”
“Però gran bella canzone.” Concordò Ryan.
“E gran bel film.”
Javier si ritrovò a scacciar via una lacrima che gli era scesa sulla guancia.
“Piango sempre quando Elsa pensa a sua sorella lontana e fa di tutto per ritrovarla.”
L’amico Kevin gli mise una mano sulla spalla, confortandolo. L’umore dei tre uomini sprofondò a terra e dal film dell’orrore, si ritrovarono nel bel mezzo di un melodramma.
Rick tirò su il naso, trattenendo le sue lacrime e quasi vergognandosi, si strinse nelle spalle e guardò a terra, per evitare i suoi amici. Era giunto il momento della sua confessione più grande.
“Io non ho mai pianto così tanto da quando è morto Mufasa ne Il Re Leone.”
Rialzò lentamente lo sguardo quando vide che né Javi e né Kevin lo stavano prendendo in giro. Anzi, avevano gli occhi lucidi pensando a quella tragica scena in cui, a causa di un inganno, il leone si era gettato tra una mandria di gnu, perché suo figlio Simba era stato messo in pericolo dal cattivo zio Scar.
Kevin si guardò i piedi e si strofinò il naso. Usciva del muco giallo e quasi se ne disgustò. “Triste storia quella.”
“Vero.” Fecero eco gli altri due.
“Vi vedo impegnati a lavorare, detective.”
Altro fattore interessante della mente umana, è l’elemento sorpresa. Se l’uomo si ritrova in gruppo a discutere di qualcosa di estremamente importante, come la morte di un personaggio fittizio con cui è cresciuto, o la caducità della vita umana, e viene interrotto da un evento mostruoso, come l’urlo del suo superiore, o di una donna in piena crisi ormonale, è fondamentale che egli non si ritrovi solo a rispondere. L’uomo solitario non riesce a cavarsela in situazioni di pericolo, la donna, invece, ne è capace. In che modo? Beh, è una donna. Deve esserci un motivo se Dio l’ha creata dopo l’esperimento fallito sul genere maschile.
Rick, Javier e Kevin risposero con un urlo prettamente signorile allo spavento della voce imponente di Victoria Gates. I tre si voltarono con le mani sul viso, spaventati a morte. Il capitano del Dodicesimo li guardava torvi con le mani sui fianchi e l’espressione corrucciata. Dietro di lei, c’erano Kate e Lanie, tornate alla normalità. Rick si voltò più volte verso il bagno e poi nella loro direzione, chiedendosi come avessero fatto a sbucare lì senza che loro se ne accorgessero. Lei sgranò gli occhi più in senso di rimprovero che altro. La Gates inclinò la testa da un lato e guardò lo scrittore.
Lo ripetiamo di nuovo, perché è giusto ai fini della storia. Quando una donna guarda un uomo con quel fare minaccioso e di solito si nota una nuvoletta nera sulla sua testa, non si tratta della vostra immaginazione. Vuol dire che lei è incazzata.
“Signor Castle!”
“Che ho fatto?” chiese ingenuamente.
Il capitano roteò gli occhi e alla sua sinistra comparve il signor Magpoop, ancora più rotondo dall’ultima volta che lo avevano visto. Ed erano passate tre ore. Era interessante da osservare e spalancò gli occhi. Che fosse un alieno?
“Il mio caso non vi interessa più? Ho interpellato la miglior squadra di New York e vi ritrovo a parlare di cose che neanche conosco!”
“La morte di Mufasa, signor Magpoop, rappresenta uno dei maggiori traumi infantili e adolescenziali.” Intervenne Javier sentenziando. Quando si accorse del silenzio tombale caduto intorno a lui, si ritirò, tornando al suo posto. “Scusi.”
“In realtà abbiamo fatto una breve ricerca al server, signor Magpoop,” Kevin salvò la situazione e il culo dell’amico, portandosi avanti col suo portatile che teneva abbracciato. Fece un sussulto quando notò che l’omino rotondo non solo era più simile ad un pallone, ma adesso sembrava leggermente più basso. Forse dovette dar retta a una delle teorie strampalate di Castle?
Cercò di non farci caso e schiarì la gola. “Abbiamo scoperto come i ladri si sono intrufolati nel suo sistema. Hanno usato un Cavallo di Troia.”
Ecco di nuovo quel fastidioso input nel cervello umano maschile che genera quella risatina nel sentire parole sconce oppure organi genitali.
Il signor Magpoop, goffo nella sua taglia, si fece avanti camminando come un pinguino. Spalancò le braccia e si prese qualche momento per analizzare la situazione.
“Un momento: come fa un cavallo ad entrare nel computer? Non capisco.”
“Il Cavallo di Troia è un virus.” Spiegò Kevin, coprendo le risate convulse di Rick e Javier, i quali erano diventati rossi.
Kate inclinò la testa e vide lo spettacolo del suo fidanzato colorarsi come un peperone, mentre si tratteneva dal ridere.
“E non è un virus intestinale. Quello è anche peggio.” Aggiunse Lanie, che non colse all’inizio lo sguardo fulminante di Javier nella sua direzione. La dottoressa ci arrivò dopo appena fece schioccare le dita e con un gesto della testa portò i capelli all’indietro. Il suo fidanzato portoricano scosse la testa ripensando a quel maledetto virus intestinale che aveva mandato a puttane la loro serata hot. Come se fosse stata sua l’idea di ordinare messicano. Ma a Lanie non si poteva contraddire neanche con lo sguardo, perché lei era capace, con quelle semplici mosse da afroamericana incazzata, di dimostrare che era la donna a comandare in una relazione. In seguito, quindi, a quel gesto, Javier deglutì e stette zitto.
Almeno finché il signor Magpoop non sputò la sua sentenza, ancora pensieroso nel cercare di capire il significato di Cavallo di Troia.
“Beh di troie ne vedo a bizzeffe. Qualche mio collega le porta anche al circolo, ma continuo a non capire il collegamento tra il cavallo, la troia e l’Operazione Passera.”
Fu più o meno in quel momento, quando lo scambio di informazioni divenne virale, che il Dodicesimo non potette più resistere. Parliamo della parte maschile degli agenti di polizia. Sentire quelle parole una dietro l’altra, scatenarono una reazione a catena. Rick scoppiò.
Non andò a fuoco, né esplose, semplicemente si piegò sulle gambe, reggendosi la pancia, e il viso gli si contorse in strane espressioni. Dovette reggersi su una sedia, che non resse il colpo e si portò dietro lo scrittore, il quale cadde a terra supino, continuando a ridere di gusto. Seguirono, a ruota,  Javier e Kevin che neanche ci pensarono due volte a poggiarsi da qualche parte, ma piuttosto imitarono l’amico e si gettarono a terra vicino a loro. Infine, gli altri agenti di polizia fecero lo stesso.
Fu più o meno in quel momento che Kate Beckett vide il peggio. La Gates stava andando a fuoco. Più nera di così non poteva diventare. Lanie lanciò sguardi preoccupata all’amica detective mentre le fece segno verso il signor Magpoop. L’omino rotondo era più che una balla da biliardo. Era un pallone da calcio. Perfino le braccia e le gambe si erano ammorbidite, andando ad assumere le forme rotonde, per non parlare del viso. Le due notarono del fumo uscire dalle sue orecchie.
“Ditemi che è solo un brutto sogno.” Boccheggiò la detective.
Rialzandosi da terra, Kevin tossì più volte, allentando il colletto della cravatta.
Javier lo guardò torvo e gli diede un colpo alle scapole, convinto che stesse per avere un attacco.
Kevin tossì di nuovo e si toccò la gola. Aveva qualcosa che gli impediva di respirare. La scena divenne surreale.
Intervenne Rick che lo afferrò da dietro, abbracciandolo all’altezza del torace e spinse in dentro, cercando di aiutare l’amico a sputar fuori ciò che era rimasto incastrato in gola. In effetti, qualcosa c’era. L’irlandese sputò una gran quantità di saliva insieme a un pezzetto del pollo della sera precedente, rimasto chissà per quale ragione, ancora nella gola.
La Gates, Kate e Lanie osservarono la scena a rallentatore mentre videro quel gran schifo fare un salto ad arco e finire sul panciotto del signor Magpoop. Fortunatamente, l’omino sempre più rotondo, non si accorse di nulla, poiché data la sua grande pancia, non riusciva a vedere oltre il naso.
Quando Kevin si riprese, ringraziò prima Javier poi Rick, e si sistemò per bene. Cercò di non guardare la sua saliva e il pezzo di pollo sul panciotto dell’omino.
“Ehm, no, signor Magpoop... un Cavallo di Troia è un potente virus che s’intrufola nei sistemi operativi sottoforma di programmi innocui, e tramite essi può estorcere e catturare informazioni essenziali, quali dati sensibili.”
“Conosce il Cavallo di Troia che usarono i greci per espugnare i Troiani?” domandò Castle, colto da una folgorante voglia di far bella figura. Con due dita, mimò il famoso cavallino di legno. “Ecco, la storia è quella.”
Kate si colpì la fronte talmente forte da farsi male da sola.
La Gates spalancò la bocca e lasciò cadere volontariamente a terra i suoi occhialini.
“Voglio andare in pensione.”
“Ok, quindi possiamo attivare l’Operazione Passera e smascherare i delinquenti, così la mia società sarà salva!” esclamò il signor Magpoop, tutto contento. Posò entrambe le mani sulla pancia, e neanche si accorse di essersi sporcato con la saliva di Kevin.
Il riso di quell’omino provocò un certo imbarazzo.
Il signor Magpoop era già strano di suo. Da rotondo che era, si era come trasformato in una sorta di pallone sempre più circolare e nessuno sapeva spiegarsi il perché.
Rick inclinò la testa per osservarlo come un bambino incuriosito. Subito, gli ricordò una scena di Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban, quando il maghetto aveva trasformato sua zia Marge in una mongolfiera, e la donna era volata via dalla finestra.
L’omino continuò a ridere di gusto, tenendosi la pancia.
Terrificata, Kate temette il peggio. Pensò che potesse esplodere da un momento all’altro. Per una volta dovette dar ragione alle teorie di Castle. Incrociò il suo sguardo, sapendo che entrambi stavano pensando la stessa cosa.
Il signor Magpoop era un alieno, oppure era lo zio di Harry Potter.
Con il pugno di ferro, Victoria Gates decise di prendere in mano la situazione.
Pian pianino allungò la mano per posarla sulla spalla dell’omino.
Rick, Javier, Kevin, Lanie e Kate spalancarono gli occhi, catapultandosi di nuovo in un film dell’orrore. L’irlandese e il portoricano si coprirono la bocca con entrambe le mani. Castle tentò un gesto disperato, allungando il braccio verso il capitano, con Beckett che lo guardava in stato di apprensione, e gli faceva segno di diniego con la testa. Lanie stette lì per un po’, poi iniziò a sbadigliare.
La scena a rallentatore stava durando troppo per i suoi gusti.
Quando la mano della Gates raggiunse la spalla del signor Magpoop, nessuno crebbe a ciò che accadde in quel nano secondo.
O meglio, nessuno lo predisse.
Castle quasi si mangiò le mani perché non aveva ripreso tutto e portato il video all’FBI o ai presunti Mulder e Scully.
L’omino rotondo, ormai irriconoscibile per quanto si era gonfiato, esplose proprio come un grosso pallone.
Fu un rumore sordo, simile ai petardi nella notte di Capodanno.
POOF!
Il signor Magpoop scomparve sotto i loro occhi. Di lui non rimasero neanche i resti. Non si era sgonfiato, era esploso.
Questo cercavano di ripetersi gli agenti della squadra di Beckett, mentre Lanie si faceva i selfie distesa sulle scrivanie del Dodicesimo.
Rick fece dei gesti meccanici, indicando prima la sua posizione, poi voltandosi verso il punto esatto dove era il signor Magpoop.
Javier e Kevin scuotevano le teste, increduli.
Nessuno, comunque, spiccicava parola sull’accaduto.
 


Angoletto dell’autrice (poco) sana di mente:
Anche io mi sono ritrovata nella stessa situazione di Beckett, e fare discorsi intimi in un bagno è assolutamente imbarazzante.
E alzi la mano chi non abbia cantato ‘Let It Go’ per almeno una settimana dopo aver visto ‘Frozen’ o pianto per la morte di Mufasa.
Per quanto riguarda il signor Magpoop, credete che dovremo dar ragione alle teorie di Castle?
Lo scopriremo nel prossimo (e ultimo) capitolo!
Grazie per essere arrivate fin qui.
D.
   
 
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