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Autore: Ink Voice    24/03/2015    4 recensioni
Erano davvero bei vecchi tempi quelli in cui, pur avendo perso la propria quotidianità e la propria famiglia, si aveva un altro punto di riferimento a cui tornare con il proprio cuore; si era trovata una nuova casa rassicurante che scacciava i pericoli esterni e lasciava che, anche in tempi tanto burrascosi, ci si sentisse al sicuro dentro pareti e stanze che ormai si conoscevano come le proprie tasche.
Ma tutto questo si è dissolto nel nulla, o meglio: è stato demolito. L’Accademia che tanto rassicurava i giovani delle Forze del Bene è ormai un cumulo di macerie a causa dell’ennesima mossa andata a buon fine del Nemico: ora tutti sono chiamati a combattere, in un modo o nell’altro, volenti o nolenti.
Le ferite sono più intime che mai ed Eleonora lo imparerà a sue spese, perdendo le sue certezze e la spensieratezza di un tempo, in cambio di troppe tempeste da affrontare e nessuna sicurezza sul suo avvenire.
[La seconda di tre parti, serie Not the same story. Qualcuno mi ha detto di avvertire: non adatta ai depressi cronici.]
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Manga, Videogioco
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Not the same story'
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XVI
Il suo vecchio nemico

Camille era di pessimo umore il giorno della partenza. Questo stava a significare che sarebbe stata silenziosa e schiva, se non scorbutica, durante tutta la permanenza fuori dalla base segreta. Non provai nemmeno a parlarci per capire cosa avesse, perché con lei era una battaglia persa fin da subito. Eravamo a Kalos ormai da tre giorni; effettuati i dovuti accertamenti, ci toccava trovare un modo - anche e soprattutto grazie ai consigli e alle direttive che ci venivano date dalla base segreta - per intrufolarci in uno dei vari nascondigli nemici sparsi per la regione.
Insieme a me e a Camille erano partite altri due ragazzi che non conoscevo, abbastanza grandicelli, e che mi pare si chiamassero Charles e Adrien. L’altro a farci compagnia era il buon vecchio Gold, purtroppo sempre più pallido, magrolino e riservato. Nessuno ormai era ridotto tanto bene quanto ad aspetto fisico. Al momento ci trovavamo nella capitale, Luminopoli, che in tutto il suo elegante splendore metteva duramente alla prova il nostro senso dell’orientamento a causa delle sue dimensioni. Era sera, ma essendo ai primi giorni di settembre la Torre Prisma non era illuminata poiché il Sole era ancora presente nel cielo.
I Victory si erano ingegnati per bene: adesso dovevamo andare in uno dei percorsi adiacenti alla città. Stavamo aspettando che ci dicessero di muoverci: nel frattempo passeggiavamo presso l’uscita per il percorso 14, il Sentiero Romantopoli come era conosciuto altrimenti. Effettivamente quella era una zona perfetta per creare una base.
Era una specie di palude, ogni stradina era impantanata e se non si faceva attenzione a dove si mettevano i piedi ci si sarebbe ritrovati a sguazzare nella poco gradevole melma. Pioveva spesso lì, e anche adesso un temporale estivo si scorgeva in lontananza a sovrastare il boschetto già colorato d’autunno del percorso. La cosa migliore era che non avremmo dovuto avere alcuna paura di essere visti da persone estranee al mondo Pokémon e avremmo potuto girare in assoluta libertà con i nostri compagni. Infatti quel percorso era stato chiuso poco dopo lo scoppio della guerra, appena i Victory vi si erano insediati, con la scusa che la palude stesse espandendosi e che i lavori di bonifica avrebbero distrutto un’area naturale che conteneva moltissime specie diverse di insetti e animali. Era stata quindi costruita una strada alternativa non contaminata dalla palude che collegava Luminopoli e Romantopoli. Le guardie forestali che si occupavano di preservare quella zona erano ovviamente affiliate al Victory Team, che lì dominava indisturbato, perciò più di tanto liberi e spensierati non potevamo essere.
Potevamo portarci appresso un Pokémon piccolo: io avevo June e Camille Meowstic. Gli altri preferirono non liberare nessuno per passare inosservati. Il percorso però pullulava di Pokémon selvatici impauriti dalla presenza del nemico, e quelli più arrabbiati ci avrebbero attaccati: June o Meowstic li avrebbero abbattuti senza problemi.
Questo ovviamente lo avremmo fatto appena entrati nella strada-palude: nel frattempo eravamo ancora a gironzolare per Luminopoli in attesa della chiamata da parte della base segreta. Adrien e Charles erano piuttosto taciturni e parlavano quasi solo tra di loro un po’ in francese un po’ in italiano. Io e Gold ogni tanto scambiavamo qualche parola vuota per dare fiato alla bocca; Camille non partecipava a nessuna conversazione e stava in capo al gruppetto. A lei sarebbe arrivato l’avviso che ci avrebbe detto di muoverci.
-Sinceramente- risposi alla domanda di Gold “Che te ne pare della città?”, -se davvero Luminopoli è un po’ lo specchio di tutta Kalos, mi sembra tutto troppo… pomposo e all’antica. Non so, sarà che sono abituata alle città di Sinnoh più piccole e tradizionali… in questa regione poi hanno unito la tecnologia con la storia di tremila anni fa, non so se mi piace o no questo accoppiamento.- Questa critica abbastanza negativa mi fece guadagnare una tremenda occhiataccia da parte di Charles e Adrien, che erano di Kalos come Camille, ma finsi di non vederli.
-Sì, in effetti è un po’ strano qui- disse Gold. -Ci sono questi viali larghissimi e palazzoni tutti decorati che poi vengono accostati alla Torre Prisma o alle aziende che hanno le loro sedi principali qui…
-Sono molto carini i bar, comunque- replicai. Eravamo stati in parecchi locali e l’atmosfera lì dentro era molto carina, caratteristica. Si distaccava da quell’aria barocca mista alla rivoluzione tecnologica e per me era una gioia.
-Sì, è vero- confermò Gold. La conversazione cadde inevitabilmente nel vuoto. Per fortuna poco dopo arrivò l’attesa chiamata dalla base segreta: non servirono spiegazioni per capire che dovevamo iniziare a muoverci.
Ero davvero tanto emozionata di tornare finalmente in missione. Pensavo che Bellocchio si fosse dimenticato di me, invece adesso ero pronta a fare qualcosa di buono - ero stranamente sicura delle mie capacità. E come premio avrei ricevuto la Pietrachiave che avrebbe consentito ad Aramis di megaevolvere: era diventato impaziente su questo e la sua antipatia per il mio capo non aiutava. Eravamo molto simili, io e lui, in questo.
Imboccammo l’uscita per il percorso 14 facendo lo slalom tra la solita fiumana di turisti che, nonostante la ripresa dell’attività lavorativa appena finita l’estate, non si facevano intimidire e si godevano Luminopoli colorata dal tramonto. Avrei tanto voluto farlo anch’io e aspettare che calasse la notte per la missione, osservare la Torre Prisma splendente come suo solito e solo allora ricordarmi che c’era qualcosa di importante da fare. La missione consisteva nel rubare dei dati imprecisati sull’organizzazione e sulla sua struttura, solo Camille, la capogruppo, ne sapeva qualcosa in più. Forse era quello a renderla tesa e intrattabile; fatto stava in quei giorni mi pareva di essere tornata a delle giornate in Accademia, in cui quella ragazza mi incuriosiva molto e mi stava anche antipatica.
Usciti dai confini di Luminopoli, entrammo ufficialmente nel percorso 14. Inizialmente si presentò come una distesa di boschi nemmeno paludosi, ma mosso qualche altro passo presero vita davanti ai nostri occhi larghissime pozzanghere piene di fango, salici piangenti e nuvoloni, pronti a riversare sulle nostre teste un potente temporale di fine estate. Più o meno ero abituata a quei cambi repentini di scenario. -Leonore, Camille- chiamò Charles con forte accento francese -chiamate i vostri Pokémòn. Ragazzi, togliamoci i pantaloni per non sporcarci.
L’ambigua frase del ragazzo era giustificata dal fatto che sotto i vestiti normali indossassimo aderentissime tute impermeabili, le quali avrebbero dovuto proteggerci dallo schifo della palude e che in qualche modo lo avrebbero addirittura respinto, in modo tale che rivestendoci completamente non avremmo puzzato troppo né si sarebbero sporcati i nostri vestiti. Uno dopo l’altro, indecisi e tentennanti sui nostri piedi, chiusi in delle specie di galosce, ci immergemmo fino alle ginocchia dentro la prima pozza che eravamo costretti ad attraversare. Arriccciai il naso a causa del tanfo e scacciai via una zanzara che aveva palese intenzione di banchettare con la sottoscritta. Nel senso che la sottoscritta sarebbe stata il suo banchetto, e l’idea non mi piaceva proprio per niente.
-Che schifo- borbottai contrariata, mentre Adrien ci indicava la via migliore da percorrere per non immergerci fino all’inguine nelle pozze. Avremmo camminato ai lati di esse dove il “fondale” era più basso. Chiamarlo così dava molto l’idea di quanto quelle cose orribili paressero laghetti repellenti. Gold annuì con vigore, approvando le mie parole. Ci facemmo tutti forza e iniziammo a camminare; tenevo in braccio June, che si godeva beatamente il trasporto senza doversi sporcare i suoi floreali piedini. -Approfittatrice- brontolai, facendola ridacchiare.
-Silenzio, voi due- ordinò Camille con voce molto più alta dei miei mormorii.
Fortunatamente uscimmo da quella pozza abbastanza presto, ma sentii le gambe sgradevolmente scivolose e anche appiccicose. Roserade saltò a terra e con lei Meowstic. Ci guardammo attorno mentre Camille gettava un’occhiata alla mappa potenziata che aveva sul PokéKron al polso: essa mostrava dettagliatamente ogni anfratto della palude. -Si può arrivare alla base nemica passando per la casa verso la fine del percorso. Dovremo entrare là dentro e disattivare i soliti codici e le misure di sicurezza, le indicazioni ce le hanno già date.
-La casa del percorso 14? Non è famosa per essere stregata?- chiese Gold che era appassionato di storie paurose. Me lo immaginai leccarsi le labbra pregustandosi un’avventura da… da brivido, o qualcosa del genere.
-Fammi il piacere, Gold- sbottò Camille irritata. -Un po’ di serietà almeno quando sei in missione.
Il ragazzo restò non poco perplesso dal suo tono e anche io non fui da meno. -Si può sapere che ti prende? È da quando siamo partiti che mi pare ti parta un po’ troppo facilmente la brocca, sai?- ribatté lui indispettito.
-Prova tu a stare al posto mio, voglio proprio vedere come conduci una missione del genere!
-Possiamo fare a cambio subito, se è questo che vuoi!
-Ragazzi!- esclamammo praticamente in coro io e i due più grandi. Ripresi: -Vi pare il momento opportuno per cominciare a bisticciare? Coraggio, non è successo niente e per questo ci conviene anche sbrigarci, altrimenti questa base nemica fanno in tempo a trasferirla. Vogliamo proseguire ora?- I due si guardavano in cagnesco. -Devo proprio insistere o farvi un discorso noiosissimo come se foste due ragazzini?- dissi inarcando le sopracciglia.
-Non ce n’è bisogno, grazie- sibilò Camille riprendendo a farsi strada nella pozza successiva.
Lanciai un’occhiata a Gold e quello mi restituì lo stesso sguardo rassegnato. Il ragazzo non era un tipo che portava rancore o cose del genere, subito dopo sarebbe stato più che mai disponibile nei confronti dell’altra, il cui comportamento però era parecchio strano. Mentre riprendevamo lui mi sussurrò: -Tu sai cosa abbia?
-No. Quando è così intrattabile preferirei aspettare un’altra settimana pur di non andare con lei in missione…
Proseguimmo in silenzio temendo un’altra sfuriata della ragazza. Lo sciabordio fangoso e sgradevole delle varie pozze che eravamo costretti ad attraversare si impose nelle nostre orecchie come un ronzio fastidioso. Ogni tanto Camille si bloccava - lei era in testa al gruppo - e noi la imitavamo: lo faceva temendo la presenza delle guardie forestali che pullulavano in quel posto, ma nel frattempo eravamo stati tanto fortunati da non incontrarne alcuna. June intanto giocherellava con un’Energipalla che aumentava e diminuiva di dimensioni, era così pronta a scagliarla contro un’eventuale nemico. Meowstic se ne stava appollaiato sulla spalla sinistra della capogruppo.
Notai la famigerata casa stregata soltanto quando andammo a sbatterci il naso contro. Era avvolta nell’ombra dei salici più alti che fino ad allora avevamo incontrato sui nostri passi. Le fronde degli alberi nascondevano la facciata, che un tempo doveva essere stata verniciata di bianco ma che adesso era tutta scrostata e ingrigita, più o meno fino all’altezza della sontuosa porta in legno che una volta doveva essere stata lucidissima, ma che ai nostri occhi si presentava rosicchiata dagli insetti e dai Pokémon abitanti della palude e consumata da tutto il tempo che aveva passato abbandonata a sé stessa. I vetri delle finestre, che esaminammo piuttosto velocemente inoltrandoci tra il fogliame dei salici, erano rotti in dozzine di scaglie taglienti che per la maggior parte si stavano nascondendo sotto il terreno fangoso. Per terra c’erano anche numerose tegole, molte delle quali spezzate.
Aspettammo che Camille si decidesse a smettere di analizzare la facciata di questa villetta a due piani. Quando si voltò di scatto spezzò il silenzio surreale che era venuto a crearsi, semplicemente frustando l’aria con i soliti codini bassi che raccoglievano i suoi lunghi capelli color carota. Rapidamente scambiò uno sguardo con ognuno di noi e quando incontrò il mio, per ultimo, annuì soffermandosi un attimo in più su di me. La cosa non mi stupì e intesi che era ora di entrare. Perciò spingemmo la porta socchiusa: il suo cigolio inquietante ci diede il benvenuto insieme a una nuvola di polvere che andò a depositarsi sui nostri vestiti - e nella gola di Gold, che prese a tossire.
Tirammo fuori le torce imitando la capogruppo e l’ambiente si rivelò in tutto il suo tetro splendore. Avevo la netta sensazione che molto tempo prima quella casa dovesse essere stata molto bella e accogliente. I mobili, ormai riversi per terra e corrosi dal passare degli anni, rispecchiavano uno stile vintage ed elegante. Il parquet scheggiato rivestiva abbastanza bene il pavimento, insieme ad un grande tappeto rosso stinto mezzo arrotolato e strappato. Divani e poltrone nel salotto oltre l’ingresso mostravano le molle saltate e parecchia imbottitura arresasi alla rovina del tempo che inesorabilmente era trascorso per tutto e tutti e che era stato molto severo con quella stanza. Le pareti erano mezze distrutte e le cornici di svariati quadri, che non presentavano alcuna tela, penzolavano precariamente su chiodi pericolanti incastonati nel muro, anch’esso poco stabile. Un caminetto in mattoni era più nero che mai e il tutto metteva davvero molta ansia. Era una perfetta casa degli orrori e le porte semichiuse che davano su un paio di corridoi vicini al nostro gruppo non promettevano proprio niente di buono.
Camille mi fece trasmettere gestualmente un messaggio molto chiaro: fare silenzio. Nel frattempo lei controllò sul PokéGear qualcosa: intravidi un numero di telefono e poi sullo schermo si materializzò l’odiosa faccia del capo. I due si scambiarono brevemente qualche parola, che io non udii poiché parlavano attraverso gli auricolari, finché lui non passò la parola a un uomo che avevo già visto del tempo prima, il vecchio dottor Wilson che presiedeva abbastanza spesso ai sotterranei. Rischiammo per qualche minuto fermi, in balia del silenzio e dei mille pericoli acquattati dietro le porte socchiuse, senza capire nemmeno le poche parole di Camille che riuscivamo a sentire.
Sobbalzai sorpresa quando il mio auricolare si attivò e sentii la voce di Bellocchio nell’orecchio. Prima che gli potessi dire qualcosa lui prese la parola: -Non spiccicare parola durante questo contatto, nessuno deve sapere che ti sto parlando.- Fece una breve pausa e un mio schiarirmi la voce gli diede la conferma che ero in ascolto. -Questa missione è molto complessa, non tanto dal punto di vista strategico ma da quello emotivo. Camille è… diciamo che è in pericolo, a tal proposito. Ha insistito per andare ma temo che la sua sia stata una mossa azzardata. Quindi tu l’accompagnerai durante la missione da quello che ho capito vi conoscete abbastanza… incontrerete un ragazzo dei nostri, un infiltrato, che Camille riconoscerà. Si unirà a voi due mentre gli altri tre controlleranno la situazione. Non fare cose avventate tu, mi raccomando, e fai moltissima attenzione a lei. Se credi che qualcosa non vada per il verso giusto, prendi le redini della missione: se controlli nella tasca del tuo giacchetto…
Infilai una mano nella tasca del giacchino di jeans. -… troverai un telefonino piuttosto arcaico, un vecchissimo modello ancora funzionante. Premendo il tasto con l’asterisco avvertirai me direttamente. A quel punto entrerò in contatto con te e attraverso l’auricolare mi spiegherai la faccenda. Spero sia tutto chiaro. Buona fortuna.
La comunicazione si interruppe con un inudibile bip e, mentre aspettavamo che Camille e Wilson concludessero la loro conversazione, ripassai mentalmente tutte le istruzioni. 
Finalmente Camille concluse quella lunghissima chiacchierata. A mezza voce riuscì a sussurrarci, temendo che qualcuno potesse sentirla: -Avete presenti quei film di spionaggio e di azione, quando i protagonisti si devono infiltrare in una base nemica, il cui ingresso è nascosto da qualche parte nel luogo in cui si trovano… e appena muovono un passo scatta l’allarme e appaiono tutte quelle linee rosse luminescenti?
Capii subito dove volesse andare a parare e lo stesso fu per gli altri. Annuimmo all’unisono e lei proseguì: -Be’, davanti a noi c’è un reticolato di laser. Una striscia passa a circa sei centimetri dal naso di Eleonora.
Inarcai le sopracciglia e mi chiesi se non fosse il caso di indietreggiare, ma preferii rimanere ferma in silenzio e aspettare qualche altra novità più piacevole da parte di Camille. Gold chiese: -E come riusciremo ad entrare?
-Fammi indovinare- mormorai osservando Camille in maniera distaccata. -Quegli occhiali ti consentiranno ti vedere la ragnatela di raggi laser che costituiscono l’allarme, vero? 
-Ma come sei perspicace, mia cara- ribatté Camille.
Sbuffai. -Non pensi sarebbe più comodo disattivare l’allarme in qualche modo, anziché giocare a fare i contorsionisti e rischiare a ogni minimo movimento di farci scoprire?
-Lo penso. Sto aspettando che dalla base ci arrivi qualche novità, altrimenti tu per prima farai la contorsionista.
-Stai scherzando, vero?- sbottai perplessa senza ottenere alcuna risposta. I suoi occhi azzurro ghiaccio erano celati dal nero degli occhiali e la parte visibile del viso come al solito rifletteva un’espressione di totale indifferenza e imperscrutabilità, come al solito d’altronde. Erano stati pochi e brevi i periodi in cui l’avevo vista più o meno sorridente e quello in corso era senza ombra di dubbio uno dei peggiori, per quanto riguardava il suo umore.
Aspettammo quindi ancora qualche minuto. Ero piuttosto insicura sul fatto che quello fosse il modo migliore per attendere novità, starsene in piedi in silenzio e quasi sprovvisti di Pokémon in attesa di nuove indicazioni. Mi sentivo sgradevolmente osservata e una vocina nella mia testa faceva il conto alla rovescia dei secondi mancanti all’arrivo delle guardie forestali Victory pronte a fare piazza pulita degli invasori. Fortunatamente il caro Wilson si risvegliò dopo non troppo tempo e si accorse che un modo per eludere l’allarme c’era. Lo comunicò a Camille che abbastanza soddisfatta si tolse gli occhiali e ci informò su come evitare di combinare guai.
-La fonte dei raggi laser è quel pendolo lì accanto al caminetto- Ci indicò un comunissimo pendolo di legno di fronte a noi. Il legno ammuffito e scheggiato gli dava lo stesso aspetto inquietante di tutta la casa, così come il vetro del grande orologio con i numeri romani che era stato spaccato. Le lancette erano assenti. Camille riprese: -Se riusciamo a colpire il centro del quadrante beccheremo anche la sorgente dell’allarme, che così si disattiverà. Avete idee su come poterlo prendere? Tenete conto che lo spazio tra un raggio e l’altro è di una quindicina di centimetri, in media, perché qualcuno è molto più stretto. Allora? Non sapete come fare?- insistette dopo aver lasciato passare qualche secondo in silenzio mentre noi cercavamo una strategia.
-Un’idea forse ce l’ho…- mormorai socchiudendo gli occhi. Camille mi invitò a proseguire. -June può creare una piccola Energipalla. Il problema è direzionarla precisamente verso il pendolo, soprattutto se il percorso da fare è irregolare e bisogna che si sposti. Quindi… non so, Meowstic potrebbe comandare la sfera con una mossa Psico.
-Proprio quello che pensavo io.
Camille quindi approvava la mia idea. Ci scambiammo un’occhiata veloce mentre June e Meowstic scendevano a terra e la mia Pokémon subito dava vita a una piccola sfera di energia verdognola e luminescente, che incantava lo sguardo prima di rivelare la sua forza con un forte colpo. I contorni di essa si illuminarono di una luce lilla e violacea, così come gli occhi di Meowstic quando usò Psichico. Ora June doveva solo far sì che l’Energipalla non si esaurisse e lasciare all’altro il comando per quanto riguardava lo spostamento attraverso la rete di raggi.
La capogruppo inforcò nuovamente gli occhiali e a bassa voce prese a dare indicazioni al suo Meowstic mentre quello, concentratissimo, collaborava con Roserade per non far scoppiare la sfera come una bolla di sapone, che con ogni probabilità avrebbe toccato i laser e fatto scattare l’allarme. Allora sarebbero stati grandi dolori.
Nel frattempo, mentre Energipalla si avvicinava sempre più alla fonte dei raggi, osservavo la nuca di Camille, sempre scoperta dai capelli raccolti, chiedendomi di cosa parlasse Bellocchio. Aveva detto che la ragazza era in pericolo “dal punto di vista emotivo”, si era quindi cacciata in una faccenda più grande di lei e probabilmente ne sarebbe stata sopraffatta. Quello sarebbe stato l’ennesimo suo segreto che chissà quando sarei riuscita a scoprire, sempre se ne fossi stata in grado - se non mi voleva rivelare quel mistero che avvolgeva me, figurarsi i suoi fatti personali. Pensando alla severità di Bellocchio mi stupii del fatto che l’uomo avesse acconsentito a mandare Camille in missione. Mi chiesi quanto lei avesse dovuto insistere per partire e se fossero volate parole pesanti e cose che non si doveva conoscere - più o meno quello che rischiava di accadere ogni volta che io ero costretta o meno a parlare con lui, e davvero poco ci mancava a una mia reazione fuori controllo. Avevo oltrepassato decisamente il limite alla scoperta del rapimento dei miei genitori: mi ero ripromessa di non ripetermi mai più.
Chissà cosa passava per la testa della rossa. Non eravamo amiche, nonostante ne avessimo passate di avventure insieme non avevamo mai creato un rapporto che potesse definirsi di amicizia. Le nostre brevissime chiacchierate riguardavano per lo più argomenti che implicavano le future missioni e l’allenamento dei Pokémon. Mai avevamo affrontato un discorso serio, non sapevo che opinione avesse lei di Bellocchio o dei Victory. Ormai eravamo diventate entrambe abbastanza mature e io, che la consideravo più intelligente di me, che tra l’altro avevo avuto bisogno dell’aiuto di Enigma, ero abbastanza sicura che potesse ragionare a mente lucida sui nostri nemici.
Ora che però il capo aveva accennato a questo pericolo emotivo, questa instabilità psicologica, non ero più tanto certa del fatto che Camille fosse immune ad influenze personali nel giudicare il Victory Team. Io li odiavo e non facevo più fatica ad ammetterlo, lei invece? In cosa era coinvolta per essere tanto a rischio in quella missione? E il segreto mio e suo riguardava proprio i nemici? Avevo vagato per notti intere con la mente, fantasticando sulla natura di questo nostro mistero, che ci legava e allo stesso tempo ci separava. Però non avevo mai preso davvero sul serio le mie supposizioni, spesso abbastanza infantili e fin troppo surreali e fantasiose.
“Camille, sei una persona assurda” pensai mentre stringevo i pugni. “Forse per te non sono una persona molto minacciosa o pericolosa, ma ho imparato e sto ancora imparando come renderti i rapporti con me un inferno. E sappi che averti come vicina di letto potrebbe facilitarmi le cose.” Pensavo in questi termini feroci spinta da una forte rabbia di fondo per il suo silenzio e l’impassibilità seccante. “Non mi importa se il tuo viso imperturbabile è privo di emozioni, molto più del mio. Ma non posso perdonarti di starmi ferendo ogni giorno con la tua decisione di tenermi nascosto qualcosa che mi riguarda, così come non posso perdonare Bellocchio. Io non ti odio, Camille, perché preferisco concentrarmi su un nemico molto più terribile di te… chissà che in altre condizioni io non riesca a provare sentimenti simili per una come te… Ma forse ti trovo così inferiore rispetto ai Victory che non potrei-
I miei pensieri aggressivi furono interrotti da uno scoppio troppo sonoro e da esclamazioni di contentezza poco ben contenute. I miei occhi si alzarono dal punto in cui fino a poco prima si trovava la nuca di Camille - ora più o meno guardavo le sue scarpe infangate - e localizzai il pendolo da cui proveniva il rumore. Il vecchio quadrante dell’orologio era rotto e una nuvoletta di fumo nero fuorisciva dal suo interno. La capogruppo si tolse gli occhiali annunciandoci che i laser erano scomparsi all’istante e che avevamo campo libero.
Senza perderci in chiacchiere, camminando con moltissima cautela e discrezione e dopo aver socchiuso la porta d’ingresso alle nostre spalle, ci dirigemmo verso il fondo del grande salotto imitando Camille. Ci ritrovammo a fronteggiare il caminetto di mattoni: subito intuii che nascondeva qualcosa di importante. Ad esempio la via di accesso alla base nemica che da interi minuti aspettavamo. In effetti il tempo trascorso era una quantità più che accettabile durante una missione, cinque o sei minuti scarsi dall’entrata nella casa, ma il silenzio e i miei pensieri a riempirlo lo avevano dilatato in una maniera eccezionale. Camille comunque non si fece alcun problema a posare con sicurezza una mano sul camino, per farla poi scendere fino a toccare il focolare coperto da polvere e cenere. Soffiò appena e quello bastò a dar vita a una nuvoletta grigia che si alzò verso la canna fumaria per poi discendere.
-Che ne pensate?- chiese. -La canna fumaria è di forma circolare.
-Se sai già dove si trovi l’entrata, perché ci chiedi un’opinione?- ribatté Gold secco.
-Quando mai ho detto di saperlo?
Questa risposta-domanda fece ammutolire il ragazzo che dava per scontata la cosa. Siccome lo immaginavo anche io, insistetti: -Camille, sarò io la persona ansiosa e tutto, ma abbiamo già perso troppo tempo per i miei gusti e non vorrei proprio farci beccare dalle guardie Victory a curiosare qua dentro.
-Cercavo solo un po’ d’appoggio- replicò lei stizzita. Senza sporcarsi le mani, ordinò a Meowstic di trasferire la polvere e la cenere altrove; dopodiché si sedette sul focolare e si alzò in piedi, infilandosi dentro la canna fumaria che la coprì fino alla vita. Sentimmo però un tonfo e un suo gemito di dolore ci informò che aveva sbattuto la testa. Di conseguenza capimmo che lì dentro era celato qualcosa di molto interessante. Camille tastò il basso soffitto e ci annunciò di aver trovato un’interessante botola, ovviamente chiusa a chiave. -Appena la apriremo sapremo se si tratta dell’entrata o se è un trucco dei Victory. Nel primo caso dopo essere entrati ci divideremo.
-Hai qualche idea su come aprire la botola, Camille?- chiesi.
-No… è di legno e c’è una catena. Niente password o codici da inserire, stavolta ci tocca lavorare manualmente- disse lei. -Nel peggiore dei casi ci converrà sfondarla, ma usiamola come ultima risorsa.
-June, tieniti pronta- borbottai alla Pokémon che aveva deciso di farsi riprendere in braccio. Quella per risposta creò un’altra Energipalla, più grande delle precedenti.
L’inquietante cigolio della porta ci fece scattare sull’attenti e i tre ragazzi misero mano alle loro Poké Ball, ma essa si aprì giusto di qualche centimetro e pensammo che fosse opera del vento. Tirammo un sospiro di sollievo.
Io intimai mentalmente a Camille di sbrigarsi. La ragazza stava smanettando con la botola munita di comuni, utilissime ed affidabilissime forcine che aveva tirato fuori da una tasca quasi invisibile dei pantaloni aderenti: non si era rivestita con i jeans, nessuno di noi lo aveva fatto. Tra l’altro quelle tute non erano autopulenti e immaginai che Wilson e la sua compagnia si fossero divertiti a prenderci un po’ in giro. Ci eravamo rimessi a lucido alla bell’e meglio, togliendo giusto il necessario per non lasciare tracce quando saremmo entrati nella base nemica. In ogni caso, gli altri tre ragazzi avevano ciascuno in mano una Ball pronti a liberare i propri Pokémon appena ce ne fosse stato bisogno. Decisi di tenermi stretto anche Aramis, abbastanza veloce per potermi stare dietro.
Quel cigolio mi aveva messa abbastanza ansia e non ce la facevo più ad aspettare. I miei occhi vagavano da una parte all’altra della stanza in cerca di qualcosa da osservare: le cornici vuote non sortivano ovviamente alcun interesse, del pendolo ne avevo abbastanza, il pavimento rivestito in parquet muffito e semidistrutto non era certo uno dei migliori oggetti di studio… Quando il mio sguardo passò vicino ai piedi di Camille avrei ripercorso di nuovo tutta la stanza, se solo qualcosa non avesse attirato sgradevolmente la mia attenzione. Un baluginio vitreo e metallico, esistente solo grazie alla luminosità di Energipalla, altrimenti impercettibile ed invisibile.
Sgranai gli occhi immaginando di star scambiando uno sguardo troppo a lungo con il nemico. -Camille, fatti da parte!- sbottai allarmanta, afferrandole un lembo della maglietta e buttandola sul focolare. Fui abbastanza precisa da farle coprire per bene la visuale della telecamera nascosta. Batté il sedere ma oltre un’esclamazione di sorpresa fu abbastanza svelta a capire che qualcosa non andava, soprattutto quando June ripetutamente prese a colpire la botola. Purtroppo gli attacchi Erba poco potevano con un ferro affatto vecchio e arrugginito come quello della catena, che appariva terribilmente lucida e incolume, immune al passare del tempo. “Forse perché da quando è stata messa non sono trascorsi poi tanti anni” pensai.
-Aiutatemi!- strillai innervosita, mentre chiamavo anche Nightmare che rincarò la dose a suon di Palla Ombra.
-Adrien, Charles, tenete d’occhio la zona!- mi aiutò Camille. Il tono della sua voce era freddo, determinato, serissimo. -Gold, tu aiutaci, coraggio!
Fu necessario un Incendio da parte dell’allenatissimo Typhlosion del ragazzo, dopo istanti troppo lunghi di tentativi andati a vuoto. La catena si sciolse e i pezzi di legno scintillanti di fiamme caddero sul focolare per poi spegnersi grazie all’intervento rapido e abbastanza accurato del suo Blastoise. I due colossi e tutti gli altri Pokémon furono fatti rientrare nelle proprie Ball mentre io salivo delle scalette a pioli a una velocità per me inaspettata, dovuta dall’adrenalina e dalla paura di essere scoperti. Non trasalii nemmeno al sentire la voce di Bellocchio, in quel momento allarmata, che risuonava nel mio orecchio e probabilmente in quelli degli altri.
-Complimenti per aver trovato l’entrata, ma da adesso la missione dovrete farvela correndo! I Victory hanno nascosto quella telecamera sotto la cenere, ben sapendo che avrebbe inquadrato qualcosa solo nel momento in cui qualcuno si fosse avvicinato all’entrata. Le basi nemiche hanno due accessi, uno segreto ben sorvegliato e uno conosciuto da tutte le reclute tenuto d’occhio ancora meglio. Si saranno mobilitati in molti vedendo che lo schermo della telecamera non era più nero… Comunque! Camille, Eleonora, trovate il ragazzo come vi avevo detto. Adrien, Charles e Gold, voi coprite loro le spalle. Alla fine vi toccherà scambiarvi di ruolo: il gruppo di testa fronteggerà il nemico, in cui sicuramente vi imbatterete, e quello dietro recupererà le informazioni. Tutto chiaro?
-Cristallino- ringhiai a denti stretti mentre lui aggiungeva un poco convinto “Buona fortuna e sbrigatevi”.
La seconda botola della giornata mi si parò davanti agli occhi e ci pensò un dispositivo che mi passò Camille a risolvere il problema quando le dissi che mi serviva un codice. Dei latrati canini giungevano alle mie orecchie e sovrastavano un continuo suono acuto dell’apparecchio, che piantato sullo schermino su cui inserire il codice di accesso trovò nel giro di qualche secondo la password corretta; la inserì e dopo pochi frenetici attimi eravamo tutti fuori. L’ultimo emerso, Gold, non fece in tempo a richiudere la botola che una colonna di fiamme quasi lo investì in pieno viso. “Houndoom” pensai, giudicando quei versi terribili appartenenti a loro.
Indietreggiando spaventati ci guardammo attorno. Eravamo in quella che sembrava in tutto e per tutto una soffitta, e in effetti la villetta poteva benissimo esserne provvista. Mentre i ragazzi si davano da fare in cerca di una possibile uscita nascosta, io e Camille individuammo una finestra che dava sul tetto. Anch’essa chiusa tanto accuratamente quanto la prima botola nella canna fumaria, il Delphox di lei imitò ciò che aveva fatto Typhlosion liquefacendo il vetro e le catene con ripetuti Lanciafiamme anziché con il più stancante Incendio. Mi affacciai senza problemi - il soffitto era talmente basso che dovevamo camminare chinati, perciò non dovetti arrampicarmi su sedie e comodini impilati l’uno sopra l’altro per dare un’occhiata all’esterno. Individuai dalla parte opposta della facciata della villa una struttura che, nascosta dai salici e da qualcos’altro di più elusivo e potente, era stata a noi invisibile fino a quando eravamo entrati. -Ragazzi- chiamai con il fiatone - a quanto vedo siamo di certo all’interno di un’altra barriera, oltre quella in cui è contenuto il percorso stesso. C’è questa specie di grossa caserma, le sue pareti esterne sono meravigliosamente nere… e c’è anche una porta- descrissi brevemente.
Stavolta con l’aiuto di una sedia, misi piede sul tetto della casa. Le fronde dei salici mi nascondevano agli occhi dei nemici che strillavano dal piano terra. Sentii Camille parlare a una qualche persona dall’altra parte del suo auricolare e sperai che fosse qualcuno che potesse aiutarci, la situazione non mi piaceva. Il tetto poco spiovente e mezzo sprovvisto di tegole, le poche rimaste pericolanti, non diedero problemi a nessuno per arrivare alla vera porta d’ingresso della base nemica, correndo sullo spigolo spianato che divideva il tetto in due uguali metà. Le fiamme degli Houndoom non avevano intaccato la sua struttura e questo fu un bene, perché non crollò.
-Delphox, distruggi la porta!- Camille mi fermò agguantandomi per un braccio e con l’altra mano liberò il suo Pokémon, che istantaneamente mi passò avanti e ridusse a un mucchietto di cenere e di metallo fuso grazie a un paio di Fuocobomba estremamente potenti. Dalla nuvola di fumo che venne a prodursi fuoriuscì una recluta che gridò il nome della capogruppo e ci lanciò una sua Poké Ball, facendoci capire che era dei nostri. Camille afferrò al volo la sfera e la restituì al suo padrone. Il muro di fumo intanto si era dissipato. Cercando di recuperare fiato, aspettammo che si intravedesse meglio l’interno, preparandoci eventualmente a una lotta.
-C’era un’altra recluta con me a fare la guardia, ma è scappata ad avvisare il capo- ci informò il ragazzo. Il suo viso era nascosto dalla visiera di un casco nero. -Non so chi sia, fra parentesi. E oltre l’ingresso c’è questo lungo corridoio che conduce alla stanza principale. È una sola. La base è davvero piccola, ma molto utile e ben difesa.
-Andiamo!- esclamò Camille, passando in testa al gruppo.
Decidemmo di non correre e scaraventarci all’interno della struttura per evitare guai, mentre l’infiltrato diceva a Camille tutte le informazioni di cui avevamo bisogno. Seguiti ognuno da un proprio Pokémon - io avevo Luxray - facemmo ufficialmente irruzione nella base nemica. Ci venne incontro una dozzina di reclute nemiche stranamente ben addestrate, ma noi lo eravamo di più. I Victory puntavano sul fattore numerico, ma ciò che i “maestri del Bene” insegnavano a noi era più che sufficiente a contrastare un buon numero di avversari. Perciò i vari Crobat, Houndoom e Raticate finirono al tappeto e i giovani nemici furono messi con le spalle al muro.
-C’è qualcosa che dovremmo sapere?- chiese freddamente Camille.
-Non riveleremo nu…- L’ostinazione di un ragazzo Victory, la cui voce matura indicava probabilmente che era il maggiore del gruppo, impallidì di fronte alla pistola che la rossa non si fece problemi a puntargli al cuore. Ricordai che Camille era stata una dei primi a comprendere con quale freddezza bisognasse attaccare tramite un’arma. Ben presto si era liberata dei corsi ottenendo l’approvazione di Sandra e dei vari maestri, nonché i loro complimenti per la sua decisione spietata, che in quel caso era più che positiva e utile ai nostri.
Il suo tono fermo non tradiva alcuna nota di paura quando disse: -Non ho paura di farvi fuori uno per uno e la pistola è pronta per essere usata. Quindi cantate.
Un modo elegante per insinuare “Vuotate il sacco, altrimenti vi strozzo con le vostre stesse budella”. “Perché questi pensieri schifosamente comici mi vengono in mente proprio durante le missioni?” mi rimproverai.
-C… c’è Elisio nella stanza principale… Ha aperto la porta e dice di starvi aspettando… se lo batterete otterrete tutte le informazioni necessarie, o almeno credo…
-Non penso che ce le concederà- borbottai scrutando la visiera di ognuno dei nemici, come se potessi vedere i loro volti, che però erano invisibili. -A meno che non usiamo le maniere forti.
-E non ci faremo problemi ad utilizzarle- ringhiò Camille, tenendo stretta la pistola e avanzando verso la fine del corridoio, senza temere alcuna trappola.
La visione di lei che si comportava così mi risultava parecchio strana. I codini rossi, che parevano non crescere in lunghezza, ondeggiavano in maniera innaturale mossi da una corrente che non esisteva, seguendo i suoi passi un po’ troppo pesanti nella loro determinazione piena di rabbia. Così come i suoi capelli mi parevano rimanere sempre identici anche con il passare dei mesi - e a questo contribuiva il fatto che portasse quasi sempre la stessa pettinatura - anche il suo viso mi dava l’idea di essere rimasto immutato nel tempo. Ogni tanto quegli occhi color ghiaccio erano contrastati dal violento nero di una matita o di un eye-liner, la frangetta minacciava costantemente di far sparire le sopracciglia sottili che faticavano a farsi vedere sulla pelle piuttosto abbronzata, che contribuiva a far spiccare ancor di più le iridi chiare e azzurre. Era cresciuta molto in altezza, sì, ma non aveva sviluppato curve né niente, era rimasta piatta ed esile come quando l’avevo conosciuta circa un anno e mezzo fa all’Accademia.
Lei non era mai cambiata, cosa che invece era toccata a me. Si era conservata come la ragazzina dai capelli rossi misteriosa, silenziosa, impavida, alle volte scaltra e anche pesante. Un po’ la invidiavo per questo.
Tutto il gruppo la seguiva, eccezion fatta per Adrien e Charles, a cui Bellocchio aveva ordinato di badare alle reclute. I loro Trevenant e Emboar fissavano minacciosi i giovani nemici, la cui tensione arrivava fino a me. Se non fossero stati così… così Victory, forse avrei provato pena per loro. Ma erano troppo simili a Cyrus, con quelle divise bianche, rosse e nere. La voce del ragazzo che aveva tentato di opporsi risuonava nella mia testa, infastidendomi. Ebbi l’improvviso bisogno di vederlo per lo meno tramortito. Non rabbrividii come mio solito per quel pensiero.
La porta della stanza in cui si trovava Elisio, uno dei comandanti nemici, era socchiusa. Camille la spalancò con malagrazia ed essa, che era d’acciaio, sbatté violentemente contro il muro di cemento, provocando un frastuono esagerato che però a malapena fece accorgere l’uomo dei suoi ospiti inaspettati. Mentre lentamente si voltava noi lo avevamo già accerchiato, anche insieme ai nostri Pokémon. Camille non aveva esitato a puntare la pistola anche contro di lui, le palpebre socchiuse in una smorfia di concentrazione. Però stavolta le mani le tremavano.
Il mio primo pensiero fu che non ci avrebbe fatto una bella figura a farsi vedere così spaventata di fronte al nemico; il secondo fu che non potevamo permetterci di ucciderlo. Quell’ordine ci era stato impartito praticamente appena arrivati alla base segreta.
Spostai il mio sguardo su Elisio ed ebbi una sgradevolissima sensazione. I capelli rossi e corti dell’uomo, così come quel poco di barba che faceva crescere sul mento a mo’ di pizzetto; gli occhi azzurro ghiaccio; il fisico alto e slanciato… Tutti questi elementi mi ricordavano tantissimo Camille. “Non farti strane idee e concentrati!…”
-Ma tu guarda chi mi sta minacciando con un’arma assassina- mormorò lui.
“Sicuramente è perché è solo una ragazzina a puntargliela addosso… mica per altro, no…” pensai mentre si preparava per proseguire, appoggiandosi al muro della parete opposta. Grandi finestroni del tutto identici a quelli della centrale di Flemminia offrivano una bella vista sul bosco del percorso paludoso e anche su Romantopoli, più in lontananza. -Cosa vi ha detto di rubare il vecchio Bellocchio?
-Pensaci tu alla missione- dissi a Camille senza preoccuparmi di non farmi sentire. -Di lui mi occupo io.
-No.
La sua risposta mi lasciò interdetta. -Come?
-Chiedi a Bellocchio cosa prendere. Sarò io a combattere- rispose lei, tenendo la pistola puntata contro Elisio.
-Camille, non fare la stupida, tu non sei stata addestrata per combattere ma per portare a termine questo tipo di missione- ribattei, tornando a studiare il nostro avversario, che giocherellava con una Ball che teneva in mano.
-Ho detto no…!
-Non mi sembrate molto in sintonia- intervenne sbuffando divertito Elisio. -Qual è il problema?
-La tua presenza qua dentro è il problema!- esclamò Camille che per un momento mi parve sull’orlo del pianto.
Elisio inclinò la testa da un lato e liberò dalla sua Ball un Pyroar, che ringhiando subito individuò la mia Luxray e Delphox. Iniziava già a scalpitare e la cosa non mi piaceva per niente, per non parlare dei capricci di Camille.
-Per l’amor del cielo, non costringermi a chiamare…
-Ti conviene farlo!- gridò lei.
Il rumore di uno sparo echeggiò nell’aria. Mi parve di vedere a rallentatore la pallottola sparata dalla ragazza avvicinarsi micidiale ad Elisio, per infrangersi contro un muro protettivo invisibile che la fece dissolvere nell’aria.
-Pyroar, Fuocobomba.
-Pearl, Protezione!- L’attacco del Pokémon avversario fu neutralizzato e io ne approfittai per spintonare Camille lontana da me. Mi aiutò l’infiltrato, il ragazzo che non conoscevo, il quale mi affidò l’arma di lei e la trascinò di peso verso un punto della sala che doveva essere l’obbiettivo. Le mie orecchie ignorarono gli strilli di Camille.
-Bellocchio, prendo il comando- mormorai all’auricolare appena eseguii la procedura per mettermi in contatto con il capo, dopo aver ordinato a Pearl di attaccare con Tuono. Lo spazio a disposizione per cercare di evitare il colpo era talmente poco che Pyroar fu investito in pieno. -Camille ha cercato di disobbedire e di uccidere Elisio.
Non sentii la sua risposta perché le parole del nemico mi attirarono. -Così tu sei Eleonora, eh?- chiese mentre Pearl e Pyroar lottavano. -Cyrus ha parlato di te spesso. Gli è dispiaciuto vederti sfuggire dalle sue stesse mani…
-Immagino- ribattei freddamente. -Qual è la sua relazione con Camille, Elisio?
-Ma come sei beneducata a darmi del lei- ridacchiò l’uomo. -Be’, diciamo pure che siamo molto intimi.
Gold mi chiese se avessi bisogno di aiuto, tornato un momento dal controllare che a Camille stesse andando tutto bene lì al computer. -No- risposi, per poi rivolgermi di nuovo a Elisio: -Perché non cerchi di fermarci?
-Perché ritengo le informazioni che cercate superflue. Anche se così non fosse non mi è stato detto di cercare di bloccarvi con tutte le mie forze, e poi ci sono cose più importanti a cui pensare che impedirvi di sapere come sia organizzato internamente il Team. Mi interessa molto di più parlare con te, visto che Camille è così silenziosa.
“Qui va a finire che cercano di nuovo di portarmi dalla loro, dicendomi che riveleranno il mio segreto…” -Dove sono i miei genitori?- ribattei senza rispondere. La voce mi tremò un po’.
-Stanno ancora bene. Non preoccuparti per loro. E tu invece come stai?
Inarcai le sopracciglia. Quella domanda mi stupì molto più di quanto mi aspettavo potesse fare. Per prendere tempo per calmarmi diedi a Pearl l’ordine necessario per far fuori una volta per tutte Pyroar, i cui potenti ruggiti davano non poco fastidio alle mie orecchie. Un Tuono fu sufficiente. -Non c’è male. Grazie per l’interessamento.
-Le bugie hanno le gambe corte, Eleonora- sussurrò Elisio mellifluo. -Comunque sei davvero forte come si dice. Chissà che non sia merito di qualcun altro a cui tu sei molto… legata, diciamo così.
-Abbiamo fatto!- esclamò l’infiltrato.
-Ah, di già? Davvero?- Elisio finse stupore.
-Sì, davvero!- sbottai lanciando in aria la Ball di Rocky: il corpo pesante del Pokémon impattò il pavimento con la forza di un magnitudo in miniatura. Quello mi diede l’ispirazione per la mossa successiva. -Terremoto!

I vetri infranti dei finestroni furono un’ottima via di fuga prima per Elisio e poi per il nostro gruppo, che fuggì dalla base nemica abbandonando al proprio triste destino le reclute e la villa “stregata”, guardandola collassare su sé stessa. I ragazzi avevano lasciato sole me e Camille, intimandomi che io che la “conoscevo” meglio dovevo cercare di capire cosa avesse e chiederle perché si fosse comportata in quel modo, disobbedendo.
Il volto della ragazza era rigato dalle lacrime. Dietro di me Rocky faceva la guardia, ignorando lo stato pietoso in cui lei si trovava. Tra le mani tremanti stringeva un dischetto, che era l’obbiettivo della missione. Aveva la testa abbassata, era seduta su un masso. Io mi dondolavo su una gamba e sull’altra. Avevamo messo in salvo i nostri Pokémon e tutti quelli del gruppo stavano bene, anche se Adrien e Charles si erano beccati qualche pezzo del soffitto addosso a causa del Terremoto evocato dal mio Rampardos. -Perché non mi hai fatto lottare?
La domanda della ragazza mise in moto dentro di me il meccanismo di una fredda apatia. Risposi con un’altra domanda: -La somiglianza tra voi due è straordinaria. Elisio è tuo padre, non è così?
La vidi annuire impercettibilmente. -Lui… lui violentò mia madre, rimasta incinta giovanissima. Il matrimonio riparatore tra i due gli convenne molto perché si era imparentato, senza saperlo, con una potente famiglia di Kalos. Poi la abbandonò, lasciando me e lei alle cure dei miei nonni, per collaborare con i Victory, facendoci credere di essere fuggito con un’altra donna. Quando scoprì il mio segreto- la mia apatia sparì a queste parole, divenendo un’emozione che non riuscii ad identificare, -capì di aver fatto un grosso sbaglio a lasciarci, immagino. E cercò di riprendere me, che gli potevo essere utile, devastando casa mia… la mia famiglia… Allora arrivai all’Accademia.
Fece una lunga pausa. Avevo il viso alzato al cielo plumbeo, in attesa delle prime gocce di pioggia.
-E tu… tu mi hai impedito di vendicarmi!- strepitò Camille scattando in piedi. Il dischetto cadde a terra nello stesso momento in cui una prima goccia impattò sulla mia guancia. -Non ti perdonerò mai per questo, Eleon…
Il mio schiaffo repentino che desideravo mollarle da tempo raggiunse il suo viso, inaspettatamente per lei, che indietreggiò guardandomi stralunata. Non l’avevo mai vista così. -Camille. Tu non mi piaci per niente, ma qualcosa che riguarda entrambe, questo nostro segreto che ti ostini a non volermi rivelare, purtroppo mi lega a te. Dico purtroppo perché è proprio insopportabile, così come tu sei per me estremamente insopportabile.
Le parole mi uscivano di bocca con una facilità impressionante, riflettendo sonoramente i pensieri che da tanto mi frullavano nella testa e che riservavano parecchio disprezzo e rancore verso di lei. -Considera questo colpo come un avvertimento. Spero tu non ti sia abituata a vedermi come la ragazzina di due anni fa, perché al contrario tuo sono radicalmente cambiata. Sono esasperata per il tuo odioso silenzio e ti trovo così simile a Bellocchio che mi viene il voltastomaco. Picchiami pure, se vuoi. Non mi interessa di chi sei figlia né perché. Tu rimani ciò che sei diventata per me durante questi anni e questi mesi. E il tuo nome significa tante cose terribili per me.
“Camille è la carceriera di una verità che mi riguarda. Forse lei non mi perdonerà per averla sottratta alla lotta con suo padre, ma io non la perdonerò mai per i danni che mi sta provocando.”
-Bellocchio… vuole solo evitare che tu impazzisca- rispose Camille dopo un po’ con calma innaturale. -Perché io, a dire la verità, sono diventata pazza per questo. Ed è davvero brutto confinare la tempesta che ho in me senza potermi sfogare. Non pensare che io sia indifferente e impassibile perché sia il mio carattere, mi sto difendendo. Hai idea di quanto sia terribile tutto questo? Vedila come vuoi. Noi vogliamo… proteggerti…
-Non ho bisogno della vostra assistenza, se permetti. E ti chiedo per favore di non dimenticare le mie parole. Quindi regolati di conseguenza, Camille, e non dimenticare che forse togliermi questo chiodo fisso dalla mente mi aiuterebbe. Sarebbe carino se tu e Bellocchio prendeste in considerazione la cosa.
-L’abbiamo già fatto, e i risultati su di me non sono stati affatto buoni.
-Ma io sono esattamente l’opposto di te, cara Camille- scoppiai a ridere nervosamente.
-Tu credi davvero?- mormorò lei. Il suo sguardo eloquente mi fece preoccupare mio malgrado.
Chissà che non fossi l’opposto soltanto della sua maschera di ghiaccio. Il pensiero mi inquietò e la guardai interrogativamente. Incontrai i suoi occhi stranamente non imperturbabili ma pieni di una tristezza che riuscii a comprendere pienamente solo in seguito. Quella ragazza per me era un mistero e con ogni probabilità lo sarebbe stata molto a lungo. Però non potevo non vedere l’ora di scoprire i miei - e i suoi - segreti, per quanto essi fossero pericolosi. Forse questa curiosità mi avrebbe rovinata, ma non riuscivo a pentirmene.






Angolo ottuso di un'autrice ottusa
Ciao gente! Se avessi avuto il tempo materiale di pubblicare in uno dei due giorni precedenti l'avrei fatto, ma purtroppo non è stato così e sono riuscita a mettere mano sul pc solo oggi - tra l'altro di corsa.
Non ho nessun commento da fare, se non che il prossimo sarà il capitolo più lungo di tutta la seconda parte. Sono a metà più o meno e adesso arriva il pezzo difficile da scrivere... per quanto sia lungo è incentrato solo su due eventi e quindi il resoconto della missione e molte altre cose arriveranno solo in seguito.
Detto ciò spero che questo vi sia piaciuto e a presto! Cercherò di pubblicare entro Pasqua il prossimo capitolo!
Ink
  
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