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Autore: Neon5    24/03/2015    2 recensioni
La vita ad Annabel non aveva fatto altro che mostrarle prove insormontabili, che avevano inciso profondamente e danneggiato la sua psiche e la sua salute; tuttavia il suo passato non era nient'altro che l'inizio di una serie di sfortunati eventi.
E tuttavia si ricordava ancora di due fratelli, che aveva conosciuto in un remoto passato e che in qualche modo avevano influenzato la donna che era diventata oggi.
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Corazòn, Donquijote Doflamingo, Donquijote Family, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Gravissimo errore



« Annabel! Dai Annabel, parla! Cosa ti è successo, dove sei stata?! »
« Aaah! Ho tanta paura! »
« Annabel, calmati adesso! Io sono qui vicino a te, ma dimmi, cos'è successo?! »
« Un tizio ha picchiato Roci e ha cercato di rapirmi, ho avuto tanta paura! Menomale che sono riuscita a scappare! »
« Maledetto bastardo! Come ha osato toccare i membri della mia famiglia! Io lo ammazzo! Lo ammazzo! »
« No, no ti prego! Non andare! Resta con noi, non lasciarci! »
« Annabel! Io devo ammazzare quel bastardo, lui ha osato picchiare mio fratello e rapite te, devo andare, lasciami! »
« No, ti ucciderà! Ti prego, lascia perdere! Resta con me... Doffy... »
« Annabel... ti giuro su quello che ho di più caro che ce la pagheranno tutti, ucciderò tutti! Moriranno tutti, tuttiii! »
« Sì Doffy, voglio vederli tutti morti anch'io! Non meritano di vivere! Ma adesso resta qui, ti prego! »
« Annabel, ascoltami... non permetterò che succeda mai niente alla mia famiglia, noi resteremo sempre insieme, sempre! Qualunque cosa accada! Voi siete la mia unica e sola famiglia, non ti lascerò mai, hai capito? »
« Doffy... grazie... ti voglio bene ».


Mi risvegliai urlando; perché i miei sogni erano sempre così talmente vividi da sembrare reali?

Per un momento credetti addirittura che sarei caduta dal letto tanto era lo sgomento, poi però mi accorsi che non ero fra le coperte, ma bensì a terra, nel mio laboratorio. Provai ad alzarmi, ma le ginocchia mi cedettero e caddi al suolo, sbattendo rovinosamente il sedere sul pavimento. Che risveglio di merda.
Alzai gli occhi e diressi lo sguardo dove si trovava appeso l'orologio da parete, fortunatamente era uno di quelli con le lancette fosforescenti, e non ci misi molto a capire che erano le quattro di mattina. Ma che diavolo ci facevo lì? Non ricordavo un accidenti, e con tutto che mi sforzai tantissimo l'unica cosa che riuscii a ricordare fu che mi ero scolata circa una cassa di bottiglie di birra. “Forse” avevo esagerato.
Ubriacarmi non era da me, lo facevo solo quando neanche il valium riusciva a calmare i miei nervi. Sì, ero nervosa, ero nervosa perché mi sentivo presa per il culo dalla mia stessa vita, e sinceramente non sapevo fino a quando avrei retto tutta quella situazione. Io ero solo un essere umano, con i suoi pregi e i suoi difetti, e questi ultimi avevano la tendenza a prevalere sui primi, a partire dal mio disordine mentale.
Da quanti giorni mi trovavo chiusa nel mio laboratorio? Ormai avevo decisamente perso il conto, ero andata a rinchiudermi là dentro il giorno dopo il mio arrivo sull'isola di Aiera, e francamente non sapevo quanto tempo fosse passato da allora.
Le ragazze avevano attraccato la nave nell'insenatura naturale di Gler, nessuno poteva trovarci. Appena arrivai iniziarono ad urlarmi in faccia una marea di domande, del tipo perché diavolo ci avessi messo così tanto e perché avessi staccato il lumacofono; io non avevo molta voglia di parlare, mi ero semplicemente limitata a chiedere loro se stessero tutte bene e cosa c'era da mangiare.
Con mio grande piacere stavano tutte a meraviglia, divinamente bene direi, ed erano felici; erano riuscite ad estrarre dalla nave di Marlow tantissimi pannelli d'oro, per un totale di circa cento chili. Eravamo diventate ricche sfondate.
Le ragazze erano felici, ma non avevano ancora calcolato che dovevamo portare il bottino per intero a “casa” ; sicuramente mia zia era già venuta a conoscenza del fatto che eravamo entrate in possesso di una tale ricchezza, quella vipera aveva occhi e orecchie ovunque, non le scappava mai una notizia, soprattutto se riguardava me.
Ogni volta era sempre così, io e le ragazze facevamo il lavoro “sporco”, portavamo il bottino dritto nelle sue mani e poi ci toccava una percentuale. Inutile dire che la percentuale che ci veniva assegnata variava molto in base all'umore e/o predisposizione dell'“Imperatrice” ; a volte era così talmente “generosa” da farci assaggiare qualche briciola dell'immenso bottino che consegnavamo per intero nelle sue grinfie, altre volte ne sentivamo solo l'odore, altre volte ancora invece non ne vedevamo proprio traccia. In altre parole era davvero una stronza, una maledetta strega con un elevato senso del risparmio, o per meglio dire taccagneria. Era davvero impossibile non odiarla. Sebbene fisicamente fosse praticamente identica a mia madre lei con mia madre non c'entrava proprio niente, ma d'altronde l'esperienza mi aveva già insegnato che a volte il sangue non era un criterio di valutazione universale.

Dall'arcipelago Satō non avevamo portato via solo il tesoro, ci eravamo portate dietro anche, a mia insaputa, quel decerebrato di Jeff; se lo avessi saputo prima l'avrei buttato fuori a calci, peccato che quando me ne accorsi ormai era troppo tardi.
Avevo “raccomandato” sia a lui che a Isabel, nel modo più minaccioso possibile, di dormire in camere separate, ricordando loro che a bordo avevamo anche una minorenne, e che la visione prolungata di certe “effusioni” eccessive avrebbe potuto traumatizzarla. Ovviamente e dico ovviamente la prima notte non mi diedero ascolto, e trovai Jeff in camera di Isabel. Gli intimai più volte di andarsene, ma fu solo dopo che minacciai di evirarlo che Jeff scappò via terrorizzato, ubriaco e in mutande. Il mattino seguente lo trovai aggrappato all'albero della nave, stava dormendo, incredibile. Mi fece pena e così lo feci rientrare, e gli concessi di appisolarsi in un angolino a terra della cucina. Era abbastanza restio nell'addormentarsi, continuava a fissarmi impaurito, e così, tanto per lasciargli un po' di privacy, ero andata nel mio laboratorio.


Ero ritornata a leggere una mia vecchia ricerca che avevo abbandonato ormai da mesi, ultimamente non avevo molta voglia di concentrarmi su qualcosa, mi sentivo esausta, non solo fisicamente, era la mia mente quella che vacillava. Ricordavo che avevo iniziato a studiare le varie sindromi da avvelenamento, avevo stilato un elenco, con tutti i nomi, i sintomi, decorso e prognosi di ogni singola malattia. Era un lavoro enorme, ma c'era un motivo ben preciso se avevo deciso di iniziarlo.
La mia curiosità sull'argomento nacque quando circa quattro mesi prima avevo visto un uomo affetto da una strana malattia, la Sindrome da Piombambra. All'epoca mi trovavo al porto di Krera, ero andata lì insieme alle ragazze per barattare dell'oro, quando all'improvviso arrivò quest'uomo; appena entrò tutti i presenti in sala iniziarono a scappare, manco fosse entrato un mostro. L'uomo in questione doveva essere un mercante o qualcosa del genere, giovane, sulla trentina; aveva l'aria molto sofferente, il suo volto e le sue mani erano ricoperte da delle strane chiazze bianche. Feci il mio scambio e andai via da lì, fu solo quando arrivai al porto che sentii dei tizi che parlavano fra loro, nominavano proprio quel tipo con le macchie bianche, e fu in quel momento che per la prima volta sentii il nome “Piombambra”.
Quando ritornai a bordo iniziai a fare le mie ricerche; perché la gente era così terrorizzata da questa malattia? Cos'era davvero e da cosa era causata?
Finora ero solo riuscita a capire che la questione aveva molto a che vedere con la cittadina di Florence nel Mare Settentrionale, sembrava infatti che tutte le persone affette da questa sindrome provenissero proprio da là, coincidenza? Sinceramente credevo poco alle coincidenze, non sono mai stata una credulona, la cosa che mi stupiva era invece come mai il Governo Mondiale non avesse ancora adottato delle misure “drastiche” per estirpare il fenomeno. Non l'aveva ancora fatto ma ciò non significava che prima o poi non lo avrebbe fatto, forse era solo questione di tempo, quando c'era qualcosa di inspiegabile il mio istinto mi suggeriva che c'era sempre dietro il Governo Mondiale.
Sapevo bene che io non ero in grado di cambiare il mondo, ero solo una ragazza sfortunata, spinta dalla curiosità e dal desiderio di scoprire cose nuove, però cercavo in qualche modo di indirizzare le mie energie e le mie ricerche verso qualcosa di giusto. Cercavo ma non ci riuscivo. Erano tanti i pensieri che affollavano la mia mente, sfogliavo i documenti ma non riuscivo a decifrare una singola parola di tutti gli appunti che avevo scritto nei mesi precedenti, e non perché non capissi la mia stessa scrittura, ma perché la mia mente era altrove.

Quel maledetto sogno che avevo fatto prima mi aveva infatti portata indietro con la memoria a quel giorno di Novembre di tredici anni prima, quando andai al fiume insieme a Rocinante e quell'uomo aveva cercato di rapirmi; ci aveva seguiti per tutto il pomeriggio ed evidentemente aveva notato il fatto che non avevamo alcun adulto a tenerci d'occhio. Quando il rapitore si fece avanti il mio giovane amico cercò di difendermi in ogni modo, ma quell'energumeno non ci mise molto a liberarsi di lui, tirandolo violentemente contro un muro e facendogli perdere i sensi. L'uomo mi trascinò con sé per un bel po' di strada, mi portò al suo covo; quando arrivammo iniziò a fare trattative con i suoi soci circa il mio presunto “prezzo”, ma per qualche strana ragione non si accordarono, e fu così che iniziarono a litigare violentemente tra di loro. Li vidi scannarsi a vicenda come delle bestie, si accoltellarono l'un l'altro e si picchiarono a sangue per ore, al punto tale che si dimenticarono di me.
Io ne approfittai per liberarmi e scappare, e sebbene fossi terrorizzata a morte e le mie gambine tremavano come delle canne corsi con tutte le mie forze; prima di fuggire avevo però raccolto una cosa da terra, uno strano oggetto metallico che era caduto dalle mani a uno di quei tizi, mi sembrò “interessante” e decisi di metterlo in tasca. Avevo fatto un errore, un gravissimo errore.
Raggiunsi di corsa il rifugio segreto sull'albero. C'era Rocinante, che aveva da poco ripreso i sensi, e Doflamingo, che appena mi vide pretendeva delle spiegazioni. Roci non riusciva a spiccicare una parola, e così dovevo essere io per forza a farlo. Ma io ero sgomenta, terrorizzata, Doffy cercò di calmarmi in ogni modo, e quando alla fine ci riuscì iniziai a raccontargli cosa era successo.

                                               

Quando terminai il mio racconto Doffy diventò furibondo, voleva andare al covo per ammazzare quei tizi. Cercai di dissuaderlo, ma proprio mentre gli urlavo in faccia che ormai era tutto finito arrivò lui, lo stesso uomo che qualche ora prima mi aveva portata a forza nel suo rifugio. Urlò che ci avrebbe ammazzati tutti, che quel lavoro di rapire i mocciosi lo aveva fatto esaurire e che per rimediare all'errore di quella sera l'unica alternativa fosse “far sparire ogni traccia”. Tirò fuori un coltello e si avventò su Doffy, il quale aveva iniziato a prenderlo a bastonate e a insultarlo; era chiaramente in svantaggio, e se non avessi fatto qualcosa al più presto l'avrebbe ucciso. Fu in quel momento che mi ricordai di quello strano oggetto che avevo preso prima; ricordavo che quel tizio l'aveva tirato fuori per difendersi e che quando l'aveva fatto tutti i presenti gli avevano più volte intimato di “metterla giù”, ciò significava che quell'affare metteva paura in qualche modo.
Ero solo una maledetta mocciosa di sette anni, fino ad allora una pistola non l'avevo mai vista, ed ero così talmente imbranata che non avevo neanche la più pallida idea di come diavolo si tenesse in mano. La tirai fuori dalla tasca e urlai al tizio di voltarsi, e appena si girò e vide l'affare che tenevo in mano mi intimò impaurito di metterla giù, ciò significava che la mia intuizione era stata giusta. Doffy invece mi urlò di “premere il grilletto”, ma ovviamente io non capivo cosa diavolo volesse dire, e lui mi spiegò furibondo che dovevo semplicemente mettere il dito su quella piccola “leva”.
Esitai un bel po', anche perché la leva non riuscivo ad individuarla e, nella speranza che potesse aiutarmi a farlo, diedi la pistola a Roci, ma lui la buttò subito a terra terrorizzato, urlandomi che non dovevo prenderla. Doffy continuava a dirmi che dovevo prenderla. Cosa diavolo dovevo fare? Dovevo decidere tra loro due, ed era davvero difficile.
Tutta quella situazione si era creata solo per colpa mia, toccava a me salvarli. Riafferrai di nuovo la pistola e stavolta la guardai con più calma, e finalmente trovai il grilletto. Doffy continuava ad urlarmi di premere quella leva, ed era esattamente ciò che avevo intenzione di fare. Ma la piccola “leva” era un po' dura e di abbassarsi non voleva proprio sentirne, e dato che stavo perdendo tempo l'uomo ne approfittò per avvicinarsi e cercare di togliermi quella “cosa” dalle mani; ma fu in quel momento che la levetta venne giù, e senza alcun preavviso il tizio che mi stava davanti si ritrovò con un bel buco in fronte. Alla faccia del colpo accidentale, quel tizio l'avevo davvero centrato in pieno! Avevo salvato me e avevo salvato i miei amici, il tutto con un solo colpo. Ma come ho già detto prima io avevo fatto un errore, un gravissimo errore, solo che allora non potevo saperlo.

Era proprio a causa di quell'errore che io mi sentivo terribilmente in colpa con Rocinante, al punto tale che non avevo neanche avuto il coraggio di rivelargli la mia vera identità.
Che senso avrebbe avuto? Lui era diventato un marine, un Comandante addirittura, giovane, ricco probabilmente e tremendamente... bello. Era bello, non era cambiato di una sola virgola, era una bella persona, in tutto e per tutto, e ciò che aveva fatto per me nonostante non sapeva chi fossi ne era la dimostrazione.
Io invece ero solo una squallida criminale, con una taglia esorbitante sulla testa, un'assassina, e sebbene in tutta la mia vita avessi ucciso solo due uomini erano stati proprio questi due omicidi a segnare e distruggere la mia esistenza. In ambedue i casi ero stata costretta dalle circostanze, ma neanche questo pensiero riusciva a dare pace alla mia coscienza e, soprattutto, non mi rendeva innocente ai loro occhi, gli occhi della “Giustizia” .
In altre parole ero fottuta, a vita.

« Purururu! Purururu! Purururu! »

Proprio mentre ero immersa nei miei pensieri e nella mia disperazione il lumacofono cominciò a suonare, ma chi diavolo era alle quattro di mattina?!

« Got-cha! »

« Pronto? Pronto, c'è qualcuno? Pronto! »
Silenzio. Qualcuno mi aveva telefonato e non voleva parlare, che rottura di scatole! Aspettai qualche minuto ed iniziai a sentire un respiro roco e pesante, la cosa iniziava ad inquietarmi.
« Pronto! Senti chiunque tu sia, non ho voglia di perdere tempo! Va al diavolo! » urlai, decisa più che mai a riagganciare la telefonata.
« Hey dolcezza, hai una voce davvero sexy, scommetto che sei una donna giovane e bellissima! Dimmi, cos'hai addosso in questo momento? »
Non ci misi molto a capire di cosa si trattava, sì, era decisamente un errore, come al solito del resto. All'inizio mi ero preoccupata seriamente perché non conoscevo la voce di quel tipo, poi però quando iniziò a farmi domande “strane” capii tutto: si trattava solo di un altro pervertito che aveva sbagliato numero di telefono. Per qualche strana ragione il numero di telefono della nostra nave era molto simile a quello di una nota linea erotica, e di tanto in tanto capitava che qualche idiota sbagliasse numero e chiamasse da noi. Dovevo decidermi a cambiare numero, solo che ultimamente non avevo avuto molto tempo per occuparmi di questioni come dire... di poca importanza, avevo avuto questioni ben più gravi da risolvere.
« Vuoi sapere cos'ho addosso?! Ma a te che ti frega?! »
« Hai una voce super sexy quando ti arrabbi! Su dai, dimmi le tue misure! » sogghignò con voce malefica.
Che depravato di merda. Gli uomini non riuscivo proprio a capirli, che senso può mai avere farsi dire al telefono da una donna cosa indossa quando non può neanche vederla?
Adesso stava a me togliermelo di torno, e alla svelta anche, ero già abbastanza incazzata.
« Le mie misure? Okay, allora... Peso cinquecento chili, sono alta quattro metri e se proprio vuoi saperla tutta non sono neanche una donna, sono un uomo, uso un simulatore vocale per cambiare la mia voce! Vuoi ancora sapere le mie “misure” ?! Pronto? Hey brutto stronzo, sei ancora lì?! »
Per qualche “strana” ragione il mio interlocutore aveva bruscamente staccato la chiamata, in preda ad un attacco di panico probabilmente, forse avevo leggermente esagerato con la mia descrizione grottesca. Però quella situazione, in qualche modo, era riuscita a strapparmi una risata.


« Annabel, sei sveglia? Ti ho sentita ridere, so che sei sveglia! »
Avevo fatto troppo baccano e adesso Isabel era venuta dietro la porta a rompere le scatole, ma io non avevo voglia né di parlare e né di vedere nessuno.
« Se sono sveglia dici? Dipende da cosa vuoi! »
« Dai Annabel, non fare l'antipatica! Fatti parlare, ti prego! Ti ho già chiesto scusa, non volevo dirti che ero fidanzata con Jeff perché avevo paura della tua reazione! »
« Isabel... sarebbe solo questa la cosa che hai dimenticato di dirmi?! Pensaci bene! »
« Scusami Annabel! Sì, era proprio Donquixote Rocinante il Comandante in gamba di cui parlavano terrorizzati quei pirati a Miles Town, ma non riuscivo a ricordarlo, è un nome così difficile da ricordare! Me ne sono ricordata solo quando ti trovavi sull'isola di Kama e mi hai chiamata, e se tu non avessi staccato il lumacofono io te l'avrei detto! »
« Isabel... non ce l'ho con te, davvero... Ho solo voglia di stare da sola ».
« Sul serio non ce l'hai con me? Annabel, apri la porta allora! Ma che ti succede, Annabel! »

Cosa mi stava succedendo? Assolutamente niente, niente che avessi mai sentito prima, o forse sì, avevo già sentito quella sensazione, la sensazione di non avere più alcun motivo per restare a questo mondo. Non ce l'avevo con Isabel o con le altre ragazze, e sebbene io raccontassi tutto alle mie compagne non ce la facevo a raccontare loro ciò che mi era successo, il mio drammatico scontro con Raoul e il mio incontro con lui, quel ragazzo meraviglioso che mi aveva salvata.

« Annabel, ma allora l'hai visto o no a Rocinante? Quella sera era lì di servizio, possibile che tu non l'abbia visto?! »
« Ti ho già detto di no! »
« Ma Annabel! Christa ha intercettato e decriptato tutte le telefonate segrete della Marina quella sera, e abbiamo proprio sentito il suo nome! Lavora per l'intelligence, è una spia! Era lì, Annabel! »
« Ti ho già detto che non l'ho visto, d'accordo? »
La mia ultima frase non doveva essere stata molto convincente, visto che mentre parlavo singhiozzavo e piangevo, quell'esperienza mi aveva decisamente distrutta.
Qual'era il mio problema? Avevo avuto paura di morire? Avevo avuto paura di Raoul? Ero arrabbiata perché il lavoro che aveva fatto mio padre catturandolo anni prima era stato vano?
Sì, quelli erano pensieri che mi turbavano profondamente, anche se la cosa che mi rammaricava di più era non aver svelato la mia vera identità a Rocinante; io avevo perso la mia occasione, l'occasione di abbracciarlo forte a me, l'occasione di dirgli tante cose. Erano giorni che non riuscivo a piangere, volevo sfogarmi ma non ce la facevo, ci stavo riuscendo solo adesso, proprio mentre cercavo di non farmi scoprire da Isabel! Le emozioni umane sono davvero qualcosa che va aldilà del nostro controllo.

« Annabel! Apri la porta, ti prego! Ti è successo qualcosa mentre eri lì, me lo sento! Vieni fuori e parlane con noi! Siamo le tue amiche! »
« Va' a dormire, sono solo le quattro di mattina! A te piace tanto dormire, dico bene? C'è anche il tuo amato Jeff, come vedi vi sto lasciando liberi di fare ciò che volete, non dovresti avere difficoltà a prendere sonno! »
« Ma Annabel! Come posso pensare a dormire quando tu stai così male?! »
« Sono stata io a distruggere il tuo “amato” quadro con i gatti, davvero non ce l'hai con me? La mappa del tesoro era proprio dentro il quadro, l'ho trovata per caso solo dopo averlo distrutto! »
« No che non ce l'ho con te! Abbiamo trovato quel tesoro solo grazie a te! »
Incredibile, Isabel non ce l'aveva con me per averle distrutto il quadro, quando invece era sempre gelosissima di tutta la roba che si portava a bordo, sicuro che stesse bene?! Sì, probabilmente stava benissimo, forse stava solo iniziando a crescere e a mettere giudizio, cosa che invece io non stavo facendo comportandomi in quel modo.

Forse e dico “forse” stavo peccando di egoismo, dovevo decidermi ad affrontare la situazione, andare a raccontare alle mie compagne cosa mi era successo e soprattutto... metterle al corrente dei nuovi “pericoli”, era un loro diritto.
Aprii la porta e appena varcai la soglia Isabel mi venne addosso violentemente, abbracciandomi e piangendo, stessa cosa che feci anch'io.
Non mi sono mai piaciute le scenette strappalacrime, non mi piaceva nemmeno piangere, eppure in quel momento era l'unica cosa capace di sciogliere quel nodo che mi opprimeva la gola.


 


Ciao a tutti, beh sì, a tutti voi che avete appena aperto questo nuovo capitolo e adesso state leggendo... queste parole, le mie parole, e volevo anche cogliere l'occasione per ringraziarvi :)
(Forse suona un po' inquietante questo mio modo di “salutarvi”, ma sto solo cercando di dire qualcosa di diverso, quindi non inquietatevi XD)

Bene, partiamo dal titolo del capitolo; come potete vedere stavolta ho usato due parole e non una sola come tutte le altre volte, questo perché, come ho già detto la scorsa volta, adesso inizia un altro arco della storia, il secondo per esattezza.
Facendo un riepilogo possiamo dire che ci troviamo nel Mare Orientale, 18 anni prima degli eventi attuali ed Annabel, la nostra protagonista, si trova “ancora” con le sue compagne; ha già incontrato Rocinante, il quale non si è “ancora” infiltrato nell'organizzazione del fratello e, da bravo marine, ha portato a termine la sua missione, ma... non ha voluto catturare Annabel. Perché non l'ha fatto?
Rocinante prenderà i panni di Corazón solo l'anno seguente, e facendo quattro calcoli al momento della nostra narrazione dovrebbe avere circa 21 anni, (perché da quanto ho capito Mingo è 2 anni più grande del suo “amato” fratellino).
Quindi ora cosa succederà? Finalmente i ricordi di Annabel stanno riemergendo, ma forse c'è qualcosa di oscuro in quei ricordi, qualcosa che forse neanche Annabel vorrebbe ricordare...
Il disegno di oggi è... senza colori (come al solito? XD) e senza ombre, ci ho messo solo l'ambient occlusion, ho imparato questa tecnica facendo 3d... :)





 

  
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