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Autore: pensa_e_potrai    25/03/2015    7 recensioni
"Ma ti sei bevuta il cervello Granger?" Draco la stava guardando come avesse detto la cosa peggiore al mondo. "Innanzitutto non parlarmi così. E poi non ti ho chiesto di avere un figlio con me, ti ho chiesto solo di aiutarmi ad adottarlo, tu poi potrai tornare a fare la tua vita di sempre." Spiegò precisa Hermione. Niente di più, niente di meno. "E io cosa ci guadagno?" Hermione fece spallucce, sapeva che lo avrebbe detto. Se c'era uno che non faceva mai nulla senza un proprio tornaconto era Malfoy. "Quello che vuoi." "Perfetto." Draco sorrise con un lampo di malizia. Aveva già in mente cosa chiederle.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Draco/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo
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Draco evitò di scendere al piano di sotto fino all'ora di pranzo, per non imbattersi in una Hermione probabilmente scontenta del suo "lavoro". Quando lei lo chiamò per il pranzo come fanno le madri con i figli, lui intuì cosa aveva cucinato, e infatti non sbagliava: pasta. Alcuni pacchi erano stati riposti negli scaffali, altri invece erano appoggiati sul ripiano della cucina o per terra, considerando l'eccessiva quantità. Quando Draco scese le scale, Hermione lo informò che aveva già mangiato e che sarebbe salita al piano di sopra a lavorare, e lui non disse nulla.

Passò metà del pomeriggio di sopra e Draco non la vide, fino a quando quella non scese le scale di corsa, infilandosi un maglione dalla testa e saltando i gradini per la fretta.

"Dove vai?" La chiamò lui.

"Perché ti importa?" Cercò di prendere tempo Hermione, mentre si metteva le scarpe e il giaccone.

"Non rispondere a una domanda con un'altra domanda."

"Vado a lavoro, torno tardi. Se hai fame scongela qualcosa dal frigo." Hermione raccolse la borsa e si precipitò all'ingresso, cercando di evitare altre possibili domande.

"A proposito... In cosa consiste il tuo lavoro?" Draco si spostò dalla cucina e la seguì sull'uscio, bloccandola proprio quando appoggiò la mano sulla maniglia.

"Uno come un altro. Ora lasciami andare o faccio tardi." Rispose lei sbrigativa, e uscì senza altre sentenze.

Controllò l'orologio che teneva al polso: era in ritardo.
A quell'ora non avrebbe neanche trovato un autobus, ne era sicura. Si mise a correre verso la fine della strada, svoltò a destra, di nuovo a destra, superò le strisce pedonali al semaforo rischiando di frasi investire, continuò percorrendo la strada, andando a sbattere contro le persone e gridando uno "scusa" mentre proseguiva, e alla fine raggiunse il bar. Non era affatto un luogo piacevole alla vista, anzi, ricordava l'atmosfera del Paiolo Magico, tanto era vecchio e malridotto. L'unica cosa curata era la proprietaria, che aveva ereditato il locale dai genitori e non si era preoccupata di risistemarlo. Hermione entrò e cercò di andare in cucina senza farsi vedere, sperando di poter passarla liscia, quando qualcuno si schiarì la voce e la fece voltare. Alta sul metro e cinquanta, tacchi a spillo, leggins neri, felpa rosa e sopracciglia disegnate a matita, la donna parlò con tono da insegnante puntigliosa.

"Hermione, arrivare in ritardo non è da te." Scosse la testa. La donna sembrava sulla trentina, se non si contavano i numerosi interventi chirurgici a cui si era sottoposta con l'eredità del padre.

"Sì, scusami Nicole."

"Non importa visto che è la prima volta. Vatti a preparare." Le indicò la porta della cucina con l'indice.

Hermione non si fece ripetere l'ordine, e subito andò in cucina. Indossò rapidamente la divisa che aveva riposto nella borsa (grazie a un incantesimo di Estensione Irriconoscibile), e si preparò per il alvoro.

 "Quando la smetterai con quei farmaci?"

Hermione sobbalzò. Dalla porta era apparsa una ragazza mora, dalla pelle scura e la pettinatura dread, molto più alta di Hermione, già vestita nell'uniforme del locale: maglia nera con il logo e pantaloni rossi.

"Oddio Rachel, mi hai spaventata."

"E' il mio lavoro." Rachel si avvicinò e concentrò lo sguardo sulle occhiaie di Hermione.  "Ora rispondi alla domanda."

"Ho smesso, e comunque sono solo piccoli sonniferi."

"Ti fanno male allo stesso modo. E poi... cosa sono queste?" Dalla borsa che Hermione aveva appoggiato sul tavolo, Rachel estrasse rapidamente il pacchetto di sigarette che la ragazza aveva ricomprato.

"Ehi ridammele." La rimproverò la riccia, seguendola per la cucina in un vano tentativo di recuperare il maltolto.

"Ancora peggio Hermione." Rachel scosse la testa e gettò il pacchetto sietro di sé, facendo poi cenno a Hermione di sedersi sul tavolo, cosa che lei fece senza ribattere. Continuò:

"Ora ti faccio la stessa proposta dell'altra volta: tu mi dici dove abita quel bastardo che ti ha ridotta così, io lo vado a trovare e lo faccio- schioccò le dita con un sorrisetto furbo.- sparire"

"Grazie Rachel, ma te l'ho detto, ho voltato pagina." Hermione rise leggermente, malinconica.

"Sicura?"

"Sì, tranquilla."

"Brava. Per quanto mi riguarda, credo che gli uomini siano utili, ma non indispensabili."

Rachel si era autoconvinta di quello e impressa nel cervello quella filosofia dopo che l'ex fidanzato, scoperta la gravidanza di lei, l'aveva abbandonata. E da quel giorno aveva tagliato i conti con ogni uomo, all'infuori di suo padre. Aveva cresciuto sua figlia da sola o con qualche aiuto dai parenti, e viveva da sola, come credeva fosse meglio. Tuttavia era sempre stata un'inguaribile romantica, e tendeva ad interessarsi troppo degli affari sentimentali altrui, e in quegli ultimi tempi i suoi preferiti erano quelli di Hermione.

"Allora... quindi non stai più con nessuno?" Continuò con sguardo indagatore, squadrandola da capo a piedi, come se potesse trovare qualche traccia visibile lasciata da una relazione.

"Esatto."

"Quindi non ti dispiace se vengo a cena da te, diciamo... domani?"

"No. Cioè, no non mi dispiace, ma... non posso." Tartagliò Hermione, cercando una scusa plausibile.

"Allora vedi che c'è qualcuno. Dai racconta." Sorrise Rachel, con fare da bambina.

"Sì, c'è qualcuno, ma non come pensi tu.- Hermione corresse subito i pensieri della romanticona.- E' una sorta di... coinquilino. Dividiamo l'affitto, unicamente quello."

"Ok... almeno questo coinquilino è carino?"

"Allora non ti arrendi." Con quella domanda, però, l'amica riuscì a strapparle un sorriso.

"Sono curiosa. Va bene... vuol dire che lo vedrò domani, e niente storie."

Hermione stava per ribattere, macchinando una scusa, ma il dialogo venne interrotto dalla voce di Nicole che gridava.

"Non vi pago per fare conversazione. Andate a lavoro!"

Le ragazze si guardarono un attimo, Rachel rivolse a Hermione un sorriso di trionfo, ed entrambe uscirono e si prepararono a servire i tavoli.

~~~

Intanto nella casa di periferia il silenzio aveva preso possesso dell'atmosfera, quello era però un silenzio rumoroso per Draco, che vi era talmente abituato da contestarlo, poiché in quello stato i pensieri si davano battaglia nel suo cervello, e rimbombavano tutti insieme facendogli pulsare le tempie.
Cercava in tutti i modi di sfuggirirvi, come aveva fatto in quei mesi di solitudine al Manor, dopo la morte della madre. Si sentiva in colpa per quello che era avvenuto a Narcissa, ma cercava di ignorare quella sensazione simile a un nodo gelido nello stomaco che quella idea gli portava. Dopo il litigio non l'aveva più vista, e quando si precipitò al San Mugo, ansante, Narcissa se n'era già andata. Chissà se suo padre ne era venuto a conoscenza...
Era lui la causa della litigata con la madre, l'ultima della sua vita.
Dopo la guerra aveva giurato di essersi sbarazzato di tutti i manufatti sicuri di cui era in possesso, aveva detto di essere cambiato. Ma mentiva, e quando sia Draco che Narcissa lo scoprirono gli Auror erano già in viaggio per il Manor. Sua madre lo aveva pregato di giustificarlo, aveva cercato ogni modo per giustificare ciò che aveva fatto Lucius, ma Draco si era rifiutato di accettare quelle misere motivazioni prive di fondamento. Il semplice dibattito si era trasformato in una lite troppo seria per fingere che non fosse mai avvenuta.
Draco aveva incolpato il padre per tutto ciò che non andava in sé, perché era fermamente convinto che fosse lui la prima causa dei suoi mali. Il ragazzo fede le valigie e andò via dal Major, per tornarvi solo dopo la morte di Narcissa.
Quei tre mesi li aveva passati in solitudine, ad eccezione di qualche elfo domestico che si faceva vedere il meno possibile.
E poi era arrivata la Granger con la sua assurda proposta, e riflettendoci capì che uno dei motivi per cui aveva accertato era la prospettiva di avere qualcuno accanto, anche se quel qualcuno doveva essere la persona con la quale andava meno d'accordo in assoluto, seconda solo a Harry Potter. Però in quei primi giorni si era dimostrata meno isterica di quanto ricordasse, e anche più attraente a pensarci.
Quando raggiunse quel punto scosse la testa e disse a sé stesso di darsi un freno con l'immaginazione.
Si mise a girare per il piano inferiore, fino a quando non si rese conto che stava solo girando a vuoto; fece una smorfia e si sedette nuovamente sul divano, picchiettando sul bracciolo con le dita della mano sinistra.
Si era guardato intorno molte volte in quei due giorni, ma non aveva mai osservato veramente la casa, e decise che forse sarebbe stato un buon modo per distrarsi, intanto che aspettava. Davanti al divano c'era un vecchio televisore piuttosto ingombrante, montato su un mobile grigio. Di fianco al divano, una poltrona nera che dava l'aria di aver vissuto giorni migliori. Sulle pareti erano incorniciate varie fotografie babbane, immobili, che ritraevano Hermione da bambina, con i genitori o con gli amici di Hogwarts.

 Si alzò per guardare più da vicino le foto, e solo allora si accorse dell'odore di vernice fresca che proveniva dal piano superiore. Salì le scale, percorse lo stetto corridoio e si fermò davanti alla porta dopo la sua stanza, l'unica che non aveva ancora visitato. Vi entò e ne rimase sbalordito.

Una camera con le pareti dipinte di azzurro chiaro, la porta e le ante delle finestre bianche, e un disegno fatto a pennello e ancora fresco su una parete, che ritraeva il cielo spruzzato di nuvole. Draco entrò dopo aver ammirato la stanza qualche istante, e osservò tutti i dettagli uno per uno, pensando che fossero veramente curati.

"Si è data da fare per questa cosa, allora."

 In effetti, diceva tra sé e sé, Hermione aveva fatto veramente un buon lavoro. Gli sembrava di capire che la ragazza tenesse a quel bambino più che ad ogni altra cosa, o di certo non sarebbe andata a chiedere aiuto a lui. Ma perché proprio lui? Da quello che ricordava aveva Weasley, o non era più cosi?

Draco si sedette per terra, facendo attenzione a non sporcarsi con la vernice, e vi rimase per unb po' di9 tempo, osservando le persone che passavano alla finestra, immaginando queli potessero essere le loro storie, le cose che li accomunavano e quelle che invece li rendevano diversi, quando sentì la porta aprirsi alle sue spalle.

"Ah, sei qui." Hermione scavalcò un barattolo vuoto di colore e lo raggiunse davanti alla finestra. Rimasero immobili qualche minuto.

"Perché non hai chiesto a Weasley?" Draco ruppe il silenzio con la domanda che si era posto precedentemente.

"Cosa...?" Lei sembrò fingere di non aver capito.

"Perché non hai chiesto a Wealey di fare questa cosa." Draco gesticolò sull'ultima parola, e lei parve capire, tuttavia scosse la testa e abbassò notevolmente la voce.

"Senti, non ho voglia di parlarne e comunque sono affari miei."

"Mh, così non va bene. Dai, sfogati pure."

"Come mai sei così disponibile ora?" Hermione era titubante all'idea di confidarsi con Malfoy, quando lei non sapeva nulla di lui.

"Sono rimasto chiuso qui dentro per ore senza nulla da fare. Mi annoio, tutto qui." Tagliò corto, cercando di non sembrare interessato dagli affari della ragazza.

"Ok."

"Ora però facciamo una cosa: ti siedi e mi dici cosa pensi ora di lui."

"E a cosa serve?" Hermione cercò di scartare la proposta con riluttanza.

"E' per sfogarsi. Se non ti va di raccontarmi nulla, almeno dimmi cosa pensi."

Hermione ubbidì e si sedette di fianco a Draco. Lui si mise a guardarla, ansioso di snetirla parlare, quando invece l'unica cosa che uscì dalla sua bocca fu un borbottio indistinto.

"E'... un po'..."

Draco stava cercando di cavarle le parole con le pinze, visto che lei non sembrava propensa a farle uscire.

"Aspetta, ti aiuto. Uno stronzo?"

"Sì, è uno stronzo. Un menefreghista... un deficente... un rompiscatole." Hermione sembrava prendere forza ogni parola di più, e mano a mano le sue labbra si allargavano in un sorriso.

"Puoi fare di meglio." La incitò, divertito.

"Un bastardo! Ecco, l'ho detto."

"Non era così difficile alla fine." Entrambi risero di gusto.

"Vero."

"Quindi ora dii che ho ragione." Lui ammiccò leggermente.

"Devo?"

"Oh, sì che devi."

"Aveviragionetu." Disse tutto di un fiato Hermione, incapace di ammetterlo.

"Scandisci bene."

"Avevi ragione tu, ok?"

"Ci vorrei più sentimento..." Provò a provocarla Draco.

"Accontentati di quello che hai."

"E va bene tesoro."

"Ti diverte chiamarmi così?"

"Abbastanza."

 Entrambi si alzarono e uscirono dalla stanza. Lei più leggera per essersi sfogata, lui più tranquillo non essendo più solo.

 

 Spazio autrice:

Saalve! Primo spazio autrice! Cosa ne pensate fin'ora della storia? Vi piace? Cerco di aggiornare più spesso perchè non sto nella pelle di continuare. Veramente, sono molto presa. Avete qualche consiglio? Richiesta? Suggerimento sull'andamento della storia? Ditelo in un commentino. Baci.

   
 
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