A mano a mano che
si procede, la distanza viene a mancare…
In tutti i sensi.
Grazie a tutti
coloro che ci sostengono!
Capitolo 19: “Kiss me”
Per lungo tempo, Sivade era rimasto a guardare la luna fare capolino
all’orizzonte, fino a raggiungere lo zenit del cielo.
Nessuno l’aveva più disturbato, anche se chi era passato nelle vicinanze
aveva potuto notare quanto la confusione opprimesse il suo volto.
Come poteva essere che Crystal si fosse innamorato di lui, nonostante tutto
quello che li divideva?
Assurdo, impossibile.
L’aveva baciato per sbaglio.
Era così.
Dopo l’ennesimo pensiero di autoconvicimento, Sivade si alzò, salutando
Hiro con un cenno sconsolato della mano destra. Si avviò, lo sguardo basso al
terreno.
Lui si era voltato e Crystal aveva reagito con un’azione simile.
Solo… quello.
Ricordò il sapore di quel bacio: menta e sangue.
«…aiuto…» gemette, portandosi una mano a coprirsi gli occhi sofferenti.
« vero che abbisogni di una manina sexy? » chiese con vocetta da donna Tom,
dietro di lui, lo sguardo rivolto completamente alla lapide poco distante.
Crystal era tornato, e gli aveva “gentilmente” chiesto di andar a
recuperare il ragazzo che insisteva a rimaner seduto davanti ad una tomba già
colma di attenzioni. « Qui fa freddo, entriamo ».
Sivade lo guardò, notando una cosa a cui precedentemente
non aveva fatto caso.
« …le vostre mani sono diverse, in effetti…» si limitò a dire, precedendolo
verso il tempio. Più atono che mai.
Tom osservò la propria mano con fare distratto, tentando un’autocritica che
non gli riuscì: «dopotutto io sono più vecchio di
dieci minuti» rise iniziando a giocherellare con un anello d’acciaio che
portava al pollice «e tanto per la cronaca, il mio adorato fratellino è
tornato. Solo non sembrava dell’umore giusto per venirti ad
adescare. Quindi mi ha chiesto di venirti a
recuperare, hai capitto? ».
« Non tutto.» disse sincero Sivade, chiudendo gli
occhi stancamente.
« Sempre sospettato fossi idiota » commentò quasi fra sé e sé l’altro, il
viso corrucciato in un espressione preoccupata ed esasperata
« forse dovrei cederti qualche neurone…».
Seccato, il mago gli lanciò un’occhiata poco convinta, per poi scuotere il
capo, ridendo. Una vena di sarcasmo che tornava a radicarsi in lui:
« La scimmia vuole insegnarmi qualcosa, devo sentirmi proprio lusingato!».
Gli occhi di Tom quasi non presero a luccicare per l’eccitazione: « Ooh! La posizione della scimmia! Sii!» esultò iniziando a
saltellare lontano da lui, sparendo poco dopo con una risata roca.
«…Sarò “stupida”, ma lui lo è di più.» commentò
l’altro, scuotendo il capo divertito. Ed improvvisamente sentì due mani gelide afferrarlo per il collo, silenziose
come la notte. Rapide, lisce, inconfondibili.
Rabbrividì: « Oibò, buona sera…» disse ridendo
nervosamente, riconoscendo Crystal dietro di sé.
« Non proprio buona…» lo corresse quello, allontanando la presa delle mani
dal ragazzo, riducendo le pupille a due fessure sottili per scorgere nella
notte così come nel giorno.
«…cattiva sera, mastro Crystal…» sospirò Sivade a quel punto, voltandosi a
guardarlo con aria divertita: « Passato una negativa giornata? ».
« L’ho fatta passare, a quanto pare…» disse
appositamente allusivo, facendo spallucce abbattuto.
Sivade gli afferrò le guance con entrambe le mani, ridacchiando: « Anche se
fosse, ora sei perdonato…» ricercò il suo sguardo, amichevole. Vederlo giù…non
gli piaceva. Anche se in effetti la giornata non era
stata delle migliori.
« Non mi riferivo a te soltanto » si portò una mano ai capelli, gli occhi
chiusi, scuotendo il capo afflitto. Respirò pesantemente allontanando le mani di lui dal proprio viso mortalmente pallido. L’altro
obbedì silenziosamente, studiando quello sguardo perso.
« Non che sia nella posizione di esprimere giudizi…ma…» il mago chinò
appena il capo di lato «…anche tu te la sei proprio
resa allegra, a vederti ora.»
Il moro davanti a lui ripensò alla piccola Hope: ai suoi occhi vacui,
all’espressione del viso, alle reazioni che non aveva palesato.
Portò una mano alla collana che teneva saldo, sul suo collo, l’anello della
sua unica moglie morta da tempo immemore; lo sguardo
ora posato sul ragazzo davanti a lui.
Dopotutto, se l’aveva fatto…un motivo di fondo
doveva esserci…
Teoricamente.
«…può essere…» accennò breve, spostando lo sguardo al manto stellato sopra
di loro; la Luna che riluceva più che mai. « Comunque mi hanno riferito che non
ti sei mai allontanato… da quella lapide…» proseguì, cambiando chiaramente
discorso.
Sivade a quell’osservazione rise nuovamente: « Ho avuto di che pensare…» si
limitò a dire, per niente chiaro.
« Ovviamente. D’altronde sei un Principe
» rispose il vampiro, prontamente.
Ancora faticava ad accettarlo.
Ammettere che, in poche parole, Sivade continuava a tenerlo all’oscuro di
tutto.
Ed era...frustrante.
Perso in quei pensieri, nemmeno si accorse dello sguardo che gli riservò a
quella risposta il giovane mago ventenne.
Lo studiò con uno sguardo talmente analitico da contrastare con qualsiasi
suo pensiero. Di proposito, si capiva.
«…pensavo a stamattina.» disse infine con aria
vaga, guardando nella posizione opposta a quella di Crystal, un sorrisetto sul
volto che tradiva nervosismo ed esitazione.
« Stamattina…?» si limitò a chiedere l’altro, con aria bonaria, continuando
a rigirare rapidamente l’anello col quale ancora giocherellava.
Sorrise incoraggiante.
Sivade lo guardò di striscio: « Sai,dopo che ti
sei incantato con me tra le tue tenaglie» accennò alle braccia di lui « e ti
sei…svegliato fuori.» spiegò sulla difensiva.
L’espressione rilassata sul volto.
«Svegliato fuori…?» ripeté alzando un sopracciglio, l’espressione che
tradiva falsa ingenuità «…che linguaggio poco consono…» concluse
amareggiato, scuotendo il capo più volte.
« Ora mi hai stufato.» sbottò il mago portandogli
le mani ai fianchi, facendogli perdere l’equilibrio e cadere a terra. Reclinò
il capo appena, un sorrisetto di sfida pura sul volto. Un po’ come un “vediamo
che fai” scritto a lettere cubitali su ogni cosa che li circondava: « Rifallo,
no?».
L’altro si ritrovò del tutto spiazzato: gli occhi ora chiusi ed il respiro
bloccato.
Quest’ultima, un’eventuale precauzione per ciò che sapeva avrebbe causato
la fine di tutto. La sua brama di sangue.
«…Rifare cosa…?» domandò, immobile e duro come una vera statua d’alabastro.
Sivade scosse il capo, ridendo dalla disperazione.
Non era ben conscio neppure lui di quello che stava chiedendo.
Si chinò sulle labbra del vampiro, pallide e leggermente screpolate,
saettando per un attimo con la lingua, volendo sapere.
Sapere se ciò che aveva detto Ren era vero, sapere se quelle labbra
gustassero sempre da sangue misto a menta, sapere che stesse provando in quel
momento l’altro. Sapere, sapere, sapere. Con un bisogno insaziabile e
straziante.
Crystal non si mosse, lasciando semplicemente che l’altro facesse ciò che
sentiva o voleva fare. Non aveva importanza.
Si lasciò sfuggire un sospiro, carico di tensione
ed ansia a lungo nascoste.
Quella non era giornata.
Per nessuno dei due.
L’uno perso a comprendere cosa provasse l’altro, questi che si trovava ad
affrontare prove a cui avrebbe volentieri rinunciato sottoporsi.
«Questo…» disse infine Sivade, riunendo le loro labbra, chiudendo gli occhi
per concentrarsi sul sapore di quel tocco. Ancora: sangue e menta.
Il vampiro sentì chiaramente una morsa stringergli lo stomaco, i muscoli
delle braccia tesi sino all’inverosimile: obbligandosi a rimanere del tutto
indifferente a ciò che, in verità, lo stava sconvolgendo dal profondo.
La sua espressione mutò da spenta a completamente sconvolta, un lampo di
terrore che gli balenò nello sguardo.
Totalmente nel panico, non sapeva più cosa dover fare.
Aveva del tutto dimenticato ciò che, finora, aveva considerato “giusto” e
ciò che sapeva essere “sbagliato”.
Travolto.
Poi Sivade si scostò, dicendo alcune semplici parole.
Inappropriate.
Ironiche.
Troppo.
« Molto buono, grazie.»
Lo sguardo di Crystal tramutò all’istante.
Si raggelò, mettendosi a sedere, spingendo con violenza il ragazzo che
altro non faceva se non giocare con lui.
Rise esasperato, scattando in piedi, passandosi una mano fra i capelli
corvini:
« Eppure, per te, ho lasciato tutto» ammise dolorosamente.
Fece ritorno alla sua camera, una risata amara che gli vibrava in gola, il
passo svelto e nervoso che più nulla aveva di elegante.
Distrutto.
Sivade lo guardò andarsene, una mano sulle parti dolorosamente colpite
dalla repentinità del vampiro. Vuoto. Senza sentimenti nel cuore.
L’aveva lasciato completamente senza parole.
Alzandosi in piedi, Goito e San si avvicinavano, l’una quasi annoiata,
l’altra emozionata da ogni cosa su cui posava lo sguardo.
« L’hai fatto arrabbiare di nuovo..?» chiese la
rossa, accennando alla porta dietro la quale era svanito Crystal.
Il mago dapprima sembrò non sentirla, per poi scattare in piedi e
sorpassarle, correndo dalla parte opposta al luogo in cui prima stava. Giunto
di fronte a dei cespugli d’agrifoglio, si lasciò cadere a terra in ginocchio,
piangendo tutte le sue lacrime, scosso da conati di vomito.
Goito arrivò dietro di lui guardandolo con velato rammarico.
« Te ne sei reso conto?» gli chiese, incalzante e gentile al tempo stesso.
L’altro annuì vigorosamente, singhiozzando.
Le emozioni provate toccando ancora quelle labbra…
Ciò che Crystal aveva detto prima di andarsene…
Quello che sentiva in quel momento venire a galla con una dirompenza
sovrumana…
«…lo amo…»
Pronunciò quelle parole con una sofferenza tremenda nella voce, cercando di
non lasciar trasbordare quella valanga in caduta libera.
«…già…» disse in risposta l’unica persona che
poteva dire di conoscere ogni cosa di quel ragazzo maledetto.
« Ma…fa male…»
« Non sempre rendersi conto di un sentimento porta gioia nel cuore…» spiegò
lei avvicinandosi un po’ di più a Sivade, che s’era voltato a guardarla, gli occhi
che rilucevano con le stelle in qualcosa di veramente…
Innaturale.
«…mi ha riempito la testa. Ho in testa solo quella frase
capito?» il ragazzo si portò disperatamente le mani alla testa « “per te
ho lasciato tutto”!» ripeté, soffocando un gemito.
«…dovresti calmarti…» rifletté Goito, notando una strana aura colmare lo
spazio intorno a Sivade. Nera, flessuosa, avvolgente.
Il potere della nigredo contro ciò
che l’aveva sempre confinata sotto mentite spoglie. Contro la maledizione.
Senza volerlo, Goito sorrise, facendo un passo
indietro:
« E se invece lui non ti amasse?» lo provocò.
Un’onda virulenta di potere proruppe dalle mani di Sivade, che la fulminò
con una sola occhiata: « Smettila.»
La ragazza fece spallucce: « Da cosa è nato questo amore?
Dall’attrazione irrefrenabile che il tuo sangue esercita su di lui, forse?»
« NO!»
« Da cosa?»
Sivade la guardò, sentendosi adirato e spaesato.
Non lo sapeva. Non sapeva né perché, né quando.
Forse…quando Crystal aveva accettato quella parte debole che s’era trovato
a dimostrare, dopo l’ennesimo sentore di essere stato usato e tradito.
Si riscoprì a piangere più forte di prima, come
una ragazzina.
Come una femminuccia, avrebbero detto gli amici dell’esercito.
Ma alla fine…
Cos’era lui…se non una lei?
Alzò lo sguardo su Goito, una mano che stringeva la maglia all’altezza del
cuore.
«…è nato…e basta…» le disse, guardandola con moto di supplica.
La vide scuotere mesta il capo,
ridendo di lui. Appositamente.
Questo lo irritò ulteriormente, una vampata di potere che sentiva spingere
dall’esterno, come per bloccarlo. Ma lui gli si oppose, per la prima volta in
tutti quegl’anni decise di
battersi contro quell’anatema. Sconfiggere quell’oppressione, per gridare
quello che aveva appena scoperto d’aver conquistato.
Fu così che in lui iniziarono a mutare molte cose, sotto lo sguardo sereno
di Goito, apparentemente soddisfatta di esser riuscita ad irritarlo.
Lineamenti di donna assottigliarono il viso di Sivade, i muscoli scolpiti
sostituiti da un seno morbido e rotondo sotto la maglia che portava. I fianchi
si arrotondarono, mentre la pelle riluceva, testimone del mutamento che tutto
il corpo del ragazzo stava subendo.
Ragazzo che nulla più aveva di maschile.
Semplicemente, Sivade ora era…
Sé stessa.
Fine
diciannovesimo capitolo.