Bisogna
essere cauti
“Bisogna essere cauti
nell’esprimere
desideri,
perché potrebbero
avverarsi.”
-
J.K.
Rowling –
Si precipitarono a perdifiato
giù per le scale, scendendo i gradini a due a due,
completamente indifferenti al
baccano che stavano facendo. Draco trascinava Hermione per una mano e
ogni
tanto si voltava verso di lei, forse per sincerarsi che stesse bene o
per
controllare che ci fosse davvero.
I corridoi erano ancora
deserti e silenziosi e, per un attimo, la ragazza dubitò che
ci fosse davvero qualcun
altro in quella scuola oltre loro. Non aveva visto né
sentito alcun studente
fino a quel momento, oltre la ragazzina di Tassorosso che Piton aveva
ucciso
così a sangue freddo poche ore prima.
- Non possiamo uscire dalla
porta principale. – Esclamò Draco
all’improvviso, affannato per la lunga corsa
– E’ protetta da incantesimi potentissimi.
–
- Ci sono dei passaggi
segreti. – Ribattè lei – Uno
è nascosto dietro
Draco la guardò confuso per
qualche momento, evidentemente non ne aveva mai sentito parlare. Ma
durò solo
un attimo perché, un istante dopo, scosse la testa
– Hogsmeade non esiste più.
E’ stata rasa al suolo molto tempo fa. Non è altro
che un cumulo di macerie. –
L’espressione di Hermione si
paralizzò mentre, piano piano, la sua mente veniva invasa da
immagini di detriti,
polvere, calcinacci, cercando di collegare il silenzio di tomba che di
certo
c’era ora con il tepore
delle locande,
dei negozi e con le risate calde della gente che vi si riversava un
tempo. Il
male aveva distrutto anche quello.
- E allora come facciamo a
uscire? – Chiese, ricacciando indietro le lacrime di dolore.
Lui la guardò, pensieroso e
teso al tempo stesso – C’è un altro
modo, ma è complicato. Tu sai nuotare? –
Hermione fu presa alla
sprovvista – Ehm… sì. Direi di
sì. –
- Bene allora. Muoviamoci! -
Invece di guidarla
nell’ingresso, Draco la trascinò nuovamente nei
sotterranei, precipitandosi giù
attraverso gradini di pietra scabra e scivolosa di umidità.
Hermione rischiò di
cadere più di una volta.
Quando vide che Draco
imboccava il cunicolo che portava alle prigioni sotterranee la sua
espressione
si fece perplessa.
- Perché siamo di nuovo qui?
– Chiese lei, mentre file e file di celle scorrevano ai loro
lati.
- Aspetta e vedrai. –
L’umidità appiccicosa dei
cunicoli in cui correvano trasformò il sudore di Hermione in
tante goccioline
che le scivolarono giù per le tempie, per poi gelarsi a
causa del freddo
intenso man mano che scendevano sempre più in
profondità.
Erano appena arrivati nel
corridoio che portava a quella che era stata la sua cella quando
Hermione si
ricordò improvvisamente di una cosa.
- Fermati! – Esclamò,
interrompendo inaspettatamente la sua corsa e trattenendo Draco per un
braccio.
- Che cosa c’è? –
- Mi sono dimenticata… come
ho fatto a dimenticarmene? – E senza dire altro
scappò via, lasciando il
ragazzo da solo.
Quando Draco la raggiunse la
scoprì in ginocchio di fronte alla cella del vecchio
preside, le mani attaccate
alle sbarre e lo sguardo supplicante. Silente la guardava con occhi
lucidi,
quasi commossi, ma il ragazzo non riuscì ad immaginare per
quale ragione.
- Che succede? –
Hermione sobbalzò
vistosamente, evidentemente non l’aveva sentito arrivare. Si
alzò in piedi, asciugandosi
con un gesto deciso le lacrime appena affiorate nei suoi occhi, e lo
affrontò
con quell’espressione risoluta che tanto ammirava in lei.
- Devi liberarlo! – Gli disse
in modo autoritario, quasi fosse una qualche specie di capo a cui
doveva solo
obbedire.
L’improvvisa ammirazione per
lei svanì quasi immediatamente, sostituita da un fulmineo
senso di orrore.
- Sei impazzita? – Esclamò
sgomento.
- Non possiamo lasciarlo qui,
Voldemort lo ucciderà di certo. Dobbiamo portarlo con noi!
–
Draco era allibito. Non
glielo stava chiedendo davvero, no. Stava rischiando tutto per lei,
aveva
schiantato Tom Riddle per lei, non poteva chiedergli questo. Era un
suicidio!
- Non possiamo portarlo con
noi. – Ribattè dopo un po’ - Ci
rallenterà e alla fine non verrà ucciso solo
lui, ma tutti e tre! –
Lei sollevò lo sguardo,
fiera, altezzosa, come se non avesse alcuna paura –
Preferisco essere uccisa
piuttosto che lasciare il professor Silente qui un altro minuto.
–
Draco stava per ribattere, ma
venne interrotto da un sussurro quasi impercettibile.
- Il signor Malfoy ha
ragione, signorina Granger. -
Hermione voltò la testa di
scatto verso il preside, gli occhi sbarrati
dall’incredulità – Ma
professore… -
Silente alzò una mano scarna
e rugosa per interromperla – Signorina Granger, mi ascolti.
Lei deve tornare
nel suo mondo e per farlo ha bisogno di velocità, prontezza
e una dose
smisurata di fortuna. Non so come voi due siate riusciti a sfuggire, ma
Tom
Riddle non è uno stupido, né uno sprovveduto,
avrete l’intero Castello alle
calcagna prima di quanto pensiate. – Si girò verso
Hermione e le prese una mano
fra le sue – La ringrazio, signorina Granger, ma la mia vita
è già finita e
fuggire da questa prigione non basterà per sfuggire alla
morte. – Un nuovo
rantolo di tosse scosse il suo corpo ormai troppo esile e malandato
perfino per
alzarsi in piedi.
La ragazza si accasciò
nuovamente accanto a lui e questa volta non impedì alle
proprie lacrime di
solcarle le guance – Vorrei davvero portarla con me,
professore, nel mio mondo,
ma… -
- … ma lì io sono già morto,
lo so. Non mi dispiaccio di questo, né ne soffro. Dal suo
racconto ho capito
che ho fatto tutto quello che ho potuto per fermare Voldemort e il
sapere che
alla fine i miei sforzi hanno portato ad un risultato concreto mi
ripaga di
tutti i fallimenti che ho conseguito in questa vita. Non pianga per me,
signorina Granger, la mia vita è finita, la sua è
appena cominciata e le
riserva ancora tantissime cose. Non sprechi la sua
opportunità di viverle
indugiando ancora. Vada, scappi via e si salvi. Ritorni nel suo mondo e
viva
con ardore tutto quello che ancora le aspetta. Non rimanga ancorata al
passato.
Vada. Vada! -
Ma Hermione non sembrava
intenzionata a lasciare la mano debole ed avvizzita del vecchio
preside, né
sembrava intenzionata ad abbandonarlo. Draco era quasi pronto a
prenderla per
le ascelle e trascinarla via, quando un boato, assordante e cupo, si
propagò da
diversi piani sopra di loro fin nelle segrete dove si trovavano,
facendo
tremare pericolosamente le sbarre di ferro magico delle celle.
Hermione si alzò di scatto e
fissò Draco, allarmata.
- Il Signore Oscuro – Spiegò
lui – Si è accorto della nostra fuga. Dobbiamo
andarcene e alla svelta. -
La ragazza si voltò di nuovo
verso il vecchio preside, gli occhi colmi di lacrime – Non mi
dimenticherò mai
di lei, professor Silente. –
- E io non mi dimenticherò
mai di lei, signorina Granger. -
Temendo che Hermione si
lasciasse di nuovo prendere dall’emozione, Draco la prese per
un braccio e la
trascinò via, conducendola nei corridoi oscuri che avevano
abbandonato poco
prima.
I boati sopra di loro si
facevano sempre più assordanti e sempre più
vicini, uniti ad un crescente
rumore ritmico che sembrava incombere su di loro come tanti martelli
pneumatici.
- Passi. – Esclamò Draco
allarmato – Lord Voldemort ha svegliato gli studenti.
–
- E’ questo è un male? –
Chiese Hermione, affannata per la corsa. Forse gli studenti avrebbero
potuto
aiutarli. Se si escludeva i Serpeverde, le altre Case non avrebbero mai
fatto
del male ad altri ragazzi senza alcun motivo.
- Questo è terribile! –
Rispose invece lui, la voce resa roca dalla paura e
dall’urgenza – Dobbiamo
uscire di qui il più in fretta possibile, capiranno presto
dove siamo e allora
per noi sarà la fine. –
Svoltarono in un nuovo
corridoio, più stretto e più basso del
precedente. Draco stringeva con una mano
il braccio di Hermione e con l’altra la torcia. Le fiamme
sembravano correre
insieme a loro e molte volte la ragazza temette che i suoi capelli
potessero
prendere fuoco. Tuttavia quella era la loro unica fonte di luce, senza
la quale
sarebbero stati ciechi e persi in quel labirinto di cunicoli e ombre,
senza
alcuna possibilità di riuscire ad uscirne più
fuori.
Svoltarono di nuovo e poi
ancora e ancora, a volte scendendo, a volte salendo. Hermione perse
completamente l’orientamento e si chiese, con una punta di
timore, se Draco
sapesse davvero dove stavano andando.
Svoltarono ancora, ma stavolta
quello che si ritrovarono davanti fu una galleria grande e spaziosa,
con una
strana luminescenza in fondo.
- Quando te lo dico,
trattieni il respiro. – Le disse Draco, voltandosi a
guardarla per un millesimo
di secondo.
- Cosa? – Hermione era
confusa.
- Fa’ come ti dico! –
Il ragazzo sembrò prendere
velocità. Le gambe di Hermione stavano quasi cedendo per la
stanchezza ma si
costrinse a continuare a correre, stringendo i denti e lasciandosi
guidare
dalla mano ferma e sicura di Draco.
Il bagliore perlaceo in fondo
al tunnel si faceva sempre più grande e sempre
più nitido, accompagnato da un
rumore scrosciante che Hermione capì essere acqua che cadeva
sull’acqua. Si
aspettò di vederla, quindi, di vedere la cascata che
già era comparsa nella sua
mente non appena aveva percepito quel rumore; ma l’unica cosa
che vide fu un
muro, un muro che baluginava perlaceo come l’acqua, ma pur
sempre un muro fatto
di solida e dura roccia, e loro gli stavano finendo proprio addosso.
Cercò di fermarsi, puntando i
piedi e trattenendo con entrambe le mani il braccio di Draco, ma lui
non sembrò
neppure sentire tutti i suoi sforzi e quando ormai non rimanevano che
pochi
metri allo schianto, Hermione chiuse gli occhi e urlò,
urlò con quanto fiato
aveva in gola, aspettandosi il dolore, il colpo, la pelle che si
lacerava, il
sangue che fuoriusciva e poi l’oblio. Ma nulla di tutto
questo avvenne. Sentì
solamente un altro urlo, quello di Draco, ma non era di disperazione,
né di
paura. Era determinato e sicuro, quasi fosse un ordine. E allora lei
capì.
Inspirò più aria di quanta ne
potessero contenere i propri polmoni e serrò la bocca,
trattenendola dentro di
sé come un tesoro raro e prezioso.
Poi, all’improvviso, non
stava più correndo. I suoi piedi si muovevano come nella
corsa ma non c’era
pietra sotto di essi, né superficie alcuna e
l’aria sferzava la sua faccia in
modo quasi violento e doloroso.
Stavano precipitando.
Fu tentata di urlare, ancora,
ma si costrinse a serrare le labbra e a trattenere dentro
l’aria che aveva inspirato
un attimo prima. Non poteva mollare, non ora.
La caduta sembrò durare
un’eternità. Il suo senso del reale
l’aveva abbandonata, tutto attorno a lei
c’era solo oblio e l’unica cosa che la ancorava
fermamente alla realtà era la
mano di Draco, stretta così vigorosamente attorno alla sua
da farle quasi male.
Ma era un dolore dolce, immensamente dolce.
Quando finalmente penetrarono
l’acqua fu quasi un sollievo. Tutto scomparve attorno a lei:
le segrete, il
rumore, il mondo intero si dissolse. Tutto, tranne la mano di Draco.
Quando arrivarono
sulle rive
del Lago Nero erano entrambi esausti ed intirizziti. Avevano nuotato
per più di
un’ora, prima fuori dalla caverna nascosta sotto le segrete,
poi attraverso il
lago, fino a raggiungere la sponda più vicina a loro.
Non appena toccò terra, Hermione
crollò supina sull’erba, respirando a pieni
polmoni e cercando di calmare il
cuore che le batteva all’impazzata nel petto. Draco la
raggiunse un attimo dopo
e si chinò su di lei, offuscandole la vista delle stelle.
- Stai bene? - Le chiese,
mentre gocce d’acqua colavano dai suoi ciuffi biondi e
cadevano fin sulla sua
fronte.
Hermione annuì,
raccogliendone una con la punta delle dita prima che cadesse.
- Allora sarà meglio andarcene
immediatamente. Il Signore Oscuro capirà presto dove siamo.
– Un altro boato si
propagò nella notte, più forte dei precedenti
– O forse l’ha già capito. -
La aiutò ad alzarsi. Sotto la
luce della luna la loro pelle scintillava di migliaia di piccole gocce
e i loro
vestiti grondavano di acqua fredda e limpida. Hermione
rabbrividì nell’aria
gelida della notte.
- Andiamo, dobbiamo
raggiungere il cancello. – La prese di nuovo per mano, come
se lei non potesse
fare un passo senza la sua guida e la sua protezione. E per un momento,
per un
breve momento, si cullò in quella sensazione magnifica.
Ma fu solo un attimo.
Crack!
Il rumore li colse
impreparati, facendoli sobbalzare. Una figura esile emerse dagli alberi
lì
intorno, a un centinaio di metri di distanza, con la bacchetta puntata
contro
di loro e gli occhi accesi di determinazione.
Hermione corrugò la fronte,
perplessa. Era solo un ragazzino, forse del secondo anno o addirittura
del
primo, ma quello che le fece strabuzzare gli occhi furono i colori
della sua
divisa: rosso e oro.
Alzò le mani quasi
istintivamente – Ehi, stai tranquillo, non vogliamo farti
alcun male… -
L’incantesimo la colpì ancor
prima che finisse di parlare, lasciandole uno squarcio nella pelle
delicata
sotto l’avambraccio. Il sangue cominciò a
fuoriuscire dalla ferita quasi
immediatamente.
- Dovresti preoccuparti più
del male che potrei farti io. – Rispose il ragazzino, la voce
dura e decisa.
Hermione si portò la mano
alla ferita, incredula, mentre, nello stesso momento, Draco puntava la
sua
bacchetta contro il giovanissimo Grifondoro.
- No! – Esclamò lei,
terrorizzata – E’ solo un bambino. -
- E’ sotto Imperio.
– Ribattè Draco – Come tutti
loro. –
Hermione capì a cosa si stava
riferendo quando decine, centinaia di studenti emersero dal folto degli
alberi,
tutti con le bacchette in pugno, tutti con quell’espressione
letale sul viso.
Draco si mosse in avanti per
coprirla, ma Hermione lo trattenne per un braccio – Non puoi
far loro del male.
Non sanno quello che fanno. –
- Purtroppo sanno benissimo
lanciare un incantesimo e tu sei senza bacchetta. -
Su questo non poteva
ribattere. Si era risvegliata in quel mondo senza la sicurezza e la
protezione
della sua bacchetta e anche in quel momento non poterla stringere fra
le mani
la faceva sentire stranamente nuda e immensamente più
vulnerabile. Ma, allo stesso
tempo, non riusciva a capire come Draco potesse affrontare da solo
centinaia di
studenti di Hogwarts, in grado di lanciare decine di incantesimi da
decine di
angolazioni diverse.
Fece scivolare una mano in
quella di lui, quella che non impugnava la bacchetta, e
insinuò le dita tra le
sue, stringendole in una morsa ferrea. Draco voltò la testa
di scatto, puntando
lo sguardo sulle loro mani intrecciate, ed Hermione capì
immediatamente che
l’espressione che era affiorata sul suo viso era diversa da
qualsiasi altra
espressione lei avesse visto fino ad ora. Come lui capì che
quella stretta era
completamente diversa dal tocco con cui l’aveva trascinata
per quasi mezzo castello.
Quello era semplice e disperato, dettato da un bisogno di sopravvivenza
e
protezione. Questo, invece, esprimeva forza, coraggio, determinazione,
diceva
che non era solo e che insieme avrebbero potuto affrontare tutto, anche
centinaia di studenti i quali non desideravano altro che ucciderli.
- Non mi metterò da parte
mentre tu rischi la vita per me. E’ per causa mia che siamo
in questa
situazione. -
L’espressione sul viso del
ragazzo si rabbuiò – Hermione, non… -
- Non mi nasconderò dietro di
te, Draco! -
Lui evitò di ribattere, anche
se la conosceva da poco sapeva che sarebbe stato tempo perso. Tuttavia
non potè
fare a meno di irritarsi. Era quasi tentato di lasciarle la mano, se
quel gesto
non fosse stato così piacevole.
- Ma che quadretto commovente.
-
Per un attimo, per un
piccolissimo istante, entrambi si erano perfino dimenticati di dove si
trovavano e di quante persone stavano loro attorno, ma quella voce li
riportò
bruscamente alla realtà. Una voce che sarebbe potuta essere
scambiata per
quella di uno studente qualunque, se non fosse stato per il gelo insito
in ogni
suono, in ogni sillaba di quella frase sprezzante. Anche il suo aspetto
era
normale, quasi anonimo, con quei suoi capelli neri, il volto pallido e
gli
occhi scuri, tanto che si sarebbe potuto confondere perfettamente con
gli altri
studenti, se questi non si fossero fatti da parte al suo passaggio,
circondandolo ora come le ali di un immenso corvo nero.
Tom Riddle li osservava
gelidamente, il volto una maschera di odio puro, gli occhi ridotti a
due
fessure.
- Credevate davvero di
potermi raggirare? Di poterla fare franca in questo modo? Di poter
prendere in
giro ME? -
Fece qualche passo verso di
loro. A differenza degli altri non aveva la bacchetta puntata, ma tutti
e due
sapevano che gli sarebbe occorso un millesimo di secondo per estrarla
ed
ucciderli entrambi.
Hermione strinse più forte la
mano di Draco e questa volta lui rispose al gesto quasi immediatamente.
Tom
Riddle non mancò di notarlo.
- Questo però va oltre le mie
fantasie più argute. Mi hai deluso profondamente, Draco.
– E sarebbe potuto
sembrare davvero deluso, se il suo disgusto non fosse stato tanto
palese.
- Punti di vista, mio
signore. – Rispose lui, la voce ferma intaccata solo
leggermente da una punta
di nervosismo. Strinse la mano di Hermione ancora più forte
– Io, al contrario,
non sono mai stato bene come adesso. Sono libero finalmente!
–
Voldemort rise. E il riso era
talmente strano sul suo volto da risultare immediatamente inquietante.
- E quanto vale la libertà
per un uomo morto, Draco? Sai rispondere a questa domanda? -
- Meglio morire da uomo
libero che vivere da prigioniero. –
- Una risposta dannatamente
stupida. A cosa servirà la tua libertà quando non
sarai altro che cibo per i
vermi? A cosa sarà servito il tuo tradimento quando anche i
tuoi genitori
verranno sterminati e del nome dei Malfoy non rimarrà
nient’altro che un
pallido ricordo nei libri di genealogie magiche? –
Draco deglutì ed Hermione si
rese conto che forse per la prima volta lui stava pensando alle reali
conseguenze delle sue azioni. Tutti gli sforzi compiuti in quegli anni,
la
difficoltà nel celare al Signore Oscuro i suoi veri
sentimenti, l’obbedienza
cieca alle sue regole per far in modo che a nessuno dei suoi cari
venisse fatto
del male, la bile ingoiata decine e decine di volte quando era
costretto a fare
cose che non voleva. Tutto bruciato
per una sola scelta, tutto finito per l’unica volta in cui si
era ribellato.
Tutto per lei.
La guardò e per un attimo
Hermione temette che lui avesse cambiato idea e che improvvisamente la
gettasse
tra le braccia di Voldemort, dandosi dello stupido per essere crollato
per
quell’unica volta.
Ma nulla di tutto questo
accadde. Il ragazzo riportò lo sguardo su Voldemort e sui
suoi improbabili
seguaci, lo sguardo fermo come mai era stato fino a quel momento.
- Confido che quando questo
accadrà anche tu sarai un pallido ricordo, mio
signore. -
Tom Riddle contrasse il volto
in maniera spaventosa, distorto dall’ira e dalla furia. Con
un movimento
fulmineo estrasse la bacchetta e la puntò, ma non contro di
lui, non contro
Draco.
- AVADA KEDAVRA! –
Hermione vide la luce verde che
si dirigeva inesorabile verso di lei, senza avere la forza di spostarsi
e
scappare. Rimase immobile ad aspettare la morte. Terrorizzata, certo,
ma forse
anche rassegnata. Forse era quello il suo destino. Se tutti i suoi
amici erano
morti, perché doveva sopravvivere soltanto lei?
Venne strappata da quei
pensieri da un urto violento, lo stesso urto che le fece staccare i
piedi da
terra e la fece volare, libera per un solo istante, finchè
la sua schiena non
toccò dolorosamente l’erba sotto di lei.
Non venne il silenzio, come
invece si aspettava. Il mondo ancora esplodeva attorno a lei e la terra
rimbombava di centinaia di passi in rapido avvicinamento.
Aprì gli occhi e fu
solo in quel momento che notò qualcosa che le premeva
pesantemente sul torace.
No, non qualcosa. Qualcuno.
I capelli biondi le
solleticavano il viso e, mentre faceva forza sulle braccia per alzarsi,
già
aveva capito cosa era successo.
- No! – Urlò – NO!-
Il corpo di Draco le impediva
di respirare, ma non era per questo che piangeva, né per il
dolore della
caduta, né per il terrore che Voldemort la uccidesse.
Voltò la testa. L’esercito di
studenti e di insegnanti di Hogwarts, con Tom Riddle in testa, era a
poco più
di un centinaio di metri da lei. Da loro.
Non poteva permettere che li
raggiungessero.
Sfilò la bacchetta dalle mani
inerti di Draco e la puntò contro il cielo.
- PROTEGO! –
Un lampo di luce azzurra
sprizzò dalla bacchetta, con talmente tanta forza che anche
lei ne fu stupita.
Scie di luce caddero tutte attorno a loro, fino a formare una cupola
impenetrabile. Nessuno poteva più toccarli ora.
Hermione sollevò con
delicatezza il corpo di Draco e lo voltò fino a poggiarlo
accanto a lei. Aveva
uno squarcio alla base del collo che sanguinava copiosamente,
impregnando i
vestiti già bagnati.
Hermione ignorò le lacrime e
si sfilò il maglioncino della divisa, premendolo sulla
ferita sanguinante.
- Perché lo hai fatto? –
Gemette dopo un po’, quando non riuscì
più a trattenere le lacrime – Non mi
conoscevi nemmeno. Non ero niente per te.- Le sue parole vennero
interrotte da
uno spasmo improvviso, la ragazza sobbalzò vistosamente.
- Tu eri… sei la mia
salvezza. –
Il sussurro era quasi
impercettibile, ma di certo inconfondibile. Merlino, non era morto. Non era morto!
- Draco! Ma come… - Era
confusa. L’anatema che uccide non da’ scampo.
L’unico che era riuscito a sopravvivere era morto da tempo in
quel mondo. Draco
si era frapposto fra lei e la maledizione, avrebbe dovuto
anch’esso essere
morto, come Harry, come Ginny, come Ron.
- Io ci credo davvero nel tuo
mondo. – Balbettò flebilmente. La sofferenza
impressa in ogni parola – Credo
davvero che io possa essere meglio di così. Ora
ci credo. –
Hermione gli strinse la mano
– Draco… -
Ormai non riusciva a dire
altro.
- E’ stato solo grazie a te. Tutto è
stato solo grazie a te. –
Sorrise debolmente –
Non morire. –
- Tu non morire! Non puoi, non
puoi! – Urlava istericamente, una mano
aggrappata a quella di lui, l’altra a premere sulla ferita.
Quasi non si
accorgeva del caos che stava avvenendo fuori la sua protezione. Tutto
quello
che importava era lì dentro.
- Io ero già morto, prima.
Questo, adesso, è solo un dolce
sogno. Tu mi hai salvato. Hai risvegliato la parte migliore di me. Ora
sono vivo! -
Hermione lo guardò,
incredula, stupita. Lui sorrideva e mai visione era stata
più bella. E in quel
momento capì che quello che aveva detto Ron non era affatto
vero. Draco non
fingeva di amarla solo perché era famosa, solo
perché era un’eroina, solo per
riscattare il suo nome agli occhi del Mondo Magico. Se fosse stato
così, ora
non l’avrebbe guardata con quegli occhi, spalancati,
profondi, colmi di un
sentimento immenso. Era la stessa espressione che vedeva ogni volta che
lui la
guardava e che ora era più vera che mai perché
lui non aveva la minima idea di
chi fosse. Draco la amava perché, sia lì che nel
mondo da cui veniva, lei aveva
catturato la parte migliore di lui e l’aveva messa a nudo,
spogliandola da
tutti gli artifizi, da tutte le catene morali, dall’orgoglio,
dal pregiudizio
radicato, dal falso perbenismo. Lei lo aveva denudato di tutto
ciò mostrandolo
al mondo per ciò che era davvero: un ragazzo fragile ma
coraggioso, un ragazzo
che aveva dimostrato, soprattutto a se stesso, che non è mai
troppo tardi per
tornare indietro, per fare le scelte giuste, per amare davvero. E
questo lei lo
aveva fatto anche lì, in appena poche ore.
Si era innamorato di nuovo di
lei, così velocemente da esserne anch’essa
sorpresa e in quel momento capì
quanto fosse stato forte il dubbio che Ron avesse ragione. Ma ora non
c’era più
alcun dubbio, lei era sicura e fu con un cuore immensamente
più leggero che
avvicinò le labbra alle sue, toccandole con delicatezza e
assaporando il suo
odore. Odore di vittoria, odore di riscatto.
Ma tutto finì troppo presto e
lei lo stava ancora baciando quando il cielo sopra di loro esplose, le
stelle
caddero tutte intorno e il terreno si aprì, inghiottendola
nelle sue
profondità.
Gridò, gridò con quanto fiato
aveva in gola, allungando la mano affinché lui la
afferrasse, affinché la
salvasse. Ma tutto era ormai scomparso, inghiottito
dall’oscurità.
- Draco! DRACO! –
***
- Hermione! Hermione,
svegliati! HERMIONE! -
Mani la stavano scrollando
vigorosamente, ma non senza una certa dolcezza.
Lei aprì gli occhi,
lentamente, sbattendoli più di una volta. Aveva la vista
annebbiata e la mente
ancora più confusa. Le urla, gli incantesimi, lo scoppio e i
tonfi, tutto si
era acquietato e ora solo la voce del ragazzo che la scrollava rompeva
il
silenzio.
Tutto intorno a lei c’era un
biancore innaturale e, chinati su di lei, figure evanescenti con
sfumature
dorate, rosse, corvine. Non riusciva a distinguere i loro volti.
- Sono in paradiso? – Chiese,
con una voce che stentò a riconoscere come la propria.
Ci fu una risata, sommessa,
nervosa, quel tipo di risata che fuoriesce incontrollata quando la
tensione
scende di colpo.
- Beh… se fosse così saremmo
il gruppo di angeli più strampalati che si sia mai visto. -
Lei sorrise, quasi contro la
propria volontà. Ora le immagini attorno a lei si stavano
facendo più nitide e
precise, ma non erano state necessarie quelle per capire chi le stava
parlando
e la stava toccando.
- Draco… -
- In carne ed ossa. – Rispose
lui, la tensione ancora percepibile in fondo alla sua voce.
Stava chinato su di lei. Ora
Hermione poteva vedere con chiarezza la sua espressione angosciata e
sollevata
al tempo stesso. I suoi capelli biondi erano scompigliati e gli
ricadevano
disordinatamente davanti agli occhi. Lo immaginò mentre, in
preda alla
tensione, aveva fatto passare la sua mano destra innumerevoli volte tra
quei
ciuffi. Ciuffi su cui ora si rifletteva il bagliore dorato del sole al
tramonto
e Hermione capì che era quello il bagliore che
all’inizio lo aveva fatto
scambiare per un angelo.
Dietro di lui, con
espressione ugualmente preoccupata, stava Harry, quasi in disparte. Non
disse
una parola ma quando lei gli sorrise la sua espressione si
rilassò di molto.
Alla sua sinistra invece
stava Ginny, il viso congestionato dal pianto mentre stringeva una mano
tra le
sue.
Mancava una persona. Hermione
lo cercò con lo sguardo attraverso l’Infermeria
finchè non lo vide, accanto
alla porta, le mani in tasca, mentre la guardava con
un’espressione strana.
Colpevole, forse, con una faccia che voleva chiederle scusa ad ogni
sguardo. Ma
lei lo aveva già perdonato.
- Che cosa mi è successo? –
Disse dopo un po’, a nessuno in particolare.
- Stavi litigando con Ron e
ad un tratto sei svenuta, così, senza motivo. –
Era stato Harry a rispondere.
- Ci siamo preoccupati un
sacco, Herm. – Ginny, le lacrime ancora che sgorgavano dai
suoi occhi - Non
riprendevi conoscenza e poi parlavi, urlavi, piangevi. Non sapevamo
cosa fare
così ti abbiamo portato qui. Madama Chips ha detto che non
dovevamo disturbarti
e che presto saresti tornata da noi. –
- Che cosa ti faceva urlare
in quel modo? – Le chiese Harry – Abbiamo avuto
paura, sembrava che stessi
soffrendo molto. –
E lei aveva sofferto, in una
maniera indicibile, più di quanto avesse mai sofferto in
vita sua, anche se
credeva che ormai non fosse più possibile. Ma come poteva
dirlo ad Harry? A
Ginny? A Ron? Come poteva dirgli che tutti loro erano morti? Come
poteva
spiegare il senso di abbandono e sofferenza che aveva provato in quei
momenti?
Non ci sarebbe mai riuscita.
- Non ha più importanza
adesso. – Intervenne Draco, la voce sicura e perentoria di
chi vuole
risparmiarle altre sofferenze - E’ tutto finito. E’
stato solo un brutto sogno.
–
Ma lei sapeva che non era
vero. Era stato solo un semplice ed imprudente desiderio, combinato
alla sua
disperata ricerca della verità a farla precipitare in quel
luogo orribile. Ma
ora non aveva più importanza. Draco era lì e
anche i suoi amici erano lì e
tutti la amavano, sebbene ognuno in maniera diversa, e il mondo non
sarebbe
potuto essere più perfetto.
Ma ugualmente pensò a quello
che si era lasciata alle spalle e capì che cosa sarebbe
successo se lei,
semplicemente, non fosse mai nata: tutti i suoi affetti più
cari non sarebbero
sopravvissuti e il mondo avrebbe avuto, tanto semplicemente quanto
drasticamente, un destino diverso.
NOTE DELL’AUTRICE:
Questa storia, come molti mi
hanno fatto notare, voleva essere un elogio ad Hermione, alla sua
astuzia, al
suo coraggio, alla sua prontezza, senza le quali la storia che tutti
conosciamo
non sarebbe mai esistita. Era da tanto che l’avevo in mente e
spero di aver
fatto un buon lavoro, sarete voi a giudicare.
Un grazie affettuoso a tutti
quelli che mi hanno seguito in questa breve avventura, con la speranza
di
ritrovarvi presto a commentare in un’altra delle mie storie.
Baci.
Sundayrose