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Autore: Yami_x_Dark    18/12/2008    2 recensioni
"Il vampiro sentì chiaramente una morsa stringergli lo stomaco, i muscoli delle braccia tesi sino all’inverosimile: obbligandosi a rimanere del tutto indifferente a ciò che, in verità, lo stava sconvolgendo dal profondo. La sua espressione mutò da spenta a completamente sconvolta, un lampo di terrore che gli balenò nello sguardo. Totalmente nel panico, non sapeva più cosa dover fare. Aveva del tutto dimenticato ciò che, finora, aveva considerato “giusto” e ciò che sapeva essere “sbagliato”. Travolto."
Crystal ha vissuto per secoli. Ha visto cose che Sivade non ha mai visto, cose che non ha mai conosciuto. Il loro incontro, dettato dal capriccio della Regina Hades, sembra solo un brutto scherzo.
Eppure tra loro si è ormai creato molto più di un legame di rivalità, molto più di un legame d'amicizia. Ma può essere solo un caso, questo fortuito incontro tra un vampiro nato agli albori della rivoluzione francese, ed un mago dai bizzarri poteri, entrambi a comando di due eserciti opposti l'uno all'altro?
Genere: Romantico, Dark, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi
Note: Alternate Universe (AU), Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 20: “Don’t say a word”

L’abbiamo scritto, riscritto, ricorretto, rifatto.

L’abbiamo reso struggente e coinvolgente allo stesso tempo.

Un momento intenso ora tutto per voi.

Promettendovi che, per Natale, tutto sarà finito.

Attenzione a non arrossire!

 

Grazie ancora per le recensioni, ci spingono a postare! ^.-

 

 

Capitolo 20: “Don’t say a word”

 

Nel momento in cui vide venir meno la maledizione che gravava sulla principessa di Amestris, Goito capì che la soluzione aveva accettato di essere tale.

Forse incosciamente, forse senza sapere tutto, ma ciò era accaduto.

Perché uno era il modo per togliere quel manto d’inganno che per tutta la vita aveva ricoperto la sua padrona: amare, ed essere ricambiata.

Nient’altro.

Era come riconciliarsi con qualcosa mancato da troppo tempo, qualcosa andato perduto, di cui Sivade non aveva più memoria.

Sivade sentì un fremito percorrerle il corpo, non appena aprì gli occhi al nuovo cielo che le si stagliava di fronte.

Lo scoprì magnifico.

Tanto da far male.

«…come lui…» rise tra le lacrime, coprendosi il viso con un braccio, ricolma di una gioia traboccante.

Finalmente era libera da ogni restrizione.

Libera di non fingere, e straziata dalla realtà.

 

Crystal altro non faceva se pensare, sdraiato sul suo letto dalle lenzuola perennemente scarlatte, lo sguardo rivolto vacuamente al soffitto di un bianco sporco. Le braccia incrociate dietro la testa, meditava su ciò che era giusto e ciò che era sbagliato.

Ancora una volta.

La Regina era stata chiara a riguardo:

non doveva legarsi a nessun altro che fosse estraneo alla Gilda degli Hades.

In caso contrario sarebbe stato punito:

rinchiuso in una bara dalle mille croci d’argento; sofferenza pura per qualsiasi vampiro. Scosse il capo abbattuto.

Ormai era tardi, ma nessuno n’era consapevole.

Era arrivato a lasciare Hope, per lui.

Decidendo per la prima volta di pensare a sé stesso piuttosto che agli altri…

Ma, come volevasi dimostrare, aveva evidentemente sbagliato.

Sin dall’inizio.

Dall’inizio di quella missione affidatagli.

Volse lo sguardo alla finestra, attirato da delle ombre che si muovevano flessuose dietro le tende. Una sagoma di donna di là dal vetro.

Si posò sui gomiti, lo sguardo attento e tutti i sensi in allerta.

Sivade lo guardò per un attimo, mentre apriva la finestra con un gesto appena accennato. Il potere residuo che ancora la circondava le obbedì diligente, assecondando quel volere. Le parve strano riuscire a controllarsi con una tale facilità, abituata com’era a perdere il controllo.

Alzò titubante lo sguardo su Crystal, sentendosi improvvisamente nuda…

Non credeva di dover subito affrontare lo sguardo di lui.

Anzi, sperava di avere un attimo per riflettere, prima.

Reggendosi con le mani ad uno stipite, rimase immobile. Aveva il ginocchio destro posato al davanzale e il piede sinistro ben saldato su quella stessa superficie di marmo. Incapace di respirare. La testa improvvisamente vuota:

«…Ciao…» si ritrovò a dire, ridendo nervosamente com’era solita fare anche prima.

Poteva essere più banale?

O più stupida?

Doveva ricredersi: forse Ren aveva davvero ragione.

Crystal non rispose, osservando la giovane donna con perplessità, le labbra piegate in una strana smorfia. Ne rimase confuso fin dall’inizio, e non appena fu stordito da quel profumo che sapeva di conoscere, fu anche peggio.

Lentamente si mise seduto a letto, le braccia abbandonate alle ginocchia, senza mai staccare gli occhi da lei, attento ad ogni suo movimento.

Come a voler ritrovare qualche…gesto…che riconducesse a lui.

Strinse i lembi delle lenzuola con falsa apatia, socchiudendo leggermente gli occhi:

«…entra…» la invitò, flebile.

Lei fece un lieve inchino, memore dell’etichetta che le era propria, per poi ritornare sciolta nei movimenti com’era sempre…stato?

Si lasciò scivolare a terra, in allerta, quasi come un animale minacciato da qualcosa più grande di lui. Si rialzò e si rassettò gli indumenti ora larghi, la maglia che le cadeva da una spalla:

«…Grazie…» disse solo rimettendo a posto la Tshirt.

Si sentiva i nervi a fior di pelle, una gioia traboccante e un’agitazione senza pari.

Addirittura, si accorse di tremare.

Un mix di emozioni a dir poco assurdo.

Perché?

Cercò lo sguardo di Crystal, come molte volte aveva già fatto.

«…mi sa che non la prendi bene…» osservò amaramente, distogliendo subito lo sguardo.

Pochi istanti erano bastati per farle capire i pensieri di lui.

Oramai, poteva dire di conoscerlo abbastanza per capirlo.

Il vampiro portò una mano a coprirsi il viso, la smorfia in precedenza stampata sulle sue labbra pallide che divenne una chiara espressione di sofferenza, incapace di essere trattenuta: «…questa… era “l’ultima cosa”… che mi…nascondevi…» sussurrò, accasciandosi sul letto, quasi fosse stato privato di tutta la sua energia vitale. Gli occhi chiusi per nascondere la loro vacuità, un braccio posato al petto, completamente svuotato dalle proprie emozioni.

Il tradimento era una cosa con cui aveva imparato a convivere…ma ogni volta…era peggio di morire…

Voltò il capo di lato, rivolgendolo alle mura della stanza.

Lontano da Sivade, che rimase ferma a guardarlo, esitante.

Come rispondere ad una cosa ch’era ovvia ad entrambi?

Una stretta allo stomaco le assicurò che non v’era risposta valida.

Sospirò, abbassando il capo al pavimento.

« Non lo facevo per mia volontà…» spiegò con voce strozzata. Tentennante, prese ad avvicinarsi a lui senza riuscire a guardarlo.

Il giovane rise amaramente, scuotendo il capo per l’ennesima volta nel corso di quella maledetta giornata. Si passò nervosamente la mano ai capelli corvini, cercando di scostarli dal suo viso etereo:

« Va bene…come preferisci…» concluse frettolosamente, non credendo alle parole che gli erano appena state riferite.

Forse non si era mostrato sotto mentite spoglie appositamente, ma per quanto riguardava le menzogne che Sivade insisteva nello propinargli…Quelle gli erano state dette per volontà del ragazzo.

Quindi, non intendeva proseguire quell’inutile discussione.

Durante la sua permanenza in un luogo che ormai non gli apparteneva più, credeva di aver sperimentato tutti i mali esistenti.

Evidentemente non era ancora in grado di affrontarli.

Di sfuggita, vide la ragazza lasciarsi cadere in ginocchio accanto al letto, or senza riuscire a smettere di guardarlo. Negli occhi, pareva addensarsi una nebbia di dolore senza parole. Così difficile ammettere i propri errori…

« Crystal…» lo chiamò con un gemito, cercando di trattenere lo sgomento. Quello sgomento che la ricolmava, che premeva di solcarle il viso in calde lacrime, consapevole che la colpa non poteva che essere sua, che la rendeva incerta su tutto.

Il vampiro ricambiò quello sguardo con improvvisa freddezza, sentendosi sempre più vittima di un inganno che non riusciva ad accettare. La testa ora posata al muro, tentava di non perdersi nel profumo del sangue di lei. Una presenza costante nei suoi pensieri tormentati.

Quasi non ringhiò, il viso deformato dalla rabbia crescente che provava verso sé stesso e verso quell’ex compagno di viaggio, la quale altro non era se non una completa estranea.

« Dannazione!» urlò, lanciando con violenza il cuscino contro la parete davanti a lui, un dolore insopportabile che lo ricolmava « ti sembro una cosa così meschina? Credevi non fossi in grado di accettarti per quella che sei?» chiese allora, un leggero tremito nella voce.

« Ti amo.» gli rispose lei di colpo, lo sguardo serio come forse non era mai stato.

Alzò le braccia, raggiungendo con le sue esili mani i polsi del ragazzo, mettendoci tutta la forza che aveva in corpo per trattenerlo.

Così poca rispetto a prima. Così diversa.

Crystal si sentì mancare per la seconda volta.

La guardò dapprima terrorizzato, poi disperato.

Gemette con violenza, sussultando, gli occhi socchiusi: « Bugiarda » gli riuscì soltanto di dire, scostandosi dalla flebile presa di lei.

Tornò ad abbandonarsi al materasso sotto di lui, sull’orlo di una crisi.

Lei abbandonò le mani al letto, i palmi rivolti al leggero tessuto che faceva da coperta. Chiuse gli occhi, sentendosi improvvisamente esausta; il capo che andò a ricadere sul materasso con un leggero tonfo.

Voleva controllare quel dolore, non voleva mostrare quanto si sentiva debole in quel momento. Quanto quella semplice parola l’avesse ferita nell’animo.

«Ti amo Crystal…» ripeté, la voce stentorea.

Il vampiro si perse a fissare il soffitto, una mano a massaggiarsi la tempia destra con debolezza:

« Io ti amavo già da tempo » dichiarò improvvisamente, spaventato da quei sbalzi d’umore a cui si sentiva sottoposto, un braccio a nascondere il proprio viso distrutto « ma io sono io » terminò quasi a volersi giustificare con quel banale commento «sono un morto…».

Lei rimase per un attimo in silenzio: per prudenza, giacché era insicura della sua stessa reazione. Si rese conto di essere in preda a violenti tremiti. Uno sciabordio di sentimenti che la stavano sballottando qua e là, secondo le parole che Crystal si lasciava sfuggire a poco a poco.

Si sforzò di non piangere, sollevando il viso a guardarlo:

« E io penso di testa mia…non m’importa se questo mi causerà sofferenza….»  sussurrò appena, in modo che lui solo potesse sentire quanto male stesse in quel momento.

Crystal sospirò, tentando di lasciarsi andare.

A fatica.

Le strinse una mano, attento a non metterci troppa forza.

Dopodiché tentò di calmare le proprie emozioni che sentì traboccare con violenza: gli occhi nuovamente chiusi, l’espressione seria.

«Non sai a cosa stai andando incontro…» disse soltanto, accarezzandole il palmo della mano con il pollice, facendo brillare per un breve istante l’anello d’argento, che gli ricordò per l’ennesima volta la sua natura.

Ciò che era, nient’altro che polvere.

Lei sollevò lo sguardo, prima su quel suo semplice gesto, poi sul volto di lui. Rapita da ogni sua singola azione. Come guardando lo svolgersi di un rito.

S’accorse, tra il disperato e il divertito, di vedere i movimenti del ragazzo a rallentatore.

Dovette scuotere il capo per riprendersi: «…Lo scoprirò stando…accanto a te…se tu me lo permetterai…» spiegò, un lieve tremore nella voce, gli occhi chiusi.

Era paura.

Paura che lui decidesse che non ne valeva la pena, nonostante tutto.

Nonostante l’evidente richiamo che li aveva condotti l’uno all’altra.

Di nuovo, alzò lo sguardo dal materasso, guardando Crystal alla ricerca di sicurezza. Ben conscia che quello che stava chiedendo era…qualcosa di proibito per lui. Ma ora non c’era più niente da nascondere, niente d’importante.

Crystal non provò ad agire diversamente da un lieve sospiro, che lo portò a pensare a lui: a ciò che sentiva, a ciò che la sua parte razionale lo avrebbe portato a fare, a ciò che le sue emozioni lo avrebbero spinto a fare.

Cos’era il giusto, ora? Ed il sbagliato?

Ancora le stesse domande che rimbombavano in testa, pensò con frustrazione alzando lo sguardo sulla giovane, titubante.

Poi, mosso da un qualcosa di irrefrenabile, allungò entrambe le braccia per afferrarla con delicatezza, gli occhi ambrati irresistibilmente apprensivi.

La aiutò a mettersi seduta sul letto, contemplando ancora il silenzio.

Una mano di lei alle labbra che baciò con ferma cautela.

Avrebbe potuto mentirgli all’infinito.

Avrebbe potuto colmarlo di false speranze, false attenzioni, falsi sentimenti.

Bastava soltanto che non smettesse di ripetere quelle due semplici parole…

Questo era ciò che voleva essere “il giusto”.

«…salvami…» sussurrò in tono di supplica, il viso solcato da mesti lineamenti.

Lei si ritrovò a guardarlo, in lacrime, incapace di fermarsi un momento di più. Debole, com’era sempre stata.

Non riusciva a trattenere tutto ciò che sentì crescere in un istante dentro di lei, annuendo, cercando di nascondere il viso dietro le mani dalle dita affusolate.

Il vampiro, il cui sguardo era ormai costantemente fisso su di lei, si ritrovò ad accarezzare lievemente i dorsi delle mani della ragazza; il volto ancora piegato in un’espressione mesta. Le dita andarono ad intrecciarsi a quelle di Sivade, arrivando a cogliere le calde lacrime di cui sapeva essere la causa.

Si sentì cogliere da una morsa allo stomaco, il sangue che lo richiamava con acuta insistenza, fregandosene del fragile equilibrio che egli cercava in tutti i modi di trovare. Un armonia che avrebbe dovuto racchiudere il razionale e l’irrazionale.

«…Non versare lacrime per me…» sussurrò debolmente, ignorando l’ansia che, man mano, si stava venendo a creare in lui.

Un inquietudine eterna, dovuta al suo “non essere”.

A quel punto lei lo avvolse in un abbraccio, senza riuscire a frenarsi: immerse una mano in quei neri capelli. L’altra gli risalì rapidamente la schiena, mentre il viso andava a sprofondare nel collo di lui, come per nascondersi. Ancora. Sentendosi troppo debole, troppo “in bilico”.

Come spiegare un simile sentimento?

Crystal trattenne il fiato, deciso a prendere in mano la situazione:

non poteva continuare a tentennare, insistere con lo trovare scuse per nascondere a tutti un sentimento nato per sbaglio. Era conscio di aver preso la sua decisione non appena aveva provveduto a lasciare Hope, spinto da qualcosa più forte di lui.

Posò la fronte alla testa della ragazza, gli occhi più neri della notte.

Di fatto, nonostante tutte quelle belle parole, faticava a controllare le proprie emozioni, un istinto selvaggio che si risvegliava in lui con forza incalzante.

Doveva porsi delle regole, regolamentare la propria…diversità.

Poiché dentro di lui si rintanava un mostro, che non attendeva altro se non un fugace momento di debolezza. Per assalire.

Era la fame.

Non solo del suo sangue.

Che lo stava rodendo.

Le passò una mano dietro la nuca, le labbra affondate nei suoi capelli, lo sguardo lontano, perso in quei pensieri turbinanti.

La fece scivolare stesa a letto, sotto di lui, bloccandola per una spalla.

Cogliendola alla sprovvista e confondendola ancora di più.

Rendendola alla pari di una preda, ingenua e impaurita sotto la forza di lui.

Sivade cercò il suo sguardo, forse alla ricerca di aiuto: rimase impietrita, senza fiato nel vedere quei due pozzi d’eternità.

Poi sentì qualcosa di strano nascere in lei, un coraggio impostole dalla paura e dal desiderio.

Baciarlo.

Voleva assolutamente baciarlo.

Così alzò il capo verso di lui, unendo con rapidità le loro labbra, gli occhi chiusi a carpire di nuovo l’aroma del vampiro.

Assaporando in quelle labbra gelide il sapore del peccato, con quell’aroma di cui era diventata quasi dipendente.

Menta e sangue.

Crystal l’attirò a sé con forza, le mani al viso di lei, ricambiando con impeto a quel bacio che sapeva essere solo l’inizio della sua nuova condanna.

Fece scivolare una mano lungo il fianco destro di lei, alzando di poco la maglia che lei indossava; un gemito soffocato nel vano tentativo di resistere a tutto ciò che stava accadendo troppo in fretta.

Affondò con violenza l’altra mano nelle lenzuola sparpagliate sul letto, imprimendovi tutto il bisogno ossessivo che aveva di Sivade, mandando al diavolo la razionalità.

Era un bisogno tanto lacerante, svelato in ogni suo gesto.

Neppure la ragazza sentiva più la voce della ragione o del dubbio.

Totalmente coinvolta.

Troppo intensa era sembrata l’attesa di essere stretta tra le sue braccia, in quell’insieme d’atteggiamenti… folli e incontrollabili.

Chiusi gli occhi, una mano a ricercare quella di lui tra le coltri, l’altra ancora rapita ad accarezzargli i capelli, morbidi e scarmigliati allo stesso tempo. Così strani, così belli…

Li avrebbe mangiati.

In quel momento lo pensò davvero.

Ma si ritrovò a contraddirsi, una volta concentrata l’attenzione sul labbro inferiore di lui: quello…era molto, molto meglio…

Il moro gemette con violenza, la mano che andò a nascondersi sotto la maglia di lei, catturando in quel modo il calore della sua pelle. Vi ritrovò un lampo di vita.

Le labbra si spostarono sul collo della ragazza, dal quale poteva percepire la pulsazione sanguigna.

Per la prima volta si rese conto che i propri battiti andavano a regolare l’andatura, adeguandosi a quella di Sivade.

Con uno sforzo immane, s’impose l’autocontrollo, mentre le baciava languidamente una zona poco sotto l’orecchio: il profumo del sangue della ragazza sempre più intenso, il mostro dentro di lui che impazziva, chiedendo di essere lasciato libero.

Lei sobbalzò, trattenendo a stento uno spasmo, una mano che andava ad afferrarlo per il colletto della camicia, traendolo con smania crescente al suo corpo, bisognosa di quel calore che stava crescendo sempre più dentro e fuori di lei. La mano, che ancora stringeva spasmodicamente quella di lui, gli graffiò leggermente il dorso, incapace di trovare altro sfogo.

Respirando a fatica, cercò di catturare gli impulsi che la stavano soggiogando come un fiume in piena. Ma il battito del suo cuore cominciò ad impazzire sotto le attenzioni di lui, un gemito ad ogni tocco delle labbra del giovane sopra di lei.

Crystal venne completamente travolto da quelle sensazioni, cercando di recuperare un istante di lucidità: la osservò per un lunghissimo attimo, imprimendosi nella memoria quei momenti di sollievo e insistente frustrazione; vittima di quei desideri che a lungo era riuscito a nascondere e trattenere.

Poi si allontanò da lei di poco, in ginocchio sopra al letto, levandosi la propria camicia in un gesto tanto furioso quanto calcolato.

Si chinò una seconda volta su di lei, fissandola con intensità, soffiandole sul collo come a volerne tracciare una linea di confine.

Non avrebbe dovuto andare oltre.

«…domattina…ti alzerai dicendomi…che è stato tutto un errore?» chiese, sfiorandole il viso con una carezza leggera delle dita.

Lei subito non comprese cos’egli intendesse, per poi protestare con un gemito soffocato, trattenendo un’imprecazione:

« Quante volte devo ripetertelo?» aprì gli occhi, neri a tal punto da competere con quelli di lui: « Hai il mio cuore. Lo capisci?»  chiarì, una volta per tutte.

Almeno così sperava, altrimenti quella che ora pareva solo bramosia si sarebbe trasformata in puro nervosismo.

Lui la guardò, sentendo urlare una voce che altro non gli ripeteva che era ingiusto; che era sbagliato, che agiva solo per proprio egoismo.

Un abisso troppo grande li divideva:

lui era morte, tornata a vivere solo per divertimento altrui; lei era pura vita, giovane e immacolata.

Si sentì annegare, bloccandosi all’istante, così com’era.

Rise nervosamente, scuotendo divertito il capo.

Per fortuna che aveva deciso di prendere in mano la situazione…

Si portò una mano ai capelli, esasperato.

Non sapeva più come agire, a dispetto dei sentimenti di Sivade.

Lei lo guardò in silenzio, senza capire che cosa passava per la sua mente.

Tuttavia, si rese conto di come le cose da lei omesse per tutto quel tempo, avessero premunito Crystal dall’agire in maniera azzardata.

Sorrise mestamente, voltando lo sguardo verso la finestra per evitare di guardarlo.

« Domattina… ci sarai ancora…?.»  chiese in un sussurro flebile, lo sguardo, tuttavia, saldo come non mai.

Lui socchiuse gli occhi, lasciando che il silenzio calasse tra loro.

Rispose pochi minuti dopo, quando capì di essere nuovamente in grado di ragionare lucidamente, allontanando il pensiero del corpo di lei sotto al suo; dell’odore del sangue che, imperterrito, continuava a pulsare:

« Qui, accanto a te » disse solo, stupito da tutta quella sicurezza che trasudava.

Sivade chiuse gli occhi, il viso piegato in un’espressione di dolore intenso.

Non gli riuscì di guardarlo, una stretta allo stomaco forte a tal punto da farla lacrimare tacitamente. Respirò a fondo, cercando di acquietare quella sensazione così intensa, così bella da farla soffrire inevitabilmente.

«…lo stesso vale per me…» disse, aprendo gli occhi, voltandosi appena per guardarlo, l’espressione assente. Il desiderio istintivo praticamente spento.

Il moro la fissò a sua volta, gli occhi ancora neri che altro non desideravano se non un’altra risposta, l’espressione disgustata: « Sono un cadavere ambulante. Come puoi…desiderarmi? ».

Lei gli accarezzò il viso, lentamente, seguendo con lo sguardo le sue stesse dita percorrergli ogni lineamento. In un gesto che voleva essere dimostrazione dell’attrazione irrefrenabile che provava per lui, per quella pelle fredda e bianca come la luna, così diversa da quella dorata di lei. Sorrise, alzando lentamente gli occhi verso quelli di Crystal, una lucentezza che andò a perdersi in quegli occhi così magnetici, così tristi. Non sapeva quando li aveva visti la prima volta. Settimane, forse mesi addietro. Aveva perso il senso del tempo ormai.

«Non lo sai..?» gli posò un indice sulle labbra, facendogli cenno di non provare nemmeno a parlare. « L’amore rende ciechi…» gli disse, con una dolcezza che lasciava trasparire un profondo rimorso.

Crystal abbassò il capo, osservando le lenzuola scarlatte per un breve istante.

Non era stata una risposta adeguata.

Respirò a fondo, il colore degli occhi che andava via via schiarendosi, annuendo prima di scostarsi da lei. Non c’era altro da aggiungere.

«Crystal…se vuoi ti spiegherò il perché…per un’ora intera…» la ragazza gli rivolse completamente lo sguardo, la sua solita testardaggine che prendeva il sopravvento. « Se è ciò che desideri, anche per tutta la notte. Se vuoi di più, anche per sempre.»

Non riusciva a sopportare l’idea che scappasse da lei.

Allungò una mano a raggiungere la cintola di lui, chiudendo gli occhi.

« Sono cieca del tuo aspetto, persa solo per il tuo animo…»  rivelò, inspirando a fondo: « Non vedo altro che quello che porti nel cuore. Non vedo un mostro.» tornò a guardarlo. Languida e triste: « Non ho paura di quello che sei…»

Il giovane tornò a posare gli occhi su di lei, un accenno d’ombra ancora perso nelle sue iridi, l’espressione corrucciata e rigida:

« Ma davvero? » chiese con vago sadismo il vampiro, un sorriso per nulla amichevole sulle labbra, una mano a stringere la propria collana, che sembrava bruciare a contatto con la pelle.

Sivade sorrise criptica, scoprendosi completamente il collo, come per offrirsi a lui, lo sguardo fermo come non mai: « Uccidimi, e io sarò felice di essere esistita solo per darti un attimo di vita.»

Tanto era il sentimento che sentiva di provare, nonostante vedesse in lui l’alone perenne del dubbio. Nascosto, ma sempre lì, pronto a spingerlo ad evitare ogni cosa potesse essere definita “insolita” o “inadatta” per un vampiro.

Crystal si ritrovò a specchiarsi nelle iridi di lei, notando le proprie ritornate nuovamente cupe, desideroso com’era della carne e del sangue di Sivade.

Un puro bisogno fisico.

«...Voglio farti mia…» soffiò con voce bassa e vibrante, le mani tornate a stringerla in un gesto che esprimeva tutta la sua brama di possesso «…non eri tenuta ad invitarmi… » spiegò in un bisbiglio, le labbra vicine all’orecchio di lei; dita che le percorrevano la schiena ora nuda. La maglia di lei già a terra.

Sivade non era riuscita a trattenere un sussulto, tant’era stata la rapidità con cui lui aveva agito, senza darle il tempo di dire o fare nulla. Impazziti, i battiti del cuore riempirono col loro ritmo incalzante ogni silenzio creatosi.

Lo chiamò in un sussurro…

Abbandonata a lui.

Lui ammiccò, uno sguardo colmo d’anelito che perscrutava ogni curva di lei, forse divertito, forse rapito; le mani aperte sulla schiena flessuosa che risalivano lentamente, per poi spostarsi con una leggerezza celante il suo implacabile desiderio, arrivando davanti, appena sotto i seni.

Le sorrise disperato, incapace di darsi altro contegno, prima di chinarsi a baciarle il petto con impeto, trattenendo la forza che sentiva crescere in lui.

La ragazza affondò le mani nei capelli del vampiro, senza riuscire a trattenere degli spasimi. Preda lei stessa dell’anelito diffusosi ormai tra loro.

Gli baciò il capo. Chiudendo gli occhi, poté assaporare quel profumo consueto: un’essenza che permeava la pelle del giovane, agrodolce, come lo era il sentimento che lei provava.

Il moro la fece sdraiare sul letto con velocità portandola, ancora una volta, sotto di lui. Finì per strisciare più in basso, senza mai staccare gli occhi da quelli di lei, prima di leccarle il ventre, suadente e ferale; le mani che ancora indugiavano sui suoi capezzoli. Lei gemendo rabbrividì, completamente preda di lui. Chinò la testa di lato, serrando gli occhi per trattenersi da commettere un errore fatale. Pur distratta da simili attenzioni, nella sua mente era sempre vivida la consapevolezza che in quei momenti era in gioco la sua vita.

La sorte, maliziosa e furbesca, stuzzicava la morte ad un gioco immorale.

Aveva preso loro come pedine di una sfida proibita.

Crystal, ormai completamente disinibito, le accarezzò avidamente la zona prossima alla cintola dei jeans neri che lei ancora indossava, scoprendoli ora troppo larghi.

Glieli sfilò con un unico e semplice gesto, prima di afferrarla per i fianchi e ribaltare completamente le posizioni, smanioso di osservarla in ogni suo movimento: lei sopra di lui.

Sorrise malizioso, negli occhi una luce nociva che brillava con insistenza: «…muoviti per me, Sivade…» disse con voce carezzevole, avvolgendola in un manto di promesse taciute.

Piacevoli, calde, lascive.

Lei lo guardò, confusa, le guance che andavano ad arrossire pesantemente.

Se prima lui era sembrato incerto, in quel momento tutto sembrava avere assunto un velato simbolismo malsano, di cui il giovane era la costante.

Gli posò le mani al petto, riprendendo padronanza di sé stessa. Si chinò su di lui, avanzando con le mani verso il suo collo, premendo di poco le unghie nella carne del ragazzo, lo sguardo ottenebrato dall’incertezza.

« …che maniaco…» gli sussurrò a fior di labbra, mentre i capelli le ricadevano sulla spalla sinistra in fili di tenebra.

Crystal le leccò quelle labbra con lussuria, portandole una mano dietro la nuca: «…se non ricordo male…le cose…malsane…ti sono sempre piaciute…» sussurrò accarezzandole una coscia, le sue dita agili nel sapere cogliere i punti critici.

La lingua gelida di lui che si divertiva nel percorrere le soffici, accoglienti labbra di Sivade; gli occhi socchiusi.

Lei rise, portandogli l’indice davanti alle labbra, bloccandolo per il tempo necessario a ribattere: «…ora quel piacere è un po’…aumentato…» gli confidò, aprendogli lentamente la cerniera dei jeans in un movimento furtivo.

Il vampiro sorrise divertito, approfittando dell’indice di lei ancora davanti alla sua bocca. Troppo attivo per attendere oltre, lo catturò fra le sue labbra mentre l’osservava in ogni movenza: dal lieve imbarazzo che scorgeva nei suoi occhi che scansavano il suo sguardo, al leggero movimento di quelle dita che lo facevano tremare.

«…era ciò che volevo…» sussurrò del tutto sincero, facendo scivolare il suo pollice ad accarezzare il bordo dei boxer che Sivade ancora portava.

Rise lievemente: « che lingerie…» commentò incapace di trattenersi.

« Vaffanculo, Crystal.» lo secco lei.

« Ma è così sexy!» esclamò l’altro intrufolando una mano, senza tanti impedimenti « inoltre sono comodi » ghignò.

Lei roteò gli occhi, leggermente esasperata, togliendogli i pantaloni con un solo gesto. In cuor suo, avrebbe voluto trasformare i boxer di lui in un tanga di seta lucida, tanto per fargli passare la voglia di fare certi commenti.

Il vampiro prese ad accarezzarle l’intimità, del tutto a suo agio, percependo istantaneamente l’eccitazione di lei: «…mi desideri fino a questo punto…?» chiese suadente, lo sguardo che giocava malizioso sul corpo di lei.

La ragazza ritornò a guardarlo, un rossore sempre più pronunciato sulle guance: «…Numi, quanto sei stronzo…» brontolò, mordendosi il labbro inferiore.

Lui rise, le mani che fremevano nel tentativo di trattenere ciò che la sua mente immaginava di fare. La spinse contro di lui aumentando, in quel modo, la pressione della sua mano su di lei.

«…quanto seivogliosa…» ribatté lui, languidamente.

Lei soffocò un gemito, cercando di mantenere il controllo, cacciando dalla sua mente ogni pensiero che, doveva ammetterlo a sé stessa, non era molto… immacolato.

« Accidenti! » ringhiò, la voce roca, continuando a combattere quella battaglia contro stessa e contro lui, imponendosi di non cedere tutto e subito.

Crystal mosse il bacino contro la ragazza, lo sguardo che intendeva catturare quello di Sivade facendola sentire perduta, smarrita in lui:

«…mi vuoi o no…?» sussurrò al suo orecchio, passandole la mano libera fra i capelli, sentendo il seno di lei contro il suo petto di ghiaccio.

Sivade sentì subito un brivido partire dall’orecchio e raggiungere il luogo in cui lui continuava ad indugiare. Si accorse che ogni cosa, in lei, tendeva inesorabilmente verso quel giovane sotto il suo corpo. La bocca era impastata, un tremito nella voce che tradiva i suoi pensieri: «…Difficile evitarlo…ormai…» le riuscì a dire.

«…Posso sempre lasciarti qui… a metà…» sussurrò lui, con un’ingenuità del tutto contrastante con la bramosia che traspariva chiaramente dai suoi occhi languidi, che accarezzavano assieme alle proprie mani i fianchi dorati di lei.

« Ma…se preferisci soddisfarti…» proseguì suadente per poi tornare ad accarezzarle le labbra con la propria lingua, cercando di respirare il minimo indispensabile: per non lasciarsi travolgere da ciò che era.

La mano che si mosse più in profondità.

Lei sussultò, abbandonando il capo sulla spalla di lui in un gemito.

Quei tocchi, quelle rapide azioni fugaci, erano attenzioni che mai prima d’ora aveva ricevuto. Esserne preda per la prima volta sembrava aumentarne l’effetto. Invano il tentativo di soffocare il piacere. Questo voleva essere espresso con troppa forza: «…ti ucciderei…» rispose dopo un lungo momento.

La voce stridula, il fiato mozzo.

«…fallo…» disse lui passandole l’altra mano lungo la schiena « donami te stessa…e poi ammazzami…» disse sottovoce, gli occhi che altro non erano se non due abissi in cui perdersi. Per sempre.

Sivade rise a stento, inarcando leggermente la schiena ad ogni tocco del vampiro: «…dopo, eh?...» commentò divertita «…ma guarda…un altro voglioso nella stanza…».

Lui la interruppe all’istante: «Taci» le ordinò baciandola con violenza, non riuscendo più a trattenersi, non riuscendo più a scherzare.

Inspirò con forza, l’espressione sofferente.

Lei gli si abbandonò contro, completamente, accogliendo quel bacio con rinnovata sregolatezza, del tutto immemore di cosa si erano detti fino a un momento prima.

Gli tolse i boxer, con un gesto rapido e preciso.

Non del tutto inutile era stata la sua vita da ragazzo.

Lui respirò affannosamente, inondato da lei e dal suo sangue, la cui circolazione era impossibile bloccare.

Ringhiò, premendo con forza l’anello d’argento al dito, incidendo la carne.

La sofferenza serviva a tenerlo lucido. Per tutto il tempo.

Ce l’avrebbe fatta.

A sua volta strappò i boxer che lei ancora portava, prima di prenderla per i fianchi e sbatterla sul letto a bocconi, strappandole un piagnucolio sommesso.

Affondò il viso sulla nuca di lei, la lingua che poi scese a percorrere la spina dorsale nella sua interezza.

La sentì gemere leggermente, il corpo sotto di lui che andava via via scaldandosi: di piacere, di desiderio, d’imbarazzo. Era come se Sivade fosse diventata lei stessa l’impaziente bramosia che attraversava entrambi. In più, dentro la ragazza, la magia sembrava voler traboccare: la faceva tremare, sussultare, trasalire. Approfittando dei suoi momenti di debolezza, del suo abbandono.

«…Crystal…» le riuscì a dire, pur a stento, in una supplica disperata.

Lui si avvicinò al suo orecchio, le mani posate ai lati della testa di lei.

Ne catturò il lobo fra le sue labbra: «…implorami…» sibilò, ansioso.

Non dovette ripeterlo una volta di più.

«...Ti prego…» gemette lei, soffocando la voce contro il cuscino.

Crystal rise appena, una vena di disperazione che ancora lo affliggeva.

Lentamente la fece voltare, gentile, andando a posare le labbra in corrispondenza del cuore di lei. Chiuse gli occhi, prima di prenderla e amarla tutta la notte.

 

Fine ventesimo capitolo.

  
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