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Autore: Chinaski    29/03/2015    2 recensioni
Il breve racconto di un incontro, che narra di come un semplice sguardo di un istante possa vivere per l'eternità negli occhi degli innamorati.
Ispirato da un disegno che ritroverete nella storia.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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<< Una volta mi è successo di innamorarmi. Ero su uno di quegli orribili treni regionali, quelli in cui non sai se sono le persone che hanno portato lo squallore nella stazione o è la stazione che fa sembrare squallida la vita intera. C’era posto e mi sedetti vicino al finestrino, estraendo subito dalla borsa il libro che mi ero portata, in modo da sfuggire il prima possibile dal treno, dalla puzza e dalle persone, almeno con la mente;
 era un libro molto bello, il primo che leggevo di quello che ora considero il mio autore preferito, e narrava la storia di un amore silenzioso, nato per caso e mai concluso.. un po’ quello che mi successe durante quel viaggio, in realtà.  Ora, devi sapere che se mentre leggo mi colpisce un immagine, un discorso, anche una sola parola, alzo lo sguardo dal libro e cerco di immaginare nuovamente la scena, per ricordarmela, per saldarla nella memoria, e per mischiarla, magari, alla mia realtà. Mi successe anche per quel libro in quella occasione: alzai lo sguardo, guardai fuori dal finestrino la campagna spoglia, i cavi dei pali elettrici, le rotaie affianco a quelle che stavamo percorrendo; guardai la notte che calava, il tenue colore di un azzurro sul punto di spegnersi, gli ultimi raggi di un sole quasi scomparso che si riflettevano nel finestrino, illuminando per gli ultimi minuti di una giornata i volti dei passeggeri, fra cui il mio, fra cui i miei occhi. A quel punto passò il treno opposto, che portava da dove provenivo e arrivava da dove volevo arrivare.
I passeggeri, l’atmosfera misera, lo squallore dell’altro treno erano uguali a quello nostro, e guardai le persone, i volti stanchi quasi mai diretti verso i finestrini. Andavamo ad una velocità media, per cui potevo soffermarmi uno o due secondi su alcune persone. I visi stanchi senza alcuna speranza. Le rughe sotto gli occhi. E intanto mischiavo la mia realtà con quella scena del libro che mi aveva colpito, l’incontro di sguardi di cui avevo appena letto, e seppure ci sperassi, non immaginavo che si sarebbe ripetuto nella realtà, come non immaginavo che, pochi secondi dopo, gli occhi neri e brillanti di un uomo avrebbero incontrato i miei dal treno opposto, e non immaginavo di vedergli in mano lo stesso libro; non immaginavo di leggergli l’anima in un solo sguardo, e nemmeno che lui facesse lo stesso con la mia. Vedi, bastò solo quella punta di sorpresa... una sorpresa triste, su entrambi i nostri volti... Ed ecco, lo sapevamo. Appena si sono incontrati i nostri occhi, entrambe le nostre palpebre si sono spalancate, entrambe le nostre pupille si sono soffermate sul libro uguale ma opposto al nostro, e sono ritornate sui visi dell’altro. Ci siamo riconosciuti. Senza esserci mai incontrati, lo sapevamo di essere uguali nella giusta dimensione, di aver finalmente incontrato qualcuno di simile, qualcuno che ci potesse comprendere, qualcuno con cui scavare assieme nel nostro interno e unire le nostre anime. E sapevamo dell’amore che volevamo dare e ricevere, e ce lo scambiammo, senza nulla di premeditato, ci scambiammo i nostri cuori. Sapevamo di essere innamorati, e contemporaneamente sapevamo di andare in direzioni opposte, sapevamo di starci perdendo, dopo nemmeno aver passato un minuto assieme: avevamo trovato la possibilità di essere felici nel momento sbagliato, la possibilità di essere insieme proprio quando insieme non potevamo essere. E quando in un secondo ci siamo scambiati, solo con lo sguardo, questa triste consapevolezza, ecco. Nemmeno il tempo di un addio. Il sogno era già scomparso. Non c’erano più i suoi occhi, e per lui non c’erano più i miei. C’erano solo persone disperate che non guardavano il cielo nei finestrini, e il metallo del treno, e poi il vento, e la campagna, e l’azzurro che si trasformava in nero di un cielo troppo triste, che sapeva di troppe lacrime per essere guardato.  >>


  
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