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Autore: annie_chase    29/03/2015    2 recensioni
Salve a tutti! Questa storia parla degli eroi di Hunger Games nel magico mondo Di Harry Potter. Katniss, Peeta, Gale e molti altri verranno catapultati nel castello di Hogwarts per superare mille sfide. Ho cercato di unire due leggende, nonché due delle mie saghe preferite, in una fanfiction che spero vi possa piacere. Se vi va lasciate una recensione per farmi sapere che ne pensate e come posso migliorare! Buona lettura!
Genere: Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Gale Hawthorne, Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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“Sono davvero arrabbiata con lui. Se lo becco…” stavo pensando mentre mi stringevo la cravatta gialla e rossa “…poi sono affari suoi. Come ha potuto…” mi infilai il maglioncino di lana, “fare una cosa del genere! Senza il mio…” infine mi strinsi i capelli scuri in un treccia laterale “PERMESSO!”. I miei occhi grigi nello specchio mandavano lampi. Era la sera della cosiddetta mietitura, e ero su tutte le furie a causa dell’ignobile comportamento di Gale. Il mio migliore amico non mi avrebbe messo nella boccia senza il mio consenso. O sì? L’aveva fatto. Forse ero io che esageravo, in fin dei conti probabilmente lui l’aveva inteso come uno scherzo. Stabilii che non valeva la pena di rovinare una così importante amicizia per una stupidaggine del genere, e che perciò a cena mi sarei scusata con lui. In fin dei conti quali erano le possibilità di venir estratta? Infinitesimali. Praticamente impossibile. Un po’ rassicurata, mi diressi verso le scale del dormitorio che portavano nella nostra Sala Comune. Ma Gale non c’era: magari era già sceso. Attraversai la Sala Comune, zigzagando tra le poltrone di velluto rosse con i bordi d’oro e le spalliere in legno scuro, probabilmente mogano. Scavalcai il ritratto della Signora Grassa, che cantava imperterrita, e scala dopo scala raggiunsi la Sala Grande. Il compito di arredarla era stato affidato ai Tassorosso, e come al solito avevano svolto un ottimo lavoro. La pareti erano decorate con lo stemma di Hogwarts, e sui tavoli e in aria brillavano miriadi di candele. Il soffitto riproduceva un limpido cielo stellato, e l’argenteria si muoveva da sola tra i tavoli come magica. Ah, un momento, era magica. Mi guardavo attorno spaesata, allungando il collo alla ricerca di Gale, ma non lo vedevo da nessuna parte. Così mi diressi verso il tavolo dei Grifondoro, che era apparecchiata con una lunga tovaglia rosso intenso, bordata da cordoncini dorati. Qua e là apparivano grifoni rampanti, simbolo della nostra Casa, sempre in oro. In oro erano anche le posate i e calici. I piatti ancora non c’erano, ovviamente sarebbero apparsi insieme alle pietanze dopo il discorso del preside. Mi sedetti, ma il tavolo dei Grifondoro, per quanto affollato, non ospitava tra le sue panche l’unico alunno che cercavo. Cominciavo a preoccuparmi, doveva pur essere da qualche parte, non poteva essere ancora nel suo dormitorio. Quanto poteva metterci per prepararsi? Non me lo ricordavo così narcisista. Dopo alcuni minuti di ricerche tra le teste degli altri studenti, il preside Abernathy si alzò e, barcollando, raggiunse il leggio a forma di gufo con le ali spiegate. Cominciò a parlare biascicando le parole, come era suo solito fare:
-Cari studenti e studentesse, yawn… che sonno oggi… - si stropicciò gli occhi mentre tutti gli insegnanti lo guardavano allibiti e sconcertati. – Come tutti voi ben sapete, quest’oggi è il giorno della mietitura, quindi i pazzi che hanno deciso di partecipare a questo assurdo Torneo, rischieranno la pelle, o come minimo la sanità mentale, per una fantastica coppa.
Abernathy fece uno svogliato versetto di euforia, neanche troppo convinto, che però diede il via a una serie di scroscianti applausi da parte di maghi e streghe, sia al tavolo dei professori che ai tavoli delle quattro Case di Hogwarts. Quando il preside riuscì a sedare lo scoppiò di eccitazione, riprese annoiato il suo discorso:
-Dunque, come ben sapete, non saremo l’unica scuola che parteciperà a questa competizione. Nel nostro castello sono state ospitati due gruppi provenienti da due scuole straniere: Durmstrang e Beauxbatons. Avrete sicuramente modo avuto modo di intravederli nella scuola, ma adesso ve li presento ufficialmente. Accogliamoli calorosamente!
Dopo aver lanciato un paio di applausi, tutta la scuola lo seguì a ruota. Allora entrarono scenicamente delle ragazze tutte vestite di azzurro cobalto, con una gonna al ginocchio, una giacchetta dal taglio femminile e un cappellino che non avrei mai indossato. Mi sembravano delle ochette azzurre, e subito mi girai per condividere il pensiero con Gale: ma lui non era lì. Così, delusa e un po’ scoraggiata, tornai a guardare verso le ochette che lanciavano nell’aria dei piccoli aeroplani di carta. Subito dopo entrarono dei ragazzi tutti montati e muscolosi che, camminando tra i tavoli, sbattevano a terra pesanti bastoni neri e facevano acrobazie accompagnati dal rullo di alcuni tamburi. Quando tutti si furono accomodati, io ancora non riuscivo a scorgere Gale. Il preside allora introdusse una certa Effie Trinket, dipendente del Ministero della Magia che avrebbe estratto i nomi dei cosiddetti tributi. Questa Effie era una donna che mi sembrava molto eccentrica, almeno dal trucco, dal modo di vestirsi, dal modo in cui si muoveva. Praticamente tutto di lei urlava: “Guardatemi!”, dalla faccia completamente bianca truccata pesantemente di fuxia, al pomposo completo dello stesso colore, alla voluminosa parrucca riccia biondo platino ornata da grossi fiori. Si avvicinò a delle bocce, con fare teatrale, disse:
-Come sempre, prima le signore!
Tuffò la mano nella boccia cobalto che doveva essere di Beauxbatons, ed estrasse un foglietto. Pronunciò un nome, poi pescò il campione di Durmastrang, infine arrivò  il turno di Hogwarts. Effie mise la mano nella boccia con lo stemma della scuola. I campioni sarebbero stati ben otto: un maschio e una femmina per ogni casa. Estrasse per primo un bigliettino giallo; i campioni di Tassorosso furono nominati Peeta Mellark, il mio inquietante stalker, e Rue, l’amichetta di mia sorella. Vidi Prim al suo tavolo, che gonfiava il petto orgogliosa per i campioni della sua Casa. Per i Serpeverde, vennero chiamati Johanna Mason e un certo Cato, mentre sul bigliettino blu dei Corvonero i campioni nominati erano due studenti che non conoscevo, Wiress e Beete. Infine, venne il momento di Grifondoro. Effie affondò per l’ultima volta la mano nella boccia, ed estrasse due bigliettini, uno con una striscia rosata (con il nome della ragazza) e l’altro con una strisciolina blu (con il nome del ragazzo). Aprì prima quello con la striscia blu sul dorso, ed esclamò:
-Finnick Odair!
Subito dopo, aprì quello femminile. Il mio cuore andava a mille: speravo che nessuno che conoscessi avrebbe dovuto partecipare a quell’inferno. Ma andò molto peggio di così: quel nome, quello che pregavo non fosse a me conosciuto, mi era invece ben noto. Era il mio.       
   
 
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