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Autore: Fonta_S18    30/03/2015    0 recensioni
Due vite distrutte possono aiutarsi a rinascere?
Quando si è talmente tanto sopraffatti dal dolore da non riuscire a versare nemmeno una lacrima, quando non si è più fieri di ciò che siamo voluti diventare, si può davvero cambiare?
Un ragazzo e una ragazza che hanno perso la consapevolezza di chi sono davvero, un abbraccio che sembra unirli per un solo istante.
E tutto ciò che resta è una parola appena sussurrata "Libera."
Genere: Malinconico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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La mattina seguente mi svegliai in un letto sconosciuto.

La ragazza accanto a me non era quella che avevo conosciuto in spiaggia la sera prima, e non era nemmeno Savannah.

Mi riparai gli occhi dai raggi del sole che entravano passando tra le tende ricamate.

Quando i miei occhi si furono adattati al gioco di luci e ombre che c'era nella stanza mi alzai e mi infilai i pantaloni che erano a terra.

Capii chi era la ragazza nel letto dopo aver ispezionato i vestiti che erano sparsi su tutto il pavimento: proprio ai piedi del letto c'era un vestito rosso a balze, molto famigliare.

Mi vestii molto in fretta e corsi fuori da quel palazzo il più silenziosamente possibile, non volevo assolutamente parlare con quella ragazza, a dire il vero ricordavo ben poco di ciò che era successo la sera prima.

Una volta in strada chiesi ad un passante dove mi trovassi, fortunatamente non ero troppo lontano dal mio appartamento.

Decisi di camminare fino a casa, volevo rimuginare sulla serata che avevo trascorso e cercare di ricordare quanto più possibile.

Purtroppo i miei ricordi nitidi e reali finivano quando, dopo aver parlato con Libera sulla spiaggia, rubammo una bottiglia di vodka che bevvi interamente io.

Dopo ciò riuscii soltanto a ricordare varie conversazioni o situazioni che mi apparivano tanto lontane e confuse da non riuscire nemmeno a capire fino a che punto fossero vere.

Per esempio mi parve di ricordare che lei mi tenesse stretto mentre vomitavo l'anima dal molo giù in mare, oppure anche che dopo essere stato rifiutato da lei la lasciai sola per rincorrere la ragazza vestita di rosso che aveva appena litigato con il fidanzato.

Pensando bene ad ogni singolo avvenimento capii che non era poi così insolito aspettarsi un comportamento del genere da me.

Dopotutto ero sempre stato una sorta di ragazzo incompreso, di quelli che sono i primi della classe perché per essere bravi a scuola non basta altro che studiare, ma nella vita reale combinava soltanto casini ferendo quasi appositamente ogni persona che incontrava.

“Perché non ti applichi nella vita come a scuola?” mi chiese un giorno mia madre dopo l'ennesima litigata che l'aveva portata sull'orlo del pianto.

In quel momento non le risposi, non avrebbe capito, ma in cuor mio sapevo che c'erano persone nate con la capacità di vivere la vita in modo giusto, su fondamenti sani che li spingevano ad affrontare tutto con la forza di risolvere i problemi.

Poi c'erano quelli come me, che non si capivano, che non capivano il mondo e non capivano gli altri..c'erano persone che volevano continuamente sfidare la vita, semplicemente perché la trovavano fastidiosamente difficile da comprendere.

Anche la sera precedente diedi prova della mia infinita ignoranza riguardo la comprensione dei sentimenti altrui.

Non avevo pensato a Libera sola su quel molo, o al fidanzato di quella povera ragazza..avevo pensato a me, che dovevo trionfare su tutti, che dovevo dimenticare i miei fantasmi e che, ancora una volta, dovevo dimostrare al caso, al destino, o a qualsiasi entità che governa il mondo, quanto potevo stravolgere una serata uscendo dagli schemi che invece erano stati imposti.

Mi maledissi perché sapevo che in verità avevo sbagliato ancora una volta, avevo ferito altre persone e mi ero fatto odiare di nuovo senza volerlo davvero.

La persona a cui più mi dispiaceva aver fatto del male era proprio Libera.

Una creatura così piccola che pareva rompersi con una folata di vento, dunque quanto l'avevo rotta io, lasciandola completamente sola?

Era stata l'unica persona capace di smuovermi dopo la morte della mia famiglia, l'unica capace di sbloccare quella parte oscura e chiusa che erano i miei sentimenti per tutto quello che avevo perso..e come unico ringraziamento l'avevo colpita.

Arrivai a casa quando ormai odiavo me stesso al punto di non volermi più rivolgere la parola.

Decisi di fare una doccia veloce prima di andare al lavoro, quella sera prima di cena sarei passato vicino al molo in spiaggia e avrei cercato di parlare con Libera se fosse stata lì.

Arrivai nel posto della sera precedente verso le 18.15

La spiaggia era quasi deserta, c'era un venticello tiepido che soffiava via le onde e la spuma dalla riva.

Mi sedetti proprio dove c'eravamo seduti l'ultima volta, e aspettai.

Dopo più di quaranta minuti non si era visto nessuno, così cominciai a disegnare un cerchio nella sabbia.

Ero così concentrato a fare un cerchio perfetto che trasalii quando mi accorsi che qualcuno mi aveva timidamente toccato la spalla.

Scattai in piedi e riconobbi subito chi avevo di fronte: Libera.

“Cosa ci fai qui?” mi domandò con un tono che aleggiava tra l'essere sorpreso ed infastidito.

“Ti aspettavo..” sussurrai timidamente.

Lei incrociò le braccia sul petto.

“Ok, e perché mi aspettavi quindi?”

Si capiva che era irritata, e questo suo sentimento non faceva altro che farmi sentire ancora più nervoso e dispiaciuto di quel che già ero.

“Volevo scusarmi...per ieri sera.”

Lei alzò un sopracciglio e mi guardò un po' storto.

“E per cosa? Siamo due sconosciuto oggi come lo eravamo ieri sera..”

Quell'affermazione mi fece innervosire.

Non riuscivo ad accettare che lo pensasse davvero.

Certo, non ci conoscevamo affatto, ma lei aveva assunto un significato molto importante per me la sera precedente, dunque non potevo assolutamente adeguarmi al fatto di considerarci come dei veri sconosciuti.

“Insomma, ti ho lasciata da sola sul molo, mentre tu eri rimasta con me anche mentre mi sentivo male..”.

Libera respirò rumorosamente e cominciò a guardarsi le punte delle scarpe.

“Sono restata con te proprio perché eri in tali condizioni. Non volevo un'ubriacone morto annegato sulla coscienza. In altre circostanze non sarei restata nemmeno io..”

Non penso di aver mai sofferto a causa di qualche parola detta da una ragazza, io ero quel tipo di persona che le lasciava tutte prima di farle diventare così importanti da permettergli di ferirmi. Ero quello che offendevi con le amiche perché ormai era così lontano da te che non potevi offenderlo di persona.

Eppure, inaspettatamente, quella sera venni ferito da quelle parole.

Sentii che mi avevano come tagliato, un piccolo taglio superficiale.

Uno di quei tagli che ti fai con la carta ad esempio, che bruciano da impazzire ma si rimarginano comunque molto velocemente.

Ero abituato a far soffrire gli altri, combinavo talmente tanti casini che era quasi normale ferire le persone per me..ma non ero mai stato ferito.

Anche quella sera Libera era riuscita a farmi provare una nuova sensazione: il dolore.

Ma decisi che quel sentimento non mi piaceva, che avrei preferito mi avesse fatto conoscere mille altre sensazioni che non avevo comunque mai provato come quel tipo di felicità che ti fa ridere così tanto che ad un certo punto ti pare di non respirare più, oppure quella compassione così sincera che ti porta ad abbracciare le persone condividendo il loro affanno per non farlo pesare troppo a tutti loro, avrei preferito conoscere anche la vera e propria fierezza che certi uomini provano quando si guardando allo specchio e sembrano dire “Oggi sono una persona migliore.”

Ma lei mi aveva appena insegnato cosa significasse essere feriti e, in qualche modo, essere rifiutati o comprendere di non essere così importanti come si era pensato.

“D'accordo...dunque, hai passato una bella serata?” chiesi sperando di non far finire la conversazione.

Lei sbuffò piano prima di rispondermi.

“Meravigliosa direi, e tu? Divertito con la biondina?”

“Se devo essere sincero ricordo ben poco..ma la parte che ricordo è la mia preferita.”

“Dunque lei non deve essere stata un granchè rispetto a tutte quelle che hai avuto prima. E quale sarebbe questa parte, sentiamo?”

Stavolta non mi sentii ferito, ma assolutamente offeso ed arrabbiato.

“E pensare che ti stavo pure per dire una cosa carina..rettifico, lei è stata una bomba e quella che è cominciata con lei è stata la parte migliore della serata.”

Appena vidi la smorfia di disgusto che si era creata sul suo piccolo viso capii quanto, anche quella volta, avevo sbagliato a rapportarmi con qualcuno.

“Bene, mi fa piacere. Io dopo ho passato la serata con il povero fidanzato di quella ragazza sai? Ah, non credo lei te l'abbia detto dato che eravate impegnati a fare altro, ma lei aspetta un bambino da quel ragazzo. Direi che hai vinto il premio come sfascia famiglie dell'anno.”

Per poco non caddi a terra quando Libera mi diede quella notizia.

Mi infastidiva sempre di più il modo in cui lei credeva di conoscermi e il modo in cui dava per scontata ogni singola cosa che riguardasse me o il mio modo di comportarmi.

“Non lo sapevo, e non è certo colpa mia se lei ha deciso di rovinare la sua 'quasi famiglia' per una sveltina.”

“Non importa cosa lei ti ha detto o no. Tu non hai comunque il diritto di rovinare la felicità degli altri soltanto perché tu non ne hai mai avuta un po'. Ora è meglio che vada, buonanotte.”

Furono le ultime cose che mi disse prima di allontanarsi a passo svelto.

Restai imbambolato per qualche minuto, lì in piedi da solo.

Pensai a ciò che mi aveva detto, e capii quanto fosse vero.

Realizzai che mi ero sbagliato, che molto probabilmente lei aveva proprio capito com'ero e come ero solito comportarmi.

Forse era proprio così, ero andato a letto con quella ragazza soltanto per farle capire quanto poco fosse felice la loro relazione.

Solo perché io non ne avevo mai avuta una come la loro.

Era una mia bruttissima abitudine, rovinare o addirittura togliere agli altri ciò che a me era sempre mancato.

Nessuno mi aveva mai fatto notare questo difetto, tutti pensavano che facesse parte del mio essere introverso e incomprensibile, del mio avere un carattere forte.

Ma quella piccola ragazza che avevo conosciuto soltanto ventiquattro ore prima, lei lo aveva capito.

Iniziai a correre come mai avevo fatto prima.

Raggiunsi la camminata di cemento oltre il molo e mi guardai attorno.

Era difficile riconoscere la sua esile figura da lontano, ma alla fine il suo maglione arancione mi permise di individuarla.

La raggiunsi in poco tempo ed appena fui abbastanza vicino le presi un braccio.

All'inizio temetti quasi di aver mancato la presa poiché quel braccino era così magro che non lo sentii nella mia grande mano.

“Ma cosa...” balbettò girandosi.

“Come hai fatto? Come sei riuscita a...” mi mancarono le parole a causa del fiatone.

“Come sei riuscita a capirlo? Ad inquadrarmi così bene..”.

“Ne ho visti tanti di tipi come te. Di ragazzi che si credono invincibili, e che colmano le proprie mancanze creando gli stessi buchi nella vita degli altri.”

Per la seconda volta nel giro di trenta minuti, permisi ad una ragazza che avevo appena conosciuto di ferirmi.

Stavolta però faceva più male, era un dolore più personale, un taglio più profondo.

Perché quelle parole, le parole di Libera, erano la verità.

Quel tipo di verità negativa che alloggia nel tuo essere fin da quando nasci, che tu e tutti gli altri giustificate con motivazioni superficiali e futili a cui tutte le persone che tengono o hanno tenuto a te credono semplicemente perché non vogliono rovinare del tutto l'immagine che si sono creati della tua persona.

E' come quando da bambino facevi rissa con qualcuno a scuola e non lo dicevi alla mamma per paura che non ti avrebbe mai più guardato nello stesso modo.

Per paura che facesse male, ed infatti faceva male.

Faceva male almeno quanto mi aveva ferito tornare a casa una sera e scoprire di essere rimasto solo.

“Tu non sei..” non riuscii a finire la frase.

Compresi che c'era qualcosa in più in lei, qualcosa che molte altre persone potevano solamente sognare di avere.

Lei capiva l'animo umano, riusciva a guardare qualcuno, parlarci una serata e capire profondamente quale era la sua natura.

Era un dono pazzesco, pensai, ma anche un impiccio.

Ti permetteva di riconoscere e allontanare subito le persone che volevano soltanto ferire gli altri, ma allo stesso tempo non ti permetteva di capire quanto quelle persone sarebbero potute cambiare e quindi ti portava a considerarle per ciò che erano state e non per ciò che potevano diventare.

“Dunque hai conosciuto tanti tipi come me?” le chiesi sempre più disperato.

“Fin troppi..”

“E questi tipi...li hai vinti o ti sei fatta creare dei buchi?”

Libera rimase sorpresa da quella domanda così privata.

Non capiva bene dove volessi arrivare.

“Entrambe le cose...” disse piano abbassando la testa.

“Quindi alcuni li hai domati, li hai vinti?”

“Si.” la sua risposta creò un'immenso spicchio di speranza in me.

La osservai mentre tornava a guardarsi la punta dei piedi in modo malinconico, poi, con una sola emissione di voce le rivelai ciò che sentivo e che mi dava speranza.

“Allora cambiami.”

  
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