93 milion miles
Impazienza.
Strano,
per tutta la durata del concerto aveva provato una forte e pressante
impazienza.
Strano,
ogni qualvolta faceva un concerto pregava perché il tempo si fermasse.
Non
quella volta.
Durante
la serata, Jared aveva chiesto più volte
l'orario al fratello, sul palchetto alle sue spalle. Shannon
aveva risposto una decina di volte prima di spazientirsi e lanciare al fratello
una delle bacchette che impugnava.
La
folla aveva riso, credendo fosse uno sketch già preparato precedentemente.
In realtà, come ebbe modo di appurare in seguito, la bacchetta che lo
aveva realmente colpito in pieno volto gli lasciò un non voluto livido
sulla guancia.
Alla
fine, giunti attorno alla mezzanotte e sentendo le corde vocali stanche, Jared congedò il suo pubblico e sgusciò via
veloce dal palco.
Impazienza.
Strano,
ora si trovava a correre verso i camerini. Gli venne quasi da ridere. Era ovvio
che ciò che aveva vissuto era stato solo una visione o un sogno. O forse
entrambi. Correva verso il nulla. Verso uno spoglio camerino vuoto che sembrava
la stanza di un manicomio. Correva verso una meta che sembrava non raggiungere
mai. Sembrava che il camerino fosse distante milioni
di miglia che percorreva con la velocità di una lumaca.
Poi,
improvvisamente, si trovò di fronte alla porta del camerino.
Rise.
Sì,
era senza dubbio impazzito e quello era un manicomio. Si preparò al
bianco abbagliante e irritante della stanza e aprì la porta.
«Jared!»
Una
risata più dolce, cristallina dalla sua.
Elisabeth
si alzò dal divano su cui era seduta. I colori scuri di cui vestiva
erano in netto contrasto con il bianco della stanza – divano compreso -.
«Allora.... sei... rimasta».
Solo in quel momento il cantante si accorse di ansimare.
Lei
gli si avvicinò. « Ma cosa avete fatto, un incontro di pugilato? Pensavo foste solo dei
cantanti!»,
chiese, ridendo e toccandogli una parte della guancia. Solo in quel momento Jared sentì il lieve dolore sul volto.
“Dannato
fratellone”, pensò. E poi rise di nuovo e
la sua risata si confuse con quella della ragazza.«Sai, questa è la nostra ultima tappa...», disse. «Ho dovuto dare spettacolo.»
La
mano di lei si strinse attorno al suo polso. «L'ultimo concerto, dici?», sorrise. Un sorriso che svanì presto dalle
sue labbra. «Vuol dire che non avremo altre occasioni per
incontrarci?»
Jared
la guardò, sconvolto, scuotendo con vigore la testa. « No, no, Liz! Anzi, avremo
più tempo! »,
esclamò. «Volevo
dirti che... gireremo le scene di un film nella tua città. Potremo
incontrarci ogni qualvolta che lo vorrai»
Lei
parve sollevata. «Hai appena concluso un concerto e già sei
impegnato sul set»-, chiese. Rise. «
Mi hai invitata qui solo per dirmi che reciterai nella mia città...
perché non hai aspettato di tornare là?»
«Aspettare
così tanto?», chiese Jared, prendendole
la mano. «Non ci sarei riuscito... mai.»
Era
appena caduto il silenzio tra i due, quando la porta del camerino si
spalancò nuovamente.
« Oh...» Shannon si
bloccò sulla soglia. Non era più di tanto sorpreso. « Salve....?»
«
Elisabeth...», la
presentò Jared, spingendola dolcemente in
avanti, ma senza mai lasciare la presa sulla sua mano. «Elisabeth Swank.»